UNA NUOVA BRETTON WOODS PER UNA MONETA BASATA SUI DTS?

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DI PASCAL ROUSSEL

Mondialisation.ca

Il signor Soros, celebre miliardario, ha dichiarato il 10 aprile 2011 nel corso di una conferenza a Bretton Woods, organizzata dall’“Institute for New Economic Thinking”: “E’ evidente che la priorità delle autorità è quella di prevenire il cedimento del mercato e che ogni altra cosa deve venire in secondo luogo” (1). Quindi il mercato rischia di crollare?

In un articolo pubblicato sul Japan Time nel novembre 2009 lo stesso Soros ha esposto la sua visione di un mondo globale e ha annunciato che sarebbe necessaria una nuova Bretton Woods e che i DSP del FMI devono essere utilizzati più diffusamente. (2) Queste poche frasi potrebbero bastare a far perdere la bussola al profano, che deve rispondere a domande più essenziali. Lo scopo di questo articolo è proprio quello di tentare di vederci chiaro. Comincerò col definire cos’è una moneta mondiale e quali sarebbero i vantaggi di tale moneta. Poi spiegherò che comunque è un’idea già vecchia. La sua realizzazione è stata oggetto di numerose analisi da parte di economisti tra i più brillanti, riuniti nei potenti Think Tank. Secondo questi lobbisti una moneta mondiale deve essere legata al Fondo Monetario Internazionale e ai suoi “Diritti Speciali di Prelievo”, i DSP”. Vi spiegherò di cosa si tratta.

Ricorderò brevemente come è stato creato l’euro e soprattutto spiegherò che la sua nascita ha seguito il modello già prestabilito per la comparsa di una moneta mondiale: in altre parole, mostrerò che l’euro è di fatto un prototipo di moneta mondiale. Anche se la sua nascita ci ha permesso di confermare la veridicità di questo progetto, esporrò che l’euro soffre di una malformazione congenita che non lo rende migliore delle altre monete.

Per finire, parlerò dei DSP come base per una moneta mondiale, indicando il perché questa moneta non soffrirà i difetti dell’euro. E infine darò molto brevemente la mia opinione personale su questa moneta mondiale basata sul DSP.

Definizione e vantaggi di una moneta mondiale

Precisiamo subito che moneta mondiale unica non significa affatto che questa moneta vada a sostituire tutte le altre. Attualmente il 70% delle riserve monetarie sono in dollari americani, e il dollaro è usato come moneta di riserva mondiale e come fulcro del commercio internazionale, in particolare di quello delle materie prime. Ma appartiene agli Stati Uniti e non può essere utilizzato come mezzo di pagamento per tutti i paesi. Una moneta unica mondiale sarebbe emessa da una banca centrale globale, che non sarebbe legata a un paese specifico. È possibile che, nel lungo termine, le monete tradizionali spariscano, ma nell’immediato una moneta unica mondiale dovrebbe coabitare con le monete esistenti.

Per i difensori di questa moneta mondiale i vantaggi sono numerosi e vorrei citarne alcuni. Come ha dichiarato Paul Volcker, ex presidente della Fed e consigliere di Obama: “Un’economia globale ha bisogno di una moneta globale” (3). L’esistenza di una moneta globale eviterebbe alle banche centrali dei diversi paesi di dover conservare riserve di valuta per proteggere la moneta nazionale. Una moneta mondiale eliminerebbe i rischi di una crisi monetaria, che sopraggiunge quando una divisa viene messa da parte a profitto di altre. Questa valuta universale sopprimerebbe i rischi di svalutazione “competitiva” di una moneta nazionale. Favorirebbe il commercio e ridurrebbe i costi delle imprese esportatrici che non sarebbero più obbligate di proteggersi contro i rischi del tasso di cambio.

Contrariamente alle monete attuali, il valore di una moneta globale sarebbe fissato da uno standard internazionale e non dalla legge della domanda e dell’offerta sul mercato delle valute. Una moneta globale emessa da una banca centrale mondiale eviterebbe che il suo valore dipenda dalla politica di governo di un paese, come è il caso del dollaro, il cui valore è minacciato dal deficit, che Obama non smette di aumentare.

In linea di principio, una moneta mondiale sarebbe certamente una buona cosa. Bisogna ancora vedere quale…

Chi sono i decisori?

