L’Ucraina non può fare a meno della grande vicina
Piero Sinatti analizza i rapporti di stretta dipendenza economica tra Mosca e Kiev. La divisione? Sarebbe una nuova tragedia post-sovietica
DI PIERO SINATTI
Esaminiamo il quadro geo-elettorale ucraino. Presenta una radicale divisione. Le regioni dell’ovest e del centro del Paese – vi dominano agricoltura, industria leggera (specie alimentare), piccole e medie imprese, terziario – hanno dato al candidato Viktor Jushenko, ritenuto “filoccidentale”, percentuali sovietiche attorno e oltre il 90%.
Le regioni dell’Est – settore minerario (carbone), industrie metallurgica, meccanica (macchinari industriali, industria bellica e aerospaziale), raffinazione del greggio – hanno dato percentuali altrettanto sovietiche al suo rivale Viktor Janukovic, ritenuto “filorusso”.
Nelle regioni dell’Ovest e del centro la prevalenza di ucraini etnici è molto più forte che in quelle dell’Est. Queste ultime sono caratterizzate da una massiccia presenza di russi e russofoni (tra cui si annoverano non pochi ucraini).Passiamo ora ad un altro quadro, complementare e non meno significativo. Alla proclamazione dello sciopero nazionale di protesta da parte del sedicente vincitore Jushenko ha aderito una quota importante, ma per niente totale, delle aziende dell’Ovest e del Centro.
Ad Est, bacino elettorale del presunto vincitore Janukovic, nessuno ha incrociato le braccia, dalle industrie del Donbass ai grandi kombinat metallurgici e meccanici.
I quadri che abbiamo sopra tracciato ci danno l’immagine di un Paese la cui divisione nella struttura economica corrisponde alla divisione nel voto e nella mobilitazione politica, oltre naturalmente a quella etnica.
Le fonti dell’economia ucraina
Consideriamo ora alcuni caratteri dell’economia ucraina. Dal 2000 (presidente Kuchma e premier Jushenko) al 2004 (presidente Kuchma e premier Janukovic) ha conosciuto consistenti tassi di sviluppo. Quest’anno le previsioni ci dicono che la crescita del PIL oltrepasserà il 10% alla fine di dicembre. L’anno scorso si era attestata attorno al 6,5%, nonostante il calo, provocato da fattori climatici, nell’agricoltura (un settore di grandissime potenzialità, data la grande fertilità del suolo).
Esaminiamo, alla luce di rapporti del FMI e della WB, le voci principali
dell’export ucraino, in forte incremento grazie a vari fattori, come il deprezzamento della hrivna e all’incremento della domanda esterna (Cina, India, ma anche Russia).
Veniamo a sapere che il 17% dell’export è legato al settore minerario e il 40% al settore metallurgico – segnatamente l’acciaio. Anche nei settori produttivi ad alto valore aggiunto, armamenti e aerospaziale l’Ucraina ha fatto segnare negli ultimi due – tre anni una forte crescita. Grazie alla rinnovata “partnership” con la Russia, data la alta complementarietà di quei settori nei due paesi settori. Frutto di quella che una volta veniva chiamata “la ‘divisione’ o ‘specializzazione’ sovieto-cialista del lavoro”.
La risorsa energetica
Altro settore che concorre a rafforzare la crescita dell’export ucraino è quello della lavorazione di greggio e derivati, provenienti dalla Russia e controllati dai grandi gruppi petroliferi russi, in particolare Lukoil.
Il notevole debito energetico ucraino nei confronti di Mosca, maggiore fornitrice di gas all’Ucraina, nel 2000 ammontava a oltre 2,5 miliardi di dollari. Viene pagato soprattutto tramite la vendita a società russe di importanti quote azionarie di società e di Fig(Gruppi industriali finanziari) ucraini.
Così, l’importante posizione conseguita dall’Ucraina nell’export di greggio raffinato è legata alla presenza dominante nel settore di società russe come Lukoil.
Infine, non dobbiamo dimenticare altre due voci importanti delle entrate ucraine. Le royalties riscosse dall’Ucraina per il passaggio degli oleodotti e gasdotti che avviano gas e greggio russi verso l’Europa centro-occidentale. Destinate ad aumentare, una volta che la Russia ne avrà incrementato la rete. Le rimesse delle molte centinaia di ucraini che lavorano in Russia (e che hanno contribuito non poco al boom edilizio di Mosca).
Integrazione e dipendenza
Il risultato di tutto questo è una moneta stabile, la hrivna , che al tempo stesso rende (molto più del rublo attuale, in continua crescita rispetto alla moneta di riferimento, il dollaro) fortemente competitive le esportazioni di Kiev. Buono è il livello degli investimenti nel capitale fisso. L’inflazione si mantiene a un livello del 7% . La disoccupazione dal 12% del 2002 sarebbe scesa quest’anno al 9%.
Come si vede, l’economia ucraina si trova a metà tra integrazione e dipendenza rispetto a quella del grande vicino del Nord.
Oltre il 50% di questa economia si situa – in termini quantitativi – nelle regioni orientali. Quelle dominate da Janukovìc. E’ vero che certe loro qualità non sono apprezzabili. Almeno secondo gli standard dell’UE o del FMI, che mettono in evidenza, deplorandoli, i sussidi che lo stato dà al settore minerario, carbone, e il regime di basse tariffe in cui esso opera nel mercato interno. Ed anche la scarsa corporate governance dei grandi complessi metallurgici.
Ebbene, basta esaminare questo contesto economico per cogliere tutto il pericolo o l’avventatezza della contrapposizione tra le due parti del paese. E ancor peggio di una loro possibile separazione, più o meno prolungata.
Gli inviti alla divisione e i contributi che ad essa danno certi patrocini esterni (di Russia da una parte, di Ue e Usa dall’altra) offerti all’uno o all’altro dei due contendenti dovrebbero essere evitati come la peste. Occorrono l’accordo e il compromesso. La guerra civile sarebbe una nuova tragedia post-sovietica. La più grave.
Piero Sinatti
Fonte:IlSole24ore
26.11.04
26 novembre 2004