DI MARTIN HUTCHINSON
Asia Times Online
La crisi dell’eurozona, che poteva
essere disinnescata consentendo alla Grecia di uscire dall’euro, ha
preso una piega molto più seria. Se, come sembra plausibile, Italia,
Spagna e persino la Francia hanno perso la fiducia dei mercati internazionali
e sono costrette a contrarre più debito, allora il debito sovrano delle
nazioni di prima fila non può più essere considerato privo di rischi.
Ciò riporterà i mercati molto prima
dei traumi del XX secolo, prima del relativamente sereno XIX secolo,
prima persino del XVIII in cui si formarono le istituzioni.
Manderà a pezzi il trionfo del 1751
del dimenticato finanziere Samson Gideon per la formazione dei Consoli
immortali, manderà a morte l’egoistico ma eccellente lavoro di Sir
Robert Walpole che impedì al collasso della South Sea Company di distruggere
il mercato dei bond del governo britannico, come riuscì a fare
quello del Mississippi con quello della Francia, e manderà in frantumi
anche le fondamenta del credito britannico, fissate con la creazione
della Banca di Inghilterra. La vita per chi scambia le obbligazioni
tornerà a uno stato di natura primitivamente hobbesiano, spregevole,
brutale e rapido. Ma tutti noi ne soffriremmo, eccetto che nel breve
termine?
In base al mercato delle obbligazioni
per come lo abbiamo conosciuto nell’ultimo secolo o due, solo la Grecia
era destinata al default. Il suo problema non era tanto il suo
rapporto iniziale tra debito e PIL, ma il fatto che il suo PIL era iper-inflazionato,
e si basava su un livello di vita totalmente irrealistico per il popolo
greco.
Se i greci fossero stati pagati al
livello al quale l’economia poteva andare in pari – non più di
15.000 dollari di PIL capite paragonato ai 32.000 iper-inflazionati
del 2008 – il PIL greco si sarebbe dimezzato e il suo rapporto debito/PIL
avrebbe raggiunto un livello intorno al 300%. Che sarebbe stato ben
oltre i più alti livelli mai ridotti con successo senza andare in
default – il 250% del PIL della Gran Bretagna dopo il 1815 e di
nuovo dopo il 1945. Dato che quella greca è notoriamente una società
indisciplinata, con uno scarso controllo fiscale e un’economia
aperta dove i cittadini tengono la gran parte delle proprie ricchezze
all’estero, un default greco era ed è inevitabile nella migliore delle circostanze.
Lo stesso non vale, invece, per Italia
e Spagna. La competitività dell’Italia è calata di circa il 20%
contro la Germania nell’ultimo decennio. Comunque il suo livello del
debito è solo del 120% del PIL, oppure del 150% del PIL se gli standard
di vita italiani e il PIL fossero abbassati del 20% necessario. Dato
che il deficit di bilancio sotto la competente gestione del ministro
delle Finanze di Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti, era solo del 3-4%
del PIL, la posizione dell’Italia per gli standard degli ultimi due
secoli è perfettamente gestibile senza che il default sia più di una lontana minaccia.
Allo stesso modo la Spagna ha un passivo
di bilancio di circa il 7% del PIL, e il settore del finanziamento agli
immobili che è un ammasso di crediti inesigibili, con i prezzi delle
case che ancora devono scendere a un prezzo di equilibrio tra domanda
e offerta, ma il suo debito ufficiale è solo il 61% del PIL, e il governo
di Zapatero che aveva in odio l’economia è ormai uscito di scena.
Il livello di panico dei mercati sul
debito italiano e spagnolo indica che i parametri confortanti per il
debito sovrano del XIX e del XX secolo non reggono più. La ragione
principale è la determinazione delle autorità dell’eurozona di infrangere
le regole con cui i mercati del debito sono stati tradizionalmente governati.
Invece di consentire alla Grecia di fare default o di salvarla
completamente, hanno introdotto un inadeguato bailout finanziato
dal debito che ha semplicemente posticipato l’inevitabile uscita della
Grecia dall’euro e incrementato il suo debito. Poi hanno deciso una
“volontaria” cancellazione del debito greco per il settore
privato, che era subordinato nei rimborsi al mostruoso debito del governo
e delle istituzioni creditizie creato dal bailout.
