DI HS
comedonchisciotte.org
E’ trascorso circa una anno dalla pubblicazione de “Il segreto di piazza Fontana”, monumentale ed imprescindibile testo per chi vuole addentrarsi nelle terribili, fosche e complesse vicende della famosa “strage di Stato”, della “strategia della tensione”, nonché di quegli eventi collaterali che hanno, a loro volta, assunto le lunghe e oscure vesti uscite dalla filiera dei “Misteri d’Italia” (Pinelli, Feltrinelli, Calabresi, ecc…). Questo testo monumentale – risultato degli studi e della messe di informazioni raccolte dal giornalista ANSA Paolo Cucchiarelli, uno specialista del genere pubblicistico dedicato a trame, complotti e misteri – non ha ricevuto l’attenzione che avrebbe meritato e, nei casi in cui è stato recensito, è stato sottoposto a severe e dure critiche a causa della tesi ardita e scomoda che vi era delineata e sviluppata. A scorrere le pagine si può ben comprendere le ragioni dell’indifferenza e dell’ostilità. Il “romanzo” di Cucchiarelli segue un copione preciso e ragionato: alla Banca dell’Agricoltura di Milano sono stati fatti esplodere due ordigni. Il primo, quello anarchico, era dimostrativo mentre l’altro, collocato dai neofascisti, doveva provocare e, in effetti, provocò la strage che, secondo certa vulgata, cancellò l’”innocenza” dall’Italia repubblicana. Malgrado le critiche malevole provenienti da certi ambienti certamente non “destrorsi”, Cucchiarelli punta chiaramente e lucidamente il dito contro le organizzazioni della destra eversiva e terrorista Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, senza dimenticare perfino le complicità interne all’MSI, il partito della destra parlamentare a sua volta erede del neofascismo e del fascismo storico. Le coperture e gli agganci interni ed internazionali – soprattutto negli ambienti NATO, americani ed israeliani – completano il quadro. Dietro la strage di piazza Fontana e la “strategia della tensione” hanno agito potenti cointeressenza che hanno impedito l’accertamento di ogni aspetto della Verità.
Per varie convenienze anche gli esponenti dei più importanti partiti dell’arco costituzionale (DC e PCI) hanno taciuto o per convenienza o per sfruttare in qualche modo la situazione.
Nonostante la matrice “di destra” il segreto di piazza Fontana ha resistito alle prove del tempo perché la sua emersione avrebbe inchiodato ogni singolo attore a responsabilità quantomeno morali e civili. Innanzitutto il coinvolgimento, sia pure a vario titolo, di elementi disparati come i “nazimaoisti”, gli anarchici libertari e i maoisti nella strategia stragista messa a punto con le bombe sistemate in vari luoghi di Roma e Milano in quel tardo pomeriggio del 12 dicembre 1969 poneva il problema della commistione e della sovrapposizione fra estrema destra ed estrema sinistra, fra “estremismi opposti” e disparati. Infiltrazione e manipolazione degli anarchici e dei maoisti esercitata dai neofascisti e dai neonazisti ? Certo, ma sarebbe anche lecito domandare fino a che punto… La mescolanza e la permeabilità fra i “neri” e i “rossi” o, meglio, fra corrispettive frange e gruppi è stata poco investigata e sviscerata nonostante non mancassero gli elementi da approfondire. Molte pagine de “Il segreto di pizza Fontana” si sono soffermate sulla Casa dello Studente – l’ex albergo Commercio, situata proprio di fronte alla Banca dell’Agricoltura – che si era trasformato nel luogo di ritrovo in cui confluivano i giovani elementi disparati provenienti da varie esperienze “estremistiche” e “ribellistiche”. Hippie, provos, sbandati ma anche piccoli neofascisti e neonazisti, pacciardiani, “nazimaoisti”, maoisti, marxisti leninisti, anarchici, libertari, ecc… Una fauna popolata da una gioventù che, prima della teoria, è interessata al concreto vissuto esistenziale e all’esibizione del gesto esemplare. In ogni luogo e in ogni epoca, al di là delle pure e magari nominalistiche adesioni a questa o a quella “ideologia politica”, la fascia d’età giovanile è piuttosto portata all’istinto ribelle anche manifestato in forme violente senza la preoccupazione di dover giustificare il gesto in maniera ragionata anche dal punto di vista ideologico. In tale contesto si comprende come i giovani possano cadere nelle trappole disseminate da un prof. Freda e possano venire irretiti dai subdoli giochi di infiltrati e provocatori avvezzi a trattare con “gli estremismi”.
