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UNIONE EUROPEA: PROTEGGERE I DIRITTI DI CHI INVESTE A DANNO DELLA DEMOCRAZIA

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A cura di supervice
Il 6 Ottobre 2011
81 Views

DI BURGHARD ILGE E KAVALJIT SINGH
Global Research

Il 12 settembre 2011 il Consiglio per

gli Affari Generali dell’Unione Europea (UE) ha ufficialmente approvato

un mandato per le negoziazioni delle misure di protezione degli investimenti

in base agli accordi per il libero commercio (FTA) con India,

Singapore e Canada. La segretezza con cui è stato approvato questo

mandato ha sollevato domande legittime sull’intero processo.

Il nuovo mandato per le negoziazioni

propone specificamente l’intervento di accordi per le dispute tra

investitori e stato (oltre a quelli tra stato e stato). È una cosa

molto discutibile perché offre diritti speciali agli investitori per

bypassare completamente il sistema legale nazionale e per cercare dei

rimedi di fronte a un gruppo di arbitri internazionali. È una cosa

davvero preoccupante, dato che il nuovo mandato auspica “il più alto

livello possibile di protezione legale e certezze per coloro che hanno

investimenti europei in Canada, India e Singapore”. Allo stesso tempo,

non illustra requisiti o limiti del diritto degli investitori per godere

della protezione sotto il nuovo accordo. Dall’entrata in vigore del

Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009), la competenza per gli accordi

internazionali che riguardano gli investimenti diretti stranieri (FDI)

è passato dai singoli stati membri all’UE.

Prima di questa data la Commissione

Europea aveva solo la competenza per l’accesso al mercato e nella

fase preventiva di un investimento, mentre tutte le competenze relative

alla fase successiva erano sotto il dominio di ciascuna nazione.

Dal 2010 la Commissione Europea (CE),

il Parlamento Europeo (PE) e gli stati membri lavorano per la creazione

di una nuova cornice regolatoria. Nel corso di questo processo in divenire,

la CE cerca di usare la sua nuova autorità per negoziare gli accordi

di protezione degli investimenti in base ai proposti FTA con

India, Singapore e Canada. Questo malgrado il fatto che la demarcazione

delle esatte competenze tra gli stati membri dell’UE e la Commissione

per le politiche degli investimenti stranieri non è chiara.

Indebolire il Parlamento Europeo

Il 6 aprile 2011 il PE ha adottato

una risoluzione su una futura politica internazionale per gli investimenti

al cui interno viene delineata una serie di suggerimenti politici su

clausole procedurali e sostanziali. Anche se la risoluzione del PE non

è abbastanza forte per proteggere l’ambito politico e gli interessi

pubblici, ha individuato molti difetti nel regime in essere degli investimenti

internazionali e ha proposto idee da valutare. Con la CE che è avviata

per un mandato di negoziazione sulla protezione degli investimenti in

base agli accordi sull’FTA con India, Singapore e Canada, questa iniziativa

non solo ignora le preoccupazioni delle organizzazioni europee della

società civile, ma contraddice le richieste e i suggerimenti fondamentali

avanzati dal PE.

Per capire, non c’è menzione in

questo mandato delle richieste avanzate dal PE sul fatto che “le forme

speculative di investimento, così come definite dalla Commissione,

non verranno protette”. Mentre il mandato richiede esplicitamente

che l’ambito della protezione degli investimenti copra anche i diritti

di proprietà intellettuale, non incluse la proposta chiave del PE che

“le disposizioni dovranno evitare di impattare negativamente la produzione

di farmaci generici e dovranno rispettare le eccezioni TRIPS per la

salute pubblica”.

Il nuovo mandato affidato ai negoziatori

europei per un accordo con l’India stabilisce in particolare “il

trattamento della nazione più favorita”, mentre la risoluzione del

PE si appella al “consentire una certa flessibilità sulla clausola

MFN (ndt: per i paesi più favoriti) per non ostruire i processi di

integrazione nei paesi in via di sviluppo”.

Anche se il PE ha chiesto alla Commissione

“di valutare gli impatti potenziali dell’inclusione della clausola-ombrello

nel futuro accordo europeo sugli investimenti e di presentare un resoconto

sia al Parlamento Europeo che al Consiglio”, il mandato che è trapelato

ha già previsto l’inclusione di una “clausola ombrello”.

