DI PAOLO BARNARD
Cosa fai quando una gabbia costruita in decenni e considerata sacra, intoccabile, ti inizia a soffocare? Cosa fai?
E’ il 1959, New York City. Lui, lui e poteva essere solo lui, Miles Davis, si sveglia quasi senza più respiro, fradicio di sudore. Rimane seduto al margine del letto per mezz’ora e capisce: “Just make it sound like it’s floating”, sono le parole che gli sfilano davanti agli occhi, cioè “Suonalo come se galleggiasse”, il jazz, questo mostro sacro divenuto una prigione di accordi, sessioni, ritmi chiamati Bibop. No, basta, basta per Dio! “Suonalo come se galleggiasse”, nessuno mai prima aveva pensato a suonare il jazz in quei termini.
Poco dopo Miles raccoglie cinque musicisti nel suo studio a Old Church della 30st, sotto l’Empire State Building. C’è, fra loro, John Coltrane, una divinità del jazz, e un altro mito, Jimmy Cobb, batterista. Sono tutti ignari di cosa accadrà quella mattina. E quel giorno verrà registrato il più celebre disco di jazz della Storia. Ma come! come! è il punto che ci interessa qui.
Miles arriva con dei fogli… uno spartito? No, appunti. E la musica dov’è? C’è silenzio, quasi si sente in bruciacchìo dei tiri alle sigarette.
Ricorda Jimmy Cobb, unico superstite di quell’evento: “La cosa che sentivamo era nessuna pressione. Ci si guardava in faccia, Miles ci guardava. Bè, sai, quello era un gruppo di musicisti che… gli potevi tirare qualsiasi cosa e uscivano note… qual’era il problema?”
E infatti quando Miles Davis gli parlò, fece proprio questo, gli tirò una qualsiasi cosa, e quella cosa fu proprio: “Just make it sound like it’s floating”. Null’altro.
Non c’erano spartiti. Ne uscì un’invenzione dopo l’altra, e a ogni curva, a ogni sguardo fra loro, un colossale pezzo di jazz saltava in aria, calcinacci da dimenticare, finché l’album che ne usci, Kind of Blue, non ebbe trasformato il jazz per sempre. Demolito, e ritornato in vita in una giornata. New York City, 1959.
Yanis Varoufakis, non è scopiazzando le note ingabbiate di Galbraith o, peggio, di Lazard, che salverai la Grecia. Devi inventarti qualcosa ad ogni angolo, devi “Just make it sound like it’s floating”, far galleggiare idee incredibili, inaudite, senza gli spartiti dei Trattati e della paura. E il tuo Miles Davis oggi si chiama Warren Mosler. Io l’ho visto al Ministero del Tesoro a Roma appiattire al muro gli ‘esperti’ italiani “just like everythig was floating”, come se tutto stesse galleggiando. Quei poveretti non sapevano dove aggrapparsi.
Cambiare la Storia Yanis richiede questo. Poveri greci. Yes Kind of Blue, e Blue in americano significa anche triste, mesto, come il loro destino. Chiama Mosler, Yanis. “Just make it sound like it’s floating”.
Paolo Barnard
Fonte: http://paolobarnard.info
Link: http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=1087
12.02.2015
Anche chiamare la Fata Turchina può essere una buona idea. Non appiattisce al
muro nessuno, ma sa il fatto suo.
Ma non aveva scritto che Tsipras e VAROUFAKIS avevano venduto la Grecia ?
Barnard parla come se gli economisti italiani non fossero esperti o competenti, come una massa di inetti poveri scemi. Semmai sono il contrario. Il problema é che molti di loro hanno venduto l’anima. Sono semplicemente vampiri sanguisughe assetati di soldi e accondiscendenti al potere dominante
MMT. Vediamo cosa ne pensa Bagnai (tratto da un post su Goofynomics di un po’ di tempo fa):
La prima regola che ti insegnano ai
corsi di economia è quella per cui ogni decisione economica ha sempre un costo,
anche se non direttamente osservabile. La frase asciutta e perentoria “non ci
sono pasti gratuiti” non prevede eccezioni e suggerisce quindi di prendere
delle decisioni tenendo conto non solo del set informativo sui costi evidenti,
ma anche considerando quelli nascosti o potenziali. Il modo in cui
tali informazioni vengono “pesate” dipende esclusivamente dal modello
economico, cioè dalla rappresentazione della realtà, che si vuole
adottare.
