DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
La dimensione piddinesca dell’esistere esula da complicazioni speculative epistemologiche, o da cauti storicismi scientifici, perché ispirata ad un sano, onesto orientamento fideistico nei confronti del reale, per cui si affida ciecamente ai dogmi propagati come oracoli delfici dallo “Sciamano” del partito ipnocratico di massa, si consegna placidamente alle cure salvifiche delle sue vestali officianti, Boschi e Madia, oppure nei casi più inquieti, si volge ansiosa a quella sinistra del partito, sempre apparentemente irriducibile e indocile, ma in realtà “false flag” del gattopardismo più vergognoso.
Ebbene a questa massa adorante di fedeli, è difficile parlare, convincerla della falsità dei suoi mantra politici, perché si è messa addirittura in fila, durante le “primarie del partito”, e ha perfino pagato due euri, adorato conio di cui non si vuol liberare, guardando con commovente ardore alle cosiddette “riforme” promosse dal suo “guru”.
Insomma i capponi di Renzi si sono ridotti a sborsare falsa pecunia, per farsi spennare meglio.
Nel tempo dell’egemonia dello spettacolo, composto di esibizione mediatica che confonde l’ontologia con lo show, la rappresentazione iperrealistica quotidiana, spalmatasi sui teleschermi mainstream, senza soluzione di continuità, si è affermata sui “valori nazionalizzati e quindi falsificati del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, che di colpo non contano più. Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralità sono svaniti nel nulla. E non servono neanche più in quanto falsi. A sostituirli sono i ‘valori’ di un nuovo tipo di civiltà, totalmente ‘altra’ rispetto alla civiltà contadina e paleoindustriale. … Ho visto dunque ‘coi miei sensi’ il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione. Cosa che non era accaduta durante il fascismo, periodo in cui il comportamento era completamente dissociato dalla coscienza.” (P.P.Pasolini, Scritti corsari)
Nel secondo dopoguerra, la Costituzione nata dalla Resistenza, rispondeva esattamente all’esigenza del capitale di formare quadri dirigenziali per la gestione del processo di industrializzazione nascente. Di qui una scuola pubblica, libera e gratuita che sfornasse ingegneri, professori, medici, avvocati, ragionieri, etc. Naturalmente anche un welfare state sempre più diffuso avrebbe dovuto assicurare la serenità sociale, per permettere al potere di garantirsi profitti economici sicuri. Ora invece, nella nuova società liquida dello spettacolo, il capitale trova soddisfazione economica nelle speculazioni finanziarie, quindi non c’è più bisogno né di scuola pubblica, né di welfare state, né di valorizzazione delle professionalità, né della Costituzione repubblicana (Karl Marx, materialismo storico).
Sono tornate dunque le slides a Palazzo Chigi, del nuovo DDL del 12 marzo 2015, questa volta scritte in rosso su sfondo a quadretti, esibite dal venditore di fumo twitterato, per presentare i principi della “Buona Scuola”, dove le nuove assunzioni saranno di 100 mila precari (non più 150mila come più volte promesso, ma gli altri?), il cui numero 100 è miseramente simbolico nel mondo del marketing: il centesimo cliente che clicca “mi piace” sulla pagina dello Studio Tucano; il centesimo utente che aderisce ad un contratto Vodafone e dunque merita una tariffa telefonica agevolata; il centesimo giocatore di slot machine che vince un bonus per l’ingresso al più vicino casinò. Il “lavoro” ha cessato dunque di essere un “diritto”, come sancito dalla Costituzione, ed è diventato un “premio meritocratico” verso il servilismo più cortigiano. Inoltre, dopo le attuali assunzioni, si entrerà solo per concorso: “Se vinci il concorso entri, altrimenti ciao”.
Però i precari della scuola sono molti di più, #renzi si dimentica per strada le centinaia di migliaia inseriti in seconda e terza fascia d’istituto, i quali hanno sorretto le sorti della scuola italiana per anni, con le stesse responsabilità e carichi di lavoro degli stabili. Quelli di seconda fascia sono abilitati, ma ciò malgrado rimarranno precari. Quelli di terza fascia, che non sono abilitati vengono insultati, oltre che definitivamente espulsi. Va considerato che la messa in ruolo non costituisce l’aggiunta di nemmeno una cattedra in più all’attuale contingente di insegnanti, già falcidiato di circa 90.000 unità dalla Tremonti-Gelmini del 2007.
I “quasi 150.000” costituirebbero il normale turn-over di 5-7 anni, se il diritto alla pensione non fosse stato anch’esso falcidiato dai governi bipartisan degli ultimi anni. Eliminare le supplenze brevi poi vuol dire cancellare quasi 1.800.000 contratti a docenti che, oltre a garantirsi un minimo di reddito, avrebbero accumulato esperienza e punteggio.
Per di più la “formazione obbligatoria” del corpo docente sarà utilizzata per vincolarlo ad una “didattica di regime”, infatti i contenuti della formazione saranno gestiti di fatto dal MIUR attraverso il braccio operativo dei presidi (l’unica autonomia sarà la loro); il passaggio dall’aggiornamento come diritto all’aggiornamento come dovere limita la libertà d’insegnamento, sancita non a caso dalla Costituzione, era infatti chiaro ai costituenti il ruolo determinante che la scuola aveva avuto nella fascistizzazione della società, garantire la libertà d’insegnamento significava allora come oggi garantire un elemento centrale della democrazia.