Allo stesso modo, la risoluzione del

PE richiesta “per includere in tutti gli accordi futuri clausole specifiche

per stabilire i diritti delle parti dell’accordo di regolare, inter

alia, in le aree di protezione della sicurezza nazionale, dell’ambiente,

della salute pubblica, dei diritti dei lavoratori e dei consumatori,

delle politiche industriali e della diversità culturale”, ma il mandato

elimina con cura il diritto di poter regolare nel settore delle politiche

industriali. Ciò potrebbe avere serie conseguenze per gli stati ospiti

(particolarmente quelli in via di sviluppo) per perseguire politiche

industriali a lungo termine e strategie di sviluppo.

Inoltre, il mandato per le negoziazioni

ignora la richiesta del PE “di includere, in tutti i futuri accordi,

un riferimento alle ultime Linee Guida dell’OCSE per le Imprese Multinazionali”.

Alti standard di accesso al

mercato e di protezione degli investimenti

In particolare, il mandato auspica

standard più elevati di rispetto per i seguenti aspetti:

a) trattamento corretto ed equo, compresa

la proibizione di misure irragionevoli, arbitrarie e discriminatorie

b) un trattamento nazionale non previsto

c) un trattamento della nazione più

favorita non previsto

d) una protezione contro l’esproprio

diretto e indiretto, compreso il diritto al risarcimento immediato,

adeguato ed effettivo

e) piena protezione e sicurezza degli

investitori e degli investimenti

f) altre disposizioni efficaci per

la protezione, come la “clausola ombrello”

g) libero trasferimento di capitali

e di pagamenti da parte degli investitori

h) regole che riguardano la surrogazione.

Un’analisi critica di ognuna di queste

misure specifiche del mandato va oltre lo scopo di questo breve articolo,

ma alcune di queste sono discusse in seguito.

Trattamento nazionale non previsto

Il principio del trattamento nazionale

(non previsto), che considera gli stranieri almeno sullo stesso piano

degli investitori nazionali, è molto controverso, perché molte nazioni

si astengono dall’offrire un trattamento agli investitori stranieri

privo di limiti e di requisiti. È ben noto che, diversamente dal commercio,

gli investimenti stranieri sono un ambito politicamente ed economicamente

più sensibile, dato che riguarda essenzialmente l’esercizio del controllo

sulle ricchezze e le risorse nazionali. Da notare che non sono i paesi

in via di sviluppo (come l’India) ad essere estremamente preoccupati

delle aziende stranieri che acquisiscono un controllo sugli asset

e le risorse della nazione. Anche all’interno dell’Europa (particolarmente

in Francia e in Germania), i legislatori sono preoccupati delle recenti

acquisizioni delle ricchezze e delle risorse nazionali da parte dei

fondi sovrani e degli investitori privati del Medio Orienti e dell’Asia

sud-orientale.

Trasferimenti di capitali

Un’altra disposizione problematica

si riferisce al libero trasferimento dei capitali e dei pagamenti da

parte dell’investitore. È particolarmente incisiva da quando c’è

stato un ripensamento negli ambiti della politica internazionale sulla

gestione dei movimenti di contanti dopo la crisi finanziaria globale.

In tutto il mondo sviluppato i legislatori hanno introdotto un largo

spettro di restrizioni sui cambi e i controlli dei capitali quando hanno

dovuto affrontare problemi per la bilancia dei pagamenti e per i flussi

volatili dei capitali. Tali impegni darebbero diritto a una compensazione

per gli investitori stranieri se un paese ospite impone controllo di

moneta e ai capitali che potrebbero inibire agli investitori stranieri

di trasferire denaro dentro o fuori dalla nazione. Inoltre, le disposizioni

sui liberi trasferimenti sono molto accomodanti, dato che includono

profitti, dividenti, guadagni in conto capitale, diritti per i brevetti

e materie analoghe.

Comunque, dopo la crisi finanziaria

argentina del 2001, sono state sollevate importanti dubbi sulla possibilità

dei paesi ospiti di imporre controlli ai capitali che sono contrarti

ai loro impegni per i trattati di commercio bilaterale e investimenti.

Nel dicembre del 2001, l’Argentina ha introdotto restrizioni sulle

fughe di capitali per mantenere la stabilità finanziaria. Con queste

restrizioni, agli investitori sia stranieri che connazionali era vietato

inviare fondi all’estero e i trasferimenti elettronici richiedevano

un’approvazione della banca centrale. Le autorità avevano anche imposto

un divieto sulle transizioni di future sulle divise estere. Nel

2005 le autorità argentine hanno introdotto una serie di nuove restrizioni

sui flussi di capitali in uscita per scoraggiare la speculazione all’interno

della nazione.

In risposta ai controlli sui capitali

che colpivano i diritti degli investitori stranieri, numerosi

stati investitori hanno fatto causa all’Argentina. Circa quindici

investitori statunitensi andarono in tribunale per un arbitrato investitore-stato

affermando che le restrizioni sui capitali avevano violato i trattati

bilaterali USA-Argentina. In vari casi i tribunali di arbitrato investitori-stato

hanno condannato l’Argentina e hanno riconosciuto agli investitori

statunitensi rimborsi per centinaia di milioni di dollari. Al momento,

l’Argentina ha confermato di non dover rispondere dei suoi trattati

sugli investimenti, perché i controlli sul capitali erano stati imposti

con lo scopo legittimo di ripristinare la stabilità finanziaria e macroeconomica.

Nel caso particolare dei paesi in via

di sviluppo, l’uso diffuso delle cause investitori-stato in situazioni

simili può ritardare e indebolire la loro risposta politica per superare

una crisi finanziaria o monetaria.

Clausola ombrello

Il mandato per le negoziazioni ricerca

l’inclusione della “clausola ombrello” per poter fornire protezione

addizionale agli investitori. La clausola ombrello (nota anche come

clausola specchio o dell’effetto parallelo) è una disposizione che

impone a ogni Stato Contraente di osservare tutti gli obblighi sugli

investimenti stipulati con gli investitori di un altro Stato Contraente.

Al momento le clausole ombrello controverse

si trovano in vari trattati bilaterali sugli investimenti (BIT).

Soggette a diverse interpretazioni, le clausole ombrello confondono

la distinzione tra contratto e trattati. Ogni infrazione ai contratti

tra investitore e stato può essere considerata una violazione dei

BIT sotto la clausola ombrello. Un investitore può cercare una

soluzione alla violazione di un contratto di investimento che ha avuto

con uno stato contraente tramite un arbitrato internazionale sotto i

BIT. Tre casi recenti sotto l’ICSID

(Vivendi contro l’Argentina, SGS contro le Filippine e contro il

Pakistan) hanno esemplificato le ambiguità teoriche e pratiche

delle clausole ombrello nei BIT.

Il meccanismo di accordo per le

dispute tra investitori e Stati

In modo simile al controverso Capitolo

11 del North American Free Trade Agreement (NAFTA), un analogo

meccanismo di accordo sulle dispute tra investitori e stati consentirà

agli investitori di citare in giudizio i governi di entrambi i partner

commerciali davanti a un gruppo di arbitrato che difficilmente ha una

qualche responsabilità o partecipazione pubblica. Le aziende privata

dei paesi membri del NAFTA hanno sfruttato le disposizioni dell’accordo

per affrontare un’ampia gamma di misure regolamentari su salute, ambiente

e pubblica sicurezza che ledevano i loro diritti agli investimenti.

Ancor più problematico è l’interpretazione del concetto di “sfruttamento

diretto e indiretto”, che può restringere la capacità dei governi

di implementare misure sociali e di sviluppo che possono al contrario

minare i profitti e gli affari degli investitori stranieri. Gli investitori

dei paesi membri del NAFTA hanno usato le disposizioni del Capitolo

11 per citare in giudizio i governi e per chiedere risarcimenti per

le politiche e le leggi che hanno minato i propri diritti agli investimenti

Inoltre, il mandato afferma pure che

“tutte le entità e autorità sub-federali o locali (come le province

e le municipalità) devono alla fine adempiere al capitolo della protezione

degli investimenti di questo accordo”. Per un paese come l’India

con centinaia di municipalità e autorità locali, ci si chiede se le

reali ramificazione di queste protezioni per gli investimenti possano

mai essere intese da questi enti.

Alcune questioni irrisolte

Ci sono alcune questioni irrisolte

che mettono in discussione la capacità dell’UE di avviare queste

trattative. Ad esempio, l’UE non può utilizzare i meccanismi di accordo

per le dispute esistenti come il Centro

internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (ICSID) e la Commissione

delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL) visto che non è membro di queste

istituzioni. Non c’è ancora chiarezza sulla condivisione delle responsabilità

finanziarie tra l’UE e gli stati membri. Chi dovrebbe pagare nel caso

in cui l’UE perdesse in caso di arbitrato internazionale?

Approvando un mandato di negoziazione

asimmetrico che pone i diritti degli investitori al di sopra dei governi

democraticamente eletti, gli stati membri europei hanno perso un’opportunità

di perseguire un maggiore equilibrio tra i diritti degli investitori,

le loro responsabilità e l’ambito delle politiche dei governi.

Burghard Ilge è uno studioso

della politica a Both ENDS, Amsterdam. Kavaljit Singh lavora

a Madhyam, Nuova Delhi.

**********************************************

Fonte: European Union: Protecting The “Rights of Investors” at the Expense of Democracy

06.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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