E’ piuttosto curioso come il riferimento alla Casa dello Studente da parte di Cucchiarelli rimandi a quello che Pasolini aveva intenzione di scrivere in “Petrolio”. Per il poeta friulano l’ex albergo Commercio rappresentava il luogo simbolo in cui estrema destra ed estrema sinistra, “neri” e “rossi”, gli “opposti estremismi” si confondevano nella marmellata preparata dalla postmoderna ed edonista società dei consumi soggiogando indistintamente i giovani alla leggi del “nuovo fascismo” e del suo Potere Invisibile. Molto più concretamente – come abbiamo visto – Pasolini riteneva anche che un certo ambiente di ex partigani “bianchi”, da cui Eugenio Cefis proveniva, si fosse reso responsabile delle strumentalizzazioni di quei giovani di estrema destra ed estrema sinistra portandoli sul terreno dell’odio e della violenza. Confidando innanzitutto nelle rivelazioni di un reduce di quella stagione, un ex militante del neofascismo, anche Cucchiarelli si imbatte nel nome del potente Presidente dell’ENI e della Montedison Eugenio Cefis a proposito del finanziamento di quei traffici di armi che hanno alimentato la “strategia della tensione” e il terrorismo.
Secondo l’anonima fonte di Cucchiarelli:
“Nencioni da Milano sovrintendeva al traffico di armi che faceva capo all’Emilia Romagna, a Bosco della Mesola, e poi c’era una direttrice verso Trieste. Aveva in mano il partito (MSI) perché a lui uomo di Cefis (Nencioni passava regolarmente le vacanze a bordo dello yatch di quest’ultimo) arrivavano i soldi dagli USA.
Questa è una storia macchiata di petrolio . Porta a Cefis, padrino di Nencioni e al traffico di armi che faceva capo all’Emilia Romagna. Il traffico di armi era finanziato dagli USA e aveva la sua base in Germania. Franz Turchi andava da Nixon con il cappello in mano a raccogliere i fondi per ON e anche per il partito.”
Ricapitolando Eugenio Cefis avrebbe ricevuto direttamente dall’Amministrazione repubblicana americana del Presidente Richard Nixon i capitali da impiegare nel foraggiamento e nel finanziamento del traffico d’armi da utilizzare a fini terroristici e per alimentare la “strategia della tensione”. Quei capitali sarebbero stati amministrati dall’avvocato e parlamentare dell’MSI Gastone Nencioni, grande amico di Cefis e suo sodale, vero tramite fra gli ambienti direttamente coinvolti nell’operazione a livello operativo e l’MSI. Nencioni è un’altra figura curiosa della nostra storia, realmente degna di essere investigata… Secondo Stefania Limiti – nel suo “L’Anello della Repubblica” edito da Chiarelettere – anche Nencioni sarebbe stato reclutato nella struttura supersegreta Anello e qualche anno più tardi avrebbe partecipato all’operazione di scissione dell’MSI costituendo Democrazia Nazionale insieme a Roberti e De Marchi per cercare di indebolire ed emarginare il partito di Almirante. Per la cronaca questa operazione è stata anche finanziata da un ancora sconosciuto Silvio Berlusconi e rispondeva perfettamente ai dettami del Piano di Rinascita Democratica piduista che, fra l’altro, prevedeva il rafforzamento dell’ala “moderata” e afascista dell’MSI.
Insomma, a parziale conferma delle intuizioni pasoliniane, la “strategia della tensione” e le stragi sarebbero macchiate della nera sostanza del petrolio attraverso i capitali che Cefis avrebbe destinato agli attentatori e ai loro mandanti attraverso i capitali targati ENI e Montedison. I finanziamenti americani provenienti dall’Amministrazione potrebbero corroborare la tesi di un solido legame fra Cefis e gli amici d’oltreoceano. Il cuore del segreto di Piazza Fontana altro non sarebbe se non il traffico di armi ed esplosivi foraggiato da Cefis, Nencioni e dagli americani. Il riferimento alla base tedesca è di estremo interesse perché potrebbe confermare la rivelazione del compianto democristiano ex Ministro della Difesa e degli Interni Taviani – ritenuto,secondo un’opinione diffusa uno dei fondatori della GLADIO – secondo cui l’esplosivo utilizzato per l’attentato stragista di piazza Fontana proveniva da una base militare tedesca e messa a diposizione dei neonazisti di Ordine Nuovo da un agente della DIA, il servizio segreto militare americano.
Per riassumere e sintetizzare i punti salienti della trattazione di Cucchiarelli su quei traffici di armi ed esplosivo utilizzati per mettere in atto gli attentati riconducibili alla “strategia della tensione”:
i neofascisti trafficavano e scambiavano con gli ustascia croati materiale militare che veniva prelevato dai NASCO, le grotte ove venivano occultate le dotazioni della rete STAY BEHIND, la struttura paramilitare allestita per combattere sovietici e comunisti con eserciti “irregolari” e “non ufficiali”.
i traffici – che seguivano varie direttrici – venivano coperti e incoraggiati da frange dei servizi segreti interni ed internazionali ben inseriti nel quadro dell’Alleanza Atlantica.
i finanziamenti erano gestiti da uomini dell’Amministrazione Nixon attraverso Cefis.
i principali destinatari dei rifornimenti “bellici” erano i gruppi di estrema destra, ma anche quelli di estrema sinistra vi erano implicati. Ciò rimanda a quell’area “grigia” in cui gli estremismi si confondono.
