DI WILL SARVIS
counterpunch.org
Con l’arrivo dei detriti dello tsunami lungo la costa occidentale durante questa estate si è scatenata l’ultima frenesia per fermare le specie invasive. È ironico che l’uomo, una delle specie invasive per eccellenza, pretenda di avere il controllo sulle altre. Ma mai sottovalutare il potere di un grande mito nel moderno ecologismo americano: l’equilibrio della natura.
Non esiste equilibrio in natura, almeno non nel senso comune della parola. Nei sistemi ecologici esistono ogni tipo di equilibrio, fluttuante, temporaneo, relativo di vario dinamismo, ma “equilibrio della natura” riflette il desiderio bramoso del genere umano di portare ordine nel mondo. Questo desiderio si manifesta fortemente nella religione ambientalista dei Green Calvinists [Verdi calvinisti, ndt].
I Verdi calvinisti sono sedicenti ambientalisti che potrebbero inorridirsi se associati al nome di quel protestante, singolarmente misantropico, del 16° secolo, Giovanni Calvino. L’influenza di Calvino sull’umanità fu davvero un riproporsi della nozione di Peccato originale del nascente Cattolicesimo del 2° secolo d.C. , anche se in forma più dura. Gli ambientalisti radicali, gli pseudo-anarchici, e altri fiduciari, ne diffondono l’eredità nella religione ambientalista dell’America moderna. I Verdi calvinisti insistono sul fatto che esiste un equilibro naturale che gli essere umani stanno distruggendo. In linea con l’ideologia edenica e le minacce di punizione del fuoco eterno, gli esseri umani sono i colpevoli che porteranno una catastrofe ecologica su loro stessi, a causa dei propri peccati ambientali.
Quello che i Verdi calvinisti non accetteranno mai completamente è la necessità e l’ineluttabilità dell’agire umano in tutte le questioni di tipo ambientale. Dopo tutto, sono convinti che la nostra specie sia quella “disonorata” (agli occhi di Dio). E ad ogni modo, anche se odiano ammetterlo, la loro fervente difesa nel voler “salvare il pianeta” significa davvero salvaguardare l’ambiente per renderlo favorevole allo sviluppo del genere umano. Per questo motivo essi presenziano a tutti i grandi dibattiti ambientali, dal “domare la natura selvaggia” (ossimoro ironico), ai cambiamenti climatici di origine antropica, alle specie invasive. Esaminiamo quest’ultimo in dettaglio.
Senza dubbio, l’improvvisa introduzione di Kudzu, Hydrilla, Cytisus scoparius (ginestra dei carbonai), Dreissena polymorpha (cozza zebra) – e centinaia di altri organismi – ha devastato gli ecosistemi di contatto pre-europeo nel nord America. Ma come lo studioso di storia ambientale, Alfred Crosby, ci ha mostrato decine di anni fa, la serie di introduzioni biotiche del Vecchio Mondo nelle Americhe è già sconvolgente. Basti pensare all’ impatto della Poa pratensis (comunemente chiamata erba fienarola) , dei denti di leone e delle soli api europee. Pensiamo adesso all’enorme influenza del bestiame domestico, il quale è stato tutto introdotto in natura. Quindi, se la nostra intenzione è quella di fermare le specie invasive, quale periodo storico è il più consono? Stiamo tentando di ricreare i sistemi ambientali del 1950?o forse quelli del 1800? Nessun dubbio che gli indiani preferirebbero il 1491.
In ultima analisi quindi, la lotta contro le specie invasive è in realtà un tentativo di gestire il cambiamento e di creare e proteggere un ecosistema i cui componenti riflettono i giudizi di valore degli esseri umani. Non vi è nulla di sbagliato in tutto questo, se non che l’amministrazione umana è inevitabile.
“Salva il pianeta: ucciditi!”. Così recita ironicamente l’adesivo. Contrariamente al dogma dei Verdi calvinisti, dobbiamo accettare l’idea che l’homo sapiens fa parte dell’ambiente naturale quanto ne fanno parte altre entità planetarie. Con il rischio di creare un mix di mitologie, il vaso di Pandora non riuscirà a contenere nuovamente i mali dal quale sono scappati e la fantasia dei Verdi calvinisti, di un possibile ritorno al primitivismo edenico (facilmente romanzata, quando tuo padre è un banchiere d’investimento), si classifica tra quelli di più ridicola non risoluzione.
Non ci sono proiettili d’argento per sconfiggere i nostri problemi ambientali, incluse le tecnologie progressiste, ma che altro possiamo fare se non perseguirli?
L’energia oceanica sembra essere promettente, abbiamo girato attorno alla tecnologia di cattura e sequestro del carbonio per decenni, ma è stata quasi inutilizzata, in parte perché è troppo costosa (come tutte le tecnologie tendono ad esserlo all’inizio). La chimica ecologica è in pratica l’unica soluzione per ripulire i disastri chimici dei quali siamo stati colpevoli. Il modo fondamentale per perseguire le tecnologie progressiste è quello di cercare nuove strade per unire queste ultime al capitalismo. L’insuccesso nel sottolinearlo spiega, in una certa misura, l’inefficacia di Al Gore come candidato Verde.
Pensate ad esempio al riciclaggio porta a porta. Ricordo che negli anni ’70 solo gli idealisti avevano incentivato questo progetto. Ma come un saggio ingegnere ambientale mi disse in seguito, l’idealismo non sarebbe mai stato il motivo che sta dietro questo tipo di riciclaggio. Aveva invece accuratamente previsto che il riciclaggio porta a porta sarebbe diventato legge nel momento in cui l’interramento dei rifiuti fosse diventato più costoso dello stesso riciclare. Chi si ricorda quando nel 1987 la chiatta Mobro 4000 era in cerca di un luogo dove depositare i rifiuti? Anche a rischio di affermare l’ovvio, non si può negare il potere della forza di mercato.
L’avidità e il denaro, in quanto “radice di tutti i mali”, precedono il capitalismo da millenni, così è familiare a tutti il lato oscuro del capitalismo. Il lato positivo del motivo del profitto in combinazione con le scienze verdi e la tecnologia è il nostro unico approccio possibile per la risoluzione dei problemi ambientali. Dove i problemi sono ambigui, tanto vale peccare per eccesso di cautela, ma questo non sarà possibile attraverso il solo idealismo.
Siamo gli amministratori della terra, volenti o nolenti, che ci piaccia o no. Come ogni giardiniere vi dirà, può essere un privilegio straordinariamente piacevole prendersi cura di un pezzo di terra, ma può essere anche una responsabilità scoraggiante e disorientante. Lasciate che le attuali generazioni e quelle future abbraccino questo ruolo di amministratori, abbandonando la misantropica ideologia delle “specie peccatrici” e utilizzino il proprio talento naturale, con umiltà e intelligenza, sforzandosi al meglio per proteggere il proprio ambiente.
Will Sarvis
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/2012/10/10/save-the-planet-kill-yourself/
10.10.2012
Traduzione a cura di ASIA per www.comedonchisciotte.org