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Amazon, l’alba di domenica e il ricsciò

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A cura di Davide
Il 23 Gennaio 2020
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DI ALESSANDRO GILIOLI

Piovono rane

L’altro giorno, era domenica, mi sono alzato molto presto causa insonnia e quasi per caso ho finito per fare un piccolo e stronzo esperimento sociale.

Erano le cinque e mezza del mattino. Di domenica appunto. Stropicciandomi gli occhi ho aperto la posta sul tablet e c’era una pubblicità del servizio di Amazon che ti porta la spesa a domicilio, con tanto di codice sconto. Ho cliccato. Ho fatto la spesa per una cinquantina di euro, ho applicato il codice-sconto del 10 per cento, consegna a domicilio gratis. Ah, prezzi uguali o più bassi del supermercato fisico, anche al netto dello sconto.

Insomma come consumatore “ci ho guadagnato”, diciamo, se questa frase ha un senso.

Ma soprattutto alle 8 e mezzo del mattino di quella domenica d’inverno al mio citofono c’era già il tizio spedito da Amazon con tutta la mia spesa, perfettamente impacchettata.

In altre parole: da qualche parte a Roma esistevano (esistono) degli esseri umani che all’alba della domenica, mentre fuori era ancora buissimo, hanno raccolto il mio ordine, hanno messo insieme le banane, le birre, i surgelati e il resto, li hanno ficcati in una scatola e trasportati a casa mia.

Personalmente ho cercato di lavarmi la coscienza per il mio infame esperimento dando al tizio salito in casa una mancia che probabilmente era il doppio della sua paga oraria, ma ovviamente non è questo il punto – tanto più che gli altri tizi che hanno lavorato per me, quelli che mi hanno cercato le banane e i surgelati, quelli non li ho potuti né li potrò mai risarcire.

Il punto è che da almeno un ventennio – la nostra società ha vissuto una spaventosa separazione/alienazione tra il produttore e il consumatore, con una trasformazione violenta dei rapporti di forza tutta a vantaggio dei secondi.

In altri termini, come consumatori siamo tutti molto più serviti e coccolati, come produttori invece i nostri diritti sono andati gradualmente in vacca. Per tutti – tranne per chi, come il qui scrivente, ha avuto la pura e immeritata fortuna di aver messo il culo al caldo prima della tempesta perfetta neoliberista.

Ma siamo pochi, noi privilegiati, sempre meno, quasi tutti vecchi – e comunque prima o poi la campana suonerà anche per noi. Cioè siamo o saremo tutti abbattuti come birilli da questa slavina che divide ciascuno in consumatore soddisfatto che ha diritto a tutto e lavoratore sfruttato che i diritti non sa nemmeno cosa siano.

Ora, io davvero non ho una ricetta e forse nemmeno un’idea di come combattere questa mostruosa alienazione, se mai si può combattere.

Boicottare Amazon? Sì, è bello e giusto. Tuttavia da ragazzo partecipai a diverse campagne per boicottare la Coca-Cola, la Nestlé e forse anche McDonald’s, e mi pare che stiano ancora tutte lì belle in salute quelle aziende, anzi nel frattempo si sono mangiate anche l’altra metà di mondo dove al tempo non esistevano. Insomma non sono sicuro che funzioni, o comunque che basti. E a volte penso che forse boicottare Amazon fa stare meglio solo chi lo fa, è un lavarsi la coscienza non così diverso dalla mia mancia al fattorino domenicale.

E se davvero volessimo boicottare acquisto per acquisto tutta la colossale macchina del neoliberismo probabilmente non dovremmo occuparci d’altro dal mattino alla sera, e che ne sai di come è stato prodotto e trasportato il caffè che ti prendi al bar.

E poi c’è anche il famoso dilemma del ricsciò, lo conoscete no?

Siete in India (o altro paese orientale a piacimento) e c’è un vecchietto di quelli che spingono il ricsciò solo con la forza delle braccia, nemmeno a pedali. È molto anziano, magro e male in arnese. Ma vi implora di salire a bordo del suo carretto, per un dollaro vi porta in albergo, per favore signore per favore. Cosa fate, lo prendete vergognandovi del vostro peso trasportato a mano o lo rifiutate perché non volete farlo spingere? O pensate che basti dargli il dollaro senza prendere il ricsciò per aver risolto la questione?

Ecco, siamo un po’ lì dentro, tutti quanti, tutti davanti al dilemma del ricsciò di Amazon – e delle sue consorelle che fanno lo stesso.

Ripeto, non ho una ricetta e nemmeno un’idea, se non quelle vaghe e inutili del tipo “diffondere la coscienza di quanto abbiamo davanti”, “promuovere una rivoluzione umana in cui il nostro essere consumatori non distrugga bulimicamente il nostro essere produttori”, o magari sperare in una società dove la regola è che se proprio ho bisogno di una banana alle otto del mattino della domenica la devo pagare dieci euro, ogni singola banana, e che cazzo, e quei dieci euro a banana vadano a chi era sveglio all’alba nel week end in un magazzino di Roma, e che venga protetto con un solido contratto da aristocrazia operaia tedesca.

Insomma cazzate, sogni, utopie, rabbie, impotenze.

Voi avete idee migliori?

 

Alessandro Gilioli

Fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it

Link: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/01/21/amazon-lalba-di-domenica-e-il-ricscio/

21.01.2020

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