DI GLEEN GREENWALD
Il comico arrestato in Francia per un commento su FB parlava delle menzogne raccontate dalla ” stampalibera” dell’Occidente
Quarantotto ore dopo aver ospitato una folla che marciava sotto le bandiere della libertà di espressione, la Francia ha aperto un’indagine penale contro un discutibile comico francese per un post su Facebook dove ha scritto sull’attacco di Charlie Hebdo, e poi questa mattina, lo ha arrestato con l’accusa di “difendere il terrorismo“. Il comico, Dieudonné, aveva cercato di essere eletto in Francia con una piattaforma che aveva definito “anti–sionista”, i suoi spettacoli erano stati vietati per l’intervento di parecchie prefetture in varie città della Francia, ed è stato condannato più volte per aver espresso idee vietate in quel paese.
Il punto di vista definito criminale pubblicato su Facebook diceva: “Questa sera, per quanto mi riguarda, mi sento come Charlie Coulibaly.” Gli investigatori hanno concluso che questa fosse una presa in giro dello slogan “Je Suis Charlie” e che esprimesse un appoggio all’autore delle uccisioni nel supermercato di Parigi (il cui cognome era “Coulibaly”). Esprimere una opinione di questo genere è evidentemente un crimine nella Repubblica della Liberté, che è fiera dei suoi intellettuali del 20° secolo – da Sartre e Genet a Foucault e Derrida – la cui peculiarità era non c nessuna ortodoonsiderare intoccabile nessuna ortodossia e nessuna convenzione, non importa quanto queste potessero essere considerate sacre.
Da quella gloriosa marcia per la “libertà di parola”, la Francia ha ufficialmente aperto 54 casi penali per “apologia del terrorismo“. AP scriveva questa mattina che “la Francia ha ordinato ai pubblici ministeri di tutto il paese di reprimere qualsiasi espressione di odio, di antisemitismo e di glorificazione del terrorismo.”
Per quanto possa essere pernicioso, sia questo arresto che il relativo “giro di vite” su certi discorsi, si sta mettendo il dito su certi valori critici: vale a dire, si mette in evidenza la grande truffa che è stata perpetrata, questa settimana, con la celebrazione della libertà di parola in Occidente. Il giorno prima dell’attacco a Charlie Hebdo, ho casualmente documentato i molteplici casi verificatisi in occidente – compresi gli USA – dove sono stati perseguiti e anche imprigionati dei musulmani per i loro discorsi politici. Infinitamente pochi sono stati gli audaci che hanno usato la libera espressione – questa settimana – per pronunciare una pur lieve protesta contro chi li ha perseguitati – sia prima dell’attacco a Charlie Hebdo che dopo. Questo perché “libertà di parola”, nella mente di molti occidentali, in realtà significa: è essenziale che mie idee, quelle che mi piacciono, siano protette, e che il mio diritto di offendere i gruppi che non mi piacciono sia protetto; tutto il resto ve bene.
E’certamente vero che molte delle idee e delle dichiarazioni di Dieudonné sono fastidiose, anche se lui e i suoi sostenitori insistono che è solo “satira” che tiene alto lo spirito. A tale proposito, la polemica che provocano è simile agli ormai tanto amati cartoni di Charlie Hebdo (qualcuno della sinistra francese insiste a dire che i vignettisti prendevano in giro, piuttosto che combattere il razzismo e l’intolleranza, ma Olivier Cyran, un e-redattore che si è dimesso nel 2001 , scrisse una lettera molto forte nel 2013, in cui documentò ampiamente e condannò Charlie Hebdo perché dopo l’11 settembre era sprofondata in un bigottismo ossessivo antimusulmano).
Nonostante la minaccia evidente alla libertà di parola che può rappresentare questo arresto, è inconcepibile che nessuno dei media occidentali ufficiali non abbia nemmeno mandato un tweet con scritto “#JeSuisDieudonné“ o che non abbia pubblicato una foto dove con un’orribile saluto Nazista si mostra “solidarietà” per il suo diritto alla libertà di parola. Ma sarebbe stata la stessa cosa, anche se fosse stato ucciso per le sue idee, anziché essere stato “semplicemente” arrestato e processato. Questo perché la celebrazione della settimana scorsa – per i vignettisti di Hebdo (celebrazione che è andata ben oltre il lutto per omicidi orribili e ingiusti) – era volta essenzialmente a raccogliere approvazione per il contenuto dei messaggi anti-musulmani e per il diritto alla libertà di parola – anche se strumentalizzato – almeno questo.
