LA DISSOLUZIONE DELL'UE: SUITE MODALITA' FORTISSIMO

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FONTE: DEDEFENSA.ORG

Le Monde ci affidava la confidenza di una “fonte diplomatica” dell’UE, molto laconica nella sua brevità, ma altrettanto rappresentativa dello sfinimento del personale del Sistema, uno sfinimento che nutre un disincanto, col sottofondo di una musica dove c’è quasi della disperazione per la scomparsa di quel bene che chiamiamo speranza, diventata irreperibile tra queste falangi di valorosi.: « “Ciò che bisogna considerare è che abbiamo una crisi in più da gestire” si lamentava mercoledì una fonte diplomatica di Bruxelles».

Un’osservazione tipica dei tecnocrati di base, soprattutto i tecnocrati della burocrazia brussellese che in materia ha fondato una sorta di archetipo: una crisi in più non è un aggravarsi della situazione, una modifica dei fatti, un concetto ribaltato, la necessità di rivedere dei giudizi di merito, la messa in discussione dei fondamenti, una “crisi in più” è una “gestione” in più… L’UE è totalmente estranea al minimo pensiero concettuale, alla minima analisi storico-politica; è una specie di Danton della postmodernità, si occupa dell’operatività, e ancora dell’operatività, sempre dell’operatività, anche quando ha la testa piantata in una latrina, intasata dai suoi propri eccessi e da altri scarti diversi e avariati.

La maggior parte degli articoli di fondo della stampa allineata al sistema europeo, in particolare quella francese, ed anche varie dichiarazioni più o meno ufficiali dell’UE, (alcune del tipo adatto a suscitare la nostra compassione, come questa: “Il Signor Juncker ha esternato al sua tristezza” e noi immaginiamo Juncker che piange lacrime di birra), non ci aggiungono niente di particolarmente esaltante per la causa che difendono tutti insieme. E’ vero che loro sono altrettanto esaltanti quanto la loro causa. Sono letteralmente di ostacolo a tutto ciò che concerne la saga dell’Europa.

Il referendum di iniziativa popolare in Olanda, il cui risultato è stato calibrato perfettamente come se la gente pensasse con un’ eccellente matematica (partecipazione appena sopra il 30 % [32%], dunque sufficiente a rendere valido il voto), con i risultati adatti (62% di rifiuto di ammettere l’Ucraina nell’UE), è un colpo che in linguaggio pugilistico può essere descritto contemporaneamente come un diretto ed un uppercut. Vale a dire che sembrava partito in una sola direzione e poi ha raggiunto diversi bersagli, alcuni direttamente, altri indirettamente. Ormai è un’abitudine: ci sono talmente tante crisi in corso che un colpo calcolato per lasciare un segno in una di esse si tira dietro dei danni collaterali in qualche altra; e capita a volte che i danni collaterali siano alla lunga più distruttivi del colpo al bersaglio principale. In questi tempi di crisi tutto è possibile, anche ciò che è peggio per il Sistema.

Ecco qualche citazione particolarmente piagnucolosa di Markus Becker, dello Spiegel (prese dalla versione francese di Sputnik del 7 Aprile), che descrivono il campo di rovine che è diventata l’UE grazie all’attività degli imprenditori (dirigenti dell’UE-dirigenti interni al Sistema) che sembra che lavorino con dei progetti concepiti da un architetto della famosa scuola decostruttivista, secondo la tecnica detta “costruire decostruendo”: “In aggiunta alla crisi dei profughi, al conflitto con la Russia e al dramma ancora irrisolto circa il debito greco, abbiamo questo nuovo problema: gli Olandesi si sono pronunciati contro l’accordo di ammissione dell’Ucraina. […] Non si tratta di un qualunque accordo di libero scambio, ma di quello che aveva provocato una sommossa popolare in Ucraina nel Novembre del 2013. Il fatto che gli Olandesi si siano pronunciati chiaramente contro quell’accordo è altamente simbolico. […] [Il risultato è la vittoria] non solo del Presidente russo Vladimir Putin, ma anche di tutti quelli che vorrebbero vedere l’UE dissolversi il più rapidamente possibile… [E’] un doppio schiaffo per l’UE. […] E’ la testimonianza che l’UE è attualmente molto impopolare nei Paesi Bassi, che fino a pochi anni or sono erano considerati come uno degli Stati più favorevoli all’Europa. E per di più evidenzia che il 70% della popolazione o non si interessa a questa questione europea che pure è molto importante, o pensa che il suo voto non conti niente. La responsabilità di questa situazione ricade sull’UE e sul Governo olandese…”

Quando la “fonte diplomatica”, citata prima dal rispettabile Le Monde-di-riferimento dice con tono affranto che “abbiamo appena una crisi in più da gestire”, vuol dire che abbiamo una questione di democrazia in più da soffocare, da sviare, da dissolvere, da ribaltare, ecc., come hanno fatto con i referendum del 2005 (proprio in Francia e in Olanda), con il trattato di Lisbona, con il voto danese e altri… Ma non sarà facile perché questa direzione è sempre più difficile da seguire quanto più si accumulano crisi, e dunque questioni democratiche da liquidare, perché il lavoro di liquidarle produce sempre più, con la sua azione, delle crisi ulteriori e dei guasti collaterali.

