DI PEPE ESCOBAR
“Sono proprio contento di trovarmi in Uzbekistan. Ho appena avuto un lungo colloquio veramente interessante e utile con il presidente…l’Uzbekistan è un elemento chiave nella guerra mondiale contro il terrorismo. . Ho presentato al presidente gli auguri del presidente Bush ed ho espresso il nostro apprezzamento personale per il suo prezioso contributo alla guerra contro il terrore… La nostra relazione è forte e si rinforzerà sempre più.”
– Segretario di stato alla difesa Donald Rumsfeld a Tashkent, febbraio 2004.
L’esercito del dittatore uzbeko Islam Karimov, che venerdì scorso ha aperto il fuoco su migliaia di dimostranti disarmati in Andijan, nella valle del Ferghana, negli ultimi anni ha ricevuto una pioggia di dollari (200 milioni nel solo 2002) con la semplice motivazione della “guerra al terrore”.
Così possiamo stare sicuri che nè la Casa Bianca nè il segretario di stato Condoleeza Rice oseranno protestare in qualche modo con Karimov. A Washington non ci sarà nessuno che reclamerà libere elezioni in Uzbekistan. Gli ex uomini forti delle rivoluzioni colorate in Georgia, Ucraina e Kirgistan erano dei mostri da eliminare per consentire alla “libertà e democrazia” di prevalere. Lo stesso vale per il Belarus. Ma non per Karimov. Si tratta del “nostro” dittatore. Il Saddam Hussein dell’Asia Centrale è l’uomo di Bush.
“O con me o contro di me.”
I fatti sono accaduti nell’Andijan. Ventitre uomini d’affari del posto, che avevano anche fatto ricorso allo sciopero della fame, sono sotto processo da febbraio con l’accusa di essere dei “terroristi islamici”. Si tratta di componenti di Akramia, un piccolo movimento islamico la cui piattaforma rivendicativa privilegia il successo economico rispetto al fondamentalismo o alla ideologia religiosa. Subito dopo aver costituito un società di costruzioni, e sembra anche un fondo di cooperazione, con la possibilità di offrire qualche posto di lavoro alla gente del posto, sono stati arrestati.
Washington ha messo nell’elenco delle organizzazioni terroristiche il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU). Hizbuth Tahir, (HT) che non approva la jihad armata, verrà presto iscritto anche lui, dal momento che Washington segue sempre le indicazioni di Karimov. In Uzbekistan qualunque opposizione contro Karimov viene considerata terrorismo. Karimov accusa Hizbut Tahir di attentati, respinti con forza dal gruppo, e di legami con organizzazioni legate ad al-Qaeda ( i responsabili degli attentati a Tashkent nel 1999 appartenevano all’IMU). Secondo Allison Gill, rappresentante dell’organizzazione per i diritti umani in Uzbekistan, l’apparato di sicurezza di Karimov reprime con forza l’HT, e ora ha nel mirino anche Akramia.
Questo gruppo è stato fondato nel 1992 da un professore di matematica, Akram Yuldashev, ed è una derivazione dell’HT. E’ molto popolare fra la relativamente istruita gioventù nella valle della Ferghana, perchè tenta di conciliare una vita islamica religiosa seria e onesta con il successo economico. Amplificando una tradizione islamica pre-esistente Akramia insiste sul fatto che parte dei guadagni devono andare in aiuto dei poveri e bisognosi. Yuldashev è in prigione sin dal 1999. Sua moglie, teste a scarico durante il processo, ha negato con forza che gli insegnamenti di Akramia incoraggiassero la sovversione politica, si trattava soltanto di ottenere la libertà economica.
Giovedì scorso, i dimostranti esasperati hanno tentato con un colpo di mano di liberare i prigionieri, assaltando il centro amministrativo locale, mentre alcuni chiedevano l’allontanamento di Karimov. Secondo loro, se non avessero fatto così, i 23 sarebbero stati condannati, torturati e uccisi, perché è così che funziona il sistema di Karimov. Il giorno seguente c’è stato il bagno di sangue. Galima Bkharbaeva, che si trova sul posto per conto di un istituto di giornalisti, ha riferito di avere visto una colonna di mezzi blindati che sparavano a volontà, senza provocazione alcuna, contro i dimostranti. Le vittime sono almeno 500, compresi donne e bambini, con oltre 2000 feriti. La gente stava dimostrando contro la corruzione del sistema di Karimov, al quale addossano la responsabilità delle loro misere condizioni di vita. Karimov ha accusato tutti di essere “gruppi terroristici”. La Casa Bianca ha ripetuto pari pari.
Settant’anni di regime sovietico hanno lasciato il segno dell’ ateismo sull’Uzbekistan. Non ci troviamo in un’isola di fede islamica. La Talibanizzazione è opera di pochi adepti (Ecco perché l’IMU rappresenta soltanto una piccola setta). L’unica religione nazionale è la vodka, in grado di recare un po’ di sollievo alle penose condizioni economiche. La maggior parte delle donne in Tashkent indossano le mini gonne, usano il trucco e portano stivali alti fino alle ginocchia. HT predica una jihad pacifica. Il sistema di repressione di Karimov è sempre attivo. Tutte le organizzazioni mussulmane e anche le moschee devono essere registrate. I religiosi devono avere un permesso governativo per poter lavorare. Chi ha la barba lunga, o indossa un turbante o una hijab, e non prega in una moschea riconosciuta può finire in prigione.