La stragrande maggioranza delle parole spese per la “libertà di parola” durante l’ultima settimana sono state poco più di un tentativo di proteggere e di far rispettare a tutti la “libertà di parola se questa offende i gruppi di opposizione” e che fa pretende che sia inaccettabile-intollerabile quella “libertà di parola che invece non coincide con le idee di gruppi privilegiati”: tutto subdolamente nascosto dietro il nobile principio della libertà. In risposta al mio articolo che conteneva vignette antiebraiche, scritto lunedì scorso – postato a dimostrazione della settarietà e della inautenticità di questa nuova adorazione per i discorsi offensivi – mi sono sottoposto a infinite acrobazie per dare una giustificazione al motivo per cui un discorso anti-musulmano sia considerato assolutamente grande e nobile, mentre un contro-discorso-anti-ebraico sia considerato orribilmente offensivo e maligno (la distinzione adottata più frequentemente – “gli ebrei sono una razza/etnia mentre i musulmani non lo sono” – suona tanto sorprendente come se si dicesse che asiatici, ebrei neri, latinos, bianchi e tutti quelli che si identificano come “musulmani”, fanno parte di una stessa identità culturale, anche se nessuno di loro prega cinque volte al giorno). Come sempre: Chiamiamo libertà di parola, le idee che ci piacciono o che attaccano gruppi di persone che non ci piacciono, ma è qualcosa di diverso quando siamo noi ad essere offesi.
Pensate al “reato di difesa del terrorismo” per il quale Dieudonné è stato arrestato. Se fosse veramente un reato penale – per cui sia previsto l’arresto, il processo ed il carcere – potremmo argomentare che: Certi paesi occidentali, come la Francia, hanno portato tanta violenza e per tanto tempo nei paesi musulmani, che ora potrebbe essere giustificabile il fatto che la violenza sia portata in Francia per far capire che è arrivato il momento di smetterla. Se si vogliono prendere “difese contro il terrorismo”- ad esempioperseguendolo penalmente (che è il contrario di evitare che attecchisca in una società equa) – come dovremmo giudicare chi giustifica, promuove e glorifica l’invasione e la distruzione dell’Iraq, con uno slogan come “Shock and Awe” , che esprime tutta l’intenzione di terrorizzare la popolazione civile e di sottometterla con tattiche mostruose come hanno fatto a Fallujah? O che dire di quegli interventi psicotici degli ospiti di Fox News che, quando si parla di musulmani radicali, gridano “uccideteli tutti”. Perché assistere a queste manifestazioni deve essere considerato ammissibile, mentre se gli altri dicono le stesse cose li chiamano atti criminali ? – forse solo per la forza di una legge che viene utilizzata per controllare il discorso politico e per appoggiare una forma di terrorismo (la violenza verso il mondo musulmano) che funziona solo a senso unico?
Per chi fosse interessato, questa è la mia tesi completa contro tutti i “discorsi che incitano all’odio”, contro le leggi e contro i tentativi di sfruttare le leggi di polizia contro certi discorsi politici. Questo saggio, in particolare, è stato scritto per denunciare la proposta di un ministro francese, Najat Vallaud-Belkacem, per costringere Twitter a collaborare con il governo nel cancellare i tweet che i funzionari di questo ministro (e possibili aspiranti-futuri-ministri) considerino “odiosi”. La Francia sta legittimando un simbolo della libertà di espressione come Charlie Hebdo, che licenziò uno dei suoi redattori nel 2009 per una sola frase apparentemente antisemita apparsa nel bel mezzo della pubblicazione di un’orgia con contenuti anti-musulmani (non solo anti-Islam). La celebrazione fatta in Francia – alla presenza di un branco di leader tirannici – aveva poco a che fare con la libertà di parola ma molto a che fare con la soppressione delle idee che non piacciono e con la venerazione, invece, delle idee che piacciono.
Forse la figura intellettualmente più corrotta a questo proposito è l’intellettuale francese più noto al pubblico (e più sopravvalutato al mondo), il filosofo Bernard–Henri Lévy, che ha chiesto la persecuzione penale di qualsiasi cosa somigli a opinioni antiebraiche (è stato lui che ha chiesto di vietare gli spettacoli di Dieudonné (“non capisco perché ci sia qualcuno che pretenda addirittura un dibattito“) e che nel 2009 appoggiò la cacciata da Charlie Hebdo del redattore che arrecò offesa con un discorso contro gli ebrei), mentre spudoratamente ha sfilato per una settimana, come se lui stesso fosse stato un campione della libera espressione, per condannare i fumetti anti-musulmani.
Ma quel termine inevitabile, è proprio l’obiettivo, e l’effetto, di leggi che criminalizzano certe idee e chi le sostiene: codificare un sistema in cui la vista di quello che – a loro e ai gruppi che proteggono – piace è santificata, mentre le opinioni dei gruppi che non amano – e solo quelli – sono un campo aperto per giocare all‘oppressione e alla degradazione.
L’arresto di questo comico francese subito dopo l’epica marcia per la libertà di parola a Parigi, sottolinea questo punto più prepotentemente di ogni altra cosa che abbia potuto scrivere sulla selettività e sulla mistificazione della sfilata per la “libertà di parola” di questa settimana.
Mostra anche – ancora una volta – perché tutti quelli che vogliono criminalizzare le idee che non condividono, siano – proprio loro – pericolosi e tirannici almeno quanto quelle idee che vogliono combattere.
Gleen Greenwald – e-mail dell’autore: [email protected]
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article40696.htm
14.01.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.