Prima di venire eliminato, il commissario Luigi Calabresi stava indagando su questi traffici d’armi e tre giorni prima di morire aveva effettuato una perlustrazione delle grotte naturali in cui erano state nascoste le dotazioni della STAY BEHIND. A tal proposito non importa poi molto appurare se gli esecutori dell’omicidio del commissario sono stati i giovanotti di Lotta Continua, gli aderenti di qualche altro gruppo di estrema sinistra o, al contrario, i “guerrieri” della destra eversiva quanto approdare alle cointeressenze “forti” che hanno determinato quella morte. Inoltre è assai probabile che la morte dell’editore “rosso” Giangiacomo Feltrinelli fosse maturato nello stesso contesto.
Nell’ambito della destra solo una manciata di personaggi sarebbe stata a conoscenza degli sviluppi della “strategia della tensione” – su cui questa parte politica voleva lucrare in termini di consenso: il direttore de Il Borghese e senatore MSI Mario Tedeschi; il direttore de Lo Specchio e uomo della CIA Nelson Page; Luciano Cirri; il segretario dell’MSI Giorgio Almirante; il già citato Gastone Nencioni e il solito Guido Giannettini.
Come abbiamo precedentemente illustrato pare proprio che quest’ultimo avesse menzionato Cefis fra i finanziatori del golpe Borghese, ma questa rivelazione non dovrebbe costituire motivo di sorpresa: generare un clima di caos, di disordine e di sfiducia nel paese contribuendo alla diffusione dello stragismo, del terrorismo di varia matrice ed estrazione e della violenza creava le condizioni per la realizzazione di un golpe o per la sua ventilata minaccia a fini di “conservazione” o per una “destabilizzazione” finalizzata alla “stabilizzazione” del quadro politico, economico e sociale.
Poco importa se la manovalanza utilizzata a tal fine appartenesse a qualcuna delle varie organizzazioni mafiose del paese o militasse nell’estrema destra o nell’estrema sinistra o, ancora, fosse semplice manovalanza reclutata dalla malavita e dalla delinquenza comune. Quel che contava è il risultato… Se risponde al vero quel che ha dichiarato lo storico “pentito” di Cosa Nostra Tommaso Buscetta circa la continuità fra i vari progetti “golpisti” (Borghese, Rosa dei Venti, Sogno), allora è ben possibile che Cefis si fosse adoperato ad offrire la sua disponibilità di capitali a personaggi che, come lui, magari avevano combattuto nella Resistenza “bianca” anticomunista quanto antifascista; filoamericana e filo inglese… Siamo, però, sempre nel campo delle illazioni…
E’ tuttavia significativo come il padrone di Mediobanca e – forse – del (neo)capitalismo italiano Enrico Cuccia, compagno di Cefis nelle scorribande finanziarie per scalare la Montedison, avesse attribuito a quest’ultimo un progetto di golpe militare e lo avesse rimproverato per non averlo realizzato. La rivelazione viene dallo stesso Cefis un paio di anni dalla sua morte (2004) nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista del Corriere Economia Dario Di Vico.
Risentendosi, l’allora Presidente della Montedison diede del folle al suo interlocutore. In effetti è plausibile desumere che quel tipo di orizzonte golpista “alla sudamericana o alla greca” fosse sostanzialmente estraneo sia a Cefis che a Cuccia…
E le sorprese non mancano…
Perché i due erano Fratelli di loggia…
Durante l’inchiesta sull’incidente di Bascapè e sulla morte di Mattei, il sostituto procuratore del Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, acquisisce fra i documenti probatori un interessante appunto del SISMI che indica in Eugenio Cefis il vero capo della loggia coperta Propaganda 2. Il potente manager di Stato e parastato avrebbe affidato le cure della potente congrega massonica al duo Gelli – Ortolani che, altro non sarebbero stati se non i suoi accoliti. Nonostante il potere, l’influenza e la ricchezza accumulati, a un certo punto, nel 1977, Cefis ha abbandonato il paese per il Canada. Le ragioni del gesto sono rimaste piuttosto oscure… All’epoca – come abbiamo accennato – si vociferava di un coinvolgimento di Cefis nel finanziamento e nel sostegno ai tentativi di “golpe” con il concorso di un altro petroliere come Attilio Monti e di un nutrito gruppo di industriali ed armatori liguri e genovesi (Piaggio). Probabilmente temeva di subire la sorte toccata ad un altro potente signore della finanza e dell’economia, quel banchiere mafioso che rispondeva al nome di Michele Sindona, anch’egli – per qualche singolare coincidenza – iscritto alla P2 e implicato nelle trame golpiste. Il finanziere siculo dalle solide convinzioni liberiste e conservatrici aveva edificato un impero economico con fondamenta apparentemente solide negli USA e in Italia. Nell’arco di pochi mesi – nel fatidico 1974 – l’universo sindoniano vacilla e poi crolla… E’ lo stesso anno in cui le illusioni reazionarie degli “anticomunisti” più viscerali ma anche meno pragmatici vengono spazzate via da nuovo vento mosso dalla Storia… Uno dopo l’altro i regimi militari e fascisti europei (Spagna, Grecia e Portogallo) cedono e si frantumano perché ormai impopolari, inefficienti e anacronistici… E poi scoppia lo scandalo Watergate che travolge l’Amministrazione Nixon e parte del suo entourage risparmiando tuttavia gli uomini più legati ad una concezione tecnocratica e pragmatica del Potere e inseriti nella massoneria (Kissinger, Ford, l’ammiraglio Haig).
