BIMBY

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DI TONGUESSY

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L’omologazione sociale si realizza con l’acquisizione di specifiche abitudini. L’aspetto tecnologico e funzionale viene messo in rilievo per creare, attraverso l’ipnotismo degli effetti speciali, una necessità di adeguarsi, di stare al passo con i tempi. La comunità ha delle regole precise per accettare o rifiutare le persone. La messa di un secolo fa non è poi così diversa dall’acquisto di uno smartfogn di ultima generazione: si tratta pur sempre di ostentare la partecipazione convinta alle norme sottaciute che regolano la vita di popoli e clan. Ci si sente “adatti” non per il tipo di intimità raggiunta con la propria esistenza, ma per avere raggiunto un equilibrio di qualche tipo con le altrui esigenze senza scatenare domande o atteggiamenti di rivalsa. In questa palude di normalità però qualcosa si muove: è la capacità di prevedere il nuovo che avanza. Essere “adatti” richiede continui aggiustamenti dato che la macchina delle innovazioni è in continuo movimento e individua ogni giorno che passa nuove normalità.

La Vorwerk di Wuppertal è una ditta nata nel 1883 come produttrice di tappeti e grammofoni che, a seguito della crisi del ‘29 usò il motore di un grammofono per costruire una piccola scopa elettrica da vendere a basso prezzo. Il fallimento iniziale grazie alla vendita porta a porta divenne un successo. Nel 1938 l’Italia diventava la prima nazione estera a commercializzare il Folletto (è tuttora il suo principale mercato estero), che nel ‘39 raggiungeva il milione di apparecchi venduti.[1]
Quel prodotto è oggi caratterizzato da un’ottima fama e, oltre che dalla solita modalità di vendita porta a porta, dai costi proibitivi. Senza voler fare paragoni improponibili con prodotti cinesi, oggi ci sono tecnologie avanzate in grado di superare le prestazioni del Folletto ad una frazione del costo. Eppure nell’immaginario collettivo quella scopa elettrica con accessori rappresenta la solidità del made in Germany coniugata a prestazioni eccezionali. Un oggetto di culto tramandato di madre in figlia, uno status symbol per l’angelo del focolare.

Se “chi più spende meno spende” è un valore assoluto, comprare prodotti Worverk traccia la linea tra pura funzionalità e funzionalità finalizzata all’esibizione. Senza cadere nel paradosso dell’orologio rotto che per ben due volta al giorno segna l’ora esatta, mi sembra giusto notare che tra un Rolex ed un qualsiasi orologio al quarzo non ci sia alcuna differenza per quanto riguarda l’aspetto funzionale, ma siano immensamente diversi per quanto riguarda la funzione dell’esibizione.
Ecco, i prodotti Vorwerk sono i Rolex degli accessori per la casa. Uno dei prodotti della casa di Wuppertal si chiama Bimby; non si tratta di un robot da cucina ma di un vero e proprio centro di elaborazione culinaria secondo criteri fissati a monte. La macchina impasta, mescola e cucina esattamente come vuole lei (ci sarebbe lungamente da discutere sullo slow cooking, ma non mi sembra questa la sede adatta) e grazie alla connessione internet può offrire un ricettario davvero esteso.
Il nome Bimby dedicato ai soli mercati di Italia e Portogallo merita un’analisi a parte. Sembra una storpiatura dell’inglese Bimbo (oca giuliva) ed è quanto di “più meglio” ci possa essere nel mondo della cucina. E’ la vecchia tecnica di anglicizzare una qualsiasi cazzata per renderla appetibile. La y in italiano non esiste, ed in generale tutto ciò che finisce per y può fare riferimento al mondo anglofono che in generale fa diventare il nome un aggettivo (noise-noisy, fluff-fluffy etc..). Cioè Bimby è l’aggettivo di Bimbo ed evidentemente fa riferimento alla casalinga di Voghera dalle scarse doti linguistiche ma abilissima nel cadere nelle trappole del marketing. Dopo Desperate Housewives ecco a voi Bimby Housewives (Casalinghe boccalone), l’esercito delle acquirenti Vorwerk. Il che grosso modo equivale al titolo nobiliare di Her Moronic Majesty (Sua Cretinissima Maestà). Me l’immagino il CEO della Vorwerk Deutschland che offre l’incarico di trovare il nome al Mega Direttore Generale della Vorwerk Italia, nessuno dei quali spiaccica un buon inglese. Serve il creativo (creatino?) di turno, ovviamente, per combinare il pateracchio. Alla fine tutty felicy, madry e bimby. Very trendy!