Il referendum olandese stesso è un risultato di questo tipo, il frutto di un danno collaterale, e un’evidente dimostrazione. Dopotutto gli Olandesi hanno votato su un fatto che in origine (Novembre 2013) era un accordo presentato dall’UE come un ultimatum al Presidente ucraino Janukovitch, che provocò un rifiuto, poi una sorta di insurrezione (marchio depositato Maidan- BHL) più o meno verso Kiev, poi un colpo di Stato modello CIA-Nuland in Ucraina, poi un conflitto, che resta tuttora latente con una divisione di fatto del Paese, mentre la Russia si riprendeva la Crimea… Come conseguenza indiretta si è creata una tensione massima con la Russia, il crollo dell’Ucraina, la reazione russa con la riaffermazione della sua potenza (Siria), e poi di seguito: una catena di crisi trasformata in un vortice partendo da un diktat totalmente irresponsabile, senza né preparazione né un serio mandato europeo, lanciato da una delegazione dell’UE e da un commissario particolarmente vendicativo come un’operazione di annessione, che ha innescato una serie di crisi che comunque hanno colpito principalmente l’UE. Dopo tre anni il risultato è apprezzabile, da considerare un modello del genere raffazzonato, straccione, demolitore, produttore di porcate e puttanate.

Dall’altro lato c’è questo prodotto arcaico e di altri tempi che è la popolarità dell’UE. La manovra probabile di soffocamento del referendum (la coppia più “swing” dell’UE, gli audaci Hollande-Merkel, ha già annunciato che ci poserà sopra “democraticamente” il suo comune e focoso posteriore), metterà ampiamente in agitazione, come se ce ne fosse bisogno, il movimento euroscettico olandese, che sta per trasformarsi rapidamente in un movimento per l’uscita dalla UE- e come lo chiameremo? “Olexit”?, “ Nexit”? o “Nedexit”? Sulla falsariga del britannico “Brexit”. Olandesi e Britannici sono sempre stati molto vicini e questa vicinanza di stile nel suffisso “exit” dimostra bene che le grandi amicizie europee sopravvivono; non solo rimangono, ma stanno per fare veramente l’Europa, (o di fare la Vera Europa), perché con dei tipi gagliardi come i Francesi, gli Ungheresi, e forse anche gli stessi Tedeschi (categoria Bavaresi) e tanti altri, il movimento “fuori dall’UE” sta per diventare da solo una vera Europa…

…Così passeremmo dall’Europa-UE all’ “Europexit” e dagli euroscettici agli eurosexit – una roba molto sexy. Da qui si potrebbe ben concepire- eccome!- che il fenomeno “exit” non sarà più congiunturale (esclusione o ritiro di uno Stato membro) ma strutturale (costruzione di un’Europa fatta da Stati membri che hanno lasciato o vogliono lasciare l’Unione Europea per organizzarsi a modo loro). Troviamo l’idea seducente e con tutte le qualità per fare la sua strada nel disordine-diventato-caos. L’”Europexit” potrebbe dire quindi che lei va bene come gli USA modello Trump.

In un articolo che spiega bene gli annessi e i connessi della questione olandese, Gilbert Doctorow, Coordinatore europeo dell’ American Committee for East West Accord, segnala questo particolare molto interessante come esempio delle agitazioni in corso: “Si moltiplicano i segnali che sta per crollare il consenso a una politica estera dell’UE ispirata da Angela Merkel. Persino in Germania i suoi detrattori diventano sempre più audaci. All’inizio di questa settimana i giornali tedeschi titolavano sull’invito fatto dall’anziano cancelliere Kohl al primo ministro ungherese Viktor Orban perché venga a rendergli visita la settimana prossima.” (Il testo di Gilbert Doctorow è una buona descrizione e spiegazione del referendum olandese e si trova su ConsortiumNews del 7 aprile [i non-Europei quando si occupano seriamente delle questioni europee, sono più interessanti dei commentatori europei accreditati, i commentatori interni al sistema].)

Il referendum olandese infine ha dimostrato soprattutto che il virus “exit”, anti-UE, ecc. non è circoscritto ai paesi della periferia, siano essi i più poveri indicati col facile epiteto di “profittatori”, o i più isolazionisti come i Britannici, o i paesi dell’Europa dell’Est. L’Olanda è un paese fondatore dell’UE, uno dei sei delle origini. Per la seconda volta (dopo il referendum del giugno 2005), ma questa volta in condizioni drammatiche perché era veramente questione dell’adesione all’UE, nella psicologia degli elettori, perché ogni votazione sull’UE in questo momento coinvolge questa scelta logica, per la prima volta un paese fondatore si pronuncia indirettamente contro l’Europa. Questa interpretazione non è affatto sollecitata. Per questo è fondamentale e misura quanto la dissoluzione dell’Europa sia a uno stadio avanzato… “Una crisi in più da gestire”: se ci riflettesse seriamente, la “fonte diplomatica “ di Le Monde, invece di pensare alla pura gestione si accorgerebbe che si tratta della sua sopravvivenza, e che pertanto l’atto della “gestione” non basta più, oppure che dovrà gestire proprio il suo funerale.

Fonte: www.dedefensa.org

Link: http://www.dedefensa.org/article/dissolution-de-lue-suite-fortissimo

8.04.2016

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIAKKI49

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