Non è concepibile che un uomo come Cefis certo aduso a calcolare costi e benefici in determinati e delicati contesti non abbia cercato di farsi un quadro generale della situazione interna all’Italia ed internazionale. E’, quindi, forse ben più verosimile che, più che per la minaccia incombente di qualche incriminazione- si ricordi che, all’epoca, si celebrava il processo per la strage di piazza Fontana a Catanzaro e che, ancora, giornali e rotocalchi riempivano le pagine sulle inchieste relative ai tentati “golpe” – il Presidente della Montedison abbia pensato di poter meglio controllare e dirigere i suoi affari dall’estero magari sotto qualche ala protettiva “amica”. In quegli anni – nella seconda metà dei Settanta – si hanno notizie di suoi viaggi in Canada e in Svizzera. Perché questi movimenti ? E come mai permane ancora un’intensa aura di mistero sulle sue misteriose attività ?
Rammentiamo come questi fossero anche gli anni della precipitosa fuga di Sindona negli USA per sottrarsi alle maglie della Giustizia italiana e affidarsi in quelle – evidentemente ma anche erroneamente – ritenute più compiacenti di quella americana…
Rammentiamo come fossero pure gli anni del grande clima di allarme vissuto in taluni ambienti economici e finanziari e in certi ceti sociali per l’imminente realizzazione della prospettiva del Compromesso Storico imperniato sull’intesa “di massima” fra DC e PCI…
Rammentiamo come in quegli stessi anni in cui – grazie anche al sostegno di altri settori degli ambienti citati – il Compromesso Storico sembrava ormai alle porte si fosse assistito all’espansione della P2 e del piduismo che, per certi versi, costituivano l’antitesi di quel progetto…
Rammentiamo come proprio in quegli anni venisse delineato il Piano di Rinascita Democratica che, alla luce degli accadimenti successivi, potrebbe essere considerato alla stregua di un vero e proprio elaborato manifesto della Nuova Destra pragmatica, postmoderna e neoconservatrice italiana…
Che parte può aver ricoperto – ammesso che l’abbia ricoperta – l’ineffabile ingegner Cefis ?
Il quesito rimanda anche all’affiliazione massonica…
Per un’altra straordinaria coincidenza Eugenio Cefis si iscrisse alla massoneria in quel 1961 in cui venne cacciato dall’ENI per volontà del suo sfortunato Presidente. Precisamente era affiliato alla loggia coperta “Giustizia e Libertà” della Comunione massonica di Piazza del Gesù. In certo qual modo si trattava di una sorta di P2 ante litteram e contava su illustri bei nomi della finanza, della politica e della burocrazia statale. Fra costoro non poteva mancare l’”amico” di Mediobanca, il tenebroso e dimesso Cuccia, ma negli elenchi degli iscritti non mancavano le sorprese, personalità anche appartenenti a mondi diversissimi e apparentemente inconciliabili.
Si potevano trovare i nomi del generale Aloja – Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e promotore della “strategia della tensione” – e quello del Capo di Stato Maggiore della Difesa e generale dei carabinieri De Lorenzo meglio noto per il ricatto golpista conosciuto come “Piano Solo”.
Si distinguevano i nomi del Presidente della famigerata Italcasse – la banca di stato al servizio della DC e degli andreottiani – Giuseppe Arcaini e il governatore della Banca d’Italia Guido Carli.
Si potevano scorgere importanti nomi di importanti politici delle più svariate aree “ideologiche” come il missino e neofascista Caradonna e il socialdemocratico Preti. Fra gli altri era presente pure Gianni Cervetti, futuro tesoriere del PCI, prima convinto stalinista e poi punta di diamante dell’ala “migliorista” del partito, quella fondata e capeggiata dall’attuale Presidente della Repubblica.
E’ possibile che “Giustizia e Libertà”, il fiore all’occhiello della Comunione massonica di piazza del Gesù, intrattenesse qualche inconfessato rapporto con la loggia P2 di Gelli e Ortolani inserita nella Massoneria di Palazzo Giustiniani ?
