Il vice presidente di Citigroup Stanley Fischer è stato designato dal ministro delle Finanze Benjamin Netanyahu e dal primo ministro Ariel Sharon a ricoprire l’incarico di governatore della Banca d’Israele. La cosa è straordinaria, giacché Fischer non è cittadino israeliano. E’ nato in Rhodesia, allora colonia britannica, ed ha studiato alla London School of Economics. E’ poi passato al Massachusetts Institute of Technology (MIT) ed ha preso la cittadinanza americana. Tra il 1994 ed il 2001 Fischer è stato un vicedirettore del FMI, dove si è occupato della supervisione delle fasi molto delicate dei disastri finanziari di Asia, Russia ed Argentina.
Il prof. Danny Gutwein dell’Università di Haifa e consigliere economico di Amir Peretz, presidente del sindacato Histadrut, ha dichiarato all’EIR che Fischer, che ha una scarsa padronanza dell’ebraico, ricoprirà in Israele il ruolo di “Alto Commissario”, un equivalente “globalizzato” dell’Alto Commissario che gli inglesi stazionavano in Palestina prima del 1948. Secondo il prof. Gutwein, la nomina di Fischer rientra nel disegno di Netanyahu di costruire una “grande muraglia cinese” attorno alle sue “riforme economiche”, che minacciano di provocare sommosse popolari tali da rovesciare il governo di Sharon. In secondo luogo, le riforme economiche israeliane sono viste come un esperimento pilota che i grandi sacerdoti della globalizzazione, come lo stesso Fischer, contano di realizzare su scala globale.Fischer è uno di quei personaggi ai quali calza a pennello la descrizione dei “sicari economici” fatta da John Perkins. Egli ha studiato alla Chicago Business School, dove entrò a far parte della cordata di George Schultz, il padrino politico della Chicago University. A Chicago Fischer ha frequentato il “money workshop” di Milton Friedman da cui sono usciti gli ideologhi del “libero mercato” più impegnati nelle strategie della globalizzazione. Nel 1983 Fischer fu ingaggiato da Shultz, che lo distolse dalla vita accademica per affidargli operazioni da “sicario economico”. E’ lo stesso Fischer a raccontarlo: “La mia grande opportunità si verificò nel 1983, quando George Shultz mi chiese di aderire ad un gruppo che stava costituendo, composto di esperti dell’economia israeliana… E’ così che entrai nel mondo della politica”.
Questo gruppo raccolto da Shultz ha formulato gli indirizzi che hanno trasformato Israele in un’economia “liberistica post-industriale”, completamente sotto il controllo dell’oligarchia finanziaria anglo-americana. Come consigliere di Shultz, Fisher ha supervisionato l’applicazione di tali indirizzi politici attraverso un “piano di stabilizzazione economica” da cui fu fatto dipendere un miliardo e mezzo di dollari di aiuti statunitensi ad Israele. Shultz ha sponsorizzato anche la carriera di Netanyahu, il quale è infatti diventato il campione delle “riforme economiche” proposte da Shultz e Fischer.
La Banca d’Israele è governata dai collaboratori di Fischer sin dagli anni Ottanta: Michael Bruno, che è poi diventato lo sponsor di Jeffrey Sachs, e Jacob Frenkel, amico di Fischer dagli anni universitari trascorsi insieme a Chicago. Come Fischer, Bruno e Frenkel hanno fatto parte dei vertici di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.
La nomina di Fischer al vertice della Banca d’Israele mira anche al sabotaggio di ogni sforzo di pace nella regione mediorientale, dove una composizione del conflitto che abbia successo si deve fondare sullo sviluppo economico e in particolare sullo sviluppo di infrastrutture, a cominciare dalla dissalazione delle acque marine che LaRouche propone sotto il nome di “Piano Oasi” sin dagli anni Settanta. Fisher ebbe un ruolo nel sabotaggio degli Accordi di Oslo del 1993, che dipendevano dagli “allegati economici” nei quali si proponeva lo sviluppo della regione. Quei piani furono bloccati dall’ostruzionismo in seno al FMI, coordinato da Fischer, il quale fece in modo che tutti gli aiuti ai Palestinesi passassero per la Banca Mondiale, così da essere in pratica congelati. Nel 1993 Fischer aveva stilato il suo piano di rovina economica della regione intitolato “Costruire la prosperità palestinese” (Foreign policy, inverno 1993-1994) in cui presentava la ricetta del “libero mercato” per la Cisgiordania e Gaza.
Fonte:www.movisol.org
17.01.05