La presentazione renziana del DDL poi, è stata corredata da una certa ansia di “futurismo”, attraverso una contaminazione dei neolinguaggi e delle neoculture, in cui emergono spesso anglicismi (co-design jams, digital makers, hackathon, nudging …), a scapito della correttezza di sillabazione della lingua italiana, (usato probabilmente un software con impostazione su lingua inglese), chiara espressione della cultura imperiale angloamericana, che impone, decide, ordina, prescrive le proprie “Riforme”. A dimostrazione che la lingua rappresenta la struttura del pensiero non solo del significato, quanto del significante di una civiltà (Ferdinand de Saussure), nel documento è presente anche la locuzione “pensiero computazionale”, calco di “computational thinking”, per l’introduzione dello studio dell’ ”informatica dalle elementari”, che dovrebbe partire appunto dall’insegnamento del “coding”.
Ma “coding” vuol dire “programmazione”, e dunque l’uso del termine yankee rischia di fuorviare il discorso, perché sembra strano che la scuola pubblica, intesa come “organo costituzionale” (P.Calamandrei) debba sfornare solo e unicamente cittadini programmatori. Ricorrono purtroppo alla memoria le tragiche “tre i”: inglese, informatica, impresa). Calamandrei infatti, nel suo storico discorso, dipinge la scuola come “organo centrale della democrazia” e descrive i pericoli che tale organo dovrà affrontare, prima di tutto la competizione con la scuola privata (a suon di cifre astronomiche di miliardi da una parte e la forte riduzione dei finanziamenti dall’altra), che “si trasforma in scuola privilegiata e da qui comincia la scuola totalitaria, la trasformazione da scuola democratica in scuola di partito.”
Il DDL del governo costruisce inoltre gerarchie di merito, in cui, accanto agli scatti di anzianità vengono
introdotti gli “scatti di competenza”, destinati al 66% dei docenti che riuscirà a raccogliere più crediti in tre anni (quello che nel settore del lavoro privato è il premio di produttività). Si afferma poi l’era dei “presidi padroni” e dello smantellamento di organi collegiali e RSU, prevedendo l’avvio del Sistema Nazionale di Valutazione tramite un ingigantito ruolo dell’Invalsi; la selezione dei docenti “migliori” da parte delle scuole e la loro “rivalità competitiva”, composta di flessibilità e antagonismo per arricchire i propri curricula.
S’introduce anche l’obbligo dell’Alternanza Scuola-Lavoro negli ultimi tre anni degli Istituti Tecnici e Professionali, per un monte di almeno 400 ore l’anno, e nei percorsi liceali per una durata nel triennio di 200 ore. È il tentativo ipocrita di sfruttamento del lavoro giovanile, un favore per le aziende, ma soprattutto in questo modo l’istituzione/scuola viene sottoposta al servizio del profitto.
Insomma, anche l’iperrealistico slogan del “merito” si risolve in una guerra concorrenziale per poter accedere all’olimpo dei “tutor”, dei “mentor” e del mitico “staff” dirigenziale, ma si traduce anche in un evidente diritto all’ingerenza da parte del dirigente. E mentre la gestione della risorsa docenti è affidata al basso costo della loro professione, i veri soldi vanno all’assistenzialismo per le imprese private che fingano però di impegnarsi nella “formazione” degli studenti, e guarda caso tra le aziende favorite da questi progetti di “alternanza” ci sono proprio le banche, sempre loro, Unicredit in pole position.
Fondo Monetario Internazionale e la sua filiazione Ocse, le grandi centrali del lobbying finanziario mondiale, dettano ormai l’agenda dei governi, che si sono ridotti semplicemente ad organi autoreferenziali e asserviti alle direttive delle “istituzioni imperiali”. Questa è la “Buona Scuola” di Renzi, fumo negli occhi per gli italioti, incapaci di scorgere la verità, oltre il muro della retorica di propaganda.
E infine rimangono gli sgravi fiscali per le famiglie che scelgono di mandare i figli nelle scuole private paritarie dell’obbligo. Inoltre potrà essere destinato anche alle scuole il 5 per mille nella dichiarazione dei redditi, e chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, per la manutenzione, per la promozione di progetti, avrà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65 per cento). Il mantra è lo stesso: agevolazioni per le private e austerity per le pubbliche.
Insomma nella scuola delle “Riforme Ocse” (filiale alle dirette dipendenze del famigerato FMI, specializzato nell’impoverire i popoli del globo), asservita al mercato, privata della sua libertà di ricerca e formazione, eterodiretta dalle élites finanziarie, dove i presidi recluteranno direttamente i docenti, avendo per di più la facoltà di incidere sulla loro carriera e sul loro stipendio, secondo valutazioni meritocratiche, le giovani generazioni non potranno più essere educate secondo i principi democratici, che Piero Calamandrei aveva così sapientemente elogiato: “Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo? La scuola, è l’organo centrale della democrazia … A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità … Vedete, questa immagine è consacrata in un articolo della Costituzione, sia pure con una formula meno immaginosa. È l’art. 34, in cui è detto: “La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Questo è l’articolo più importante della nostra Costituzione …” (Piero Calamandrei, Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, 1950)
Ma gli italioti piddini non si sono accorti di nulla, se ne stanno beatamente in fila alle primarie e pagano volentieri i loro due euri, fedeli apostoli tutelari del potere eurocratico, ignari collaborazionisti dell’usurpazione straniera delle risorse italiane, utili idioti dei progetti imperialistici degli oligarchi, solo ogni tanto un lieve cruccio confonde la loro mente, una tenue vertigine stordisce i loro sensi, ma è questione di un attimo, perché immediatamente dopo si rianimano, accendono la tv su rainews24 e ascoltano in liturgico silenzio i notiziari di regime, mentre le vere disgraziate novità sfuggono loro irrimediabilmente, dissimulate come sono tra le notizie-esca della propaganda mediatica.
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
17.03.2015