DI FRANCO BERARDI “BIFO”
Kafka.eu
Pensiamo a queste frasi:
“Dammi tempo.”
“Stai perdendo tempo.”
“Risparmiare tempo.”
Sono frasi insensate che possiamo capire
solo metaforicamente, che, non appena presuppongono l’idea che il tempo
sia qualcosa che può si può dare o togliere, implicano sia anche
qualcosa che possiamo guadagnare o perdere, possedere o immagazzinare.
E su questo tipo di assurdo si basa l’economia, un macchinario il cui
fine è la cosificazione e l’accumulazione del tempo. Che cosa mettiamo
nella banca, quando depositiamo una somma di denaro? Tempo. In un certo
senso depositiamo il nostro tempo scorso o il nostro tempo futuro. Il
nostro tempo o quello degli altri, nel caso in cui si appartenga alla
classe capitalista e che ci dedichiamo, precisamente, a spogliare gli
altri del tempo loro. La trasformazione che ha portato dal capitalismo
borghese al semio-capitalismo attuale implica un cambiamento nella percezione
delle relazioni tra denaro, linguaggio e tempo. Quando parliamo di banche
parliamo di posti nei quali si deposita e si risparmia il tempo. Ma
la maniera di farlo va legata ai cambiamenti nella storia del capitalismo,
come alla storia delle relazioni tra capitalismo e vita, soggettività
e individualità. Ci risulta difficile essere sistematici a proposito
del tempo e, pertanto, rinunciamo alla sistematicità. Il gran mistero
della fase finanziaria del capitalismo si radica proprio in questo:
il denaro che metto nella banca è il mio tempo passato, il tempo che
già ho vissuto prima? O il denaro che metto nella banca mi dà la possibilità
di comprare un futuro? E questa domanda racchiude un segreto o un enigma?
Sapete qual è la differenza tra
un segreto e un enigma? Un segreto è qualcosa che è nascosto
da qualche parte. Dovete sapere il codice, bisogna trovare la chiave
corretta, e il segreto cesserà di esserlo, si trasformerà nella verità.
L’enigma è distinto perché c’è una chiave da trovare, la chiave
non è in nessun posto e neanche la verità. Perciò, quando parliamo
di capitalismo finanziario, quando parliamo della relazione tra tempo,
futuro e debito, stiamo parlando di un segreto o di un enigma? Credo
che stiamo parlando di un enigma, perché nessuno sa niente circa il
futuro, nessuno sa che cosa si nasconde nel tempo futuro di chi si è
indebitato, e quindi l’unico mezzo per risolvere l’enigma è la violenza.
O paghi o ti elimino. O mi dai il tuo tempo presente in cambio del tempo
futuro, o ti lascio nella miseria. Questa è la ragione per la quale
in questo momento greci, portoghesi, spagnoli e irlandesi devono pagare
denaro alle banche tedesche: per evitare di uscire dall’Unione Europea
e non venire emarginati. Ma il problema è che per pagare il debito
con le banche tedesche si vedono obbligati a impoverirsi, a rinunciare
all’educazione, alla sanità e a una vita comoda. Un enigma, si tratta
senza dubbio di un enigma.
Valori fluttuanti
La verità del capitalismo finanziario
non si riesce a scoprire perché il trucco essenziale del capitalismo
finanziario è precisamente questo: la verità è sparita,
è svanita. Non esiste più. Non esiste oramai nessuna verità,
ma solo uno scambio di segni, una de-territorializzazione del significato.
Ne “Lo scambio simbolico e la morte”, Baudrillard afferma che tutto
il sistema si basa sull’indeterminazione. Su di essa si è poggiato
lo spostamento che ci ha portato dal capitalismo industriale al semio-capitalismo,
dove l’indeterminazione rimpiazza la relazione fissa tra tempo di lavoro
e valore della merce, e in questo modo tutta la regolazione dello scambio
cade nel sistema aleatorio dai valori fluttuanti.
