Una piccola e antica chiesa in centro a Firenze, ieri sera.
Nessuna illuminazione artificiale.
Solo la luce di tantissime candele a rischiarare il buio, mentre da un pianoforte a coda nero risuonava potente la musica di Ludovico Einaudi.
Per circa un’ora le note hanno azzerato i pensieri, trapassato la pelle, il cuore, il respiro.
Fino a giungere alla parte più profonda dell’anima.
È stato un momento di commovente bellezza.
Indimenticabile.
Prezioso.
Salvifico, direi.
Sì, perché è proprio quando attraversiamo un periodo di maggiore fatica e difficoltà che diventa necessario fermarsi un attimo e cambiare frequenza, mettendosi alla ricerca di qualcosa che possa essere un buon nutrimento per l’anima e la mente.
Queste pause dedicate all’arte (qualsiasi tipo) e in cui, comunque riusciamo a immergerci in qualcosa di bello che ci rende felici, che ci fa vibrare l’anima, che ci fa stare bene (ognuno ha il suo modo, può essere anche semplicemente un rifugiarsi nella natura), non sono tempo perso, non sono un optional.
Servono a spezzare una routine divenuta poco salutare, aiutano a ritrovare la carica.
Dovremmo sforzarci di ritagliare periodicamente, anzi più spesso possibile, uno spazio dedicato alla bellezza.
Per vivere più intensamente.
Per tendere all’armonia e all’equilibrio.
Per riattivare la potenzialità di guarire perché, mentre stiamo ascoltando, guardando o facendo qualcosa di bello, produciamo endorfine che potenziano il sistema immunitario.
E ciò permette anche di ritemprarci e poi tornare alle occupazioni quotidiane più centrati e più forti di prima.
Mente, anima e corpo sono intrecciati e si influenzano continuamente.
Non dimentichiamolo.
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VB