Secondo quanto conclude uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine l’uso di metformina da parte di padri diabetici tre mesi prima del concepimento si associa a un aumentato rischio di malformazioni a carico della futura prole con la presenza di difetti alla nascita soprattutto a carico dei genitali maschili.
La ricerca è stata condotta in Danimarca utilizzando i dati dei registri nazionali relativi a oltre 1 milione di nati tra il 1997 e il 2016. Gli autori dello studio sono andati a fare un confronto tra i padri a cui era stata prescritta terapia con metformina e quelli in terapia con altri anti-diabetici alla ricerca di differenze nella presenza di difetti congeniti nei figli. I padri erano tutti under 40 (mentre le madri erano tutte under 35) e il periodo dei tre mesi non è stato scelto a caso, perché è il tempo che il seme impiega a maturare.
Risultato: la frequenza dei difetti genitali congeniti nei bambini nati da padri in terapia con metformina nei tre mesi precedenti il concepimento era del 4,6%, contro il 3,1% nei figli di padri diabetici in terapia con altri farmaci; questo sbilanciamento non si evidenziava, invece, nei padri che avevano sospeso la metformina tre mesi prima il concepimento, né in quelli a cui era stata prescritta dopo la finestra dei tre mesi necessaria alla maturazione degli spermatozoi. In sintesi, secondo i ricercatori, gli uomini che assumevano metformina nei tre mesi prima del concepimento, hanno mostrato di avere un aumento del 40% del rischio di avere figli con difetti congeniti a carico della sfera genitale. Infatti nelle conclusioni scrivono: “Il trattamento preconcezionale con metformina paterna è associato a gravi difetti alla nascita, in particolare difetti genitali nei maschi. Ulteriori ricerche dovrebbero replicare questi risultati e chiarire il nesso di causalità.”
SI TRATTA DI UN ALLARME NON DA POCO, se si considera che la metformina è uno dei farmaci più utilizzati per il diabete di tipo 2, indicato come prima scelta in tutte le linee guida nazionali e internazionali e se si pensa che l’età alla diagnosi di diabete di tipo 2, un tempo chiamato dell’adulto (o addirittura dell’anziano), si va abbassando sempre più.
Subito la Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) è intervenuta in merito ai risultati di questo studio e Giorgio Sesti, presidente SIMI, ha voluto specificare che “si tratta di uno studio osservazionale che per sua natura si limita a osservare un’associazione, ma non stabilisce un legame certo di causa ed effetto perché i risultati degli studi osservazionali possono essere inquinati da una serie di fattori confondenti.”
Indubbiamente il DNA dei cromosomi sessuali può essere influenzato da alterazioni epigenetiche prodotte dall’obesità (che è il maggior fattore determinante della comparsa di diabete di tipo 2) e da altri possibili fattori associati come il tipo di dieta, l’alcol oppure anche eventuali tossine chimiche introdotte dall’esterno; tuttavia, questo studio non dovrebbe essere sottovalutato.
Anzi dovrebbe fornire una motivazione in più per fare una sana prevenzione del diabete di tipo 2, attraverso dieta corretta e attività fisica in modo da evitare di dover prendere farmaci, a maggior ragione se si sta progettando di mettere in cantiere una nuova vita.
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VB