Saremmo propensi a rispondere affermativamente…
Gli studiosi della Massoneria italiana ben sanno che nel nostro paese l’”istituzione” si è divisa in due grandi Comunioni meglio conosciute per i nomi degli indirizzi delle rispettive sedi: Piazza del Gesù e Palazzo Giustiniani divise storicamente per l’atteggiamento e la linea da adottare nei confronti della Chiesa. Possibilista la prima, assolutamente intransigente la seconda…
Agli inizi degli anni Settanta i due Gran Maestri in cercano di promuovere la riunificazione della Massoneria italiana per conquistare prestigio e riconoscimenti da parte della Massoneria internazionale.
Il Gran Maestro di Piazza del Gesù, Francesco Bellantonio, è cognato del potente banchiere siciliano Michele Sindona, anch’egli affiliato.
Il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani, il socialista Lino Salvini è, invece, il protettore di Licio Gelli come il suo predecessore Giordano Gamberini da qualcuno indicato come il contatto CIA nella massoneria italiana. Sarà proprio Salvini a favorire la carriera massonica del Licio nazionale e a “inventare” per lui la carica di “segretario” della loggia Propaganda 2. Quando emergeranno i trascorsi fascisti di Gelli e il suo coinvolgimento nelle inchieste sulle “trame nere” e sull’omicidio del giudice Occorsio commesso e rivendicato dai neofascisti di Ordine Nero, anche per la pressione di un gruppo di “massoni democratici”, comincerà a prendere le distanze e ad avversare il suo ex protetto.
Il tentativo di ricreare una Massoneria unificata in Italia naufragherà rapidamente, ma sortirà un effetto di un certo peso: il travaso di iscritti della loggia “Giustizia e Libertà” in quella che ormai è già saldamente nelle mani di Licio Gelli accrescendone il potere e l’influenza all’interno dell’Istituzione. Sarà un caso ma Cefis è il primo iscritto alla loggia “Giustizia e Libertà”…
Se ne può dedurre che le famose liste di iscritti alla P2 rinvenute negli uffici aretini di Gelli siano incomplete e che manchino molti importanti nomi della politica, della finanza, del Vaticano, ecc…
Molti nomi di iscritti a “Giustizia e Libertà”…
Il giornalista piduista Pecorelli – che di massoneria indubbiamente se ne intendeva – scrisse in uno dei suoi articoli al veleno che “era tutta roba da ridere” e che “i massoni si dicono fratelli, ma giocano a fottersi a vicenda”. Qualche tempo dopo, poco prima della sua morte violenta e ancora misteriosa, imputò agli ex confratelli le azioni più criminose ed infami della recente storia italiana.
Appurata la complessità della materia non si può far altro che ribadire come nella massoneria – almeno ai suoi livelli alti e verticistici – sia un pullulare di lobbies, gruppi di pressione, congreghe e associazioni di “amici”. Sono le famose cosche, mafie dei “colletti bianchi” che, infatti, con le mafie più tradizionalmente criminali e “militari” intrattengono rapporti non sporadici avendo l’una bisogno dell’altra… Sicuramente in questa vasta rete di relazioni si creano e disfano alleanze e inimicizie anche profonde come in tutte le Cupole che si rispettino. Oltre naturalmente al bisogno, all’incessante desiderio di Potere e di Ricchezza che muove cotali uomini, la massoneria ha un innegabile respiro – come dire ? – anglosassone e angloamericano. I personaggi più influenti dell’universo massonico sono associati alle logge americane e inglesi, le più potenti per evidenti ragioni storiche che qui sarebbe lungo e anche inutile sciorinare ed è significativo come l’opposizione di Cefis alla linea di Mattei nell’ENI rispondesse ad interessi “forti” americani ed inglesi (il cartello petrolifero delle Sette Sorelle).
Comunque sia gli aspetti legati al folklore massonico con tutta quella esibizione di esoterismo, occultismo , “spiritualismo” e simbolismo servono solo a celare una realtà che è ben più prosaica e “materialistica”: uomini come Cefis, come Cuccia o anche come Gelli e Sindona non potevano nutrire alcun interesse per gli studi massonici essendo impegnati e affaccendati a ben altro…
Nel contesto degli anni Sessanta, Settanta e dei primissimi anni Ottanta – per proseguire,magari, sotto mentite spoglie nei decenni successivi – la loggia coperta P2 – o, per meglio dire, P2/Giustizia e Libertà – si è imposta come la stanza di compensazione di interessi diversissimi e disparati – nazionali ed internazionali – politici, finanziari, economici, amministrativi e strategico militari al fine di farli convergere su ben precisi obiettivi e finalità. Concepito sicuramente dalla P2 di Gelli, ma più probabilmente anche all’interno del più vasto mondo massonico italiano, il Piano di Rinascita Democratica costituisce il fulcro ed il cuore di un progetto ben più sofisticato dei precedenti e più rozzi tentativi di golpe militari. Si può agevolmente rilevare come il Piano gelliano e non solo gelliano – nel quale si può forse scorgere la mano e la mente di Michele Sindona per quel che concerne le parti inerenti l’economia politica – si concentra sullo “svuotamento” della Carta Costituzionale attraverso il progressivo inquinamento istituzionale e sociale. E’ molto arduo sostenere che, in questi ultimi quarant’anni e quasi in coincidenza con gli “Scritti Corsari” di Pasolini, non avremmo assistito all’interminabile eutanasia della Costituzione e della Repubblica.
