EUGENIO ORSO
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Posso sbagliarmi, ma la mia impressione è che se l’Italia apparentemente “cambia verso” con Renzi, pur non cambiando i vincoli esterni alle politiche economiche, ai “cento giorni per cambiare” seguirà una sonora botta in testa, un forte rigurgito di crisi e la ripresa in grande stile del massacro fiscale e occupazionale, che subirà un’altra accelerazione (com’è accaduto con il governo Monti). Perché sostengo questo? Di seguito cercherò di spiegarne le ragioni.
La nuova legge elettorale è cosa quasi fatta, pur con limitazioni e qualche incertezza, perché in odor d’incostituzionalità quanto la precedente. Non mi riferisco a cazzate come le “quote rosa” bocciate dalla camera, che sono un subdolo espediente per far scordare al popolo bue i veri problemi. Tanto per intenderci, mi riferisco a cosette come il ricco premio di maggioranza in termini di seggi (15% con il 37% dei voti), che dovrebbe assicurare la governance liberaloide.
Seguiranno lo JobsAct, che Renzi da lunga pezza va sbandierando ai quattro venti, ma che rappresenterà un’”ufficializzazione” della precarietà in ingresso nel mondo del lavoro, e la questione del taglio del cuneo fiscale – 10 miliardi di euro in più per i più bassi redditi di lavoro dipendente – con ampio respiro propagandistico, ma forse, una volta tanto, con qualche effetto concreto. Gli agognati e pubblicizzati 1.000 euro in più all’anno per chi guadagna (fino a) 1.500 euro netti il mese, se ci saranno non saranno disponibili in busta paga prima di maggio. Tutto un accavallarsi di riforme eterogenee e provvedimenti per i quali bisognerà definire la copertura, cioè chi paga, o dove si taglia in termini di spesa pubblica (ma a questo ci pensa l’ex fmi Cottarelli). Tenendo in debito conto, però, che da Monti in poi le linee di politica strategica sono sempre quelle fissate a suo tempo dalla bce, tali da rendere la “coperta delle coperture” sempre più corta. Resta ancora in piedi il problema della sorte del senato, che secondo alcuni potrà “affossare” il governo Renzi.
Il mio sospetto è che anche in questa occasione si stia giocando sporco, molto sporco. Di mezzo ci sono le elezioni per il parlamento europide, che questa volta acquisteranno il valore di termometro della febbre antieuropoide in Europa. Per quanto il vero governo della falsa Europa sia saldamente nelle mani della famigerata commissione e dell’altrettanto famigerata bce, che non consentiranno – in accordo con i crucchi – di derogare al rigore contabile, un parlamento invaso da “populisti”, nazionalisti, antieuro e simili potrebbe non far piacere ai padroni del vapore. Tanto più che ciò potrebbe preludere a una consistente affermazione delle predette forze nei parlamenti nazionali. Anche l’Italia, per la quale la presidenza di turno europoide scatta il 1° di luglio, potrebbe essere a rischio, nel caso di affermazioni (impreviste?) dei poco graditi m5s e lega.
Per ora, si da pieno corso ai primi cento giorni di riforme dell’esecutivo Renzi, magari mettendo in tasca ai lavoratori dipendenti qualche spicciolo per non farli morir di fame, però con il monito che ci viene dal detto popolare “passata la festa, gabbato lo santo”. Infatti, le elezioni per il parlamento europide si terranno a fine maggio (fra il 22 e il 25, se ricordo bene) e al primo luglio l’Italia subentrerà alla Grecia nella presidenza del consiglio unionista, mantenendo la carica per sei mesi. Significativo che la commissione europoide, con Olli Rehn agli affari economici e monetari, ha ricordato senza mezzi termini, bocciando le manovre renziane, che l’Italia è un “sorvegliato speciale” obbligato a ridurre il debito pubblico, e che a giugno si tireranno le conclusioni. Questi tre elementi, considerati congiuntamente, sono utili per comprendere dove si andrà a parare e con quali tempi.