Quando il governo greco ha tentato
di indire un referendum o la fiducia dell’elettorato per le “riforme”
imposte dalle autorità dell’eurozona, queste hanno sostituito il
governo greco con un tirapiedi dell’eurozona, senza alcuna legittimazione
democratica. Le autorità dell’eurozona hanno reiterato l’imposizione
del pupazzo con il duraturo e competente in economia governo di Silvio
Berlusconi, che ritenevano euroscettico ed eccessivamente devoto al
libero mercato e ai principi della bassa imposizione fiscale. Berlusconi
è stato sostituito da un governo dominato dagli eurofili e dalla sinistra,
che è stata decisamente sconfitta nelle precedenti elezioni.
Da ultimo, e ancora più pericolosamente,
le autorità dell’eurozona hanno impedito il modesto rimborso di 3,5
miliardi di dollari per i credit default swap (CDS) sul debito
greco, facendo così svalutare i CDS di Italia, Spagna e Francia, i
cui volumi sono nell’ordine dei 40 miliardi di dollari ciascuno. Hanno
poi messo in difficoltà l’intero mercato dei CDS, almeno per quelli
sovrani, e hanno severamente danneggiato la sicurezza dei contratti
internazionali. Facendo questo, secondo Gillian Tett del Financial
Times, hanno rimosso la protezione che Deutsche Bank, ad esempio,
pensava di aver ottenuto quest’anno acquistando CDS su 7 degli 8 miliardi
di esposizione con l’Italia.
Gli investitori nel debito dei PIIGS
(Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) devono quindi affrontare
il fatto che sono stati subordinati arbitrariamente alle istituzioni
internazionali e dell’eurozona. La loro capacità di proteggersi con
gli acquisti di CDS è venuta meno. La sicurezza dei propri contratti di debito è stata messa in dubbio.
Alla fine, la protezione degli investitori
contro i colpi di stato e le rivoluzioni, ossia che le politiche monetarie
e fiscali erano state stabilite da governi democraticamente eletti graditi
ai propri popoli, è stata rimossa dall’imposizione di governi totalmente
carenti di legittimazione democratica. Se questi governi dovessero imporre
politiche intollerabili alla popolazione, come è probabile, adesso
ci sono molte più possibilità di una rivolta popolare generalizzata
o di un colpo di stato, dato che l’usuale cambiamento democratico è stato bloccato.
In breve, la protezione fornita progressivamente
ai debiti sovrani negli ultimi tre secoli è stata eliminata. È oramai
chiaro che le motivazioni per l’attribuzione dello zero al debito
governativo nelle valutazione dei rischi delle banche sono una frode.
Dato che i livelli di tassazione governativa sono vicini al picco della
curva di Laffer nella gran parte dei paesi [1], la protezione fornita
agli investitori dal potere fiscale è divenuta insignificante.
Gli investitori non sono più nella
posizione dei prestatori del debito governativo solido e ben gestito
di Walpole e di Lord Liverpool, quando la frase “solido come
la Banca di Inghilterra” faceva vendere il debito britannico
alle migliori condizioni presenti a livello internazionale. Invece,
sono nella condizione degli orefici che prestarono a Carlo II, riscuotendo
il 10% per i loro capitali con la possibilità di andare in rovina in
qualsiasi momento per il Grande Stop dello Scacchiere, come quello avvenuto
nel 1672.
Ho già descritto in dettaglio i probabili
effetti sull’economia globale della soppressione dei mercati del debito
sovrano. In generale, migliorerebbe la disponibilità finanziaria del
settore privato, e priverebbe i governi dissoluti dei quei mezzi necessari
agli stimoli “keynesiani” e ad altre politiche sprecone. Potrebbe
anche migliorare la performance economica nel lungo termine,
paragonandola alla crescita anemica e all’elevata disoccupazione sofferte
nella maggioranza delle nazioni dal 2009.
Non importa sottolineare il fatto che
gli anni ’10 saranno un decennio sinistro, perché gli effetti transitori
sulla ricchezza dovuti all’eliminazione dei mercati del debito sovrano
che hanno formato il punto d’appoggio degli ultimi tre secoli saranno
enormi – una depressione sullo stile Reinhart/Rogoff di spettacolare
gravità.
Comunque, c’è un altro effetto del
trasportare il sistema finanziario mondiale nel 1693, l’anno precedente
all’istituzione della Banca di Inghilterra. La Banca Centrale Europea
andrà in bancarotta per la quantità di debito senza valore dei PIIGS,
ed è abbastanza improbabile che i contribuenti tedeschi consentiranno
di ricapitalizzare un’istituzione che ha già fallito così pesantemente,
dopo aver eliminato il tanto amato Deutsche Mark. La Banca di
Inghilterra, la Federal Reserve e la Banca del Giappone diventerebbero
anche loro legalmente insolventi, dato che nelle loro politiche di alleggerimenti
quantitativi hanno acquistato quantità gigantesche di titoli che caleranno
catastroficamente di prezzo una volta che i tassi di interesse saliranno.