Altro fatto che ha cominciato a turbare le anime e le coscienze è l’affinità fra il Piano di Rinascita Democratica della P2/Giustizia e Libertà e il celebre documento della Trilateral (USA/Europa occidentale/Giappone) soprattutto quando in entrambi si sottolinea la necessità di ridurre e porre un freno agli “eccessi e sovraccarichi di democrazia”. Naturalmente le parole sono diverse ma la sostanza resta la stessa… Il Piano di Rinascita è stato modellato sul documento della Trilateral ? Nella migliore delle ipotesi ha fornito una imprescindibile fonte di ispirazione. Costituita nel 1973 come ulteriore sviluppo del CFR – imperniato sulle relazioni bilaterali USA/Gran Bretagna – e del club Bilderberg – a cui si aggiunge, nel clima di atlantismo da Guerra Fredda, l’intera Europa occidentale – la Commissione Trilaterale è stata fondata e promossa dal potente magnate americano David Rockefeller, da Henry Kissinger – consigliere per la sicurezza nazionale per il Presidente Nixon – e da Brzezinsky che ricoprirà la stessa carica per il democratico Carter. Raccogliendo i bei nomi internazionali della finanza, dell’economia, della politica, della diplomazia e del giornalismo, ci si prefigge l’obiettivo di diffondere i benefici del Mercato secondo quella “dottrina debole” cara ai neoliberisti, neoliberali, neolibertari e neoconservatori. Insomma il club esclusivo, il partito dei “neo”, la grande coalizione della postmodernità neoliberista, pragmatica, consumista ed edonista.
Accertato ormai che i regimi militari e fascisti sono anacronistici e addirittura controproducenti, che il comunismo sovietico è irrimediabilmente in crisi e che le spinte sessantottine e “giovanilistiche” sono state assorbite e, magari, anche ben utilizzate e volte a finalità “altre”, non rimane che cogliere i frutti di una stagione in cui si è ben seminato… Multinazionali, grandi cartelli industriali (come le Sette Sorelle), la grande finanza hanno sempre retto le sorti del pianeta in quella seconda metà del XX secolo, ma il Mercato non era mai riuscito a insinuarsi nelle menti delle persone e ad ottenere un consenso di massa. Ora i tempi sono propizi…
Bisognerà ammettere che la P2 non è altro che una Trilaterale più modesta e in tono minore. Magari può esserne una “diramazione”. La somiglianza che colpisce maggiormente fra i documenti prodotti dalle due “istituzioni” od organizzazioni riguarda il ruolo assegnato ai mass media, ai mezzi di informazione e alla stampa per imporre un certo tipo di opinione pubblica. Come ebbe a dire Gelli “Chi ottiene il controllo dei mezzi di informazione possiede il vero potere”…
Le vicende della P2/Giustizia e Libertà (e della Trilateral) ci rammentano come, prima ancora delle questioni di ingegneria istituzionale, siano proprio i settori dell’industria massmediologia, dell’informazione, della stampa e, in aggiunta, quelli dello spettacolo, dell’intrattenimento, del divertimento e del tempo libero a dettare la reale “forma mentis” dei cittadini…
Si tratta di quel vasto ambito merceologico etichettato dal filosofo Adorno come “industria culturale”.
Inevitabilmente ritornano le vecchie logiche del Potere, dell’Influenza e del Profitto personale che muovono personaggi come Eugenio Cefis il quale può avere, al contempo, perseguito un incremento delle proprie disponibilità acquistando pacchetti azionari a destra e a manca e risposto alle richieste dei suoi amici e “confratelli” assecondando i loro ambiziosi progetti.
Non si può dimenticare che, comunque, l’”industria culturale” (case editrici, libri, giornali, radio televisione, musica commerciale, cinema, sport come l’automobilismo e il calcio e, oggi, i nuovi mass media come internet, ecc…) può essere un ottimo affare per i magnati dell’industria e della finanza. Un mercato mai domo e sempre in espansione, oltre ad essere utile al Potere come hanno compreso gli americani e, ben prima di loro, i romani…
“Panem et circenses”…
L’interesse di Cefis – come per Gelli e Ortolani – per l’informazione e la stampa di opinione è sempre stato molto forte. In questa attività “editoriale” il Presidente dell’ENI e Montedison ha seguito le orme del suo “collega” petroliere Attilio Monti, proprietario del Resto del Carlino e de La Nazione, due capisaldi dell’informazione rivolta ad un’opinione pubblica conservatrice e probabile compagno di scorribande “golpiste”.