Indipendentemente dal fatto che il senato scompaia dalla faccia della terra, o che gli si attribuiscano in tempi brevi funzioni diverse da quelle della camera, dopo maggio il rito elettorale in Europa si sarà concluso e i seggi assegnati, compresi i 73 italiani. Subito dopo la commissione euronazi sarà presumibilmente durissima con l’Italia, per le enormi dimensioni raggiunte dal debito pubblico e per gli insufficienti tagli di spesa, imponendo politiche rigoriste ancor più stringenti e letali. A rischio la discesa progressiva del debito, il rispetto del solito 3% deficit/ pil, e quindi la sacra eurozona, che è il nuovo sacro romano impero germanico-monetario. Probabile che lo spread btp/bund riprenderà a salire, magari fino a cinquecento o seicento punti, e che i Mercati&Investitori puniranno duramente l’Italia con la speculazione. Si renderanno perciò necessari interventi drastici, in tempi brevi. Ben oltre la “spending review” per il 2014 del censore Cottarelli. Privatizzazioni a tappeto di aziende pubbliche e municipalizzate, per fare cassa svendendo a buon mercato, altri tagli alle pensioni, tagli ai servizi pubblici e aumenti delle tariffe, aumenti delle aliquote iva, prelievi sui risparmi, patrimoniali, e chi più ne ha più ne metta. Altro che cantieri di lavoro per ristrutturare tutte le scuole d’Italia, con incentivazione degli insegnanti! Deflazione e disoccupazione saranno ancora dietro l’angolo, più minacciose che pria. Le elezioni politiche, con la legge elettorale per la camera nuova di zecca (e forse, ma molto forse, con la riforma del senato), non ci saranno almeno per un annetto, a causa del semestre italiano di presidenza europea che “sconsiglierà” il ricorso alle urne e dell’emergenza economico-finanziaria.
Dopo le elezioni per il parlamento europide, a partire da giugno del corrente anno, ci si troverà davanti a una situazione senza scampo, di lacrime, sangue, sacrifici e tagli, che vanificheranno le piccole regalie renziane (se veramente nel frattempo ci saranno) ai lavoratori dipendenti con bassi redditi. Del resto, sulle “regalie” al lavoro sottopagato ci potrà essere una marcia indietro già nel 2015, se il precipitare della situazione lo richiederà.
Quale governo potrà dare il colpo di mannaia finale al paese, abbassando la testa davanti al probabile diktat di Barroso, Olli Rehn e della commissione euronazi? Un secondo esecutivo Renzi, appoggiato da forza italia con il pretesto dell’emergenza? Oppure un governo tecnopolitico, con ampia maggioranza dal pd a fi in ossequio al nuovo “arco costituzionale”, guidato da una personalità esterna al parlamento, ma diversa da Renzi? Più probabile la seconda soluzione, perché Renzi non potrà rimangiarsi tutte le sue promesse – crescita, occupazione, “battaglia in Europa” per allentare il rigore, eccetera – con politiche rigoriste, depressive e deflattive in pieno precipitare della crisi. A quel punto, quando la situazione si farà dura e i duri cominceranno a giocare, il “sindaco d’Italia” si sarà bruciato, le sue ciance e le sue promesse non faranno più presa sui gonzi. Poco importerà, perché le elezioni si rinvieranno “sine die” e qualcun altro potrà sostituire in tempo utile Matteo Renzi, nel ruolo di specchietto per le allodole piddino.
Ci sarebbe ancora una domanda: chi sarà il nuovo presidente del consiglio, con tutta probabilità esterno al parlamento? Una “grande personalità”, apprezzata in Europa e in America, come Mario Draghi? Qualche altro aspirante “proconsole”, gradito alla grande finanza occidentale? Certo, la risposta è in tal caso importante, ma le élite euroglobali non hanno un solo nome a disposizione, per governare l’Italia. La loro forza è che hanno sempre più di un’alternativa … e purtroppo molti servitori.
Eugenio Orso
pauperclass.myblog.it
Link: Renzismo, riforme e prossimo governo d’emergenza di Eugenio Orso
13.03.2014