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RIDIMENSIONARE O CAMBIARE ? UNA CONVERSAZIONE CON NOAM CHOMSKY
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A cura di Das schloss
Il 27 Gennaio 2011
101 Views
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DI MICKEY Z.
Dissident Voice

Se da una parte Noam Chomsky non ha bisogno di presentazioni, ciò non significa che un’intervista a lui debba per forza seguire uno schema. Perciò dopo averlo visto in un video titolato Are We Running Out of Oil?(Il petrolio sta finendo?) ho deciso di intraprendere una conversazione sul futuro…o forse sulla mancanza di un futuro.

Cosa può succedere se gli attivisti non si dovessero dare una mossa e provocare cambiamenti radicali al modo in cui l’umanità vive? Ovviamente, Chomsky e io concordiamo sul fatto che sarebbe bene operare quel cambiamento per conoscere la risposta a questa domanda. Su alcuni punti invece, non siamo d’accordo.

Ecco com’è andata la nostra chiacchierata.

Mickey Z.: Ho visto di recente un video sul cambiamento climatico e lei era tra gli intervistati. Lei ha cupamente definito le recenti elezioni come “il rintocco delle campane a morto” dell’umanità e ha detto che possiamo dare “l’addio alla nostra specie”. Ho letto le sue opere per decenni e non ricordo di aver mai letto un linguaggio del genere. Secondo lei, l’umanità ha aspettato troppo per agire? Pensa che possiamo/dovremmo ridimensionare la nostra cultura industriale prima che lo faccia essa stessa?Noam Chomsky: Se ho detto che le elezioni sono state il rintocco delle campane a morto, ho ecceduto. Ma ritengo sia giusto dire che esse minacciano di esserlo. Anche la stampa affaristica è preoccupata. Bloomberg Business Week ha dichiarato che le elezioni hanno fatto eleggere dozzine di persone che negano il cambiamento climatico, facendo crescere il sostegno per il senatore James Inhofe, che ha dichiarato che “il surriscaldamento globale è la più grossa bufala mai propinata al popolo americano” e che le elezioni gli “hanno reso giustizia”. È probabile che abbia festeggiato anche l’ascesa del deputato John Shimkus che assicura che Dio eviterebbe le conseguenze disastrose del cambiamento climatico; difficile trovare dei suoi consimili in altre società. E probabilmente sta anche celebrando anche il sondaggio secondo cui in questo momento appena un terzo degli americani crede che l’attività umana sia una delle cause del riscaldamento globale – molto verosilmente il risultato di un’enorme offensiva propagandistica delle corporazioni, apertamente annunciata per raggiungere questo risultato. È importante tenere a mente che quelli che orchestrano le campagne sanno bene, come d’altra parte noi stessi, che la “bufala” è reale e minacciosa, ma loro svolgono il loro ruolo istituzionale: massimizzare i profitti di medio termine e mettere da parte le ‘esternalizzazioni’, in questo caso il destino della specie. Modificare in profondità le istituzioni della società non è una sfida da poco. Questa convergenza di fattori dovrebbe fungere da oscuro segnale. Se gli Stati Uniti continuano a trascinare i piedi nell’affrontare questi gravi problemi, il resto del mondo avrà ancora meno incentivi per procedere a stabilire misure serie. Non credo che questo implichi il ridimensionamento della cultura industriale. Piuttosto, la conversione ad una forma sostenibile per soddisfare le esigenze degli esseri umani, non del profitto dei privati. Per esempio i treni ad alta velocità e la tecnologia solare non ridimensionano la cultura industriale.

MZ: Quando parlo di “ridimensionare la cultura industriale”, in realtà sto suggerendo che qualunque stile di vita basato sull’estrazione sfrenata di risorse è per definizione non sostenibile. Quindi io respingerei l’idea che “soddisfare le necessità degli esseri umani” sia solo in parte la causa del perché ci ritroviamo in questa situazione anzitutto. Considerando che l’80% delle foreste è stato distrutto e che il 90% dei pesci grandi dell’oceano sono già spariti, forse abbiamo bisogno di una prospettiva più consapevole delle “necessità”?

NC: Risponderei sempre allo stesso modo. Le necessità degli esseri umani sono soddisfatte da stili di vita sostenibili, quasi per definizione, se gli umani includono le generazioni a seguire. E spostarsi verso tecnologie come treni ad alta velocità invece di massimizzare l’uso del carburante fossile, e verso l’energia solare, non costituisce una “estrazione sfrenata di risorse”.

MZ: In realtà mi riferisco ai bisogni non strettamente umani. Non possiamo sopravvivere senza un eco-sistema funzionante e la maggior parte dei suggerimenti accettati – beni riciclati, lampadine CFL ecc. – è poco significativa ed è troppo tardi. In qualità di osservatore della mutevolezza della cultura umana, lei prevede che gli americani sono pronti a fare i cambiamenti e i sacrifici necessari per garantire il futuro alle ‘generazioni venture’?

NC: Dipende da cosa intende lei per “bisogni non strettamente umani”. Un eco-sistema funzionante è un bisogno umano. Sta forse pensando ai bisogni di non umani come gli animali? Per esempio degli scarafaggi? Loro probabilmente sopravviveranno qualunque cosa noi provochiamo all’eco-sistema. Sono d’accordo che raccomandazioni generiche sono troppo poco. Ma se è troppo tardi allora davvero possiamo darci l’addio. Ma secondo me è una previsione troppo fosca. Sul fatto che gli americani possano essere pronti, è difficile essere ottimisti. Di fatto il trend attuale va verso la direzione opposta, come dicevo prima.

MZ: Se lei non è ottimista circa la capacità di cambiare da parte degli americani, in cosa la sua previsione è meno ‘fosca’ rispetto alla mia?

NC: Perché non essere ottimisti è ben diverso da ritenere che tutto è finito. Ci sono ancora delle possibilità. Se pensiamo che la partita è finita, allora non varrebbe nemmeno la pena parlarne.

MZ: L’unica partita che credo sia finita è la diffusa opinione che qualche aggiustamento e cambiamento possano fare la differenza. Quello che sinceramente mi domando è: quali sono le opzioni rimaste?

NC: E su questo siamo d’accordo. Le opzioni che rimangono sono iniziative molto più incisive e di ampia portata, e quanto prima meglio.

MZ: Allora ritorniamo alla mia osservazione iniziale circa il ridimensionamento. I treni ad alta velocità richiedono attività non sostenibili e tossiche come estrazione mineraria ecc. L’energia solare è ovviamente meglio dei combustibili fossili ma non è più interamente sostenibile se è usata solamente per sostituire i combustibili fossili per supportare una cultura tecnologico-industriale non sostenibile. Per quanto riguarda gli scarafaggi di cui lei ha parlato, lei sicuramente sa che le api stanno scomparendo grazie alla stessa cultura umana. Quindi le chiedo che cosa intende in particolare per iniziative incisive e di ampia portata di cui abbiamo bisogno.

NC: Le api stanno scomparendo ma non gli scarafaggi. La scelta oggi non è tra eliminazione del trasporto e lo spreco dei combustibili fossili ma tra forme di trasporto più e meno inquinanti. Stesso discorso per l’energia solare. Non ha senso discutere di opzioni che non hanno la benché minima possibilità di essere attuate e che, se lo fossero, sarebbero pesantemente rovinose. Quel che si deve fare oggi è (1) conversioni su larga scala (weatherizing, ecc.), (2) un cambiamento profondo per migliorare l’efficienza nel trasporto, come i treni ad alta velocità, (3) serie intenzioni di spostarsi verso l’energia sostenibile, probabilmente solare in un termine relativamente lungo, (4) altre misure realizzabili. Se fatto in maniera efficace, questo potrebbe bastare per evitare il disastro. Se no, allora saremo spacciati, perché non ci sono alternative in questo mondo, almeno non tra quelle che ho visto finora.

Inoltre, non so come possiamo opporci ai treni ad alta velocità a causa dei costi ambientali e altri costi senza considerare le conseguenze umane e sociali che la radicale eliminazione del trasporto comporterebbe.

MZ: Io invece mi oppongo perché credo che “i costi ambientali e altri costi” sono virtualmente indistinguibili dalle “conseguenze umane e sociali”. Preservare il sistema non sostenibile che ha messo a rischio la vita sulla terra, secondo me, comporta conseguenze potenzialmente peggiori che iniziare il processo di smantellamento di quel sistema. Nemmeno remotamente si può desiderare alcuna delle due opzioni ma solo una opzione accetta l’inerente natura distruttiva delle infrastrutture industriali allo stato attuale.

NC: La sua risposta illustra in modo esatto il problema che io vedo costantemente. Lei ha certamente diritto alla sua opinione ma così come è formulata non risulta molto convincente. Mi spiace che lei non veda che il suo commento non riguarda la questione.

MZ: Mi spiace che lei non veda come invece la riguarda.

NC: Allora siamo d’accordo.

MZ: Anche se abbiamo continuato a parlare, la nostra intervista è finita qui. Comunque, sarebbe stata una mia negligenza non esprimere il mio forte dissenso all’idea che “non ci sono alternative in questo mondo” alle quattro opzioni elencate da Chomsky prima.

Sappiamo bene che ci sarebbe molto di più da fare per ognuno di noi – in questo momento – e l’unico motivo per cui tanti pensano che queste tattiche non hanno “la benché minima possibilità di essere attuate” è che molti attivisti non riescono a guardare aldilà delle “necessità umane” (non-indigene) e/o hanno il coraggio di cambiare drasticamente. Secondo me, l’opzione più “pesantemente rovinosa” (per dirla con Chomsky) è quella di mantenere la struttura che ora sta minacciando la vita sul pianeta.

Mickey Z. è probabilmente l’unica persona sulla terra che è comparsa in un film di karate con Billy “Tae Bo” Blanks e in un libro di politica con Howard Zinn. Ha scritto 9 libri – il più recente Self Defense for Radicals e il suo secondo romanzo, Dear Vito – che si possono trovare in Rete.

Titolo originale: “Downsize or Modify? A Conversation with Noam Chomsky

Fonte: http://dissidentvoice.org
Link
19.01.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI

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