Prima di proseguire, è importante comprendere che il mondo della finanza è un mondo globale che non conosce frontiere. A titolo di esempio prendiamo il mercato delle valute. Ogni giorno si scambiano tra le banche del mondo l’equivalente di 4.000 miliardi di dollari. Cioè una pila di biglietti di 1 dollaro che arriverebbe alla Luna. Dico quotidianamente e il 99% di questi scambi è di natura speculativa. Gli interessi in gioco sono alti e non bisogna essere ingenui: nel mondo della finanza le decisioni sono prese in famiglia, ben lontano dai parlamenti e dal mondo politico e ancora più lontano dal semplice cittadino.

Ci sono due grandi associazioni che servono da megafono per esporre le opinioni delle élite finanziarie. Le introdurrò molto brevemente perché in seguito ritorneranno spesso. Sono attive in diversi campi, ma quello che c’interessa è ovviamente quello finanziario.
Preciso subito che l’obiettivo non è quello di enunciare una qualsiasi opinione, ma semplicemente di permettere di valutare meglio la pertinenza delle raccomandazioni che queste organizzazioni diffondono.

Council on Foreign Relations (CFR)

Comincerò dal Council on Foreign Relations (CFR): è un’organizzazione fondata nel 1921 sotto il patronato della banca Morgan e della famiglia Rockefeller. Il CFR dichiarò di volere aiutare a meglio comprendere il mondo. Più di 200 multinazionali lo finanziano per un somma superiore a 7 milioni di dollari l’anno. Comprende 4.200 membri e utilizza 50 ricercatori. I membri del CFR fanno parte dell’élite più inavvicinabile. Tra quelli che sono stati suoi membri, o lo sono ancora, citiamo G. Bush (padre), H. Kissinger, Z. Brzezinski, Dick Cheney, il leggendario George Soros, due ex presidenti della Fed, Volcker e Greenspan, l’attuale presidente della Banca Mondiale, R. Zoellick e altri.

Il CFR è strettamente legato al “Peterson Institute for International Economics“, un istituto privato che si dedica allo studio delle politiche economiche internazionali. Fu fondato nel 1981 da C. Fred Bergsten, ex Segretario aggiunto agli Affari Internazionali del Dipartimento del Tesoro USA, e ne è il direttore dal momento della sua creazione. Tra gli illustri membri dello staff dirigenziale ci sono, tra gli altri, Rockefeller e i due vecchi padroni del FED, Volcker e Greenspan, così come l’attuale governatore del BCE, Jean-Claude Trichet.

La Commissione Trilaterale

Il secondo gruppo è la Commissione Trilaterale. È nel luglio 1973 che David Rockefeller, all’epoca presidente del CFR, fonda con Volcker e Greenspan, due vecchi direttori della Fed, un think tank, la Commissione Trilaterale. I membri sono all’altezza dell’impressionante rubrica del suo fondatore. Riunendo dalle tre alle quattrocento personalità – uomini di affari, politici e intellettuali – dell’Europa occidentale, del Nord America e dell’Estremo Oriente, il suo scopo è quello di promuovere e di costruire una cooperazione politica ed economica tra queste tre aree del mondo. Da notare i personaggi che sono, o sono stati, membri: H. Kissinger, Z. Brzezinski, R. Barre, F. Bayrou, G. Bush (padre), J. Copricatena, D. Cheney, B. Clinton, L. Fabio.

Si tratta senza dubbio di personalità di primo piano e le pubblicazioni finanziarie di queste organizzazioni meritano la nostra attenzione.

Un’idea molto vecchia

Nel 1988 la rivista “The Economist” ha pubblicato un articolo dove l’autore prevedeva entro il 2018 l’introduzione di una valuta mondiale, il “Phoenix”. Nel 2001 Mundell, vincitore del Premio Nobel per l’economia, ha proposto di utilizzare i Diritti Speciali di Prelievo (DSP) emessi dal FMI come moneta mondiale, ribattezzandoli “Intor”.

Si potrebbe continuare a lungo, perché la nozione di moneta mondiale è molto vecchia. All’epoca degli accordi di Bretton Woods, la necessità di una moneta mondiale aveva già fatto la sua comparsa e l’economista Keynes aveva battezzato questa divisa “Bancor“. Permettetemi di ricordarvi ciò questi accordi rappresentavano nel contesto dell’epoca.

