DI ALBERTO BAGNAI
goofynomics.blogspot.it
Come stiano le cose lo sapete: le crisi fotocopia, delle quali vi ho descritto il meccanismo qui, qui, e qui, prevedono una fase espansiva, nella quale la periferia si indebita coi soldi del centro per comprare i beni del centro, e una recessiva, nella quale la bolla scoppia.Questa fase, come sapete se avete letto Frenkel, si conclude generalmente con una crisi valutaria. Gli speculatori, seguendo il meccanismo che ho descritto qui e qui, giocano al ribasso sulla valuta del paese fragilizzato dal debito estero, vendendone grandi quantitativi. La Banca centrale prova a “difendere” il cambio assorbendo l’eccesso di offerta di valuta nazionale, cioè vende, di fatto, valuta estera a un prezzo calmierato (il cambio fisso) agli speculatori, per sostenere il prezzo della valuta nazionale. Quando le riserve di valuta estera nelle casse della Banca centrale (le riserve ufficiali) finiscono, si è costretti a svalutare, e gli speculatori, tutti contenti, rivendono la valuta estera per comprare valuta nazionale a un prezzo molto inferiore (ricevendone quindi molta di più).
L’entrata nell’euro ha scongiurato questo tipo di crisi, ovviamente: le valute nazionali non ci sono più. I debiti però ci sono sempre, e il vincolo della bilancia dei pagamenti pure. I paesi che l’euro ha costretto al deficit si sono indebitati, hanno collocato all’estero titoli, e quindi i mercati hanno un potere di ricatto molto forte: invece di vendere valuta nazionale (che non c’è più), vendono i titoli nazionali in loro possesso (sono denominati in euro, certo, ma sono sempre un’attività emessa dal paese). Il crollo del corso dei titoli (o l’impennata degli spread) mette in difficoltà i mercati e in generale l’economia locale, e quindi i capitalisti del Nord, venduti i titoli, possono comprare in cambio tante belle aziende private o pubbliche a prezzi stracciati. Va da sé che i sagaci governanti locali, opportunamente insufflati dai capitalisti del Nord, provvedono a promuovere grandi politiche di liberalizzazione e di compressione dei diritti, onde rendere più facile l’acquisto delle imprese nazionali da parte degli investitori esteri, e renderne anche più profittevole l’esercizio. Nelle crisi tradizionali lo stock di riserve valutarie prima o poi finiva, ma oggi, prima che un intero paese venga venduto, ce ne vuole, e la crisi può durare praticamente ad libitum. Questo è il gioco che Monti fa in Italia, com’è evidente e “>come abbiamo detto più volte, ma non è il solo. Guardate cosa succede in Portogallo…
Ricevo da Massimo De Maria di Informação Incorrecta e molto volentieri pubblico perché capiate meglio (ma voi avete già capito benissimo):
Nel corso dell’ultima settimana il governo ha ufficializzato
l’intenzione di vendere la ANA
(gestione aeroportuale) e la TAP,
la compagnia aerea di bandiera. Ed é di oggi la notizia (ancora non
confermata ma giá da tempo “nell’aria”) per cui anche il secondo
canale televisivo pubblico, RTP 2, sará venduto ai privati.
Ció é frutto della quarta revisione da parte della Commissione
Europea del memorandum firmato dal governo portoghese e dalla cosí
chiamata “troika” (gli inspettori dell’Unione, del FMI e della BCE).
Le nuove privatizzazione si sommano all’anteriore disimpegno dello
Stato nell’area dell’elettricitá (imprese REN e EDP, inizio di
quest’anno).
Ma il caso TAP é interessante: utili di 7.3 milioni di Euro nel
corso del 2007, 32.8 milioni nel 2008, 57 milioni nel 2009, 62 nel
2010, 3.1 milioni nel 2011.
Fernando Pinto, Presidente Esecutivo della compagnia, recentemente
ha affermato che l’impresa
tornerá ad un risultato positivo nel corso del 2012. Ció
significa che il governo privatizza una impresa che ha fornito utili
nel corso degli ultimi anni (malgrado la “frenata” del 2011) e che
vedrá gli stessi aumentare nuovamente al termine del presente anno.
Previste per l’anno prossimo la vendita della CTT (Poste), CP Carga
(trasporto merci delle Ferrovie), Águas Potáveis (acque) e
l’apertura ai privati nel settore dei trasporti pubblici (giá
parzialmente privatizzati).
Interessante anche notare che la privatizzazione non é una novitá in
Portogallo. Giá i precedenti governo Cavaco Silve (economista e
attuale Presidente della Repubblica), Guterres (ora Alto Commissario
per le Nazioni Unite), Durão Barroso (Presidente della Commissione
Europea) e Sócrates (ora in Francia) privatizzarono numerose imprese
pubbliche, ottendendo un utile di 28.039 milioni di Euro e senza que
questo apportasse evidente benefici: nello stesso periodo
(1987-2008) la divida pubblica portoghese passava da 18.049,4
milioni a 110.346,6 milioni.
L’attuale governo, che mira ad eseguire alla lettera le indicazioni
della troika perché “é importante l’idea che all’estero hanno di
noi”, ha intenzione di proseguire sulla strada delle privatizzazioni
con la vendita di INAPA (carta), Edisoft (hardware e software), EID,
Empordef (industria pesante), Sociedade Portuguesa de
Empreendimento, parte da Caixa Geral de Depósitos (banca), e la
privatizzazione parziale di Galp (energia, una impresa molto nota
nel Paese, con utili che sono cresciuti del 56.7% nel primo
semestre, raggiungendo 178 milioni di Euro:), Companhia de Seguros
Fidelidade-Mundial (assicurazioni), Império Bonança (banca) e Emef
(ferrovie). Oltre alle imprese citate in apertura.
L’idea é sempre la stessa: uno Stato piú “magro” significa uno Stato
piú efficiente, anche se ció implica rinunciare ad alcune imprese
che forniscono utili, sembra di capire.
D’altronde, il mantra che si trova alla base del pensiero unico
dominante é quello secondo cui i Portoghesi hanno vissuto al di
sopra delle proprie possibilitá nel corso degli ultimi anni (o
decenni, non é ben chiaro), cosa che ha provocato una spesa
incontrollata dello Stato e l’aumento del debito pubblico.
Ora é necessario fare sacrifici per poter stare meglio in seguito
(parole del Primo Ministro). E fare sacrifici significa distruggere
lo Stato, rinunciare ai sussidi delle ferie (13ª e 14ª dei
dipendenti pubblici giá tagliata), chiudere ospedali (diverse decine
fino ad ora, se ricordo bene), servizi pubblici a pagamento (teoria
dell’utilizzatore-pagante).
Questo é quanto.
(Chiaro, no? Chissà come si chiama il Giavazzi portoghese? Devo fare una telefonata a Coimbra: uno ce l’avranno pure loro, stai sicuro…).
Alberto Bagnai
Fonte: http://goofynomics.blogspot.it
Link:
http://goofynomics.blogspot.it/2012/08/unhappy-families-il-portogallo.html
6.08.2012