DI SAMIR HASSAN
ilmanifesto.it
Intervista. «En Amazonie. Un infiltrato nel migliore dei mondi»: il giornalista e scrittore Jean-Baptiste Malet racconta le tremende condizioni lavorative del gigante del commercio online che ha provato sulla sua stessa pelle. «Percorrevo oltre 20km a notte tra gli enormi scaffali».
La logistica è divenuto il settore produttivo più strategico per il profitto delle grandi multinazionali. La mobilità del capitale, non solo nella sua accezione finanziaria ma nei termini di trasporto su gomma, è il campo in cui si sta giocando la nuova partita degli imperi economici. Rispetto alle forme classiche del lavoro, così come le abbiamo conosciute nella seconda metà del secolo scorso, oggi la produzione viene costantemente delocalizzata: infrange confini e assolda nuovi schiavi del mercato, cavalcando inesorabile verso est. Atomizza, aliena e sfrutta. Nonostante i sorrisi dei manager, le favole sull’economia buona ma malata e l’accattivante simpatia di cui sembrano godere oggi alcune nuove potenze commerciali.
Come Amazon. «Il sorriso sulle scatole di Amazon non è certo quello di chi ci lavora, nonostante uno dei must dell’azienda sia proprio quello di inserire i suoi dipendenti in una socialità artificiale, fatta di regole, codici e senso di appartenenza: la solita litania dell’essere una “grande famiglia”».
Amazon non è però solo un’azienda: «è un sistema di produzione unico», afferma Jean-Baptiste Malet, giovane reporter francese in Italia per presentare il suo libro En Amazonie. Un infiltrato nel “migliore dei mondi” (Kogoi Edizioni).
L’incontro è avvenuto durante la fiera della piccola editoria a Roma. Oggetto dell’intervista è stato l’universo conosciuto durante la sua inchiesta: una preziosa testimonianza ricostruita dopo essersi fatto assumere (tramite agenzia interinale) dal colosso dell’«e-commerce» durante le festività natalizie dello scorso anno.
«Sono stati 3 mesi molto intensi. Facevo il picker nel turno di notte, 8 ore con due pause da 20 minuti; percorrevo oltre 20km a notte tra gli enormi scaffali dell’hangar di Montélimar, nel dipartimento della Drôme. Ma il problema reale non era solo la stanchezza. Era riuscire a mantenere i livelli di produttività richiesti».
Inutile dire che il libro di Malet, ironia della sorte, si trova anche su Amazon. Nulla di strano a pensarci bene: l’economia globale inghiotte ogni prodotto, anche quelli che la criticano. Parafrasando Humphrey Bogart nella celebre pellicola di Richard Brooks L’ultima minaccia, «è il capitalismo, bellezza. Il capitalismo! E tu non puoi farci niente. Niente».
Amazon si compiace di offrire la possibilità ai suoi utenti di acquistare comodamente con pochi click. Cosa c’è dietro lo schermo? Un’organizzazione del lavoro altrettanto digitalizzata?
Il sito di Amazon è il fiore all’occhiello del progetto. Quello che è difficile comprendere dall’interfaccia è che quella è l’unica componente informatizzata. Lo stoccaggio, il carico e l’imballaggio di ogni prodotto è affidato alla fatica di chi ci lavora: mani che spostano, braccia che alzano e gambe che trasportano. Nessuna creazione robotica.
Nei suoi stabilimenti il massimo dell’informatica presente sono i tornelli dove si timbra il proprio badge, i carrelli e i ripetitori wifi che ci fissano dalle alte scaffalature su cui viene stipata la merce. Camminando in un hangar di Amazon ci si accorge che l’unica macchina complessa che ci lavora è l’uomo.
Amazon viene presentato come un nuovo modello produttivo. È così?
Amazon utilizza in modo nuovo vecchi modelli di gestione della produzione, tipici del XX secolo. Ma i poli industriali del Novecento, seppur legati a un’idea di massimizzazione del profitto, permettevano ai dipendenti un’autonomia relazionale, un’autogestione dei rapporti personali. In Amazon questo non accade, anzi; c’è un forte controllo, invasivo, sia rispetto ai rapporti personali che alla performance lavorativa dei dipendenti. Persino ai manager non è richiesta la loro effettiva professionalità, la loro specifica competenza, ma uno sforzo congiunto per controllare i livelli di produttività dei lavoratori subordinati. Il lavoro e le intelligenze delle persone vengono sacrificati sull’altare della produttività e del controllo di questa produttività. Da questo punto di vista Amazon ha cambiato la tradizionale forma del lavoro.
Ma il punto forte di Amazon è la precarietà diffusa. Inoltre, apre i suoi stabilimenti in zone logisticamente ben servite, ovvero è necessario essere in prossimità di una rete stradale efficiente. La zona individuata deve inoltre registrare un alto tasso di disoccupazione. Maggiore è il tasso di disoccupazione, maggiore è la concorrenza tra i lavoratori e minore il salario di base. Infine, come le altre grandi multinazionali, sfrutta la bolla finanziaria che ha terremotato l’economia globale. Nei primi anni Amazon non generava profitti di rilievo, poiché si caratterizzava come intermediario di commercio e non come produttore. Nonostante ciò gli squali della finanza scelsero di investire sulle sue azioni.
Perché?
Il motivo è che anno dopo anno, spedizione dopo spedizione, il sistema Amazon stava distruggendo il piccolo commercio indipendente.
Un esempio, dunque, della «distruzione creatrice» cara a Schumpeter?
Sì. Chi investiva sulle azioni di Amazon sapeva che una nuova economia come quella avrebbe fagocitato le reti commerciali di prossimità nel giro di pochi anni, il che avrebbe permesso all’impresa di Jeff Bezos di operare, in un futuro molto prossimo, in condizione di assoluto monopolio.
Senza la Borsa, senza Wall Street, senza gli speculatori finanziari, Amazon sarebbe fallita nel giro di pochi anni.
Nella tua inchiesta parli di un accurato meccanismo di controllo (che arriva a disporre anche di numerosi vigilantes) teso a sviluppare nei lavoratori la convinzione di essere elementi inter pares della famiglia Amazon.…
È così. Il sistema di integrazione studiato da Amazon, e riassunto nel motto «work hard, have fun, make history» (lavora duro, sarai premiato, stai facendo la storia), si muove lungo un doppio binario. Da un lato il cosiddetto have fun, ovvero la possibilità per l’azienda di organizzare gratuitamente la vita sociale dei dipendenti dentro lo stabilimento, rendendo vana, inutile e costosa la possibilità di autorganizzarla fuori dall’hangar. Non tutti i lavoratori ne sono ammaliati, ma tutti usufruiscono di queste trovate: regali durante le festività, spettacoli, iniziative a sorpresa all’uscita dal turno, concorsi interni e riconoscimenti pubblici per la bravura lavorativa. Tutti orpelli che devono saldare la fedeltà del lavoratore all’azienda, spingendolo a dare il massimo in termini di produttività. D‘altro canto, se non dovesse bastare la sudditanza psicologica a «plasmare» il lavoratore, la presenza del controllo diviene tangibile, materializzandosi nelle perquisizioni campionarie ai lavoratori (per possibile taccheggio!), nell’essere trattato con sprezzante freddezza dalla vigilanza, nel sentirsi pendere sul capo la spada di Damocle del controllo aziendale.
Quale composizione sociale lavora tra gli scaffali?
In Francia, dove ci sono 4 stabilimenti, ho avuto modo di conoscere solo quanto avveniva in quello di Montélimar. In generale posso dire che la situazione francese è assai differente ad esempio da quella tedesca, perché non c’è un criterio d’assunzione identico per i diversi paesi. Mentre in Germania lavorano in maggioranza giovani di diverse nazionalità (per lo più greci, spagnoli, portoghesi e turchi) e c’è una forte richiesta di manodopera (9 stabilimenti), in Francia la maggior parte dei lavoratori sono giovani francesi che hanno tra i 25 e i 30 anni. In particolare, per ciò che concerne lo stabilimento di Montélimar, i migranti sono pochi (e per lo più maghrebini); forse anche perché la zona della Drôme non ha un’economia così fiorente e, trovandosi nel cuore della Francia, non è un passaggio transitorio dei flussi migratori.
Samir Hassan
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://ilmanifesto.it/amazon-lo-sfruttamento-col-sorriso/
13.12.2013
Come sempre bisogna vedere la forbice tra chi lavora manualmente e i "dirigenti", gli utili li spartiscono tra i soliti raccomandati.
Amazon come Zalando e come poche altre grandi realtà di e-commerce, stanno fagocitando la quasi totalità del commercio on line, facendo terra bruciata dei concorrenti che non hanno la loro stessa potenza economico-finanziaria. Dice bene Hassan:"Senza la Borsa, senza Wall Street, senza gli speculatori finanziari, Amazon sarebbe fallita nel giro di pochi anni.", questo è sacrosanto!.
Mi occupo di e-commerce e di trading commerciale e vi assicuro che ci sono settori come l’elettronica dove la marginalità degli operatori o dei rivenditori si limita a pochi punti percentuali che varia dal 5 al 10%, ora supponete di essere un operatore che si rifornisce dal più grande distributore di elettronica al mondo che a sua volta acquista direttamente dal produttore, Samsung,Sony,Lg etc.., quindi, produttore,distributore e rivenditore, una catena corta sinonimo di pochi passaggi e relativi aumenti del bene, ebbene non è così, il prezzo al pubblico su Amazon è inferiore al costo di acquisto del rivenditore!, vi chiederete come è possibile?, vi fornisco alcuni spunti: IVA? (pesa per gli operatori Italiani ben il 22%), GARANZIA ITALIA? (un prodotto con garanzia Italia costa dal produttore il 10/15% in più, fate caso alla nuova pubblicità dello smartphone S5 di Samsung, parlano di "garanzia Samsung Italia!!" per distinguere i mercati), SEDE SOCIETA’ ( avere la sede in Irlanda o fuori dall’Europa ha una tassazione molto inferiore rispetto all’Italia), riflettete, ogni volta che acquistate con un "click" da un colosso che non ha sede nel nostro paese, arricchite lui e impoverite il tessuto produttivo e commerciale della nostra penisola ed infine non meno importante, impoverite le casse dello stato.
Il grande commercio on line si stà concentrando in poche mani, come è avvenuto per i grandi gruppi bancari e per le industrie, tutto il potere economico, produttivo e distributivo è in mano a poche multinazionali, non è assolutamente vero che la globalizzazione ha creato maggiore concorrenza, ha solo creato maggiore concentrazione di ricchezze in mano a pochi.
vagheggiato dal bimbo prodigio era 600€ mensili… bisogna liberarci al
più presto di questa feccia, democraticamente con una ics, direi su M5S.
certo, quelli almeno te ne offrono almeno 1.000, sì??
e tu continua a votare, democraticamente con una ics, che negli anni è servito molto a migliorare le cose……
è come la balla degli acquisti "equi e solidali" (generalmente prodotti scadenti, provate a finire un vasetto di cioccolato "solidale", se ci riuscite), che ammazza il produttore dietro casa e fa sparire profitti (e ricchezza) dal circuito nazionale.
ma non temete, tra qualche anno ci saremo noi a produrre beni "equi e solidali"……
Complimenti hai centrato il punto focale , mentre l’autore dell’articoolo sembra totalmente ignorarlo .
Amazon quota proprio 300 USD ad azione su un valore reale si è no di 20 USD ad azione proprio per il meccanismo da te descritto che è fondamentalmente vincente .
Amazon fattura per l’Europa in Lussemburgo usufruendo di una tassazione super avvantaggiata , strafregandosene delle leggi degli stati .