Bretton Woods

Il grande storico americano Carroll Quigley, mentore di Bill Clinton, professore di storia all’Università di Georgetown e membro del CFR, ha descritto in dettaglio nel suo libro “Tragedy and Hope” gli obiettivi della lobby finanziaria che ha guidato gli accordi di Bretton Woods: “I poteri del capitalismo finanziario hanno avuto un altro obbiettivo di largo respiro, niente meno che creare un sistema mondiale di controllo finanziario consegnato ad alcune persone capaci di dominare il sistema politico e l’economia del mondo intero. Questo sistema doveva essere controllato in un modo feudale dalle banche centrali del mondo, agendo di concerto con accordi segreti sanciti nel corso di riunioni e conferenze private. Il vertice del sistema doveva essere la Banca dei Regolamenti Internazionali con sede a Basilea in Svizzera, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali, anch’esse aziende private. La crescita del capitalismo finanziario ha reso possibile una centralizzazione del controllo economico mondiale e l’utilizzazione di questo potere a beneficio diretto dei finanzieri, causando danni indiretti a tutti gli altri gruppi economici.”

È nel luglio 1944 che si tiene la celebre conferenza di Bretton Woods e adesso si sa che l’influenza del CFR fu preponderante. I due architetti di questo accordo furono Harry Dexter White e John Maynard Keynes. Gli accordi di Bretton Woods instaureranno un sistema a cambio fisso che si affida al principio del Gold Exchange Standard. Viene fissata una parità tra le monete, la cui quotazione può variare solamente all’interno di in una forchetta di più o meno l’1 per cento rispetto al valore di riferimento, dato dalla quotazione dell’oro. Ma solo il dollaro è convertibile in oro e a tasso fisso, 35 dollari l’oncia. Le banche centrali hanno l’obbligo di intervenire per sostenere la parità della loro moneta. Il dollaro, che è l’unica valuta convertibile in oro, diventa la moneta di riferimento dei pagamenti internazionali. Questa convertibilità è garantita dal fatto che gli Stati Uniti detengono nel 1944 i tre quarti delle riserve di oro del pianeta.

Negli anni ’60 i dollari aumentano esponenzialmente e la perdita di fiducia in questa moneta cresce, parallelamente alla richiesta dei possessori di esigere la conversione in oro. Così le riserve di oro degli Stati Uniti diminuiscono progressivamente. Il 15 agosto 1971, a fronte alla diminuzione della scorta di lingotti della Fed, il Presidente Nixon decise di rinunciare alla convertibilità del dollaro, segnando di fatto la fine del sistema di Bretton Woods. Alla fine del 1971 il dollaro venne svalutato una prima volta e ancora nel 1973. Le banche centrali dei principali paesi europei decisero di non sostenere più il corso del dollaro e così il sistema monetario internazionale divenne soggetto a un regime di cambi fluttuanti.

Ma a volte il “caso” è di aiuto e lo stesso anno David Rockefeller quantificò in 3.000 miliardi di dollari dell’epoca i bisogni d’investimento dell’industria petrolifera per gli anni a venire. Si sa adesso che, alla vigilia dello shock petrolifero, le grandi compagnie petrolifere erano in grosse difficoltà a causa degli investimenti destinati in progetti i cui i costi erano andati oltre le previsioni. Il 19 ottobre 1973 l’OPEC applicò un embargo che provocò la prima crisi petrolifera. Trentasette anni dopo la realtà storica di quei fatti è un’altra: non c’era stata carenza di petrolio, ma la crisi era stata organizzata da un’intesa tra le compagnie petrolifere e l’OPEC. La conseguenza fu che gli investimenti prima poco redditizi diventarono molto fruttuosi: nel 1974 il prezzo del petrolio si quadruplicò e i profitti delle prime trenta compagnie petrolifere mondiali aumentarono del 71%, mentre le vendite solamente del 10%.

Ma una seconda conseguenza ancora più interessante è data dal fatto che il dollaro poté così passare dall’oro giallo all’oro nero: all’epoca il commercio del petrolio si faceva unicamente in dollari e questa moneta era diventata indispensabile. E in più la Fed non aveva neanche bisogno di conservare il petrolio nelle proprie cassaforti.

