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La Redazione

 

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REAGAN D’ITALIA

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A cura di Davide
Il 4 Luglio 2006
22 Views

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DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek

Una decina di anni fa, in televisione, vidi un sorridente Gianni Agnelli proclamare quella che sarebbe diventata una frase famosa: “certe riforme di destra può farle meglio la sinistra”.

L’espressione ha un senso immediato e ovvio. Se Berlusconi avesse deciso di licenziare diecimila insegnanti iscritti alla CGIL, avrebbe suscitato un movimento di protesta di milioni di persone. Se per avventura Prodi dovesse fare la stessa cosa, gli basterebbe probabilmente minacciare gli stessi insegnanti con l’imminente “ritorno di Berlusconi” per ottenerne le dimissioni volontarie.

Ma in questi giorni, cogliamo un aspetto diverso della sentenza di Agnelli.Come saprete, il centrosinistra, guidato dal ministro Bersani, sta conducendo un’aggressiva riforma contro un certo corporativismo tipicamente italiano. Ovviamente, Prodi non tocca i grandi ordini dei notai o degli avvocati, né gli interessi delle assicurazioni o delle banche. Colpisce invece alcune categorie che sono costituite per definizione da piccoli individui: i tassisti e i farmacisti.

Le “riforme di sinistra” avevano, una volta, la caratteristica di costringere il capitale a venire a patti con gli esseri umani, contro la stessa logica dell’economia. Concedendo ad esempio le otto ore lavorative, o la parità di diritti tra uomini e donne.

Questa riforma va nel senso esattamente opposto, sostituendo l’individuo con il capitale. Domani, grazie all’onorevole Bersani, io, traduttore di manuali tecnici, avrò il diritto di comparmi un taxi. Con la stessa libertà, però, una finanziaria potrà acquistarne diecimila, farli guidare da cooperative di senegalesi precari, e mandare in rovina non solo me, ma anche i tassisti storici, oltretutto indebitati a vita per l’acquisto di licenze ormai inutili.

Non sto cercando di dire che questa particolare riforma sia sbagliata. Né intendo difendere l’esistenza di quei particolari privilegi (spesso ereditari) di cui godono figure sociali come i tassisti e i farmacisti.

Quello che è interessante è che il loro status privilegiato è legato a condizioni che hanno qualcosa di poco capitalistico.

E’ difficile diventare farmacista o tassista, ma una volta che lo si è diventati, si gode di una forma particolare di protezione; non è permessa l’accumulazione di mezzi di produzione – nessuno può possedere una catena di farmacia o una flotta di taxi; e si è obbligati a fornire una serie di servizi in maniera anche antieconomica: nel caso specifico dei farmacisti, ad esempio, la competenza, una diffusione regolata sul territorio, la detenzione obbligatoria di almeno il 90% delle specialità in commercio.

Margaret Thatcher e Reagan si sono fatti un nome, combattendo contro i privilegi corporativi o sindacali, in nome del libero flusso del capitale.

Questa, da allora, è l’idea forte della destra: mobilitare i non garantiti contro i garantiti, i pony express contro i minatori sindacalizzati, i viaggiatori contro i controllori di volo, i consumatori contro i negozianti, e trasformare così l’egalitarismo di massa in una forza a sostegno della delocalizzazione o dei centri commerciali.

Ma in Italia, la destra non può osare nulla del genere. Perché la sua forza elettorale sta nella “gente che lavora”, cioè proprio nei tassisti, nei farmacisti, nei piccolissimi imprenditori, nei corporativi insomma, che nessun candidato si giocherà mai per realizzare grandi riforme.

Il centrosinistra, invece, non ha questo problema. Il suo elettorato è sostanzialmente diverso. La parte intellettuale ha un istintivo disprezzo per i bottegai. La parte popolare ritiene di avere tutto da guadagnare da un mondo con più centri commerciali e meno negozietti di quartiere.

Ecco che solo la sinistra può permettersi di introdurre il reaganismo militante in Italia.

In fondo, è quello che succede già nella Roma veltroniana, che ha affidato la sicurezza della metropolitana a una ditta israeliana, e che ha fatto aprire decine di giganteschi centri commerciali.

E forse riusciamo a capire meglio la spaccatura radicale della Confindustria, tra la base greve e rumorosa dei piccoli che sostengono con urlante fervore Berlusconi, e il lucido vertice, che ha dato il proprio appoggio al centrosinistra.

Purtroppo, la destra è troppo analfabeta per scrivere la storia di questi processi; e la sinistra troppo complice per farlo.

Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com/
Link: http://kelebek.splinder.com/1151984195#8577096
04.06.2006

P.S. Pare che alcuni mesi prima delle elezioni, sia stata costituita una grossa società denominata Fiat Autotrasporti, che non ha ancora definito la propria ragione sociale. Qualcuno ipotizza – non so se a ragione – un legame sia con la riforma Bersani, sia con la svolta prodiana della Confindustria e del Corriere della Sera. “Legame” ovviamente non significa un automatico rapporto di causa ed effetto.

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