DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
Manifestiamo la nostra vicinanza per
il popolo spagnolo. Sta affrontando la più grande emergenza nazionale
dalla Guerra Civile, ma il voto a favore di un drastico cambiamento
è palesemente inutile, anche se in questo caso la democrazia è stata
almeno risparmiata.
Come affermato dal dirigente sindacale
Javier Dos, i piani di austerità imposti dall’UE al Partito
Popolare sono “nient’altro che la continuazione delle politiche
che portano al disastro europeo”.
Il nuovo governo di Mariano Rajoy ha
pochi strumenti a sua disposizione e non può fare niente in questo
stato avanzato per impedire una spirale mortifera con la camicia di
forza dell’UEM.Il destino immediato di questo paese
è interamente nelle mani della Germania – il creditore con la tripla
A -, delle autorità dell’UE e della Banca Centrale Europea, la cordata
di potenze di decisori che insieme deciderà se la Spagna avrà un’ancora
di salvataggio o se verrà spinta nella recessione e nella catastrofe
sociale.
Cosa possono fare i quieti galiziani
per fermare il tasso di disoccupazione spagnolo al 22,6 per cento –
il 46 per i giovani – perché non si alzi ancora quest’inverno quando
l’effetto combinato dell’austerità fiscale e della stretta creditizia
faranno ancora più male? Come potranno fermare la contrazione dei depositi
di M1 del 5 per cento?
La Spagna è una storia inquietante
per i neo-calvinisti del Nord, che ancora si affidano alla loro novella
etica per spiegarsi cosa sia successo di male nell’unione monetaria,
credendo che gli incoscienti greco-latini abbiano preso a prestito il
lasciapassare per il disastro, e che la virtù teutonica sia la vera
strada per la redenzione.
Philip Whyte e Simon Tilford hanno
spiegato in un articolo per il Centre for European Reform (CER)
che questa è una versione “pericolosamente parziale e egoistica”
degli eventi: “È errato attribuire tutte le colpe dell’indebitamento
periferico alla dissolutezza dei governi; non si fa menzione nel ruolo
tutt’altro che innocente delle nazioni creditrici nell’aggravarsi
della crisi. L’esito è stato un’esplosione degli squilibri dei
conti all’interno dell’eurozona. In rapporto al PIL, questi squilibri
erano molto più alti di quelli tra Stati Uniti e Cina.”
Più di ogni altro paese, la Spagna
fa venire alla luce la menzogna della vulgata tedesca. Non ha falsato
i conti, come la Grecia. Non ha rotto il tetto del debito del Trattato
di Maastricht del 60 per cento come l’Italia (o come la Germania stessa).
Il suo debito pubblico era del 36pc del PIL prima della Grande Recessione.
aveva un attivo di bilancio di quasi il 2 per cento del PIL tra il 2007
e il 2008.
Siamo tutti d’accordo che la Spagna
ha fatto ben poco per smantellare l’apparato dell’era franchista
di privilegi del lavoro, o per porre fine agli aumenti degli stipendi
collegati all’inflazione che si sono divorati la sua competitività
all’interno dell’UEM. Ma questo è solo un aspetto della storia.
“La Crisi dell’eurozona è la storia di un eccesso di indebitamento con le banche, di scarsa gestione del rischio nel cuore dell’eurozona insieme a un eccesso di consumo e
di investimenti sprecati nella periferia”, si legge nell’articolo del CER.
In effetti, la Spagna è stata
la più grande vittima del denaro facile arrivato dalle banche
tedesche, olandesi e francesi. È stata ulteriormente destabilizzata
dalle lasche politiche della Banca Centrale Europea.
Non va dimenticato nell’eurozona
che la BCE ha consentito che l’emissione di M3 aumentasse di tassi
a doppia cifra nel corso dello scorso decennio (malgrado l’obbiettivo
fosse del 4,5%) per consentire alla Germania di tirarsi fuori dagli
impicci. Modificò le politiche per i bisogni della Germania, danneggiando
il Sud.
Le politiche monetarie della BCE condusse
a tassi di interessi reali inferiori al 2 per cento in Spagna, alimentando
una bolla creditizia distruttiva malgrado gli eroici sforzi della Banca
di Spagna per contenere il danno. Certo, la Spagna avrebbe avuto comunque
una crisi. Un’economia in veloce crescita ha bisogno di un più alto
tasso di interesse, ma tutta l’Europa sembrava aver dimenticato questa
verità elementare.