Ma la fine di Bretton Woods segnò l’inizio di una nuova esperienza in finanza: le monete non erano più riferite all’oro, ma solo al debito pubblico e privato. Da questo momento il dollaro ha smesso di essere una promessa, quella della convertibilità in oro. Il nuovo sistema poteva funzionare fino a quando la comunità si fosse fidata della solvibilità dei debiti.

Oggi, quando il consumatore americano paga l’esportatore cinese in dollari, quest’ultimo li scambia alla banca centrale cinese per ottenere gli yuan e pagare i propri operai. La banca centrale cinese crea gli yuan dal nulla, mentre prima del 1971 avrebbe potuto convertire i dollari in oro presso il Tesoro americano. Per limitare le uscite di oro, i banchieri centrali fecero salire i tassi per rendere il dollaro appetibile e per scoraggiare gli stranieri a scambiarlo in oro. In America il consumo sarebbe quindi rallentato e ciò che avrebbe ridotto il deficit dei conti correnti.

Ma con la fine di Bretton Woods questo tipo di meccanismo regolatore sparì. Tutti questi yuan finirono per ritrovarsi nell’economia cinese sotto forma di prestiti, provocando l’inflazione dei prezzi, quella che attualmente imperversa in Cina.

Nascita del FMI

Inutile approfondire oltre: preferirei piuttosto parlarvi del Fondo Monetario Internazionale, che è stato anch’esso concepito all’epoca della conferenza di Bretton Woods. Keynes propose che tutte le transazioni internazionali fossero denominate in una moneta mondiale unica, il Bancor, la cui quotazione era riferita a trenta materie prime. Propose che ogni paese regolamentasse le esportazioni e le importazioni, cosa che gli Stati Uniti, grosso esportatore all’epoca, rifiutarono. White, come rappresentante americano, propose l’instaurazione di un fondo di riserva di tutte le valute mondiali. Una nazione, con una moneta indebolita per un forte deficit commerciale, avrebbe potuto chiedere prestiti a questi fondi per sostenere la propria valuta nazionale per il tempo necessario a diminuire il deficit. Questa è uno degli scopi del FMI; l’altro quello di assicurare la stabilità delle monete.

Il diritto di emissione speciale

Ma ciò che c’interessa in relazione al FMI sono i DSP. Nel 1969 la situazione sui mercati dei cambi era già molto tesa. Per mantenere i tassi dei cambi, le banche centrali temevano di non avere abbastanza dollari disponibili, o abbastanza oro, che all’epoca era la stessa cosa. E’ in questo contesto che il FMI creò un embrione di nuovo tipo di moneta, i Diritti Speciali di Prelievo, che verranno anche definiti come “l’oro di carta”. Un DSP valeva 0,88 grammi d’oro. Ma che cos’è un DSP? Cominciamo col dire quello che un DSP non è: non è un credito col FMI.

Il FMI distribuisce, senza contro-prestazione, a ciascuno dei suoi membri un certo numero di DSP sulla base di quote. Uno Stato membro può decidere di utilizzare i DSP che ha ricevuto per venderli e per sostenere la propria moneta. Immaginiamo, ad esempio, che in seguito a un deficit commerciale la moneta di un paese membro si indebolisca; il governo di questo paese, o la sua banca centrale, può acquistare la propria moneta e pagare vendendo i suoi DSP. In questo caso il paese venditore di DSP avrebbe un deficit di DSP mentre il paese acquirente avrebbe un surplus. Il paese venditore dovrebbe pagare allora degli interessi al paese che ha un eccesso di DSP. Un DSP è un “diritto di ottenere un prestito da un prestatore consenziente”, una riserva bancaria sulla quale un paese può contare. Come tutte le monete attuali, create dal nulla, un DSP è riferito a una promessa di pagamento di un paese che si impegna nell’onorare i propri debiti. Se un paese non utilizza i suoi DSP, non paga né riceve interessi. Il tasso di interesse dei DSP è fissato ogni settimana sulla base della media ponderata dei tassi di interesse di alcune obbligazioni a breve termine emesse sul mercato monetario dai paesi la cui moneta entra nella composizione dei DSP.

