STORIA DI UNA REDBOX E DI UN VOLO ETNICO

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DI GIAC_AB

Prologo.
Dovendo tornare per la terza volta a Gerusalemme causa film documentario, cerco dall’Italia la soluzione di volo più economica. Scartata Alitalia e altre compagnie maggiori, decido – per la seconda volta della mia vita – di mettermi nelle mani degli israeliani, in questo caso, di ISRAIR.
In realtà con questa compagnia avevo già avuto una pessima esperienza nel mio primo volo nella Grande Israele. Anche quella volta – nonostante un invito scritto del Consolato – gli anonimi responsabili della sicurezza israeliana (che spadroneggiano liberamente in Italia) mi avevano costretto a un’ora di interrogatorio, a ripetute perquisizioni in salette a parte senza presenza della Polizia Italiana, nonché al sequestro di computer, fotocamera e cellulare, giustificato da loro col fatto di non avere tempo a sufficienza per verificarne la pericolosità – ero arrivato due ore prima della partenza. Alla fine mi sequestrarono tutti i bagagli, con la promessa di restituirmeli dopo 24h. Arrivarono dopo 72h.
Non pago di questa esperienza, forse per verificarne la singolarità o forse solo per risparmiare ancora una volta , decido di riprovare l’ebbrezza di un controllo da regime alla modica cifra di 403 euro.

Il 7 Agosto arrivo all’aeroporto di Roma con tre ore di anticipo sul mio volo. Dopo il solito interrogatorio, nel quale dichiaro più volte di essere diretto a Gerusalemme per un progetto di documentario con il Consolato Italiano, l’anonima sicurezza israeliana decide di prendere tutti i miei bagagli per un più accurato controllo in una saletta a parte. Senza la mia presenza.
Prendono anche il mio cellulare, che una volta restituito ha tutti i settaggi alterati. Probabilmente copiano tutta la memoria nei loro hard disk, forse solo per verificare se ho contatti arabi. Infatti questo speciale trattamento – ancora agli inizi – è riservato soltanto a me, a due arabi e a un italiano che ha dichiarato – ingenuamente – di voler andare a trovare una ragazza palestinese.

Tutti gli altri passeggeri sono ebrei. Ebrei italiani o ebrei israeliani. Per loro, nessun tipo di controllo. Posso dirlo con una certa sicurezza perché fa parte di questa lunga disavventura anche il ritardo di 5h del volo. E nella lunga attesa ho avuto modo di scambiare due parole un po’ con tutti. Saltando quelli con la kippa, anche i laici erano tutti ebrei.
Lo staff di sicurezza israeliano (chissà perché terrorizzato se qualcuno prova a prendere una foto-ricordo di loro, a memoria dell’avventura) mi dice che purtroppo il mio computer, il mio Hard Disk e diversi altri oggetti personali (senza specificare, a me non era consentito assistere alla raccolta differenzata nella mia valigia) sarebbero arrivati a Tel Aviv il giorno dopo, in una red box che mi sarebbe stata recapitata gratuitamente al mio domicilio. Difronte alle mie perplessità (conoscevo la loro percezione delle 24h, nonché la loro proverbiale onestà) minacciano di non farmi salire sull’aereo.

Rassegnato all’annullamento dei miei diritti di passeggero nonché di cittadino sul territorio italiano, consapevole che un eventuale rimborso sarebbe stato molto difficile, mi piego alla volontà del Mossad… Tutto sommato – me ingenuo! – li credo pure.
Anzi, nella lunga notte passata in aeroporto ho anche modo di incrociare nuovamente alcune ragazze della sicurezza (israeliana, in Italia, meglio ripetere), alle quali chiedo velocemente della sorte della red box. Mi dicono di non preoccuparmi, che dato il ritardo sono riusciti a controllare tutto e che l’avrebbero spedita con il resto dei bagagli. Nonostante la paura per il mio laptop costretto a un viaggio come bagaglio semplice, sono felicissimo della buona notizia.

Interludio.
Prima di salire sull’aereo, nuovo controllo personale. Mi fanno spogliare, insieme ai due arabi e all’altro italiano, in una saletta a parte, stavolta senza la presenza della polizia italiana.

Volo, arrivo a Tel Aviv. Sorpresa, forse solo per me: nessuna traccia della red box. Tralasciando di dare forma scritta ai miei sentimenti, mi rivolgo al Lost and Found, il quale si rifiuta di contattare Israir o l’Aeroporto di Roma per domandarne la sorte, ma mi propone una semplice denuncia, promettendomi al loro arrivo una rapida spedizione al mio domicilio a Gerusalemme.

Passano 48h, nessuna notizia, a Tel Aviv continua a non essere arrivato nulla. Scrivo una lettera minatoria alla Israir, declinata in una email e in un fax. Nessuna risposta dalla compagnia.

11 agosto, il Lost and Found di Tel Aviv mi chiama avvisandomi che la red box è arrivata!
Commosso, chiedo per quando è prevista la consegna. Mi rispondono che non essendo bagagli tradizionali – sebbene sottratti dal mio bagaglio, aggiungo io – non è prevista consegna. Smadonno, tutto vano. Mi dicono di parlare con Israir e di convincerli a pagare la consegna. Contatto a fatica il call center Israir che risponde di non avere alcuna responsabilità sui miei bagagli, che quanto accaduto dipende solo dall’anonima sicurezza israeliana. Anonima perché non si presenta, non ha tesserino, non si dichiara altra rispetto alla compagnia. Solo sequestra, controlla e domanda. Chi contesta non parte.

Richiamo il Lost and Found e mento, dicendo che Israir ha autorizzato a farmi consegnare il bagaglio. Chiedo però a chi dovrei rivolgermi in caso di contenuto danneggiato. Mi dicono Israir. Israir mi dice sicurezza israeliana. A Tel Aviv mi dicono che non sono responsabili della sicurezza a Roma.

Conclusione.
I bagagli arrivano a Gerusalemme il 12 agosto, senza il caricatore del rasoio elettrico e con la valigetta del computer sfondata. Il mio hard disk è infetto da diversi virus.

Giac-Ab
Fonte: http://giac-ab.livejournal.com/
Link: http://giac-ab.livejournal.com/2008/08/14/
14.08.08

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