Un trono sporco di sangue.
Quando l’Uzbekistan divenne uno stato indipendente nel 1991, Karimov fece ricorso al classico trasformismo dei nuovi imperatori: fuori l’apparato comunista, dentro il nuovo presidente; fuori Marx, Lenin e Stalin, dentro il Tamerlano. Karimov, faccia di bronzo con sguardo assente, è il nuovo Tamerlano, senza però il suo spirito conquistatore (Tamerlano costruì un impero che andava dall’Egitto alla muraglia cinese in Cina.)
L’ultimo leggendario capo nomade dell’Asia Centrale aveva l’abitudine di costruire, dopo una battaglia, delle piramidi con i teschi dei nemici uccisi, al fine di terrorizzare le popolazioni soggiogate. Karimov fa ricorso a sperimentati metodi di tortura “antiguerrigilia” corretti con un tocco di macabra novità creativa (l’immersione in acqua bollente). Una volta ha dichiarato, ed è provato, che gli islamici dovrebbero essere uccisi con un colpo di pistola in testa, esattamente come, secondo molte testimonianze, l’esercito uzbeco ha finito molti feriti in Andijan. Nel 2004 l’istituto internazionale per i diritti umani ha pubblicato un libro con oltre 300 pagine dedicate ai casi riscontrati in Uzbekistan. Uno degli scopi della tortura è di fornire ai servizi USA la prova del collegamento fra l’opposizione Uzbeka, qualunque tipo di opposizione, e i “gruppi terroristici” di al-Qaeda. Ancora una volta: secondo il sistema di Karimov ogni tipo di opposizione è considerato “terrorismo”.
In Uzbekistan tutto è sotto controllato da Karimov, secondo un sistema sovietico di clan. Praticamente ogni cm quadrato di qualunque località è sorvegliato dalle cosiddette “barbe bianche”, il sistema di informazione di Karimov. L’unica debolezza di Karimov è rappresentata dalle figlie. Gulnara Karimova, la primogenita, praticamente possiede l’intero paese, fabbriche, compagnie dei telefoni, agenzie di viaggio, e night clubs, dove la micro-elite balla al suono della techno russa. C’è abbondanza di gas, petrolio e cotone, però la maggioranza dei 26 milioni di abitanti sopravvive con meno di un dollaro al giorno. La valuta, il som, praticamente non vale niente 0,0007 euro. Cambiare la valuta in Tashkent può diventare un’operazione di guerra che dura un’ora.
Rosebud.
Se Orson Welles potesse rifare ‘Quarto potere’ (In originale: Citizen Kane; traslato: Citizen Karimov) il Rosebud dell’Uzbekistan sarebbe Khanabad. Khanabad rappresenta una evidente ironia post guerra fredda. Prima era la più grande base aerea sovietica nella guerra degli anni ’80 in Afghanistan. Ora ospita gli americani, apparentemente in appoggio alla “guerra al terrore” in Afghanistan.
La “relazione speciale” fra Washington e Tashkent ha avuto inizio nei primi anni ’90, durante l’amministrazione Clinton. Nel 1999 i Berretti Verdi erano impegnati a addestrare le Forze Speciali Uzbeke. Khanabad non ha niente a che fare con l’Afghanistan: di questo se ne occupa Bagram. Ma Khanabad è essenziale come una delle basi principali che circondano il Medio Oriente Allargato di Bush, o, per mettere le cose in una prospettiva più rilevante, il paradisiaco arco del petrolio e del gas che comprende Medio Oriente/Caucaso/Asia Centrale. La base è in affitto per sette anni, e dovrebbe scadere nel 2008.
Così Karimov in Uzbekistan è una pedina essenziale del grande gioco del petrolio e del gas come Hamid Garzai in Afghanistan. Inevitabilmente ci saranno altre sollevazioni nella immiserita valle della Ferghana, che si trova ormai al punto di ebollizione. Karimov farà senz’altro ricorso al suo esercito equipaggiato con i soldi americani. La Casa Bianca manterrà il silenzio. Il Cremino manterrà il silenzio (oppure attribuirà “la rivoluzione verde” ai fondamentalisti islamici, come ha fatto dopo i fatti dell’Andijan). I mezzi di informazione aziendale manterranno il silenzio: si può solo immaginare quale furore si sarebbe scatenato se i fatti dell’Andijan fossero scoppiati in Libano quando le truppe siriane erano ancora nel paese. Gli Uzbeki della Ferghana non saranno considerati cittadini che lottano legittimamente per ottenere libertà e democrazia, ma saranno etichettati come terroristi. Così Rumsfeld potrà continuare a coltivare “una robusta relazione” con la Rosebud di Karimov.
Fonte:www.atimes.com/atimes/
Link:http://www.atimes.com/atimes/Central_Asia/GE17Ag01.html
17.05.05
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da VICHI