Dopo il cedimento del sistema di Bretton Woods, nel 1973, il valore del DSP è stato calcolato sulla base di un paniere di monete, che comprende il dollaro americano, l’euro, la sterlina e lo yen. I tassi di cambio e di interesse di un DSP sono pubblicati quotidianamente sul sito del FMI. Attualmente un Euro vale 0,90681 DTS e il tasso di interesse settimanale è del 0,5%.

Da quando le monete sono state sganciate del legame con l’oro, la creazione monetaria ha potuto accelerare di molto. Così un paese in deficit ha potuto chiedere un prestito più facilmente sui mercati. Inoltre, i paesi non hanno avuto più l’obbligo di mantenere i tassi di cambio. Questa doppia evoluzione ha ridotto l’uso dei DSP. Attualmente il ruolo dei DSP si limita a quello di bene di riserva e serve principalmente come unità di conto del FMI e di altri organismi internazionali. Segnaliamo che nel 2003 la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), con sede a Basilea, ha deciso di non utilizzare più il franco come unità contabile, ma i DSP.

Come creare una nuova moneta

La nascita dell’euro

Lasciamo da parte per alcuni istanti i DSP per interessarci all’euro. Tentiamo di riassumere molto brevemente l’apparizione della moneta unica europea e di vedere l’influenza maggiore del BRI, la famosa banca centrale delle banche centrali.

Il trattato di Maastricht del 1992 fissò la nascita dell’euro per il 1° gennaio 1999. Ma i tassi di cambio tra le vecchie monete e l’euro verranno fissati solo un giorno prima, di modo che un euro equivalesse a un ECU. Così l’ECU è l’antenato della moneta unica europea. Ma da dove viene l’ECU?

Nel 1970, a seguito a una richiesta degli Stati membri, il Primo Ministro del Lussemburgo, Pierre Werner, elaborò un piano in sette tappe, scaglionate in dieci anni, in vista della creazione di un'”unità di conto europeo” che alla fine sarebbe sostituita da una moneta unica. Ma un anno dopo Bretton Woods crollò e questo piano ambizioso dovette realizzarsi in un periodo molto più lungo. La prima tappa aveva come obbiettivo quello di stabilizzare i tassi di cambio delle monete europee. È il Serpente Monetario europeo (1972-1978), un dispositivo economico che introduceva per ogni moneta una soglia di intervento alla vendita e una soglia di intervento all’acquisto. Così una moneta non poteva fluttuare rispetto a un’altra più del 2,25% rispetto alla parità centrale. Venne creato un fondo europeo, il FECOM, lontano antenato della Banca Centrale Europea. Questi fondi erano alimentati dalle banche centrali europee che dovevano depositare una frazione del loro oro e del loro dollaro. Il FECOM sarà gestito direttamente… a Basilea dalla BRI stessa!

Ma all’inizio 1978, sotto l’influenza di Helmut Schmidt e di Valéry Giscard d’Estaing, due periti saranno nominati per continuare a sviluppare in silenzio il sistema e per convincere poi i singoli governi. Si tratta del governatore della Banca di Francia, Bernard Clappier, e del direttore di gabinetto del Cancelliere, Horst Schulmann. Questo ultimo sarà il coautore di una pubblicazione della Commissione Trilaterale “Internazional Financial Integration: The Policy Challanges (1989)“. E nel marzo 1979 il Sistema Monetario europeo (SME) vede la luce e con lui l’ECU.

Il suo obiettivo è di quello stabilizzare le monete europee. Il SME prevede che le banche centrali abbiano l’obbligo di intervenire al superamento del margine di fluttuazione di una moneta rispetto alle altre, un po’ come nel Serpente Monetario Europeo, ma con la sorveglianza dei margini di fluttuazione di ciascuna moneta nei confronti dell’ECU.

L’ECU era una pseudo-moneta formata da un paniere di valute europee. Il suo valore più stabile di quella delle monete che lo componevano. La debolezza di una moneta del paniere era compensata dalla forza delle altre. È il FECOM che creava in compenso degli Scudi delle riserve di oro e di dollari promossi delle banche centrali. C’era dunque un legame tra l’ECU e l’oro, ed è questa, probabilmente, la più grande differenza coi DSP. L’ECU è stato utilizzato come unità di conto per le istituzioni europee e le banche centrali dei paesi membri, così come moneta di investimento e di indebitamento sui mercati finanziari.