A metà degli anni Settanta Eugenio Cefis mise a segno il suo colpo più importante ingaggiando un braccio di ferro con l’altro uomo forte dell’industria italiana, Gianni Agnelli, padrone della FIAT, proprietario dell’importante quotidiano di Torino La Stampa e azionista del Corriere della Sera. A quei tempi l’Avvocato aveva avviato degli approcci nei confronti del PCI abbandonando la consueta pregiudiziale molto forte negli ambienti industriali. Nelle intenzioni del Presidente della FIAT solo i comunisti del PCI avrebbero potuto riportare l’ordine nelle fabbriche arginando gli “spontaneismi” sindacali. Il caso di Agnelli non era isolato… Teatro dello scontro, nel 1974, fu proprio Confindustria ove, dopo una serie di veti incrociati, alfine Gianni Agnelli venne eletto Presidente e Eugenio Cefis vicePresidente. A coronamento del patto raggiunto dalle opposte fazioni la stampa nazionale di opinione – quella che contava e conta veramente in quell’ambito – venne spartita. Eugenio Cefis diventò padrone de Il Messaggero, il quotidiano più letto di Roma ed ottiene che il più importante quotidiano del paese, Il Corriere della Sera, venga rilevato dai Rizzoli.
Con la proprietà dei Crespi – buona famiglia “In” di Milano – e sotto la direzione del paladino del giornalismo “radical chic” Piero Ottone, il giornale di via Solferino aveva preso una piega troppo “di sinistra” anche ospitando gli articoli di intellettuali come Pasolini, peraltro non proprio benevoli verso Cefis.
L’impostazione è così sfacciata che il più importante dei giornalisti di casa nostra, il conservatore e anticomunista Indro Montanelli, si dimetterà sbattendo la porta e fondando quel Giornale che molto presto si consegnerà nelle mani di un giovane e rampante editore lumbard, Silvio Berlusconi.
Saranno proprio Cefis ed Agnelli – a suggello del patto raggiunto – ad iniettare i capitali necessari ai Rizzoli per acquistare Il Corriere dai Crespi…
Ma dietro a Cefis (e ai Rizzoli) spunta ancora una volta la loggia P2…
All’epoca in cui Il Corriere cambiò radicalmente assetto proprietario la Rizzoli era nota al grande pubblico come grande impero imprenditoriale – editoriale e cinematografico – a base familiare, tuttavia, anche a causa dell’enorme indebitamento per l’acquisto del quotidiano più importante d’Italia, la fine era dietro l’angolo. Privo di quelle qualità e di quei requisiti necessari a gestire una grande impresa che erano propri del fondatore, Angelo Rizzoli Jr. si lasciò trascinare in un’operazione mediatica e finanziaria dai contorni oscuri condannandosi al fallimento. L’ombra che gravava sui Rizzoli si chiamava loggia P2. Come per rispondere al dettato suggerito dal Piano di Rinascita Democratica nella loggia coperta si costituì un raggruppamento speciale “interessato” ai problemi dell’informazione e della comunicazione. Tale “organismo” riservato si era posto sotto l’ombrello della Rizzoli – Corriere della Sera. Oltre al povero e sprovveduto Rizzoli Jr. – convinto dalle lusinghe e dalle promesse di soci d’affari alquanto inaffidabili – ne facevano parte:
il numero due della loggia, Umberto Ortolani, banchiere ed editore molto immanicato con il Vaticano e – a quanto pare – con la famiglia Bush; il direttore generale della Rizzoli Bruno Tassan Din; il cronista, giornalista e neodirettore del Corriere Franco Di Bella; Massimo De Carolis, esponente emergente della destra democristiana, già leader del movimento della Maggioranza Silenziosa e avvocato di Michele Sindona; il noto giornalista Paolo Mosca; Maurizio Costanzo, già popolare personaggio televisivo e direttore del fallimentare quotidiano Occhio, esperimento editoriale targato Rizzoli di breve anzi brevissima vita; lo scrittore Roberto Gervaso e il medico chirurgo, nonché autore televisivo Fabrizio Trifone Trecca. Fra i nomi di questo gruppo ristretto spicca oggi il nome di Silvio Berlusconi, allora giovane imprenditore rampante del mattone e futuro padrone di un vasto impero mediatico, della comunicazione e dello spettacolo che, fra l’altro, annovererà numerosi canali televisivi privati (Canale 5, Italia Uno, Retequattro); un colosso editoriale (Mondadori) con capacità ineguagliata di “sfornare” libri, quotidiani e periodici; alcune stazioni radiofoniche; la più importante società di produzione e di distribuzione cinematografica (Medusa); una blasonata squadra di calcio (Milan), ecc… Nel periodo forse più infelice e travagliato del Corriere nominalmente nelle mani di Rizzoli Jr, ma in realtà gestito dal duo Gelli – Ortolani tutti questi personaggi più o meno noti apporranno la loro firma in calce a diversi articoli del quotidiano. La breve durata e il bilancio negativo dell’azione messa a punto dagli uomini della P2 rivela quanto poco remunerativa fosse sul piano finanziario ed economico – se non per riempire le tasche dei singoli interessati – e quanto fossero consistenti i suoi connotati mediatici tesi all’influenza dell’opinione pubblica media. Se l’incursione nel mondo dell’emittenza televisiva privata incoraggiata dalla nuova legge che andava nella direzione della dissoluzione del monopolio RAI si risolse in un sonoro flop (Tele Malta), accadde ben peggio in ambito finanziario perché la Rizzoli venne coinvolta nei poco trasparenti maneggi della rete di società ed istituti creati da un altro fratello di loggia, il Presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi con il concorso di monsignor Marcinkus, il direttore dello IOR, la Banca Vaticana. E’ tale, tanta ed evidente questa energia di forze che il Banco Ambrosiano entrerà come socio neanche troppo occulto della Rizzoli – Corriere della Sera. A questo punto non sorprende che il crack del Banco Ambrosiano venisse a coincidere con il fallimento della Rizzoli facendo al contempo emergere la vera natura della loggia Propaganda 2. Per il banchiere Roberto Calvi non si prospetteranno giorni felici e andrà in conto ad una morte oscura come quella del Presidente dell’ENI Mattei, la simulazione di un “suicidio” di cui si sono fatte probabilmente carico organizzazioni criminali come Cosa Nostra siciliana, la camorra napoletana o la banda della Magliana. Le cointeressenze che hanno agito in questo delitto non sono state tuttavia pienamente disvelate…
In questo convulso contesto l’unico a non serbare motivi di insoddisfazione è proprio il giovane Berlusconi che raccoglierà gli effettivi frutti dell’eredità della Rizzoli. Anzi, grazie alla sua proverbiale spregiudicatezza, riuscirà dove gli altri hanno fallito. A sancire il “passaggio di consegne” l’acquisto del settimanale di successo TV, Sorrisi e Canzoni dall’ormai esangue Rizzoli.
Se dovessimo oggi tentare di spiegare l’irresistibile ascesa del Berlusconi imprenditore come anche di quello politico non saremmo in grado di dare una risposta univoca agli interrogativi di molti.
Recentemente si insiste sulla provenienza mafiosa di molti capitali transitati a Milano 2, mentre spesso in passato l’attenzione si è concentrata sull’inossidabile amicizia con il leader e segretario del PSI Bettino Craxi, per anni potente e incontrastato signore del capoluogo lombardo.
L’aiuto della potente confraternita massonica non è mai venuto meno a partire dal ruolo di Servizio Italia nella costituzione delle famose holding berlusconiane. La fiduciaria è riconducibile alla Banca Nazionale del Lavoro retta da due membri della P2– il Presidente Alberto Ferrari e il direttore generale Graziano Graziadei – ed il suo nome compare nei più scottanti e inestricabili affaires finanziari degli anni Sessanta – Settanta (Sindona, Banco Ambrosiano, Rizzoli).
Senza addentrarsi ulteriormente nelle vicende ancora poco chiare delle fortune del Cavaliere, sulle quali saranno probabilmente i posteri coloro che potranno esprimere l’ardua ed equa sentenza, ci permettiamo di riportare nuovamente l’attenzione sulle misteriose attività dell’”uomo in grigio” e sui suoi soci ed alleati, perché, secondo il sostituto Procuratore di Pavia Vincenzo Calia, già titolare dell’inchiesta sulla morte di Enrico Mattei, una delle società accomodanti della Edilnord Centri Residenziali di Umberto Previti (papà di Cesare) già Edilnord Sas di Silvio Berlusconi & C. con sede a Lugano, si chiama Cefinvest, evocando, in tutta evidenza, un ruolo ancora tutto da indagare dell’ex padrone di ENI e Montedison.
Cefis, P2, Gelli, Ortolani, Craxi, Berlusconi…
Un vortice di nomi e complicità…
Il cerchio sta per chiudersi ?
E’ veramente Eugenio Cefis il principale regista delle macchinazioni più pericolose a danno dell’assetto democratico e repubblicano ?
O è l’aspetto pecuniario a prevalere sulle ambizioni e sui progetti meramente “politici” ?
O il quadro è molto più mosso e complesso e, in ogni caso, la fotografia che pone al centro l’”uomo in grigio” si sta allargando ?
Proseguiamo…
FINE SECONDA PARTE
HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
1.08.2010
VEDI ANCHE: RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO” (PRIMA PARTE)
RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO” (TERZA PARTE)
VEDI ANCHE: RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO” (QUARTA E ULTIMA PARTE)