Per questo ha un vantaggio competitivo estremo … Non paga praticamente le tasse . Quindi puo’ mazzolare la concorrenza abbassando i prezzi e facendo a pezzi il commercio locale , rubando letteralmente attività e pezzi di PIL dai vari paesi .
Per questo mi viene da ridere quando i nostri pagliacci chiamati politici fanno la lotta all’evasione e si riempiono la bocca con la parola "crescita " che secondo loro dovrebbe scendere dal cielo come lo spirito santo …
La verità è che prendono tutti per il Qulo soprattutto quei boccaloni che gli danno retta .
Loro sanno benissimo che stanno uccidendo il sistema vigente per passare ad un sistema totalitario corporativo e sperano che ci sia un posto per loro in prima fila… ma non sanno , poveri polli che le prenotazioni per i biglietti in prima fila si sono chiuse un po’ di tempo fa…
"have fun" significa "divertiti", non "sarai premiato".
Se vuoi vota oppure no, mi sono stancato di ripetere che chi non vota non si deve lamentare poi per quello che gli succede.
invece mi lamento eccome, perché chi vota è COMPLICE del massacro al quale siamo sottoposti.
quanta ingenuità, poi, affidarsi ad un movimento che, soprattutto in materia economica, è di una ignoranza abissale……
e poi se votare servisse DAVVERO a cambiare le cose credi che te lo lascerebbero fare??
Amazon, Zalando, Ikea e C. sono multinazionali senza dubbio rette da lobby finanziarie, investitori e speculatori di borsa in primis, e su questo siamo d’accordo (non solo fallirebbero dopo poco, ma addirittura se non avessero banche di investimento che sganciano centinaia di milioni di USD e credono in quell’idea, non tirerebbero su nemmeno 10 metri quadri di magazzino per aprire). Bene, tolto quello cos’altro fa rimanere "in piedi" un’azienda come Amazon? La risposta è facile facile: NOI. Ok, pagare un prodotto 300 euro anzichè 600 fa gola certo, ma, al di la di tutti i giochi di tasse, imposte e paradisi fiscali di cui lor signori si avvantaggiano, abbiamo davvero bisogno di QUEL prodotto? Abbiamo la necessità di aggiornare ogni 6/7 mesi o un anno lo smatphone, il tablet, il phablet, la tv lcd 3d 50 pollici? (occhio che il settore col maggior guadagno/ricavo è proprio quello dell’elettronica e telefonia….se dovessero vivere solo con le lavatrici, libri e qualche stufa elettrica starebbero freschi!!) Risposta del consumatore: SI. Ecco il vero businnes di queste mega imprese miliardarie. Siamo noi, noi COGLIONI col nostro assetato "bisogno" di aggiornare tutto spesso e volentieri con nuovi smartphone fighissimi, tablet ultimo grido e tv da 70 pollici inchiodati al soggiorno di 20 mq. La malattia è tutta nostra, cari lettori. Da qua parte tutto. Parte lo sfruttamento del personale, le REGOLE FERREE dei reparti, la fidelizzazione a certi statuti, i controlli al limite dell’assurdo e, non ultimo, gli stipendi da fame per 8/9 ore di lavoro. E ti credo…col cazzo altrimenti consegnerebbero la merce in un giorno se tutto questo non fosse possibile. Che strano… 30 anni fa Amazon non esisteva. Non esisteva Zalando, non esisteva Ikea (almeno qua da noi e certamente non come adesso), non esisteva tutto ciò di cui potevamo fare tranquillamente a meno. Io penso che più che criticare Amazon dovremmo eufemisticamente ringraziare per questo impoverimento cerebrale i seguenti brand che, prima con un bel lavaggio del cervello pubblicitario e poi inducendo il bisogno nella persona permettono ad Amazon e C. di esistere, uccidere il lavoro e tutto ciò che ne consegue: Apple, Samsung, Nokia, Htc, LG, Sony… devo andare avanti? Mi spiace cari amici, ma la verità, anche se antipatica e poco piacevole, è che gente come me, te, noi, fa si che questo accada. Fa si che Amazon sia uno di quei mondi a parte dove tutto gli è dovuto purchè si venda…a qualsiasi costo.