Dal 1994 le cose si accelerano, il FECOM si trasferisce nell’Istituto Monetario europeo (IME). Il barone belga A. Lamfalussy si dimetterà della presidenza del BRI per dirigere quest’istituto, che il 1° gennaio 1999 diventerà la Banca Centrale Europea.

Segnaliamo che questo stesso barone Lamfalussy sarà coautore di una pubblicazione della Commissione Trilaterale, “Major Payment Imbalances and International Financial Stability“.

Esiste un manuale utente per creare una nuova moneta a partire da monete vecchie?

È vero che una volta conclusi gli accordi di Bretton Woods, le istituzioni finanziarie si sono evolute in modo meno passionale o ideologico, ma in maniera altrettanto importante. Siamo forzati a constatare che sono sempre le stesse lobby che operano per riformare il sistema.

Appena costituita, approfittando della crisi provocata dal cedimento di Bretton Woods, la Commissione Trilaterale pubblica il 22 ottobre 1973 un documento fondamentale: “Verso Il Rinnovamento del Sistema Monetario Mondiale”. L’elenco delle personalità che hanno partecipato alla sua stesura è troppo lungo, citiamo Raymond Barre, Zbigniew Brzezinski ed A. Lamfalussy.

Questo documento, disponibile su Internet (4), è molto dettagliato. Per tentare di riassumerlo, notiamo come inizi a identificare due problemi centrali dell’economia mondiale: l’inflazione e l’impossibilità dei governi di condurre una politica monetaria indipendente in un mondo globale. Gli autori ritengono che il sistema di Bretton Woods è crollato a seguito di una perdita di fiducia nel dollaro americano. Per uscire dalla crisi è indispensabile una riforma delle istituzioni monetarie. Siamo nel 1973 e gli autori propongono la creazione di una moneta mondiale di riserva a partire dai DSP creati dal FMI. Questi DSP saranno ribattezzati “bancor“. Le banche centrali devono mantenere il corso della loro valuta all’interno di una forchetta riferita al bancor. Il FMI deve aprire per ogni paese dei conti sostitutivi nei quali i grossi detentori di valuta potrebbero scambiarla contro i bancor. I governi dovrebbero poi regolare la loro bilancia dei pagamenti acquistando o vendendo bancor. Il FMI diventerebbe la banca centrale mondiale e nel lungo termine il bancor potrebbe diventare… niente meno di una moneta mondiale!

L’euro: prima messa in pratica delle istruzioni dell’élite finanziaria

Ma nel 1973 i tempi non sono ancora maturi. Deve essere prima tentata un’esperienza “in piccolo”: la creazione dell’euro. Lo si è visto, l’euro è nato anch’esso come moneta virtuale, l’ECU, quotato su un paniere di valute. Esattamente come raccomandato dal rapporto della Commissione Trilaterale, le banche centrali europee sono intervenute sui mercati dei cambi per mantenere la loro valuta in una certa forchetta rispetto all’ECU. Poi l’ECU si è trasferito nell’EURO. L’ECU era gestito da fondi speciali che si sono trasformati in banca centrale. La moneta unica europea è stata concepita dalle stesse élite finanziarie. L’euro è stato poi avallato dal mondo politico per arrivare finalmente nel portafoglio della gente comune. Ma chi se ne rende conto? Del resto, quante persone potrebbero spiegare la nascita e la moltiplicazione degli euro che utilizziamo tutti i giorni?

L’esperienza è definitiva?

L’apparizione dell’euro ha provato che è possibile creare una nuova moneta a partire da una serie di monete esistenti, a patto di seguire le raccomandazioni delle élite finanziarie, come la Commissione Trilaterale. Ma, dalla sua nascita, l’euro soffre di una malformazione che farà sentire i suoi effetti negli anni successivi. Questo difetto era conosciuto dagli ideatori sin dall’inizio. Ma non gli interessava – è il mio parere personale – perché l’obiettivo ultimo era comunque la creazione di una moneta mondiale.

