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La Redazione

 

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RIMANDATO IN STORIA

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A cura di Davide
Il 12 Marzo 2005
48 Views

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“Chi in cento battaglie riporta cento vittorie non è il più bravo in assoluto, al contrario chi non dà nemmeno battaglia e sottomette le truppe avversarie è il più bravo in assoluto” (Sun-Tzu 500 AC, circa)

DI CRISTIANO TINAZZI

Il “ministro” della giustizia, durante la trasmissione ‘Ballarò’, mandata in onda nei giorni scorsi su Rai Tre, si è lanciato in disgustose affermazioni sulla situazione irachena, e su Giuliana Sgrena, mettendola alla berlina e insinuando una sua fattiva “collaborazione” con le persone che l’hanno sequestrata. Oltremodo, sentire un padano come Castelli parlare di soldati italiani, di Italia, in Iraq, è stata una cosa totalmente irreale e fuori luogo. Ma il ministro non soltanto si permette di continuare ad affermare con una faccia da schiaffi mai vista che in Iraq non c’è la guerra. Va oltre dicendo che non esiste nessuna resistenza perché “per esserci una guerra ci devono essere almeno due soggetti, e non essendoci due soggetti, ma uno soltanto, gli americani, non c’è la guerra”.
Castelli dovrebbe tornare sui banchi di scuola a studiare un bel po’ di storia. Come primo libro sarebbe consigliabile un compendio di storia per le elementari, giusto per dargli qualche infarinatura, per poi passare a leggersi qualche testo tipo “l’arte della guerra” di Sun Tzu, dove potrebbe trarre qualche utile insegnamento rispetto alle castronate che ha detto in televisione: “Se la forza del vostro esercito è pari a quella del nemico, combattete con forza, altrimenti ritiratevi”, dice Sun Tzu. E cosi, ad esempio, fecero i vietcong contro gli americani, o i barbudos contro Fulgencio Batista. Si chiama “tecnica di guerriglia”, ed è contemplata in ogni manuale di strategia militare che si rispetti. Ma l’ “amerikano” Castelli evidentemente non lo sa. Come secondo passaggio, si potrebbe consigliare al saccente ministro “Il manuale pratico del rivoluzionario italiano” di Carlo Bianco di Saint Jorioz, mazziniano rivoluzionario teorizzatore della guerra d’insurrezione per bande, e “Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” di Mao Tse Tung.

Purtroppo per Castelli, il primo è cinese (che di questi tempi non va di moda presso il pueblo leghista); il secondo è un risorgimentista mazziniano (e come dice Bossi sono tutti massoni); il terzo è cinese e pure comunista. Oddio! Ma è possibile che un ministro della Repubblica Italiana vada in televisione a fare figure del genere? Come possiamo pretendere di essere presi sul serio quando ci presentiamo con Castelli? Il motivo di tutta questa ignoranza è dettato da una pratica di malaffare tutta italiana, ovvero di piazzare le persone non per capacità ma per motivi politici, per spartizioni post elettorali. Ed ecco che magicamente, un ingegnere che potrebbe non aver mai fatto un esame di diritto, arriva ad occupare il ruolo di ministro della Giustizia. Con il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Tragico. L’altra figuraccia di Castelli, come se non fosse bastata questa, è stata quella di paragonare Napoli a Baghdad. Infatti secondo il Ministro si tratta soltanto di un problema di legalità: “a Napoli nel 2004 si sono verificati più morti per lo scontro tra i clan che non a Nassirya, città controllata dall’esercito italiano”. Quindi tutto a posto. Noi siamo là soltanto per questioni di legalità. Strano che si occupi un paese per questioni di legalità. Ditelo anche agli sfortunati iracheni, non l’hanno mica capito. Infatti ai nostri bravi soldati li fanno saltare per aria. “Davvero il ministro della Giustizia di questo paese crede che “la situazione di Napoli è ben peggiore di quella di Nassiriya? Noi siamo ancora in attesa che lo smentisca”.

Questo il commento del responsabile Mezzogiorno della Margherita, Riccardo Villari, alle dichiarazioni fatte nel corso della trasmissione ‘Ballaro’ dal ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Dura anche la replica del governatore della Campania, Antonio Bassolino. Dunque per Castelli Napoli è peggio di Nassiriya. Ma Castelli è un ministro della Repubblica, e per di più ministro della Giustizia. Dipende anche da lui la lotta alla criminalità organizzata. Dipende anche da lui il funzionamento della Giustizia, la quantità e qualità di mezzi e di risorse a disposizione dei magistrati, oltre che l’elaborazione di norme capaci di assicurare certezza delle pene e non, invece, più facili prescrizioni di reati gravi. Che dire, che tristezza?”. Da dire ce ne sarebbe molto, altro che tristezza. A scuola si deve ritornare, caro Ministro, se non si vuole più fare figure del genere.
Cristiano Tinazzi
Fonte:www.rinascita.info
10.03-05

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