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La Redazione

 

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SE HEZBOLLAH FA LE VECI DELL’ONU

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A cura di Davide
Il 26 Agosto 2006
101 Views
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DI ROBERT FISK
The Independent

Hezbollah ha battuto sul tempo l’Onu e il governo libanese versando centinaia di milioni di dollari, con ogni probabilità provenienti soprattutto dall’Iran, a favore delle zone bombardate del sud del Libano e della periferia meridionale di Beirut. Il suo imponente impegno per la ricostruzione, offerto gratuitamente ai migliaia di libanesi le cui case sono state distrutte o danneggiate durante le cinque settimane di feroci attacchi israeliani, gli è valsa la lealtà anche dei membri più ostili della comunità sciita in Libano.
Hezbollah ha chiarito che non ha intenzione di procedere al disarmo sulla base della risoluzione 1701 del consiglio di sicurezza dell’Onu.

Hezbollah, il Partito di Dio nel tessuto sociale libanese (Simone Baschiera; Pagine Di Difesa)Ieri il generale Alain Pellegrini, comandante della forza Onu nel sud del Libano (su cui americani e inglesi fanno affidamento per entrare in possesso delle armi della guerriglia) mi ha confermato al quartier generale di Naqoura che gli israeliani non possono chiedere alle forze Unifil di disarmare Hezbollah. Ha definito il cessate il fuoco «molto fragile» e «molto pericoloso», e ha aggiunto: «il disarmo di Hezbollah non rientra nel nostro mandato».
Ma per adesso Hezbollah, vista anche la completa assenza della forza di ottomila uomini che dovrebbe affiancare l’Unifil con un mandato teoricamente più «forte», ha già vinto la guerra per la conquista dei cuori e delle menti.

La maggior parte dei proprietari di immobili nel sud del paese ha ricevuto (o sta ricevendo) un risarcimento iniziale minimo di 12mila dollari per comprare nuovi mobili o pagare l’affitto per la famiglia mentre le squadre edili di Hezbollah ricostruiscono le case. I soldi sono offerti in contanti – quasi tutte fruscianti banconote nuove di zecca da cento dollari – a circa 15mila famiglie in tutto il Libano le cui case hanno subito attacchi israeliani, per un totale di 180 milioni di dollari destinati ad aumentare con nuove ricostruzioni e risarcimenti.
Nei venti chilometri quadrati della periferia sud di Beirut che sono stati distrutti o hanno subito forti danni nei 35 giorni di bombardamenti israeliani, 500mila abitanti del luogo, soprattutto sciiti, hanno perso la loro casa. Ma i soldi continuano ad arrivare. Per esempio, uno sciita che aveva una casa a quattro piani, Hussein Selim, ha già ricevuto 42mila dollari in contanti in risarcimento per le perdite di beni personali e mobilio. Hezbollah si è impegnato a ricostruire tutta la zona con le sue risorse (o forse con quelle iraniane).