È ora, in piena crisi finanziaria, che la debolezza strutturale dell’euro appare agli occhi di tutti: non esistono obbligazioni emesse in euro, non ci sono che debiti pubblici nazionali, che trascinano le tensioni asimmetriche sull’euro. La Banca Centrale Europea non ha altro mandato che quello di tentare di mantenere bassa l’inflazione. Sin dall’origine, non esiste nessuna istituzione per impedire alla Spagna o all’Irlanda di gonfiare una bolla immobiliare, approfittando della solidità dell’euro e dei tassi d’interesse relativamente bassi. Nessuna autorità poteva impedire alla Grecia di emettere una quantità esagerata di titoli di Stato, approfittando anch’essa della buona reputazione dell’euro e della solidarietà delle altre nazioni in caso di difficoltà. La credibilità dell’euro soffre dell’irresponsabilità di alcuni paesi.

L’Europa ha cercato di ovviare a questa debolezza creando un fondo di stabilizzazione finanziaria. Bisogna trarre una lezione dal problema strutturale dell’euro per la creazione di una moneta mondiale?

Non credo, perché non si possono imparare delle lezioni da quello che è noto fin dall’inizio. Una moneta mondiale emessa da una banca centrale mondiale indipendente non può soffrire in nessun caso dei problemi dell’euro; difatti, contrariamente all’euro, la credibilità di questa moneta è indipendente del comportamento finanziario di un paese o di un altro.

Per cercare di capire, immaginiamo che questa moneta, emessa da una banca centrale mondiale, esista e si chiami BANCOR. A titolo di esempio immaginiamo che un paese potente come gli Stati Uniti agisca in modo irresponsabile e si lanci in nuove guerre di conquista imperialiste o decida di salvare tutte le banche sull’orlo del fallimento.

Ci sono due casi possibili: o il dollaro coesiste col bancor e in questo caso si verificherà un indebolimento del dollaro rispetto al bancor. Oppure l’unica moneta esistente sarà il bancor e in questo caso gli Stati Uniti sarebbero obbligati a prendere in prestito bancor sul mercato a tassi esorbitanti. Ma nei due casi la credibilità del bancor non sarebbe messa in fiscussione.

I DSP come migliori candidati per la creazione di una nuova moneta

La crisi attuale è propizia alla nascita di una moneta mondiale? Per saperlo ci indirizziamo verso F. Bergsten, il direttore dell’Istituto Peterson che gravita intorno al CFR e alla Commissione Trilaterale.

Bergsten ha pubblicato nel dicembre 2007 un interessante articolo sul Financial Time, “Come risolvere il problema del dollaro”. Ha proposto di instaurare dei conti di sostituzione presso il FMI. L’idea non è nuova, la sua realizzazione è già fallita nel 1974, mentre era quasi riuscita nel 1980, quando Jacques de Larosière era direttore del FMI. Ma Bergsten ritiene che oggi il contesto è veramente propizio.

Di che cosa si tratta? Niente altro che della messa in pratica del piano descritto nel famoso rapporto della Commissione Trilaterale del 1973. Parte dalle stesse premesse: la crisi della fiducia nella solidità del dollaro e delle altre grandi monete. Non c’è nessuna divisa che possa sostituire il dollaro come moneta di riserva mondiale. Perché non crearne una nuova? Il FMI aprirebbe dei conti di sostituzione per permettere ai grandi possessori di dollari – i fondi sovrani o i fondi pensione – di scambiarli contro i DSP mentre il FMI utilizzerebbe questi dollari per acquistare dei titoli di Stato USA. Questi DSP potrebbero essere utilizzati per finanziare il deficit delle bilance dei pagamenti o una qualsiasi altra altra transazione tra i detentori dei DSP. Questi DSP diventerebbero velocemente liquidi. I grossi detentori di dollari, che desiderano diversificare il proprio portafoglio, ad esempio la Cina, potrebbero farlo senza provocare pressioni sulle monete esistenti. I conti di sostituzione permetterebbero di evitare una crisi sistemica. Per dirlo semplicemente, i DSP permetterebbero di riciclare le monete attuali e di scambiarle con una moneta nuova e libera da ogni influenza politica.