La logica Vorwerk è la stessa per tutti i prodotti: rapporto costi/prestazioni esagerati, con l’aggiunta che mentre la scopa non ti da istruzioni su come fare, il Bimby lo fa. Ti pesa i vari ingredienti, li sminuzza e amalgama nell’ordine corretto, li cuoce secondo le istruzioni prese da internet e in base ai propri programmi di cottura. Tu non devi far altro che assecondarlo. Ecco la svolta. Tu ascolti la macchina e metti in soffitta secoli di gastronomia frutto di quella coesione sociale che si chiama cultura. Ogni regione ha i propri piatti tradizionali: con il Bimby tutto questo viene azzerato e oggi a Catania ti puoi fare lo spezzatino con polenta esattamente come a Trento. Basta seguire la ricetta via internet. Posto diverso ma risultato identico. Se la televisione è stata, secondo Pasolini, il maggiore fattore di azzeramento delle microrealtà locali, oggi internet sta portando a termine l’asfaltatura totale attraverso le varie applicazioni come il Bimby. Secoli e millenni di sperimentazioni culinarie, frutto di colpi di genio, di fortune e sfortune, di incroci con altre culture e abitudini, di acquisizione di conoscenze e implementazioni varie messi a tacere dall’omologazione tecnologica. Sparisce l’interpretazione personale e l’evoluzione viene congelata dal ricettario online.
Il Bimby rappresenta la rivincita dei senza fatica, il riscatto degli anticreativi e la potenza di quanto in profondità sia arrivata la convinzione che la tecnologia possa supplire a qualsiasi mediocrità attraverso la mediocrità stessa elevata a rango di superpotere. E’ la realizzazione in cucina della disumana civiltà delle macchine: risultati standard, prodotti standard, clienti standard ma tutto personalizzabile. Non serve capire la differenza tra cipolla rosolata a fuoco vivo e cipolla lessata a fuoco lento. Le opzioni non sono queste: la cipolla verrà rosolata nell’unico modo possibile. Questo è quanto. Ci sarebbe da fare un discorso sull’impiattamento, ovvero sull’estetica del cibo che trovo davvero inquietante: l’occhio asettico vince sugli altri sensi e anche questo è un aspetto da non sottovalutare nell’attuale società dell’immagine. Il prodotto deve presentarsi ottimamente e la sua funzionalità è posizionata gerarchicamente negli scalini inferiori.
Non ci si ciba più per sfamarsi e per il convivio, ma per soddisfare altri principi, gli stessi che portano verso anoressia e bulimia. Oggi la funzione cibo sta perdendo per sempre i propri connotati culturali per soddisfare le pretese economiche del nuovo che avanza e le richieste sempre maggiori dei colonizzatori dell’inconscio collettivo che ci vogliono eternamente dipendenti dalle istruzioni impartite, mascherine incluse.
Si sta sviluppando un mondo dove le regole digitali dettano i limiti del libero arbitrio. Le auto di ultima generazione non permettono alcun intervento se non attraverso le officine autorizzate e impongono tramite innumerevoli sensori la logica digitale memorizzata, lasciando all’utente sempre meno margini di intervento. Ieri le auto, oggi la cucina e domani chissà cosa ci regalerà la società telesorvegliata. Intanto anche l’istruzione è mediata dal web, sterilizzando anche i rapporti tra minori in nome di una nuova uniformità sociale che prevede scarsa reazione e forte responsabilizzazione rispetto ai diktat digitali.
Essere al passo con i tempi vuol dire prendersi cura di tutti quegli aspetti che garantiscono alle elites di passare indenni i periodi di impoverimento sociale mentre si garantiscono guadagni favolosi. Essere al passo con i tempi significa abbandonare le microrealtà per tuffarsi nell’oceano dell’indifferenziato globalizzante e anonimizzante, e questo avviene dotandosi di quelle tecnologie che permettano il distacco indolore (e inodore e insapore) dal flusso vitale che ogni cultura ha saputo sostenere per secoli.
Lentamente ma inesorabilmente spariscono gli odori ed i sapori della nostra infanzia così come sono già spariti i campetti incolti dove giocare a pallone per lasciare posto a palazzi e strade. Ormai la trasformazione antropologica sta avvenendo o forse è già avvenuta: tra fast food, cibi surgelati, pranzi veloci e Bimby ormai non c’è più tempo per quell’antica cerimonia che si chiamava desco familiare e tutto ruota attorno alla mancata responsabilità verso la sfida quotidiana di inventarsi qualcosa da mangiare.
Comprate quindi quella costosa macchina, collegatela alla rete e scegliete tra le centinaia di ricette omologate. Non dovrete più guardare in frigo cosa è rimasto e ottimizzare i consumi: vi basta un clic per entrare in un mondo meraviglioso dove è stato abolito il piacere di fare fatica, la responsabilità di inventare, la difficoltà di evitare gli sprechi. Perchè è così che le persone omologate fanno: la tecnologia sistema ogni problema. Fidatevi.

In cucina funziona come nelle più belle opere d’arte: non si sa niente di un piatto fintanto che si ignora l’intenzione che l’ha fatto nascere.
(Daniel Pennac)

 

Tonguessy

Fonte: www.comedonchisciotte.org

21.05.2020

 

[1]https://it.wikipedia.org/wiki/Folletto_(aspirapolvere)

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