DI HERMAN DALY
New Scientist
Ecco una storia salutare sulla Banca Mondiale. La prima stesura del suo Rapporto sullo Sviluppo mondiale del 1992, dedicato allo sviluppo sostenibile, conteneva un diagramma intitolato “Il rapporto fra economia e ambiente circostante”. Mostrava un rettangolo su cui era scritto “Economia” nel quale entrava una freccia che recava la scritta “inputs” ed un’altra freccia che usciva con la scritta “outputs”. Era fatto così.
Come economista decano del dipartimento relativo al mondo bancario avevo il compito di rivedere la stesura e dare suggerimenti. Dissi che quel diagramma era una grande idea, ma che questa doveva veramente includere il discorso ambientale. Infatti, come rappresentato, l’economia riceveva inputs da lontano e rispondeva proiettando indietro degli outputs.Suggerii di mettere un grande cerchio intorno al diagramma etichettandolo “ecosistema”. Così sarebbe stato chiaro che gli inputs rappresentavano le risorse attinte dal’ecosistema e gli outputs consistevano nelle scorie che l’economia restituiva all’ecosistema sotto forma di inquinamento. Questo ci avrebbe permesso di sollevare la questione fondamentale su quanto potrà ancora crescere l’economia prima di distruggere l’intero sistema.
Quando la seconda stesura tornò sul mio tavolo, attorno al diagramma originale era stato tracciato un grande rettangolo, simile a una cornice, senza alcuna scritta. Protestai dicendo che questo non cambiava nulla. Nella terza stesura il diagramma era sparito. L’idea che la crescita economica doveva essere condizionata dall’ambiente era troppo per la Banca Mondiale, nel 1992, e lo è tuttora. La banca aveva riconosciuto che nel diagramma c’era qualche cosa di sbagliato, ma era meglio togliere il grafico piuttosto che prendere in considerazione e discutere la problematica che quel disegno aveva sollevato
Fu allora che compresi che gli economisti non hanno afferrato un semplice fatto che per gli scienziati è ovvio: la dimensione della terra intera è fissa. Né la superficie né la massa del pianeta possono crescere o restringersi. La stessa cosa vale per la quantità dell’energia terrestre: la quantità assorbita dalla Terra è equivalente a quella che la terra irradia. La dimensione dell’intero sistema – la quantità delle acque, delle terre, dell’aria, dei minerali e di tutte le altre risorse presenti nel pianeta su cui viviamo – è fissa.
Il cambiamento più importante avvenuto in tempi recenti sulla Terra è stato l’enorme crescita dell’economia che ha richiesto una parte sempre più grande delle risorse planetarie. Nel corso della mia vita, la popolazione mondiale è triplicata, mentre il numero degli animali, delle automobili, delle case e dei frigoriferi è aumentato in modo ancor più esponenziale. Infatti la nostra economia ora sta raggiungendo il punto di rottura, cioè il momento in cui la corsa allo sviluppo supererà la sostenibilità terrestre. Le risorse si stanno esaurendo e i depositi di rifiuti si stanno colmando. Il resto del mondo naturale non può sopportare ancora a lungo l’economia esistente, e nondimeno essa continua ad espandersi.
L’economia è simile a un organismo affamato e in costante crescita. Esso assorbe la migliore qualità delle risorse naturali quali gli alberi, i pesci e il carbon fossile, trasformandole in energia e in cose utili, ed espelle rifiuti tossici come i gas prodotti dagli allevamenti, scorie della metallurgia e acque sporche. Le principali filosofie di pensiero degli economisti sono più interessate al sistema della circolazione del settore, a come distribuire in modo efficiente l’energia e le risorse, mentre tende a ignorare il suo sistema di smaltimento.
Come dimostra ciò che ho sperimentato con il diagramma, restano ignorate le fonti delle risorse che l’economia consuma e le discariche nelle quali essa deposita i rifiuti. Effettivamente pare che gli economisti presumano che entrambe siano infinite.
Perciò essi ammettono che non ci sono limiti alla possibilità della crescita economica. In un rapporto pubblicato all’inizio di quest’anno, la Commissione per la crescita e lo sviluppo, ha riesaminato le esperienze e le politiche economiche di 13 Paesi, inclusi la Botswana, il Brasile, la Cina, il Giappone i quali sin dal 1950 sono cresciuti ad una media annuale del 7 per cento per 25 anni o più. La commissione ha suggerito ciò come un esempio da seguire. Se l’economia globale dovesse crescere a questo veloce ritmo, allora nell’arco di 25 anni il sistema si quintuplicherebbe. Essi non dicono che cosa potrebbe accadere in seguito a ciò; presumibilmente dovremmo semplicemente continuare a fare ancora la stessa cosa.
