DI FABRIZIO TRINGALI
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Scrivevo lo scorso 26 febbraio, all’indomani delle elezioni politiche che hanno sancito la mancanza di una chiara maggioranza di centrosinistra al Senato: “cercheranno di imbarcare il M5S. Non tutto, ovviamente, ma proveranno a spaccarlo e a tirar dentro 20 senatori a sostegno di un governo pro-euro supino di fronte ai diktat di Bruxelles e Francoforte.”
Detto e fatto. La votazione di ieri per la presidenza del Senato può essere il prologo alla formazione di un governo europeista ancora più distruttivo dell’esecutivo guidato da Monti.
Vediamo perché: per governare, il centrosinistra non ha problemi alla Camera, grazie alla colossale
maggioranza regalatagli dalla legge elettorale “porcata”, ma non
raggiunge la maggioranza al Senato. Per averla, occorrono circa 160 senatori,
ma Bersani ne ha solo 123, ai quali può facilmente aggiungere i 19 della
lista Monti, arrivando così a 142.
facevamo riferimento nel nostro precedente articolo.
centrosinistra, abbia vinto l’elezione ottenendo ben 12 voti in più rispetto al numero dei senatori del centrosinistra presenti in Aula.
Schifani, candidato del PDL, ha preso, giusti giusti, i voti del
centrodestra e della Lega, quindi i voti a Grasso sono arrivati da
senatori appartenenti ai due gruppi che avevano deciso di inserire
nell’urna la scheda bianca: Lista Civica di Monti e M5S.
sembra più compatto, se non altro perché i suoi senatori non
avevano motivi di dar “segnali” al centrosinistra, essendo già
noto che sono pronti all’accordo di governo.
alcuni senatori avevano in mente di accomodarsi in braccio a Bersani, non vi era miglior gesto da fare che votare un candidato di centrosinistra in una elezione a scrutinio
segreto come quella per il presidente del Senato.
eletti del M5S ha fatto proprio questo, votando Grasso. Probabilmente a farlo sono stati più di due (il che la dice lunga, purtroppo, su quanto fosse effettivamente chiara la posizione di opposizione alla casta all’interno del M5S).
concretizzarsi, i primi a trarne le conseguenze dovrebbero essere
Grillo e Casaleggio. Un tale esito era infatti facilmente
prevedibile, dati i punti deboli del movimento che abbiamo sempre criticato: ambiguità delle posizioni, soprattutto in materia di politica economica, e scarsa democrazia interna (senza la quale si finisce sempre per selezionare arrivisti e voltagabbana).
nascita di un governo del PD e dei suoi alleati, ovviamente europeista e
distruttivo, si tratterebbe di qualcosa di ben diverso dal
“tradimento” di uno o due singoli: si certificherebbe il fallimento
del tentativo di costruire una forza davvero capace di opporsi alla
casta (è infatti inutile costruire soggetti politici che di fronte
alle scelte determinanti si spaccano e garantiscono la sopravvivenza
di quelli che dovrebbero essere gli avversari)
definitivamente dal M5S dovrebbero essere sia Grillo che Casaleggio,
aprendo una fase di discussione, confronto e costruzione di un
soggetto politico di alternativa davvero chiaro nei contenuti e nelle proposte, e internamente organizzato in modo partecipativo, aperto,
trasparente e svincolato da qualsiasi padre fondatore, padrone o nume
tutelare.
Fabrizio Tringali
Fonte: http://il-main-stream.blogspot.it
Link: http://il-main-stream.blogspot.it/2013/03/se-il-m5s-si-spacca-le-conseguenze-le.html#more
17.03.2013