DI HELENA JANECZEK
Nazione indiana
1) Adul Salam Guibre e i suoi amici John e Samir entrano all’alba al bar “Shining” di Via Zuretti, zona Stazione Centrale di Milano, e rubano una scatola di biscotti. I gestori, padre e figlio, se ne accorgono e gli corrono dietro urlando cose tipo “ladri, negri di merda”. Pensano di inseguirli col loro furgone bar, ma poi uno dice all’altro:”lasciamo stare, chiudiamo baracca che è meglio, e andiamo a dormire”.
2) Adul Salam Guibre e i suoi amici John e Samir entrano all’alba al bar “Shining” di Via Zuretti, zona Centrale di Milano che sta per chiudere, e rubano una scatola di biscotti. I gestori del bar li rincorrono al grido di “ladri, ladri”, prendono il furgone bar, li raggiungono e tirano fuori una spranga e un bastone. Anche i ragazzi di colore hanno un bastone e scoppia una rissa. Samir e John, quando capiscono che quelli del bar menano di brutto, scappano, mentre “Abba” non ce la fa e rimane a terra, colpito più volte alla testa. Muore all’ospedale “Fatebenefratelli” qualche ora dopo.
I gestori della prima variante, ripetono insulti razzisti. I secondi no, però uccidono un ragazzo. Nella realtà dei fatti, com’è stata fin qui ricostruita (ma è ancora molto da vedere), le due cose si combinano. Sul sito del Corriere, però, si legge:
“Secondo quanto spiegato dagli agenti della Squadra Mobile, il giovane sarebbe stato aggredito nell’ambito di una lite in quanto, con due suoi amici, avrebbe rubato dei biscotti dal furgone bar di cui sono proprietari i due fermati. Non si sarebbe quindi trattato di un episodio a sfondo razzista (nonostante le ingiurie rivolte dagli aggressori ad Abdul come «ladro, negro di merda, etc») , ma di una lite per futili motivi poi degenerata.”
La domanda è: come lo individuiamo il razzismo? E’ più razzista colui che dice cose razziste o lo è più chi cose razziste le fa? Questo in una clima culturale come il nostro, dove il razzismo sembra ubiquo e inafferrabile, perché nessuno, tranne qualche ultrafascista marginale, dichiara più di essere razzista. “Io non sono razzista, però…”è il refrain dei giorni nostri.
Mi viene da pensare questo: gli ipotetici gestori di un bar che urlano “negri di merda” oltre che “ladri” potrebbero in effetti essere abbastanza superficialmente razzisti. Sono stanchi e arrabbiati e i ragazzi che hanno rubato i biscotti sono tutti e tre di colore, quindi gli viene da tirargli dietro anche quell’insulto.
E se invece avessero fatto quel che hanno fatto effettivamente, senza nemmeno una volta lasciarsi sfuggire un epiteto razzista, allora potremmo davvero essere certi che si tratta solo di una “lite per futili motivi poi degenerata”?
Ho forti dubbi. Quegli uomini avrebbero cominciato un inseguimento con il furgone, armati di bastone e spranga, per una scatola di biscotti, se i ladri non avessero avuto tutti e tre la pelle scura? E avrebbero poi ingaggiato una rissa di quel genere? E soprattutto: avrebbero colpito un ragazzo alla testa con una spranga fino ad ucciderlo, se quel ragazzo non fosse stato nero?
Ovviamente non abbiamo la prova contraria. Sarebbe interessante sapere, ad esempio, se i gestori del Bar “Shining” (il nome non evoca sonni tranquilli) fossero noti in genere come persone che passano facilmente alle mani. Ma anche questo non risolverebbe molto. Il primo essere umano che gli è capitato di uccidere, resta un ragazzo di colore.
Il razzismo non è un opinione. Non è nemmeno principalmente un codice linguistico odioso e scorretto. Il razzismo è qualcosa che ti agisce dentro. E che eventualmente, come temo sia avvenuto in questo caso, ti abbassa la soglia di inibizione. Per cui un ragazzo dalla pelle scura, va a finire che lo ammazzi. Magari non l’hai nemmeno chiamato “negro”, magari non ti rendi nemmeno conto che ci vedi non una persona uguale a te, ma appunto un “negro”. Però è questo che probabilmente non ti fa fermare in tempo. Ed è il veleno che circola nell’aria e nel metabolismo.
Helena Janeczek
Fonte: www.nazioneindiana.com
Link: http://www.nazioneindiana.com/2008/09/15/variazioni-su-un-omicidio/#more-8464
15.09.08