Nel 1980, l’idea è fallita per poco e Volcker, il padrone del Fed, ha portato il “prime rate” al 21,5% per “salvare” il dollaro

Ma con il crollo immobiliare degli Stati Uniti, una crisi bancaria senza precedenti e un debito pubblico infinito, Bernanke non poteva utilizzare un trattamento del genere per salvare il dollaro. E tutto questo ha fatto dire a Bergsten che “l’architettura finanziaria internazionale sarebbe fortemente rinforzata da un conto di sostituzione. Alla vigilia della crisi del dollaro nel dopo-guerra, i membri del FMI hanno adottato i DSP come base di una strategia per la costruzione di un sistema monetario internazionale che non dipenda più da una sola moneta”. La fine di un sistema finanziario centrato su una moneta nazionale, il dollaro, e la sostituzione con un sistema centrato su una moneta mondiale, gestita da un’istituzione internazionale in un mondo globale? La soluzione per “liberare” tutte le banche centrali che lottano per sostenere la propria valuta a fronte di una massa di dollari letteralmente esplosa negli ultimi dieci anni?

Quali potrebbero essere i rischi per i partecipanti di un tale sistema?

Essenzialmente un rischio di tasso di cambio: quello che scambia i dollari contro i DSP rischia di ricevere meno se decide di scambiare i suoi DSP in dollari qualche tempo dopo Ma scopo primario dei DSP non è quello di riconvertirli nella moneta d‘origine, ma quello di spenderli. Ricordiamo che il FMI è una delle istituzioni finanziarie che possiede in teoria, con le sue 3.200 tonnellate di oro, la più grande quantità di questo metallo nei propri forzieri. Si potrebbe immaginare che questo oro potrebbe compensare il depositario, nel caso altamente improbabile, dove questo volesse chiudere il proprio conto suo di sostituzione, patendo delle perdite di cambio. Un secondo rischio sarebbe una mancanza di liquidità dei DSP, ma anche questo non è un vero rischio, perché proprio il corso del DSP non dipende dalla sua liquidità e i detentori di DTS custodirebbero certamente sempre una buona parte di moneta “classica.”

Bisogna riconoscere che l’idea può sembrare allettante, ma la sua realizzazione necessita una vera perdita di fiducia nel dollaro o nelle grandi monete. Ancora non siamo al punto, ma ci arriveremo…

Conclusione

Da più di due anni personalità di primo livello stanno moltiplicando la quantità delle dichiarazioni in cui si elencano i vantaggi della creazione di una moneta mondiale partendo dai DSP. Impossibile citarli tutti, ma la macchina è già in movimento.
Credo che molti abbiano dei grossi dubbi su questa eventualità, così come in tanti li avevano quando ci si chiedeva se la Germania avesse potuto lasciare il marco o i francesi il franco. Ma… c’è una forte volontà nelle sfere dell’alta finanza di vedere la comparsa di questa moneta mondiale ma, perché ciò accada, è necessario un peggioramento della crisi.

Per concludere, vorrei darvi la mia opinione personale su questo bancor ancorato ai DSP. Un mondo globale dovrebbe essere diretto da principi universali, che trovano la loro fonte in Dio. Purtroppo, dal mio punto di vista, il FMI attuale è ben lontano da questo approccio. Inoltre, questo Bancor riferito al debito sarà in realtà la realizzazione di un mondo diretto dal debito. Sono cosciente che quello che vado ad affermare meriterebbe una nuova esposizione, ma i debiti sono all’origine del mondo che conosciamo, basato sulla competizione invece che sull’aiuto reciproco, e tutto questo è assolutamente contrario ai principi universali che ho appena evocato. Dunque un bancor basato su dei DSP emessi dal FMI non sarebbe, dal mio punto di vista, una buona cosa.

NOTE

[1] http://www.bloomberg.com/news/2011-04-11/soros-warns-moral-hazard-looms-larger-as-volcker-says-big-banks-can-fail.html

[2] http://search.japantimes.co.jp/cgi-bin/eo20091108a1.html

[3] http://www.wnd.com/news/article.asp?ARTICLE_ID=45085

[4] http://www.scribd.com/doc/20825852/Towards-a-Renovated-World-Monetary-System

Titolo originale: “Un nouveau Bretton Woods pour une monnaie mondiale basée sur les DTS?”

Fonte: http://www.mondialisation.ca
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28.04.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILIPPO

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