Con questa prefazione, criptica e banale
allo stesso tempo, vi racconto cosa penso riguardo un argomento poco
interessante per molti, la Modern Monetary Theory (MMT), usata in
maniera populista da coloro che sostengono l’uscita dall’EMU, cioè l’abbandono
dell’Euro.
Il padre della MMT sembra essere il
Prof. australiano Bill Mitchel, il quale teorizza l’esistenza di un grande
super-ente-governativo – governo & banca centrale – che attraverso la
sovranità della moneta, possa stamparne ad infinitum per supportare la spesa pubblica con l’obiettivo
della piena occupazione. Affascinate.
Serve però un minimo di contesto: la
MMT può essere vista come un ramo post-keynesiano, in cui la variabile
decisionale è la spesa pubblica, con la centralità del ruolo dello Stato nel
guidare l’andamento delle attività economiche. Sintesi è rozza ad esclusivo
beneficio della semplicità, per cui chiedo venia agli economisti (quelli veri).
In questa sede vorrei analizzare i
pro e i contro della nuova teoria della moneta alla luce delle prescrizioni che
populisticamente vengono considerate la salvezza per il nostro paese: uscita
dall’Euro, sovranità della moneta, nuova spesa pubblica finanziata dalla banca
centrale.
Iniziamo dal programma dell’ormai
famoso economista W. Mosler (per gli USA [moslereconomics.com]e quello specifico per l’Italia [memmt.info] ), ovvero il teorico dietro le
performance del giornalista rivoluzionario Paolo Barnard. Egli identifica in
particolare 7 punti fondamentali.
1 – Il governo non ha alcun vincolo
alle spese e queste non dipendono dalle entrate, quindi non ha un rischio di
insolvenza (ovvero, non vale il vincolo intertemporale del govt)
2 – Le generazioni future consumeranno
indipendentemente dal debito, e quindi dalle politiche attuali sul deficit
(ovvero, effetti nulli del debito sui consumi)
3 – Il deficit dello Stato aumenta i
risparmi delle famiglie, non li diminuisce (ovvero, nessun effetto distorsivo
dal trasferimento pubblico-privato, e nessun effetto da accumulo del debito,
come il punto 2)
4 – Lo Stato Sociale non può fallire
(vedi punto 1)
5 – L’Import è un beneficio, l’export
è un costo, quindi un persistente deficit commerciale non toglie lavoro e produzione
(ovvero, la bilancia dei pagamenti non rappresenta una fonte di squilibri – non
si parla di posizione netta con l’estero)
6 – I risparmi non servono per
finanziare gli investimenti, ma gli investimenti si aggiungono ai risparmi
(ovvero, risparmi ed investimenti non sono legati, non esiste canale del
credito privato come moltiplicatore della moneta)
7 – Un alto deficit dello Stato oggi
è una buona cosa, anche se vuol dire alte tasse in futuro (perché le tasse
future sono incerte, quindi i deficit finanziati dalla moneta sono possibili)
Il comune denominatore
riguarda la capacità del governo, ritenuta infinita, di finanziarsi
attraverso l’emissione di moneta, supportando il benessere dell’economia
domestica. Riprendo all’incipit dell’articolo, con la frase “non ci sono pasti
gratuiti”; quindi dove sta la fregatura della nuova panacea firmata sovranità
della moneta?
La prima in assoluto è la mancanza di struttura: tutta l’impalcatura si tiene
su ipotesi di gestione monocratica del “governo” il quale ha potere su
creditori e debitori, salari e prezzi, e quindi moneta.
Lo Stato non può fallire, non va sul
mercato finanziario con debito perché stampa la moneta con cui finanzia le
spese. Può creare occupazione, fissare i salari e quindi in ultima analisi i
prezzi, controllando l’inflazione. Inoltre il debito estero viene controllato
attraverso condizioni variabili e discrezionali sulle modalità di pagamento,
mantenendo ugualmente la capacità di importare beni e servizi.
Dubitabile. Insomma, sembra la terra
degli “Eloi”, con qualcuno che magicamente porta benessere, pace e prosperità.
Il secondo problema riguarda la mancanza di prospettiva: si afferma che lo Stato può
indefinitamente stampare moneta. Purtroppo le condizioni di trasversalità sono
importanti perché il futuro è sempre facile da comprimere con un tasso di sconto,
riducendo l’attività di uno Stato ad un gigantesco Ponzi-scheme.
Il fatto che un paese sovrano porti
il deficit al 10% del PIL per un certo periodo di tempo, con la Banca Centrale
che fa QE (ndr gli USA), non ha nulla a che fare con la MMT, soprattutto per le
condizioni di trasversalità che garantiscono una deviazione da questo
comportamento.