Generalmente quando il costo di un’attività comincia a superare qualsiasi beneficio, smettiamo di effettuarla. Ha senso comperare un gelato se questo ci procura piacere e soddisfa la nostra fame. Tuttavia, quando ne abbiamo mangiati due o tre, non ne comperiamo più perché, benché il loro gusto sia gradevole, cominciamo a sentirci pieni. Questo “pulsante di spegnimento” non funziona per l’intera economia anche perché il nostro bilancio nazionale non separa il costi dell’economia dai benefici. Al contrario essi vengono entrambi calcolati nei contesto del Prodotto interno lordo del paese. Ad esempio valutiamo desiderabile sia la crescita sia le attività che provocano inquinamento che le costose attività per eliminarlo. E quando il taglio degli alberi e la vendita del legname aumentano il Pil, non sottraiamo nulla per la perdita delle foreste.
Quando il costo di un’attività supera i benefici, dobbiamo smettere.
Il trend di crescita dell’economia globale si sta avvicinando ai limiti massimi che il nostro pianeta può sopportare. Se gli oceani si svuotano di pesci, le foreste si riducono per l’abbattimento e per il livello dell’inquinamento e aumentano i gas che producono l’effetto serra, i costi sociali e ambientali relativi ad una ulteriore crescita si intensificheranno fino a che raggiungeremo un punto in cui il prezzo che pagheremo per ciascuna unità di crescita extra diverrà maggiore dei benefici che questa potrà portare.
Infatti è evidente che noi abbiamo superato questo punto, almeno in paesi ricchi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Poiché la valutazione del nostro Pil non dice se ciò sia o meno accaduto, gli studiosi hanno individuato il modo di seguire le tracce di altri potenziali indicatori come la salute, il benessere e lo stato del nostro sistema ambientale. Ciò include l’indice dell’andamento dell’Economia sostenibile, l’indicatore del progresso genuino, L’impronta ecologica e l’Indice del Pianeta felice. Hanno scoperto che mentre il Pil sale tutti questi indicatori sono spianati o anche in declino. La crescita economica è già in grado di renderci più poveri anziché più ricchi.
Fino a quando il nostro sistema economico si baserà sul finanziare prima di tutto la crescita, continueremo a guidare la terra verso il disastro ambientale ed economico. Per evitare questa sorte, dobbiamo spostare la nostra attenzione da una crescita quantitativa ad uno sviluppo qualitativo, e porre severi limiti al ritmo con cui consumiamo le risorse della Terra. In un simile andamento controllato dell’economia, il valore delle merci prodotte può ancora crescere, ad esempio attraverso l’innovazione tecnologica o tramite una migliore distribuzione, ma l’andamento di crescita della nostra economia deve essere mantenuto ad un livello che il pianeta sia in grado di sostenere. Siamo in grado di trasformare la nostra economia dallo stato di un aeroplano che vola in avanti ad un elicottero che volteggia sospeso, senza crollare? Dopo 200 anni di un’economia in crescita, è difficile immaginare come potrebbe essere una economia controllata, ma questo non deve essere considerato come un raggela mento oscurantista sotto una tirannia comunista (consultate “Life in a land without growth” la vita in una terra senza crescita). La maggior parte dei cambiamenti potrebbe avvenire gradualmente, a mezz’aria. L’idea di andare verso una economia controllata, a molti sembrerà qualcosa di radicale, forse politicamente impossibile. Ma l’alternativa, cioè una macro economia che strutturalmente ha richiesto una crescita massiccia che oltrepassa i limiti biofisici della Terra, è un’assurdità e conduce ad un crollo finale. Prima che giungiamo a questo limite fisico radicale, stiamo già raggiungendo i limiti economici in cui i benefici di una crescita extra vengono sempre più superati dai costi.
Herman Daly è uno dei decani nel campo dell’economia ecologica, ed afferma che la portata della crescita economica deve essere mantenuta entro limiti sostenibili. E’ stato l’economista anziano della banca Mondiale nel dipartimento per l’ambiente dal 1988 al 1994, ed ora è docente di economie ecologiche nell’Università del Maryland
Fonte: www.newscientist.com
Link http://www.newscientist.com/article/mg20026786.300-special-report-economics-blind-spot-is-a-disaster-for-the-planet.html?full=true
15.10.08
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PAOLA BOZZINI
L’articolo è tratto dal Magazine “New Scentist pagg. 46 – 47