SEPARATI DALLA LEGGE

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DI TONI O’LOUGHLIN
The Guardian

Con la scusa della sicurezza ai palestinesi è proibito vivere in Israele con mariti o mogli aventi cittadinanza israeliana. Mentre il vice premier israeliano Yishai è “preoccupato che giovani ragazzi palestinesi si mischino con giovani ragazze ebree”.

La luna di miele di Morad Asonah è terminata bruscamente quando è tornato a casa in Israele con sua moglie Abir e ha scoperto che a loro, e a migliaia di altre coppie di arabi israeliani e palestinesi, è proibito vivere assieme.

Quando ha introdotto la legge nel 2003 il governo disse che la proibizione, che ha costretto palestinesi come Abir a tornare in Cisgiordania e a Gaza e ha separato genitori e figli, era una misura temporanea per combattere gli attentatori suicidi.

Ma ora la legge sta per essere rinnovata per la quarta volta in una crescente preoccupazione tra i gruppi per i diritti umani che coppie come gli Asonah vengano consegnati a un limbo permanente.

Dopo la separazione forzata Abir è riuscita a tornare in Israele in seguito ad una battaglia di tre mesi in tribunale e a un lungo controllo di sicurezza, per costruire una famiglia crescendo due figli con un “permesso a rimanere” che scade ogni sei mesi.

Ad Abir è impedito di lavorare, studiare, guidare o comprare una casa con suo marito. È esclusa dall’assicurazione sanitaria nazionale e dalla previdenza sociale anche se Asonah, come uomo sposato con una famiglia, paga una più alta quota di tasse. E se un membro della famiglia verrà coinvolto in un attacco contro Israele il suo permesso verrà revocato e verrà deportata in Cisgiordania.

“Abir non ha alcuno status” dice Asonah, un avvocato che lavora per Adalah, un gruppo per i diritti umani che ha sfidato la legge nella suprema corte israeliana.

La corte, in risposta ad una petizione di Adalah e dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele (Acri), ha chiesto una spiegazione dal governo sui suoi piani per rinnovare la legge alla fine di luglio.

Il ministro degli interni israeliano, Meir Sheetrit, che è responsabile per la legislazione, si è rifiutato di commentare, ma il suo predecessore, Eli Yishai, attuale vice primo ministro e membro del partito Shas, un alleato chiave nella assediata coalizione di governo, dice che la legge deve rimanere.

“Il ministro degli interni non deve avere paura di agire perché, se si dà loro un qualunque tipo di cittadinanza, è come fornirgli un trattamento da tappeto rosso, un invito ad entrare in Israele” ha affermato il portavoce di Yishai.

Lo Shas e altri partiti religiosi nazionalisti affermano anche che la legge è necessaria per proteggere il carattere ebraico di Israele.

“Yishai è preoccupato per la questione demografica. Egli è preoccupato che giovani ragazzi palestinesi si mischino con giovani ragazze ebree. Egli è anche contrario alla previdenza sociale che forniamo loro. Si tratta di proteggere il budget” ha affermato il portavoce di Yishai.


[Eli Yishai, ex ministro degli interni nel governo Sharon del 2001 e ora ministro dell’industria e vice primo ministro nel governo Olmert.]

L’Acri, sebbene si prepari a fare una campagna contro la legge prima del voto parlamentare, afferma che gran parte dei parlamentari appoggiano la proibizione.

L’appoggio per la messa al bando dei palestinesi da Israele si è intensificato negli scorsi due mesi dopo che un abitante palestinese di Gerusalemme est, annessa da Israele nel 1967, si è introdotto in un seminario ebraico con una pistola uccidendo otto persone mentre pregavano.

La stretta del governo fu innescata da un attacco nel 2002 di un membro di Hamas che aveva sposato una donna arabo-israeliana e che fece esplodere la sua cintura suicida nel mezzo di un affollato ristorante di Haifa uccidendo 14 persone e ferendone più di 40. Il governo affermò successivamente che vi erano altri 25 palestinesi, sposati con arabi israeliani, che erano stati coinvolti in attacchi terroristici, sebbene non abbia fornito i dettagli.

Ma Adalah e Acri affermano che la legge ha poco a che vedere con la sicurezza e indicano le migliaia di palestinesi che vivono, come Abir, con un “permesso a rimanere”.

Il ministero degli interni afferma che ci sono 4620 palestinesi in Israele che vivono con tali permessi, aspettando che il divieto venga tolto in modo che possano essere esaminate le loro richieste di cittadinanza e residenza che erano state congelate con l’approvazione della legge. Alcuni avvocati per i diritti umani stimano che i numeri sono molto più alti.

Titolo originale: “Forced apart by law”

Fonte: http://www.guardian.co.uk/
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20.06.2008

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

EDITORE DI HA’ARTEZ: “ORMAI SIAMO UNO STATO D’APARTHEID”

DA IL MANIFESTO

«La Legge sulla cittadinanza rende Israele uno stato d’apartheid». Parola di Amos Schocken, editore di «Ha’aretz», che ha commentato così, dalle colonne del suo quotidiano, la decisione del governo Olmert che la scorsa settimana ha prolungato, per l’ottava volta, l’«emendamento temporaneo» alla Legge sulla cittadinanza, entrato in vigore come «misura anti-terrorismo» nel 2003, durante le giornate più sanguinose della cosiddetta Seconda intifada palestinese. Il provvedimento impedisce di ottenere la residenza (e quindi la cittadinanza) israeliana ai palestinesi dei Territori occupati che sposino palestinesi già cittadini d’Israele. Nessuna limitazione di questo tipo è invece prevista per gli ebrei israeliani e questo ha indotto diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani a presentare ricorsi alla Corte suprema, perché la legge sarebbe discriminatoria nei confronti degli arabi.

«Le barriere legali atte a prevenire una pesante discriminazione contro i cittadini arabi d’Israele e colpire i loro diritti civili sono state rimosse», prosegue Schocken, secondo il quale l’accusa «che ci sono segnali che Israele si stia trasformando in uno stato d’apartheid è molto diffusa nel mondo occidentale». Inoltre, continua l’editore del giornale progressista, «per definire Israele uno stato d’apartheid non c’è bisogno di identificare le caratteristiche dell’apartheid sudafricano nelle discriminazioni dei diritti civili in Israele», perché «l’emendamento alla Legge sulla cittadinanza rappresenta esattamente quel tipo di pratica che porta all’uso di tale termine ed è meglio che non proviamo a evadere la realtà: la sua esistenza nei codici giuridici trasforma Israele in uno stato d’apartheid».

Fonte: http://www.ilmanifesto.it
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01.07.2008

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