L’aspetto più spaventoso di questa promessa a lungo termine per chi crede nel cessate il fuoco dell’Onu è che Hezbollah ha spinto la popolazione sciita ad affittare delle case a Khalde, a sud di Beirut, con l’idea di rimandare il progetto di ricostruzione dell’intera città di un anno, nella convinzione che il cessate il fuoco sarà presto interrotto e che un’altra guerra con Israele finirà per distruggere le case appena ricostruite.
Nel sud del Libano in preda alla devastazione Hezbollah ha ormai visitato centinaia di migliaia di famiglie sciite per informarsi in dettaglio sulle loro perdite. In alcuni casi anche i funzionari del governo libanese, oggetto di una profonda diffidenza da parte della popolazione locale, hanno preso nota dei risarcimenti da versare, ma per ora le autorità nella regione si sono limitate a cominciare a riparare il sistema idrico ed elettrico. Ho visto bulldozer e camion della compagnia Jihad al-Bena, di Hezbollah, togliere calcinacci dalle strade dei villaggi e finire di abbattere case ormai pericolanti. «Per adesso lo facciamo gratuitamente, ma sappiamo che saremo pagati perché abbiamo fiducia nello sceicco Hassan», mi ha spiegato uno dei capicantiere. Sayyed Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha promesso di risarcire tutti i sopravvissuti agli attacchi. Ho percorso più di 160 chilometri nel sud del paese, e ovunque salta agli occhi l’assoluta enormità del compito di Hezbollah (e il fallimento del governo libanese). A guardarli dalle colline pietrose e dalla campagna lussureggiante del sud del Libano, sotto il caldo sole di agosto, i villaggi sembrano intatti.
Ma avvicinandosi si notano grandi chiazze di cenere lungo i pendii delle colline ed enormi campi grigi di macerie che un tempo erano case. Alcuni villaggi – Bint Jbeil, per esempio, o Zibqin – sono stati in buona parte distrutti.
Nella stessa Zibqin ho trovato delle rovine che hanno una storia molto toccante: sono ciò che resta in seguito ai bombardamenti di una piccola moschea ultramillenaria che secondo i libanesi conserva il corpo di Zein Ali Yaqin, figlio del profeta Yacoub (Giacobbe, secondo gli ebrei) e nipote del profeta Ibrahim, o Abramo. Sono due figli di Abramo (Giacobbe e Ismaele) a segnare la divisione tra Islam e giudaismo.

Secondo l’Islam, Dio chiese ad Abramo di offrirgli in sacrificio Ismaele; secondo gli ebrei, a essere sacrificato doveva essere Giacobbe. Zein Ali Yaqin, un santo più che un profeta, appartiene quindi a pieno titolo alla stirpe ebrea, ma l’urna contenente le sue ceneri mortali è caduta sul pavimento di pietra della moschea quando le bombe israeliane sono cadute.
L’esplosivo ha fatto crollare l’antica facciata e poi ha fatto scivolare dal muro esterno della moschea, sormontata da una cupola verde, centinaia di pietre che sono finite più in basso, contro le mura interne, facendo cadere altre macerie sul pavimento, accanto alla tomba coperta solo da un panno. «Gli israeliani hanno fatto tutto questo a uno di loro», dice Hussein Barakat mentre avanza a fatica per la strada più in basso, aiutandosi con un bastone. «Tutti qui conoscono l’origine del nostro piccolo santuario, e guardate com’è ridotto adesso». Barakat ha 69 anni, ed è stato l’unico abitante del villaggio a rimanere a Zibqin quando tutti gli altri sono scappati per i bombardamenti israeliani. Si è ferito a un dito ed è rimasto mezzo sordo in seguito al rumore delle bombe. Nel sud del Libano anche questa settimana continuano a emergere dalle macerie i cadaveri dei civili e dei combattenti di Hezbollah: quattro fratelli, a quanto pare tutti membri di Hezbollah, sono morti insieme sotto il fuoco israeliano nella città di Khiam, a est.

Alcune famiglie di civili cercano invano tra le macerie in cerca di parenti. A Siddiqin, poco a est di Cana, ho visto un negoziante rovistare per ore tra le macerie in cerca dei resti dei due sue negozi, trasformati in cenere dalle bombe. Ma anche lui era convinto che lo “sceicco Hassan” avrebbe ricostruito la sua casa. A pochi chilometri di distanza ho visto una donna di 65 anni arrampicarsi come un gatto sul tetto ormai crollato della sua casa, in cerca dell’oro di famiglia finito tra le crepe del cemento.
L’esercito di collaboratori di Hezbollah ha ricevuto il compito di ricostruire questi villaggi e, tra un anno, il centro di Beirut. L’organizzazione politica ed economica della guerriglia, potente e disciplinata come la sua milizia, recluterà decine di migliaia di uomini per ricostruire una città virtuale all’interno di Beirut e per far risorgere dalle macerie del sud del Libano i villaggi pieni di fattorie e di piantagioni di tabacco che esistevano fino a due mesi fa.

Versione originale

Rober Fisk
Fonte: http://news.independent.co.uk
Link: http://news.independent.co.uk/world/fisk/article1221306.ece
24.08.2006

Versione italiana

Fonte: http://www.unita.it
Link: http://www.onemoreblog.org/archives/012552.html

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