p.s. se qualcuno è interessato ci sarebbe un bellissimo libro da acquistare e leggere con molta attenzione. Si intitola 13,89 euro di Frederic Beigbeder (Feltrinelli), un ex pubblicitario che racconta cosa succede davvero dietro le patetiche faccine da "famiglia del Mulino Bianco" che si vedono in tv. Apre la mente e potrebbe chiudere i magazzini Amazon se entrasse nella psiche collettiva. Buona lettura.
traduzione: lavorare come facchino fa schifo, anche in Amazon.
Mi ricordi quello che si lamentava di non aver mai vinto niente alla tombolata di Natale:
– Ma quante cartelle compravi?
– Nessuna, non ci gioco mica
– Ma scusa, allora non potevi vincere. Prova a giocare il prossimo Natale
– No, tanto quel gioco è una truffa
– Ma… neanche quando è tua zia che estrae i numeri?
– Figurati, quella è una rincoglionita
– Ehm, ma di cosa ti lamenti, esattamente?
– Che anche se giocassi non vincerei
– Sì, ma alla fine qualcuno che vince c’è
– Non io
– Ma per forza Diobòno! Non giochi…
– Non ci gioco perché è truccato
[continua ad libitum]
p.s.:
complice casomai sarai tu: io, quando posso mandare lì gente che li fa cagare sotto, non me lo faccio mancare questo spasso.
Tu (almeno fino a quando non te ne andrai sulle montagne col fucile in spalla) non stai facendo un cassio tranne mugugnare.
Sì ma alla fine non è del tutto sbagliata, come traduzione.
Have fun è anche un modo di essere, del tipo "goditi la vita", che in questo contesto và intesa come "farai un lavoro divertente".
E’ una catch-phrase che allude proprio al fatto che guadagnerai divertendoti.
È tipico della pubblicità alludere a cose che potrebbero essere, se ti vogliono vendere un’auto non mettono la foto del modello xxx in fila in tangenziale ma chessò la famigliola in gita in montagna.
complice casomai sarai tu:
difficile, non partecipando alla truffa elettorale, ma se lo dici tu….. ci sarà da fidarsi.
io, quando posso mandare lì gente che li fa cagare sotto, non me lo faccio mancare questo spasso.
e chi sarebbe questa gente che li fa cagare sotto??
i grillini??
non ho visto fiumi di merda inondare il parlamento, anzi….
Tu (almeno fino a quando non te ne andrai sulle montagne col fucile in spalla) non stai facendo un cassio tranne mugugnare.
sbagliato.
gli sto togliendo legittimità, ma capisco che per te, che te la godi del nulla (o quasi) fatto dagli spaventapasseri che hai contribuito a mandare in parlamento, sia un dettaglio.
bravo, continua a partecipare alla farsa, vedrai come cambiano le cose……
[i]e chi sarebbe questa gente che li fa cagare sotto??
i grillini??[/i]
E’ come con la mafia: guarda di chi cercano di distruggere (nel caso, su chi si affannano a sparare infamie) e saprai chi sta facendo un buon lavoro 😉
Se non hai visto che sono TUTTI nel panico per la presenza di questi "barbari" che non rispettano le regole del consociativismo, significa che sei cieco. Il che fra parentesi spiegherebbe come mai credi che la delegittimazione abbia bisogno dell’astensionismo e non sia già abbondantemente in atto anche fra chi a votare ci va.
Però consolati: anche se la delegittimazione galoppa voi, cari vecchietti, state comunque camminando nella stessa direzione, zoppicando sulla stampella dell’astensionismo.
Ops, chiudo qui, non vorrei farti saltare l’orario della flebo.