Il capitalismo finanziario si basa
essenzialmente sulla perdita di ogni relazione tra tempo e valore. Nelle
prime pagine di “Il capitale”, Marx spiega che il valore è tempo,
accumulazione di tempo. Tempo oggettivato, tempo che si è trasformato
in cose, in merci, in valore. Attenzione: per determinare il valore
non vale qualunque specie di tempo, bensì la media di tempo di cui
la società ha bisogno per produrre una determinata merce. Se sei fannullone
o troppo rapido, non conta. Quello che conta nel momento di determinare
il valore è la media di tempo necessario per produrre un determinato
bene. Ciò accadeva nei bei vecchi tempi in cui era possibile determinare
il tempo di cui si aveva bisogno per produrre qualcosa. Poi le cose
cambiarono: improvvisamente è avvenuto qualcosa nell’organizzazione
del lavoro e nei metodi di produzione che ha modificato le relazioni
tra tempo, lavoro e valore.
Giunse il momento in cui il lavoro
smise di essere l’attività fisica muscolare della produzione industriale.
Basta con i prodotti materiali, ora ci sarebbero stati solo segni;
basta produrre cose tangibili, visibili, materiali, ora bisognava produrre
qualcosa che sarebbe essenzialmente semiotico. Quando volete stabilire
la media di tempo necessario per produrre un oggetto materiale, l’operazione
che dovete fare è molto semplice: quanto tempo di lavoro fisico richiede
il trasformare la materia in quel prodotto. È facile stabilire il tempo
richiesto per produrre un oggetto materiale, basandosi su determinate
condizioni tecniche. Ma cercate di stabilire il tempo che ci vuole per
produrre un’idea. Cercate di fissare il tempo che occorre per produrre
un progetto, un stile o un’innovazione. Provateci e vedrete che, quando
il processo di produzione diventa semiotico, la relazione tra tempo
di lavoro e valore imprevedibilmente evapora, si volatilizza. Baudrillard
fu il primo pensatore che comprese e descrisse questo cambiamento.
Baudrillard scrisse “Lo scambio simbolico
e la morte” nel 1976. Ma alcuni anni prima il presidente degli
Stati Uniti Richard Nixon aveva fatto qualcosa che cambiò il mondo.
A quell’epoca i presidenti degli Stati Uniti erano veri profeti, non
perché fossero capaci di predire il futuro, ma perché abbastanza potenti
da poterlo determinare o, detto meglio, erano abbastanza potenti per
poter imprimere la volontà del capitalismo americano nel futuro del
mondo. Nixon fece un qualcosa che ebbe conseguenze future cruciali:
fece in modo che il dollaro uscisse dal sistema monetario fissato nel
1944 a Bretton Woods. In altre parole, decise la fine di un sistema
basato su di una relazione fissa tra le varie monete e da quel momento
il dollaro fu liberato da ogni regolazione fissa. Indipendente, autonomo,
o – meglio – aleatorio, fluttuante e indeterminato. Aleatorio è quello
che non si può prevedere, che non si può stabilire o determinare in
alcun modo. Il latino usa la parola “ratio” per definire
la relazione fissa, il modello, la misura. Nel linguaggio filosofico,
la ratio è la misura universale su cui si regge per la comprensione
delle cose: la ragione. Con la decisione di Nixon si pose fine al modello
di riferimento. L’unità di misura non esisteva più. E non esisteva
più neppure la possibilità di stabilire, in media, la quantità di
tempo necessaria a produrre un bene. Naturalmente ciò voleva dire che
il presidente Nixon aveva deciso che la violenza doveva prendere il
posto della misura. Perché, in condizioni di aleatorietà, che cosa
è che, altrimenti, condiziona la decisione finale? Quale elemento o
processo determina il valore? La forza, la violenza. Qual è la maniera
di decidere qualcosa, per esempio di decidere il valore del dollaro
nei mercati internazionali? La violenza, naturalmente. Dammi tempo.
La coincidenza tra finanziarizzazione del capitalismo e violenza non
ubbidisce a una congiuntura casuale o estemporanea. È qualcosa di totalmente
strutturale. Non esiste economia finanziaria senza violenza, perché
la violenza diventa l’unico mezzo con il quale si prendono decisioni,
quando non ci sono strumenti di misurazione.
Semio-inflazione
Allo stesso modo vorrei parlare di
semio-inflazione, quel tipo di inflazione che ha luogo nel campo dell’informazione,
della comprensione del significato e delle conseguenze. William Burroughs
ci dice che l’inflazione consiste essenzialmente nel fatto che col passare
del tempo sia necessaria una maggior quantità di più denaro per comprare
sempre meno cose. Col termine semio-inflazione voglio dire che è necessario
un numero sempre maggiore di segni, di parole, di informazione per ottenere
sempre meno significato. Anche in questo caso si tratta di un problema
di accelerazione. Quando Marx parlava di produttività e di plusvalore
relativo, parlava anche di questo: di accelerazione, di aumento
della velocità. Marx afferma che se si vuole ottenere un aumento nella
produttività, che implica a sua volta un aumento del plusvalore, è
necessario accelerare il ritmo di lavoro. Ma arriva un momento in cui
la velocità salta a un’altra dimensione. Baudrillard parlerebbe di
iper-accelerazione; Virilio, di velocità assoluta.
L’accelerazione della produttività
nell’ambito della produzione industriale equivale a intensificare il
ritmo della macchina, in modo che i lavoratori si vedono obbligati ad
agire con più rapidità durante la manipolazione dei materiali
e durante la produzione di oggetti fisici. Quando l’attrezzo principale
della produzione incomincia a essere la macchina linguistica e la principale
forza produttiva è il lavoro cognitivo, allora l’accelerazione entra
in un’altra fase, in un’altra dimensione. Aumentare la produttività
nell’ambito del semio-capitalismo equivale essenzialmente a imprimere
un’accelerazione nell’info-sfera. Nell’ambito del semio-capitalismo,
se si vuole intensificare la produttività è necessario accelerare
l’info-sfera, il mezzo grazie al quale l’informazione circola e stimola
il cervello degli agenti semio-produttivi. Che cosa accade allora al
cervello di quelle persone, al cervello sociale? Il procedimento mentale
richiede tempo. Pensiamo a quello che si significa il mettere attenzione.
L’attenzione è l’attivazione di reazioni fisiche nel cervello, ma anche
di reazioni emozionali, affettive. L’attenzione non può intensificarsi
illimitatamente e questo è la ragione per la quale la “nuova economia”
precipitò alla fine degli anni ’90, dopo un lungo periodo di accelerazione
e intensificazione costante.
Agli inizi del decennio passato, nel
2000, la crisi delle imprese tecnologiche fu conseguenza del sovra-sfruttamento
del cervello sociale. Dopo l’esplosione della bolla di Internet cominciarono
a uscire un mucchio di libri sull’economia dell’attenzione. Improvvisamente
gli economisti si resero conto che il mercato del semio-capitalismo
è il mercato dell’attenzione. Il mercato e l’attenzione si trasformarono
nella stessa cosa. In realtà, la crisi del 2000 fu una crisi di sovrapproduzione
nel campo dell’attenzione. Marx parlava di crisi dovuta alla sovrapproduzione:
se si producono troppe unità di determinata merce, la gente non potrà
comprare tutto e le merci rimarranno nei magazzini. Allora il capitalista,
che non deve più produrre, licenzia gli operai, e la cosa, come ben
sappiamo, peggiora la situazione generale. Ma che cosa è la crisi di
sovrapproduzione nella cornice del semio-capitalismo? La sovrapproduzione
è un effetto della relazione tra la quantità di beni semiotici prodotti
dal lavoro cognitivo e la quantità di tempo di cui disponiamo.
