DI DANIEL TANURO
Viento Sur
Estate calamitosa, cambio climatico e austerità.
I fenomeni meteorologici estremi (siccità, ondate di calore e di freddo, precipitazioni di pioggia abbondanti e violente, tempeste e cicloni) costituiscono alcune delle manifestazioni previste dal cambio climatico. A livello mondiale, la frequenza di questi fenomeni si vede ogni giorno più presente. Quest’ anno, con le gravi inondazioni in Giappone, le ondate di calore e la siccità negli Stati Uniti (26 Stati hanno dichiarato lo stato d’allerta) e un tempo atipicamente freddo e piovoso su buona parte dell’ Europa, seguito da un inverno comunque molto freddo, è un buon esempio di cambio climatico.
Nonostante a livello generale la tendenza alla moltiplicazione di questi fenomeni sia in perfetta consonanza con le previsioni dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), fino ad oggi era impossibile dire quale fatto in concreto si potesse attribuire o no al fenomeno del riscaldamento globale. Il sistema climatico è estremamente complesso e sono sempre possibili oscillazioni, alcune di queste molto importanti, in relazione a ciò che si considera normale. I climato-scettici si aggrappano a questi cambiamenti repentini per banalizzare il fenomeno e restare tranquilli. Non sono gli unici; anche i governi si associano allo stesso meccanismo di indifferenza per evadere dalle proprie responsabilità e mascherare quelle della lobby delle energie fossili.
Può essere che questa situazione cominci a cambiare grazie a sistemi di simulazione molto potenti. Il Centro meteorologico del Regno Unito (Met Office) e l’Amministrazione Nazionale degli Oceani e dell’Atmosfera degli Stati Uniti (NOAA, National Oceanic and Atmospheric Administration) sono giunti a dimostrare che determinati fenomeni estremi di questi ultimi anni sono più che probabilmente legati al riscaldamento globale. E’ il caso del mese di novembre 2011 in Gran Bretagna (il secondo più caldo da quando si annotano le temperature nel paese, 1969). Le possibilità che fosse dovuto più al riscaldamento globale che ad un’oscillazione naturale del sistema climatico sono di sessanta a una. Nel caso della siccità che colpì il Texas nel 2011, questa relazione è di venti a una. Al contrario, i ricercatori stimano che l’inverno che ha fatto tremare l’Europa nel 2010-2011 rientri in un margine di oscillazioni meteorologiche normali e che le inondazioni di cui ha sofferto la Thailandia nel 2011 si spiegano con una gestione inefficace dei corsi fluviali.
Per ciò che riguarda la calamitosa estate che affligge una buona parte dell’ Europa, è troppo presto per giungere a conclusioni definitive. Sembrerebbe sia dovuta al fatto che il “jet stream” ( venti ad alta quota) sopra l’Oceano Atlantico si trovi ad un livello più basso del consueto in questo periodo dell’anno. Questo fenomeno potrebbe spiegare sia l’ondata di calore negli Stati Uniti che le basse temperature e la pioggia in questo lato dell’Atlantico. Alcuni ricercatori stimano che questa posizione anormale del “jet stream” durante l’estate potrebbe essere dovuta allo scioglimento dei ghiacciai nell’Artico che perturberebbe il sistema dei venti in questa zona. Se così fosse, estati come questa attuale potrebbero ripetersi… però, per il momento, non è nulla più che un ipotesi.
Nel frattempo, le inondazioni in Gran Bretagna mostrano, ancora una volta, che gli effetti del cambio climatico non si limitano ai paesi del Sud, nonostante siano i più minacciati. Questi effetti mostrano inoltre la irresponsabilità dei governi. Nel « L’impossible capitalisme vert » (L’impossibile capitalismo verde, ndr) ho preso la Gran Bretagna come esempio per dimostrare che anche in Europa potrebbe succedere una catastrofe analoga a quella di New Orleans. Non siamo ancora a questo punto ma la minaccia è reale. Ho citato l’articolo “Future Flooding”. Redatto nel 2004 per “Office of Science and Technology”, che stimava tra 2,6 e 3,6 milioni le persone minacciate dalle crescenti inondazioni che potrebbe creare il cambio climatico da oggi al 2080 ( più di 700.000 esposte ai rischi di inondazioni urbane a causa di piogge torrenziali). Queste cifre dovrebbero sottolineare la necessità di rinforzare il sistema delle dighe, però il governo non lo fa. Al contrario, nel quadro del suo programma neo liberista di tagli drastici alle spese, l’equipe del primo Ministro inglese David Cameron ha ridotto gli investimenti in questo settore.
Secondo il “The Guardian” del 14 luglio 2012, 294 progetti per il rafforzamento di dighe che avrebbero dovuto cominciare nel 2010, furono abbandonati perché non si concedettero i finanziamenti previsti. Nonostante il governo fosse già stato avvisato: nel 2007, dopo una devastante inondazione, un avviso ufficiale (“The Pitt Review”) concludeva che gli investimenti contro le inondazioni costiere e fluviali sarebbero dovuti aumentare ogni anno. E, effettivamente, tra il 2007 e il 2010 furono aumentati del 33%… però da quando il ministro David Cameron arrivò al numero 10 di Downing Street, gli investimenti sono diminuiti del 25%. Durante le negoziazioni dei “budget cuts” (tagli di bilancio, ndr), la segretaria di Stato per l’Ambiente, Caroline Spelman, ha dato prova di uno zelo notevole proponendo che le risorse del suo dipartimento fossero ridotte ad un 33%.
Una buona parte di questi tagli è ricaduta sul settore strategico delle dighe. A titolo di risarcimento, Caroline Spelman ha contato sulla partecipazione di investimenti privati, attraverso la cooperazione pubblico-privata che, soprattutto, univa… promotori immobiliari, sempre avidi di terreni edificabili, nonostante siano in zone a rischio di alluvione. In tutti i casi, questa alleanza pubblico-privata non ha apportato che 2,7 milioni si sterline, che è una cifra irrisoria.
In queste ultime settimane si sono inondate migliaia di case in Gran Bretagna. I danni ammontano a migliaia di sterline. Le compagnie assicurative sono ben lontane dal poter risarcire integralmente le perdite. La popolazione con un reddito basso è la più colpita perché è la stessa che vive nelle zone danneggiate e non ha i mezzi per contrattare una assicurazione complementare. Evidentemente, il governo attira la sfortuna di una estate calamitosa. Però quando il livello dell’acqua cresce come risultato dell’aumento dell’effetto serra (perché la lobby energetica non vuole ridurre i propri benefici) e si riducono i bilanci (perché il denaro pubblico si usa per compensare le perdite economiche) non bisogna dare la colpa alla “natura”, ma al capitalismo.
Daniel Tanuro
Fonte: http://vientosur.info
Link: http://vientosur.info/spip/spip.php?article6969
19.07.2012
Traduzione a cura di ISABELLA PREALONI per www.Comedonchisciotte.org