Viceversa, sembra che lo Zimbabwe
abbia adottato una sorta di MMT: sono arrivati al punto di non riuscire a stampare abbastanza
moneta per comprare l’inchiostro di stampa della moneta stessa [www.forbes.com].
La magia (o finzione) sta nello
scollegare completamente le spese dello Stato alle entrate, il quale diventa
unico produttore della moneta, adesso soprattutto nelle mani del settore
privato. In pratica lo Stato potrebbe spendere qualsiasi cifra per la piena
occupazione, indipendentemente dalle entrate.
Le tasse, una volta riscosse,
potrebbero anche essere letteralmente bruciate dall’impiegato dell’Agenzia
delle Entrate. L’eliminazione del credito dello Stato (ndr in Italia € 2.000 mld),
vuol dire eliminare il sistema dei crediti/debiti finanziari del settore non
governativo, famiglie e imprese (€ 2.300 mld). Provate anche solo ad immaginare
gli effetti sulla ricchezza non finanziaria.
In quel modo Si elimina il concetto
di moltiplicatore della moneta del settore privato: qui è lo Stato che provvede
alle esigenze attraverso la piena occupazione ed un salario di controllo ( full critica di Cullen Roche [pragcap.com] e Jack Sparrow [www.mercenarytrader.com]).
Ribadisco, è affascinante ma non
tiene. Un interessante e ben argomentato articolo di Francesco Lippi mette in
guarda dalle facili soluzioni derivanti dal signoraggio e
dalla svalutazione della moneta [noisefromamerika.org].
Nel suo articolo descrive anche
l’esercizio di due economisti che simulano gli effetti di una svalutazione
semplicemente modificando il mix delle tasse, riducendo l’IRAP sulle imprese ed
aumentando l’IVA sui consumi.
La risposta di un “teorista” o di un
seguace dell’uscita dall’Euro potrebbe essere “e mica la pagheremmo l’IVA,
noi!”.
E amen.
Curioso che Bagnai critichi la MMT con le stesse argomentazioni con cui i neoclassici criticano… lui.
Finalente un post degno del Barnard di una volta, senza insulti, senza "io ho visto cose che voi mortali…". La sua opinione, con una intelligente metafora a sostenerla.
Peccato che la metafora è forzata e un po’ zoppa: Kind of Blue è una pietra miliare e vende tutt’ora bene (quasi 60 anni dopo) ma Davis non lo considerò mai la rottura col presente che PB ci descrive.
La "gabbia del Be-Bop" era già bella che scardinata da altri lavori (molti suoi), il Cool Jazz infuriava e il Free Jazz già nell’aria.
Miles considerava Kind of Blue un culmine del suo periodo Hard Bop: un punto d’arrivo, non "una svolta".
Tant’è vero che si rifiutò sempre di tornare a soffiare nella tromba a quel modo, non ostante le vendite e l’accoglienza al di fuori del Jazz rendessero ideale e profittevole il continuare a produrre dischi simili.
Miles Davis era passato oltre, e il suo diniego a proseguire nel solco di Kind of Blue lo espresse con un’altra delle sue frasi famose: "that stuff hurts my lips" ([suonare] quella roba mi piaga le labbra).
in parte su teorie…. Un pò come è avvenuto per la creazione
dell’euro.
Chi dice a Bagnai che questo progetto debba essere vero e
attuabile al 100% fin da subito e che non richieda di aggiustamenti
(come avviene per ogni progetto). L’importante è che si possa attuare tutti gli
aggiustamenti necessari per passare dalla teoria alla pratica.
Sto
parlando della MeMMT naturalmente che ha oltre ad avere solide basi teoriche ha
– almeno così sembra e si spera – cuore e ideali che vanno al di la dei meri
tecnicismi economici e dove al centro c’è l’uomo…con i suoi pregi e difetti ma
dove si vede anche un potenziale di sviluppo socio economico (io
direi orizzontale) e quindi speranza e riscossa con l’aiuto anche del necessario
supporto economico.
In Bagnai non vedo cuore x tutto questo ma
troppo sicurezza nel proporre o abbattere questo o quel modello
economico.
In altre parole mentre nella MeMMT, come ho detto si vede e si
spera ci sia un visione altra dal modello economico proposto che in tal caso
diventa solo il mezzo per, in Bagnai vedo invece, nel suo proporre "un modello",
come l’attuazione di esso sia più il fine per che il mezzo per. Per questo non
riesce a vedere le potenzialità e il nuovo paradigma dietro alla MeMMT ma solo
un mero trattato di economia….
Saluti