La quantità di tempo di attenzione
di cui dispone la società non è illimitata, dato che l’attenzione
non può intensificarsi oltre certi limiti. Possiamo accelerarla
in una certa misura: ad esempio, ci prendiamo alcune anfetamine e si
intensifica così la nostra attenzione. Esistono tecniche e droghe che
ci permettono di essere più produttivi sul campo dell’attenzione, ma
sappiamo già dove porta tutto questo. La decade degli anni ’90 fu
l’epoca delle piccole imprese dell’”intelligenza collettiva”,
l’epoca della produttività in costante aumento, dell’entusiasmo per
la produzione, dell’euforia dei lavoratori della conoscenza, dei
knowledge workers e degli agenti finanziari. Ma furono anche gli
anni della Prozac-mania. Non ci si può spiegare quello che Alan Greenspan
definì “esuberanza irrazionale” se non si tiene conto del
semplice fatto che milioni di lavoratori della conoscenza consumarono
tonnellate di cocaina, anfetamine e Prozac durante tutto un decennio.
Questo può funzionare un po’ di tempo; poi basta. E, improvvisamente,
da un giorno all’altro, dopo l’eccitazione e l’accelerazione, giunse
l’apocalisse.
Black out
Sicuro che tutti voi vi ricorderete
della notte del passaggio di secolo, quando tutti stavamo aspettando
l’”effetto” del 2000. Quella notte ero seduto davanti al
televisore, aspettando il blackout definitivo, ma non accadde
niente. Niente di niente. Avev0 creduto fino in fondo al vaticinio che
quella notte di fine anno fosse l’ultima della vita moderna e, invece,
non accadde niente. Quindi, l’aspettativa di un collasso generale era
nell’aria. Come può spiegarsi tutta questa aspettativa? Il collasso
non era nell’effetto 2000, ma nel calo dell’eccitazione provocata dal
Prozac nel cervello dei lavoratori della conoscenza in tutto il mondo.
Quando Greenspan faceva notare una certa esuberanza irrazionale nei
mercati, non parlava di economia, o per lo meno non parlava solo di
economia. Parlava della perdita di effetto del Prozac, della fine degli
effetti della cocaina nel cervello di milioni di lavoratori cognitivi.
E dopo che cosa avvenne? Il passo seguente fu la crisi di sovrapproduzione
del semio-capitalismo. Nel primo anno del nuovo secolo il problema fu
la percezione di un collasso imminente. Poi venne l’undici settembre
e la guerra divenne la soluzione di tutti i mali. L’organismo cognitivo
collettivo, depresso da cause economiche e farmacologiche, fu trattato
con la terapia anfetaminica della guerra amministrata dal folle dottor
Bush. Il dottore non era proprio normale, ma gli effetti della sua terapia
continuano ancora: la guerra infinita. Il dottor Bush non voleva vincere
questa guerra, gli era completamente indifferente vincerla o perderla.
Era evidente, del resto, che intraprendere una guerra in un luogo come
l’Afghanistan con un alleato come il Pakistan era roba da pazzi, era
una maniera di cercare la sconfitta. Ma la questione non era vincere
o perdere, ma di dare inizio a una guerra destinata a non finire mai.
In effetti, la guerra infinita è un segno di un genere di pazzia che
ha la sua causa nella semio-inflazione. I segni col tempo acquisiscono
sempre meno significato. Il significato tende a sparire, il senso si
perde, mentre la bolla della produzione di segni si va gonfiando all’infinito.