Questo eccesso di credito è la
ragione per cui c’è un eccesso di un milione e mezzo di abitazioni
sul mercato o in costruzione, in base ai dati dei consulenti di Acuña.
I prezzi degli immobili sono già scesi del 28 per cento. La compagnia
ha previsto un ulteriore calo del 20 per cento.
Questo è il motivo per cui la
bilancia dei pagamenti spagnola ha avuto una pesante flessione di quasi
un trilione di euro, ossia il 90 per cento del PIL.
Data la struttura dell’UEM dovuta
agli squilibri Nord-Sud che sono alla base della crisi, le autorità
dell’UE e gli stati creditori sicuramente hanno il dovere di prendersi
cura dei paesi che sono impantanati. Invece, la scorsa settimana abbiamo
sentito da Bruxelles che la Spagna deve “aiutarsi da sola”,
e dalla Germania il solito mantra delle riforme.
“I governi che impongono restrizioni
devono applicare la stessa terapia a sé
stessi”, ha detto il capo della finanza del PP, Cristóbal Montoso.
La squadra di Rajoy spera che questa
sia una replica del 1996 quando il partito subentrò ai socialisti
in un’economia prostrata, con la disoccupazione che era quasi allo
stesso livello. Venne risolta con una disciplina prussiana, meravigliando
l’Europa per come riuscii ad adempiere ai termini per l’ingresso
nell’UEM.
“La Spagna riprenderà
ancora una volta la via della stabilità
economica, come ha fatto negli anni
‘90: la situazione ora non è così
differente”, ha detto Montoso.
Si può ammirare la tenacia, ma
non siamo nella metà degli anni ’90, quando il mondo stava crescendo
a passo svelto, e la peseta svalutata era super-competitiva con
il marco tedesco. Oggi l’Europa interna sta incamminandosi verso la
recessione e la Spagna ha una forbice di competitività con la Germania
pari al 30 per cento.
Il mio punto di vista è che la
Spagna è ancora fondamentalmente “salvabile” all’interno
dell’UEM. Le esportazioni spagnole sono rimbalzate dal crollo del
2008-2009 crash almeno come quelle tedesche, superando Italia e Francia.
Ciò non potrà essere raggiunto
fino a che le politiche fiscali e monetarie sono indirizzate verso un
lento e palese crollo; neppure se il peso degli aggiustamenti sarà
a carico interamente degli stati più deboli come negli anni ’30,
costringendo queste nazioni a sfregiarsi in un vortice di recessioni
che si autoalimentano.
Il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang
Schauble – l’uomo più pericoloso al mondo– sta imponendo una
politica reazionaria di una stretta sincronizzata in tutta l’eurozona
tramite le istituzione dell’UE, invocando la dottrina di “contrazione
fiscali espansive” che non hanno mai avuto successo in mancanza
di stimoli monetari e di cambio a compensazione. Quello che è assurdo
è che le istituzioni dell’UE debbano accondiscendere a questo dogma
primitivo.
“La troppa virtù è diventata un vizio collettivo. Si è visto come una politica fiscale più stringente in tutti gli stati membri sia brutalmente penalizzante per la regione vista nel suo insieme”, si legge nell’articolo del CER.
“La fiducia dei privati e delle
imprese sta affondando velocemente in tutta l’unione monetaria. Con
le politiche in essere, sarà inevitabile un’ondata di default sovrani
e di fallimenti bancari. La gran parte dell’unione affronterà
recessione e deflazione.”
Se la Germania vuole davvero salvare
Spagna e Italia, deve consentire una relazione allargata all’UEM e
incaricare la BCE per divenire il prestatore di ultima istanza per fermare
la crisi delle obbligazioni, dato che il fondo di salvataggio EFSF
non esiste.
Fondare una moneta senza un freno del
genere è criminalmente irresponsabile. Se questa strada è
illegale in base alle leggi dell’UE – e la cosa è discutibile –
allora i trattati dell’UE devono essere modificati immediatamente.
Se la Germania non accetterà
per comprensibili ragioni di sovranità o ideologia, dovrà
accettare le conseguenze e prepararsi per una rottura dell’unione
monetaria. È l’unica strada percorribile.
Nel frattempo, si può solo osservare
con lugubre apprensione il quinto governo che è collassato nello svolgersi
della crisi europea, per essere rimpiazzato da salvatori che non possono
salvare proprio niente.
Fonte: Spain – the fifth victim to fall in Europe’s arc of depression
20.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE