David McLoon – LifeSiteNews – 20 agosto 2021
La Corte Suprema spagnola ha respinto la richiesta del governo andaluso di imporre un programma di passaporto vaccinale.
La misura proposta avrebbe impedito ai cittadini di entrare in alcuni locali a meno che non fossero stati vaccinati contro il coronavirus o potessero esibire un test PCR negativo.
Juan Manuel Moreno Bonilla, presidente del governo regionale dell’Andalusia, aveva inizialmente tentato di imporre restrizioni all’ingresso nei locali della regione per coloro che non potevano dimostrare di essere stati “completamente vaccinati” contro la Covid-19, con la possibilità di esibire un PCR negativo o un test antigenico effettuato entro le 72 ore, seguendo il modello del certificato digitale Covid dell’Unione Europea.
Secondo un reportage del giornale spagnolo online 20 Minutos, lo scopo della misura era quello di fungere da “deterrente” per coloro che potrebbero diffondere il virus – presumibilmente classificando i non vaccinati come portatori del virus – e da “motivatore” per coloro che devono ancora sottoporsi alla vaccinazione.
Bonilla aveva programmato di attuare il provvedimento il 5 agosto ma, poco dopo averlo annunciato, il governo è intervenuto dichiarando che avrebbe richiesto l’approvazione della Corte Superiore di Giustizia dell’Andalusia per garantire “maggiore sicurezza e certezza giuridica” sulla decisione, ha detto il ministro della presidenza Elias Bendodo.
Il giorno seguente, la corte si è espressa affermando che quanto proposto avrebbe potuto violare il diritto alla riservatezza e quindi ha respinto la richiesta. Secondo i giudici, il sistema di passaporti si è anche dimostrato “non adatto o proporzionato al raggiungimento dello scopo previsto, cioè la protezione della vita, della salute e dell’integrità fisica, nella misura in cui, lungi dall’evitare il contagio all’interno dei luoghi di divertimento può renderli possibili, motivo per cui non può essere ratificato da questa Camera“.
Inoltre, il governo non ha previsto “un periodo di validità del provvedimento“, chiedendo essenzialmente che ” il provvedimento sia imposto a tempo indeterminato e con un carattere di permanenza, senza sapere quali criteri saranno seguiti per renderlo inefficace o modificarlo“. Di conseguenza, la corte ha chiesto che tali limitazioni dei diritti fondamentali “devono essere specifiche, un requisito di cui la petizione in esame sembra mancare“.
Anche se poco più della metà della popolazione dell’Andalusia aveva ricevuto due dosi del vaccino Covid prima della presentazione del caso, e circa il 75 per cento aveva ricevuto una dose, il tribunale ha tuttavia dichiarato che il governo stava chiedendo di “sacrificare il principio di uguaglianza con un trattamento discriminatorio derivante dall’obbligo del certificato COVID in un momento in cui l’intera popolazione non aveva avuto accesso al vaccino“.
Nonostante la decisione del tribunale, Bendodo ha annunciato che i certificati di vaccinazione Covid “finiranno per essere imposti poco a poco”.
Ma sostenendo la sentenza dell’Alta Corte dell’Andalusia, la Corte Suprema spagnola ha confermato la decisione di negare l’attuazione dei passaporti COVID, lasciando i luoghi di divertimento aperti ai cittadini che hanno deciso di non farsi inoculare uno di questi vaccini contaminati da feti abortiti.
La Corte Suprema ha basato la propria decisione di confermare la sentenza su due fattori principali: la proposta di negare l’ingresso ai non vaccinati in tutta la regione senza riferimento alla diffusione del virus “non supera il test di proporzionalità“, e senza prove che i locali interessati dalla perdita di clienti siano l’origine di focolai, sussisteva una “carenza di giustificazione“.
A tal fine, il tribunale ha consigliato al governo dell’Andalusia di dimostrare che “la cosiddetta quinta ondata abbia avuto origine proprio nei locali notturni“, per esempio. Tali prove non sono state fornite, portando la Corte a respingere la richiesta.
Oltre ai problemi di giustificazione e proporzionalità, la Corte ha aggiunto che “non è possibile limitare i diritti fondamentali dei cittadini con una misura preventiva come il “passaporto Covid”, poiché “il passaporto non è una misura specificamente indispensabile per salvaguardare la salute pubblica… ma piuttosto una misura preventiva nei casi in cui, per la restrizione dei diritti fondamentali, non siano sufficienti mere considerazioni di prudenza o precauzione“.
Nel frattempo, il governo britannico ha recentemente firmato contratti con due imprese internazionali come parte del programma di certificazione “Covid-19”.
Il dipartimento britannico della sanità e dell’assistenza sociale ha sborsato 1,6 milioni di sterline (2,2 milioni di dollari) a due società tecnologiche con sede negli Stati Uniti per lo sviluppo di tecnologie per passaporti vaccinali con contratti di un anno, che potrebbero essere rinnovati fino al 2023. Nel complesso, il Regno Unito ha speso circa 23,6 milioni di sterline (32,9 milioni di dollari) per il programma di certificazione COVID dall’inizio di quest’anno.
La definizione dei contratti è avvenuta una settimana dopo l’annuncio di luglio del primo ministro Boris Johnson riguardo al fatto che sarebbe stata necessaria la prova della vaccinazione Covid per entrare nelle discoteche e in “altri luoghi” dove “si riuniscono molte persone”.
Il primo ministro conservatore ha ribadito che “la prova di un test negativo non sarà più sufficiente” e che “alcuni dei divertimenti e delle opportunità più importanti della vita saranno probabilmente sempre più dipendenti dalla vaccinazione“.
Traduzione di Cinthia Nardelli per ComeDonChisciotte