DI BURGHARD ILGE E KAVALJIT SINGH
Global Research
Il 12 settembre 2011 il Consiglio per
gli Affari Generali dell’Unione Europea (UE) ha ufficialmente approvato
un mandato per le negoziazioni delle misure di protezione degli investimenti
in base agli accordi per il libero commercio (FTA) con India,
Singapore e Canada. La segretezza con cui è stato approvato questo
mandato ha sollevato domande legittime sull’intero processo.
Il nuovo mandato per le negoziazioni
propone specificamente l’intervento di accordi per le dispute tra
investitori e stato (oltre a quelli tra stato e stato). È una cosa
molto discutibile perché offre diritti speciali agli investitori per
bypassare completamente il sistema legale nazionale e per cercare dei
rimedi di fronte a un gruppo di arbitri internazionali. È una cosa
davvero preoccupante, dato che il nuovo mandato auspica “il più alto
livello possibile di protezione legale e certezze per coloro che hanno
investimenti europei in Canada, India e Singapore”. Allo stesso tempo,
non illustra requisiti o limiti del diritto degli investitori per godere
della protezione sotto il nuovo accordo. Dall’entrata in vigore del
Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009), la competenza per gli accordi
internazionali che riguardano gli investimenti diretti stranieri (FDI)
è passato dai singoli stati membri all’UE.
Prima di questa data la Commissione
Europea aveva solo la competenza per l’accesso al mercato e nella
fase preventiva di un investimento, mentre tutte le competenze relative
alla fase successiva erano sotto il dominio di ciascuna nazione.
Dal 2010 la Commissione Europea (CE),
il Parlamento Europeo (PE) e gli stati membri lavorano per la creazione
di una nuova cornice regolatoria. Nel corso di questo processo in divenire,
la CE cerca di usare la sua nuova autorità per negoziare gli accordi
di protezione degli investimenti in base ai proposti FTA con
India, Singapore e Canada. Questo malgrado il fatto che la demarcazione
delle esatte competenze tra gli stati membri dell’UE e la Commissione
per le politiche degli investimenti stranieri non è chiara.
Indebolire il Parlamento Europeo
Il 6 aprile 2011 il PE ha adottato
una risoluzione su una futura politica internazionale per gli investimenti
al cui interno viene delineata una serie di suggerimenti politici su
clausole procedurali e sostanziali. Anche se la risoluzione del PE non
è abbastanza forte per proteggere l’ambito politico e gli interessi
pubblici, ha individuato molti difetti nel regime in essere degli investimenti
internazionali e ha proposto idee da valutare. Con la CE che è avviata
per un mandato di negoziazione sulla protezione degli investimenti in
base agli accordi sull’FTA con India, Singapore e Canada, questa iniziativa
non solo ignora le preoccupazioni delle organizzazioni europee della
società civile, ma contraddice le richieste e i suggerimenti fondamentali
avanzati dal PE.
Per capire, non c’è menzione in
questo mandato delle richieste avanzate dal PE sul fatto che “le forme
speculative di investimento, così come definite dalla Commissione,
non verranno protette”. Mentre il mandato richiede esplicitamente
che l’ambito della protezione degli investimenti copra anche i diritti
di proprietà intellettuale, non incluse la proposta chiave del PE che
“le disposizioni dovranno evitare di impattare negativamente la produzione
di farmaci generici e dovranno rispettare le eccezioni TRIPS per la
salute pubblica”.
Il nuovo mandato affidato ai negoziatori
europei per un accordo con l’India stabilisce in particolare “il
trattamento della nazione più favorita”, mentre la risoluzione del
PE si appella al “consentire una certa flessibilità sulla clausola
MFN (ndt: per i paesi più favoriti) per non ostruire i processi di
integrazione nei paesi in via di sviluppo”.
Anche se il PE ha chiesto alla Commissione
“di valutare gli impatti potenziali dell’inclusione della clausola-ombrello
nel futuro accordo europeo sugli investimenti e di presentare un resoconto
sia al Parlamento Europeo che al Consiglio”, il mandato che è trapelato
ha già previsto l’inclusione di una “clausola ombrello”.
Allo stesso modo, la risoluzione del
PE richiesta “per includere in tutti gli accordi futuri clausole specifiche
per stabilire i diritti delle parti dell’accordo di regolare, inter
alia, in le aree di protezione della sicurezza nazionale, dell’ambiente,
della salute pubblica, dei diritti dei lavoratori e dei consumatori,
delle politiche industriali e della diversità culturale”, ma il mandato
elimina con cura il diritto di poter regolare nel settore delle politiche
industriali. Ciò potrebbe avere serie conseguenze per gli stati ospiti
(particolarmente quelli in via di sviluppo) per perseguire politiche
industriali a lungo termine e strategie di sviluppo.
Inoltre, il mandato per le negoziazioni
ignora la richiesta del PE “di includere, in tutti i futuri accordi,
un riferimento alle ultime Linee Guida dell’OCSE per le Imprese Multinazionali”.
Alti standard di accesso al
mercato e di protezione degli investimenti
In particolare, il mandato auspica
standard più elevati di rispetto per i seguenti aspetti:
a) trattamento corretto ed equo, compresa
la proibizione di misure irragionevoli, arbitrarie e discriminatorie
b) un trattamento nazionale non previsto
c) un trattamento della nazione più
favorita non previsto
d) una protezione contro l’esproprio
diretto e indiretto, compreso il diritto al risarcimento immediato,
adeguato ed effettivo
e) piena protezione e sicurezza degli
investitori e degli investimenti
f) altre disposizioni efficaci per
la protezione, come la “clausola ombrello”
g) libero trasferimento di capitali
e di pagamenti da parte degli investitori
h) regole che riguardano la surrogazione.
Un’analisi critica di ognuna di queste
misure specifiche del mandato va oltre lo scopo di questo breve articolo,
ma alcune di queste sono discusse in seguito.
Trattamento nazionale non previsto
Il principio del trattamento nazionale
(non previsto), che considera gli stranieri almeno sullo stesso piano
degli investitori nazionali, è molto controverso, perché molte nazioni
si astengono dall’offrire un trattamento agli investitori stranieri
privo di limiti e di requisiti. È ben noto che, diversamente dal commercio,
gli investimenti stranieri sono un ambito politicamente ed economicamente
più sensibile, dato che riguarda essenzialmente l’esercizio del controllo
sulle ricchezze e le risorse nazionali. Da notare che non sono i paesi
in via di sviluppo (come l’India) ad essere estremamente preoccupati
delle aziende stranieri che acquisiscono un controllo sugli asset
e le risorse della nazione. Anche all’interno dell’Europa (particolarmente
in Francia e in Germania), i legislatori sono preoccupati delle recenti
acquisizioni delle ricchezze e delle risorse nazionali da parte dei
fondi sovrani e degli investitori privati del Medio Orienti e dell’Asia
sud-orientale.
Trasferimenti di capitali
Un’altra disposizione problematica
si riferisce al libero trasferimento dei capitali e dei pagamenti da
parte dell’investitore. È particolarmente incisiva da quando c’è
stato un ripensamento negli ambiti della politica internazionale sulla
gestione dei movimenti di contanti dopo la crisi finanziaria globale.
In tutto il mondo sviluppato i legislatori hanno introdotto un largo
spettro di restrizioni sui cambi e i controlli dei capitali quando hanno
dovuto affrontare problemi per la bilancia dei pagamenti e per i flussi
volatili dei capitali. Tali impegni darebbero diritto a una compensazione
per gli investitori stranieri se un paese ospite impone controllo di
moneta e ai capitali che potrebbero inibire agli investitori stranieri
di trasferire denaro dentro o fuori dalla nazione. Inoltre, le disposizioni
sui liberi trasferimenti sono molto accomodanti, dato che includono
profitti, dividenti, guadagni in conto capitale, diritti per i brevetti
e materie analoghe.
Comunque, dopo la crisi finanziaria
argentina del 2001, sono state sollevate importanti dubbi sulla possibilità
dei paesi ospiti di imporre controlli ai capitali che sono contrarti
ai loro impegni per i trattati di commercio bilaterale e investimenti.
Nel dicembre del 2001, l’Argentina ha introdotto restrizioni sulle
fughe di capitali per mantenere la stabilità finanziaria. Con queste
restrizioni, agli investitori sia stranieri che connazionali era vietato
inviare fondi all’estero e i trasferimenti elettronici richiedevano
un’approvazione della banca centrale. Le autorità avevano anche imposto
un divieto sulle transizioni di future sulle divise estere. Nel
2005 le autorità argentine hanno introdotto una serie di nuove restrizioni
sui flussi di capitali in uscita per scoraggiare la speculazione all’interno
della nazione.