Nel suo libro “Data trash”
Arthur Kroker racconta un aneddoto: in una lettera diretta al
linguista Thomas Seboek, Bill Gates scriveva: “Il potere consiste
nel far diventare le cose facili”, parole che dimostrano come Gates
capisse perfettamente la relazione tra significato e potere. Il potere
consiste nel semplificare le cose. Steve Jobs e Steve Wozniak avevano
creato le semplici interfacce di Apple partendo di un idea fricchettona:
“l’informazione per la gente “. Ma le interfacce semplificate
erano solo il principio di un processo davvero pericoloso che portò
Gates all’idea di “semplificare” per ottenere potere. Se fai
sembrare le cose facili, la gran maggioranza della gente, per non dire
quasi tutto il mondo, seguirà la strada da te indicata. L’evoluzione
della rete è derivata dall’evoluzione quasi totalitaristica di un sistema
che parte come un processo difficile e personale di ricerca, di scoperta
e di creazione, ma finisce per essere un posto nel quale le cose diventano
facili. Il processo di semplificazione della rete iniziò incominciò
con Windows 95, col navigatore Explorer e dopo è proseguito con Facebook
che facilita perfino le difficilissime relazioni di amicizia, di amore
e la vita in generale. Basta rispondere alla domanda: sei o non sei
il mio amico? Sì, sono il tuo amico e l’amicizia viene vidimata. Non
è necessario che si cerchi la risposta. La risposta è già lì.
Di cosa abbiamo bisogno in un contesto
di semio-inflazione, quando l’info-sfera comincia a essere troppo rapida
e la nostra attenzione non riesce più a seguirla? Abbiamo bisogno di
qualche dispositivo che faciliti le cose, qualche dispositivo che riduca
la velocità dell’info-sfera. È un problema di tempo, di accelerazione
e decelerazione, è un problema di semplificazione. Il fine della modernità
incominciò col collasso del futuro, con Sid Vicious che gridava “No
future“. (Ndt: Sid Vicious non era il bassista dei Pistols
all’epoca dell’uscita del loro primo singolo, e soprattutto non
cantava). Dopo di che la storia postmoderna, per quello che ne so, è
stata ed è la storia della creazione di una macchina tecnolinguistica
che penetra in tutti gli angoli della nostra vita giornaliera, in tutti
gli spazi del cervello sociale. La tecnolinguistica è la macchina che
fornisce il linguaggio agli esseri umani e che li rimpiazza nella produzione
del linguaggio, come suggeriva Rose Goldsen nel 1975 quando affermò
che “stiamo allevando una nuova generazione di esseri umani che impareranno
più parole da una macchina che dalla propria madre”.
Questa generazione è già
tra noi. La prima generazione che ha imparato più parole da una
macchina che dalla madre ha un problema riguardo la relazione tra parole
e corpo, tra parole e affettività. Questo fenomeno con il quale si
separa l’apprendistato del linguaggio dal corpo della madre, e dal corpo
in generale, modifica il proprio linguaggio e modifica le relazioni
tra linguaggio e corporeità. Secondo quello che ci è dato sapere,
durante la storia dell’uomo l’accesso al linguaggio è stato sempre
mediato dalla fiducia nel corpo materno. La relazione tra significante
e significato è sempre stata regolata dal corpo della madre e comunque,
in termini più generali, dal corpo di un’altra persona. So che la parola
“acqua” vuole dire acqua perché mia madre, e non una macchina,
mi disse: “Questa è acqua”. So che il significante attribuisce
il significato perché la corporeità, il calore del corpo, l’”altro”
come calore corporale mi iniziò alla relazione tra significante e significato.
Che cosa succede quando la dimensione del linguaggio e del desiderio,
quando l’accesso al linguaggio rimane svincolato dal corpo? Quando la
relazione tra significante e significato non si stabilisce grazie alla
presenza del corpo, la relazione affettiva col mondo incomincia a frantumarsi.
Forse la relazione col mondo diventa più funzionale, operativa, rapida,
ma diventa anche più fragile. A partire da quel momento, tutto diventa
insicuro, instabile: a partire dal momento in cui il linguaggio
si stacca del corpo.
Fonte: Tiemp y Dinero
Ottobre 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE