DI FILIPPO DEL LUCCHESE
uninomade.org
Colpisce (fuor di metafora, è inutile dirlo) la somiglianza di ciò che accade in questi giorni in Italia e in Gran Bretagna. Roma e Londra sono in fiamme. Nessuno sa o può ancora dire quale sarà lo sbocco di queste crisi. La confusione è grande sotto il cielo, soprattutto per le molteplici convergenze, più o meno spontanee, che in entrambi i paesi sembrano oggi tanto possibili quanto necessarie: gli studenti, i precari, gli operai, i terremotati, i truffati, e chi più ne ha più ne metta.
Colpiscono tuttavia anche le differenze. La confusione si riflette nel discorso pubblico e ufficiale, soprattutto qui in Gran Bretagna, dove le parole hanno ancora un senso, e dove la memoria (delle promesse, per non dire degli impegni elettorali) non si spegne così facilmente. In Italia, tutto è catalogato senza alcuna esitazione, nel momento stesso in cui avviene (cfr. l’articolo di Gigi Roggero, Il fuoco della conoscenza), con i teppisti e gli spettri degli anni ’70 sulla piazza, e i franchi “traditori” in aula.
Nella foto: Ollie MooreI portavoce dell’ordine britannico, invece, esitano e balbettano, alternando parole minacciose e rapide marce indietro di fronte a palesi contraddizioni. «Come in Irlanda – dichiarano ai giornalisti (perché qui la polizia rende conto ai giornalisti) – pensavamo di usare cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti. Ma poiché siamo “civili”, e poiché si tratta di studenti, abbiamo deciso di non farlo». Le parole sfuggono di mano: il messaggio rassicurante di un ordine pastorale che protegge e perdona (fino a un certo punto) i ragazzacci, passa in secondo piano, mentre la rabbia monta ancora di più: «ma veramente – si domandano anche i più moderati – pensano di poter trattare questa piazza come hanno trattato per decenni l’Irlanda?!?»
Anche internet ci mette lo zampino. I responsabili della polizia negano risolutamente che siano avvenute delle cariche, e queste si materializzano magicamente su youtube. È la nuova geniale tattica della Metropolitan Police: prima chiudere i manifestanti in una piazza, senza lasciare alcuna via d’uscita, e poi caricare a cavallo… lo chiamano Kettling, dal latino catillus, vicino anche al “corralling”, la recinzione riservata agli animali. Ai cultori della zoopolitica il gusto di indagare in questa direzione. Per chi parla la lingua di Hegel, invece, vale la pena ricordare Stalingrado, e il destino riservato al Kessel: c’è poco da stare allegri, se queste sono le metafore che ha in mente la polizia britannica.
Tuttavia, da questa confusione in cui si intrecciano il linguaggio ufficiale e quello mediatico, come uno scherzo del destino, emergono talvolta schegge di lucidità. Spesso non volute, ma involontariamente evocate. Microstorie, che talvolta dicono di più delle lunghe pagine di analisi. Così il 15 dicembre appare sulle pagine dei giornali la foto di un ragazzino biondo e ben vestito, con camicia abbottonata fino al collo e barbour d’ordinanza. Un ragazzino per bene che, un po’ suo malgrado – dicono in coro i tabloid – indossa un casco della polizia, alza il medio e posa per i giornalisti davanti a una camionetta devastata dai “teppisti”.
Il suo nome è Ollie Moore, e apprendiamo che per esser finito sui giornali in quel modo, esposto al pubblico ludibrio, la mamma e perfino la fidanzata sono molto arrabbiate con lui. Ollie è disperato, perché in realtà è arrivato la mattina in treno dalla provincia, e si è trovato senza neanche sapere come in mezzo alla manifestazione, e ha cominciato a gridare di rabbia e a distruggere la camionetta della polizia.
I giornali sono unanimi: Ollie è dispiaciuto, pentito, contrito. La sua vita è rovinata per quella foto (vabbè, un po’ di esagerazione ci vuole, per vendere il prodotto). Toccherà sperare che la mamma e la fidanzata lo perdonino, e che il barbour non si sia sciupato negli scontri (certo è che, in quel momento di gloria, mica ci ha pensato tanto alla mamma e alla fidanzata). Non sfugge la logica giornalistica: quando il caos irrompe nella piazza, quando la violenza si scatena come è avvenuto in questi giorni, la razionalità va in crisi. Anche un ragazzino per bene come Ollie può diventare violento. Così come lui stesso non capisce cosa ci faceva in mezzo alla manifestazione, anche noi non ci capiamo più nulla, e restiamo con l’immagine – completamente svuotata di senso politico – dell’auto distrutta e del biondino inferocito, con quel casco un po’ troppo grande per la sua testa. Già… ma che ci faceva Ollie a Londra, così ben vestito?
È qui che la stampa, senza volerlo, offre un dettaglio di troppo. I media ufficiali sono davvero impegnati in una “campagna” ermeneutica al tempo stesso sottile e difficile nel confezionare il significato degli scontri e di una partecipazione di massa alle manifestazioni e a un movimento che non si vedeva da molto tempo nel regno. Dare un significato alla violenza significa sottrarle ogni senso e razionalità. Ollie passa di lì per caso, e si presta bene a quest’operazione. Ma qui emerge il dettaglio: Ollie, 17 anni e ben vestito, è in città per un colloquio di lavoro! Ha già lavorato in passato (ma a che età?!?) per Nutterjack, vendendo Adidas, Nike e Kickers, e adesso cerca qualcos’altro per tirare su un salario. Ecco perché è importante la camicia buona quella mattina.
Ma allora tutta la logica dei giornali salta… l’informazione ci viene data perché gli ex-colleghi di Ollie possano dichiarare che il ragazzino non ha mai causato problemi (di nuovo: l’esplosione dell’irrazionalità senza causa o motivo apparente). Ma da qui ci è impossibile frenare l’immaginazione: non sarà mica, allora, uno di quei tanti, tantissimi precari che saltano da un posto (mal pagato) all’altro (pagato ancora peggio)? Non sarà mica, Ollie, incazzato nero per essersi dovuto alzare alle 5, prendere il treno dei pendolari per Londra, per andare a elemosinare un salario, in cambio di un lavoro che gli fa schifo? Perché se è così… nonostante quello che lui stesso ha dichiarato, non era mica del tutto “per caso” che si è ritrovato in mezzo a quella manifestazione. Oppure, dovremmo piuttosto dire che la manifestazione è passata “per caso” davanti a Ollie, e ha incontrato lui e quelli come lui. E forse quella rabbia scatenata sulla camionetta non era poi così diversa da quella delle migliaia e migliaia di suoi coetani intrappolati con lui nel kettle. Quelle migliaia di coetanei sotto attacco, che con l’aumento delle tasse universitarie (già altissime in Gran Bretagna) non potranno più studiare.
La microstoria di Ollie ci fa sorridere ma ci fa anche pensare. Cosa accade quando la microstoria diventa paradigma? Per chi sa leggerla, non veicola sicuramente più il messaggio che voleva far passare chi l’ha confezionata. Ollie non appartiene al black block. Peggio ancora: non c’era nessun black block in giro! Ollie non ne può più, punto e basta. Come non ne possono più le migliaia di studenti, precari ed operai che si mettono il casco e vanno alla manifestazione. A Londra come a Roma. È di una nuova composizione che ci parlano queste piazze e queste storie. Ascoltiamole…
Filippo Del Lucchese
Fonte: http://uninomade.org
Link: http://uninomade.org/ribelli-per-caso/
17.12.2010