La Fed, ad esempio, ha un rapporto
di indebitamento di 60 a 1, ed è stato recentemente calcolato che un
innalzamento dei tassi di interesse a lungo termine di solo 40 punti
base sarebbe sufficiente per spazzar via il suo capitale. Ovviamente,
un aumento del 4-5% negli interessi a lungo termine, riportandolo al
livello storico normale del 2-3% al di sopra del tasso di inflazione
effettivo, aprirebbe una voragine dei bilanci della Fed che,
nelle odierne condizioni di stretta al bilancio, sarebbe politicamente
impossibile da ripianare per il Tesoro.
Quindi, se un default del debito
nell’eurozona si diffonda anche se parzialmente nelle sovraindebitate
economie di Gran Bretagna, Giappone e Stati Uniti, non solo i mercati
delle obbligazioni governative verranno devastati, ma spariranno anche
le banche centrali nella forma attuale.
Nel lungo termine, si potrebbe trattare
di una benedizione. Il mio collega e coautore, Kevin Dowd, ha cercato
per qualche anno di persuadermi che il sistema monetario ideale non
è il solo gold standard, ma uno che non abbia una banca centrale.
Mi sono sempre opposto, credendo alle qualità positive della Banca
di Inghilterra in mano ai ben illustrate nei cartoon della Old
Lady of Threadneedle Street Gillray [2], del Bank Charter Act
emesso nel 1844 e dell’elegante Montagu Norman, l’eroe che rimosse
il governo Laburista del 1929-31, omettendo di far presente a quella
pletora di illetterati economici che abbandonare il gold standard
era un’opzione praticabile.
Comunque, gli amanti delle banche centrali
non possono negare che la Fed ha una fetta sostanziale della
responsabilità della Grande Depressione e persino una fetta ancora
più grande della responsabilità di aver creato il collasso del 2008
e il miserabile periodo di elevata disoccupazione che è seguito. Per
questo l’esistenza di una banca centrale non è più una vittoria
di Pirro del 1694, ma deve essere considerata una questione aperta.
Se i mercati del debito sovrano in
tutt’Europa collassano e le banche centrali di tutto il mondo diventano
insolventi, le monete fiat del pianeta non riusciranno a imporre una
fiducia sufficiente nel pubblico per renderle funzionanti. Come varie
generazioni di pesos argentini e di sucres ecuadoriani, dovranno essere
sbarazzate. Inoltre, visto che è improbabile che esista una figura
come Gustav Stresemann nella Germania di Weimar, capace di creare un
“rentenmark” nuovo e funzionale al di là della mitica
monetizzazione dei valori dei terreni, un ritorno al gold standard non
sarà solo inevitabile ma incontenibile, fino a quando verrà imposto
sulle rovine dell’odierno sistema dal settore privato globale.
Con un gold standard e le banche centrali
in rovina, diventerebbe inevitabile un sistema bancario realmente libero.
La gran parte delle banche esistenti sarebbero fallite assieme alle
loro banche centrali, senza più soldi per i salvataggi e con le loro
istituzioni di controllo totalmente screditate.
Un nuovo sistema bancario, privo di
banca centrale, che si sollevi dalle ceneri del vecchio sarebbe perfettamente
plausibile, come nel XVIII secolo la Scozia, nel XIX il Canada e gli
Stati Uniti tra il 1837 e il 1862. permetterebbe solo un governo minimale,
ma consentirebbe al settore privato, particolarmente a quello di piccole
dimensioni, di fiorire come mai prima.
Come avvenne dopo il 1945, dal caos
della rovina monetaria emergerà una nuova economia globale che sarà
più forte e sana, che offrirà migliori livelli di vita per i suoi
cittadini e imporrà molte meno tasse, truffe e saccheggi sostenuti
dallo stato sui propri averi di quanto non faccia il sistema odierno.
Ma il decennio davanti a noi non sarà
sicuramente semplice o piacevole.
Note:
1. La Curva di Laffer è una rappresentazione teorica della relazione tra le entrate fiscali e le possibili aliquote di tassazione.
2. Vedi qui.
Fonte: Back to 1693
24.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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