In risposta ai controlli sui capitali
che colpivano i diritti degli investitori stranieri, numerosi
stati investitori hanno fatto causa all’Argentina. Circa quindici
investitori statunitensi andarono in tribunale per un arbitrato investitore-stato
affermando che le restrizioni sui capitali avevano violato i trattati
bilaterali USA-Argentina. In vari casi i tribunali di arbitrato investitori-stato
hanno condannato l’Argentina e hanno riconosciuto agli investitori
statunitensi rimborsi per centinaia di milioni di dollari. Al momento,
l’Argentina ha confermato di non dover rispondere dei suoi trattati
sugli investimenti, perché i controlli sul capitali erano stati imposti
con lo scopo legittimo di ripristinare la stabilità finanziaria e macroeconomica.
Nel caso particolare dei paesi in via
di sviluppo, l’uso diffuso delle cause investitori-stato in situazioni
simili può ritardare e indebolire la loro risposta politica per superare
una crisi finanziaria o monetaria.
Clausola ombrello
Il mandato per le negoziazioni ricerca
l’inclusione della “clausola ombrello” per poter fornire protezione
addizionale agli investitori. La clausola ombrello (nota anche come
clausola specchio o dell’effetto parallelo) è una disposizione che
impone a ogni Stato Contraente di osservare tutti gli obblighi sugli
investimenti stipulati con gli investitori di un altro Stato Contraente.
Al momento le clausole ombrello controverse
si trovano in vari trattati bilaterali sugli investimenti (BIT).
Soggette a diverse interpretazioni, le clausole ombrello confondono
la distinzione tra contratto e trattati. Ogni infrazione ai contratti
tra investitore e stato può essere considerata una violazione dei
BIT sotto la clausola ombrello. Un investitore può cercare una
soluzione alla violazione di un contratto di investimento che ha avuto
con uno stato contraente tramite un arbitrato internazionale sotto i
BIT. Tre casi recenti sotto l’ICSID
(Vivendi contro l’Argentina, SGS contro le Filippine e contro il
Pakistan) hanno esemplificato le ambiguità teoriche e pratiche
delle clausole ombrello nei BIT.
Il meccanismo di accordo per le
dispute tra investitori e Stati
In modo simile al controverso Capitolo
11 del North American Free Trade Agreement (NAFTA), un analogo
meccanismo di accordo sulle dispute tra investitori e stati consentirà
agli investitori di citare in giudizio i governi di entrambi i partner
commerciali davanti a un gruppo di arbitrato che difficilmente ha una
qualche responsabilità o partecipazione pubblica. Le aziende privata
dei paesi membri del NAFTA hanno sfruttato le disposizioni dell’accordo
per affrontare un’ampia gamma di misure regolamentari su salute, ambiente
e pubblica sicurezza che ledevano i loro diritti agli investimenti.
Ancor più problematico è l’interpretazione del concetto di “sfruttamento
diretto e indiretto”, che può restringere la capacità dei governi
di implementare misure sociali e di sviluppo che possono al contrario
minare i profitti e gli affari degli investitori stranieri. Gli investitori
dei paesi membri del NAFTA hanno usato le disposizioni del Capitolo
11 per citare in giudizio i governi e per chiedere risarcimenti per
le politiche e le leggi che hanno minato i propri diritti agli investimenti
Inoltre, il mandato afferma pure che
“tutte le entità e autorità sub-federali o locali (come le province
e le municipalità) devono alla fine adempiere al capitolo della protezione
degli investimenti di questo accordo”. Per un paese come l’India
con centinaia di municipalità e autorità locali, ci si chiede se le
reali ramificazione di queste protezioni per gli investimenti possano
mai essere intese da questi enti.
Alcune questioni irrisolte
Ci sono alcune questioni irrisolte
che mettono in discussione la capacità dell’UE di avviare queste
trattative. Ad esempio, l’UE non può utilizzare i meccanismi di accordo
per le dispute esistenti come il Centro
internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (ICSID) e la Commissione
delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL) visto che non è membro di queste
istituzioni. Non c’è ancora chiarezza sulla condivisione delle responsabilità
finanziarie tra l’UE e gli stati membri. Chi dovrebbe pagare nel caso
in cui l’UE perdesse in caso di arbitrato internazionale?
Approvando un mandato di negoziazione
asimmetrico che pone i diritti degli investitori al di sopra dei governi
democraticamente eletti, gli stati membri europei hanno perso un’opportunità
di perseguire un maggiore equilibrio tra i diritti degli investitori,
le loro responsabilità e l’ambito delle politiche dei governi.
Burghard Ilge è uno studioso
della politica a Both ENDS, Amsterdam. Kavaljit Singh lavora
a Madhyam, Nuova Delhi.
Fonte: European Union: Protecting The “Rights of Investors” at the Expense of Democracy
06.10.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE