RAGAZZE PON PON CON GLI OCCHI A MANDORLA – GIOCHI OLIMPICI A PECHINO

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DI ANTONELLA RANDAZZO

In Cina è stata avviata una grandiosa propaganda sul modello americano in occasione delle prossime olimpiadi.
Nei filmati dei cinque registi scelti per propagandare l’evento appaiono ragazze pon pon, bambini che ridono, amici che si ritrovano dopo tanto tempo, palloncini che volano, ragazze e bambine che ballano, e gente di ogni età che sorride felice.
Le autorità cinesi hanno visto l’assegnazione dei Giochi olimpici come un’occasione da non perdere per offrire l’immagine di una presunta Nuova Cina, ricca, moderna e potente, senza però svelare i retroscena assai più inquietanti della realtà cinese.

Ormai da tempo molti cinesi del ceto alto e medio stanno facendo propri gli stessi criteri delle persone occidentali. Nel modello propagandato dalle autorità occidentali c’è il ricco e il povero, c’è il bello che diventa “Vip” e il brutto che rimane persona “comune” (a meno che non sia parente di persone importanti). All’interno di questo sistema si ambisce alla ricchezza e si diventa sempre più insensibili alla sofferenza umana. In Cina oggi molti giovani sognano di diventare modelli, attori, e di avere ricchezza e popolarità. Molti accettano cinicamente un assetto fondato sull’ingiustizia e sulla sopraffazione, impegnati ad inseguire le “opportunità di successo” o la “popolarità”.
Come in Occidente, le autorità cinesi impongono un sistema in cui non conta il benessere dei cittadini ma il prestigio nazionale, non contano l’uguaglianza e la giustizia, ma il potere di alcuni, non conta la sofferenza della maggioranza, ma la ricchezza della minoranza.
Ovviamente, nella propaganda dei Giochi olimpici non appaiono le migliaia di persone che hanno perso la casa a causa dei lavori per gli stadi, o gli operai che hanno lavorato per tante ore al giorno in cambio di salari da fame, o addirittura in cambio di nulla.
Molti lavoratori cinesi si sono recati a Pechino per lavorare alle opere olimpiche, ricevendo stipendi da fame, e in certi casi non hanno ricevuto alcuno stipendio. Infatti, dato che in Cina non esiste di fatto alcuna tutela del lavoratore, alcune ditte posticipano i salari e dopo alcuni mesi si rifiutano di pagare. Scrive “Asianews”: “Da anni in Cina i migranti non sono pagati dai datori di lavoro, specie nel settore edile nel quale le imprese, finita l’opera, semplicemente spariscono… Un migrante del Jiangsu si è dato fuoco sulla piazza Tienanmen per protestare contro il governo e i capi della sua ditta, che non gli pagano il salario… Quello dei lavoratori non pagati è una delle piaghe più grosse della Cina di oggi. Secondo uno studio dell’università Renmin di Pechino, oltre il 90 % dei lavoratori migranti in Cina (almeno 150 milioni) non ha contratto e non riceve la paga in modo regolare. Anche se le direttive del governo impongono di pagare i lavoratori ogni mese, molti datori di lavoro falsificano le ricevute e non danno alcun salario, col pretesto di saldare ogni 6 mesi. Una volta che hanno in mano le ricevute finte, si rifiutano di pagare, senza alcuna possibilità per i dipendenti di avere giustizia. Alcuni lavoratori hanno fatto ricorso alla violenza ed hanno aggredito i datori di lavoro che non li pagavano, ma molti altri hanno deciso di portare l’attenzione sulla loro situazione suicidandosi”.(1)

Molte società straniere (specie statunitensi) fanno in Cina tutto quello che vogliono, e se qualche sindacato solleva obiezioni esse protestano dicendo che i sindacati sarebbero “un’emanazione del Partito comunista” perché in Cina non possono esserci sindacati liberi. In altre parole, fanno appello al sistema dittatoriale per giustificare ogni comportamento. Il paradosso è che i media occidentali disprezzano le caratteristiche dittatoriali del regime cinese senza però dire quanto esso è favorevole agli interessi di molte corporation occidentali.

Gli attivisti per i diritti umani, in occasione dei Giochi olimpici di Pechino, hanno fatto appello all’Occidente, ricordando che le promesse di migliorare la situazione dei diritti umani non sono state mantenute. L’associazione Chinese Human Rigths Defenders ha inviato una lettera aperta al presidente Usa George W. Bush e a quello francese Nicolas Sarkozy, firmata da moltissimi cinesi. La lettera dice:
“Il governo cinese non ha mantenuto le promesse fatte al Comitato olimpico internazionale, quando ha chiesto l’assegnazione dei Giochi, di migliorare il rispetto dei diritti umani in Cina”. E riporta chiaramente una serie di crimini commessi dalle autorità cinesi: “la cacciata coatta della gente dalle abitazioni per realizzare le opere olimpiche, la mancanza di tutela per i lavoratori migranti, le persecuzioni contro attivisti per i diritti e dissidenti, la mancanza di libertà di espressione e riunione, la censura sui media, le persecuzioni per ragioni religiose”.(2)

Moltissimi cinesi hanno sollevato molte critiche contro le autorità, perché ritengono insensato e crudele organizzare in grande stile le Olimpiadi mentre milioni di persone vivono in estrema povertà o con situazioni lavorative tremende. Secondo queste persone sarebbe stato più “umano” e saggio investire i miliardi di euro, anziché per allestire le scene olimpiche, per combattere la povertà e l’analfabetismo.
Secondo un’inchiesta condotta da “AsiaNews”, molte persone delle grandi città come Pechino, Shanghai e Tianjin, e di diverse regioni quali Guangdong, Jiangsu, Shandong, Sichuan, Ningxia, Hubei, hanno espresso dolore e preoccupazione per l’assegnazione delle Olimpiadi alla città di Pechino. Un cittadino di Shanghai ha scritto:
“La notte in cui Pechino ha vinto la candidatura a ospitare i Giochi olimpici io ho pianto. Ho pianto per la mia nazione e il mio popolo. I poveri della Cina non riescono nemmeno a nutrirsi, e devono ospitare le Olimpiadi. Il governo allora ha pensato di essere intelligente, ma in realtà è stato stupido. L’unica nazione che ha tratto profitto dalle Olimpiadi è stata l’America (gli Stati Uniti – ndr). Molte altre nazioni non sono nemmeno riuscite a pagare i loro debiti in 20 o 30 anni. Alle ultime Olimpiadi, la Grecia ha perduto 1 miliardo di dollari. I cinesi soffrono già tanto per la povertà. Ora con le Olimpiadi, questa situazione peggiorerà. Non riesco a capire come la gente voglia celebrare. Come si fa a ignorare che stiamo soltanto esibendo il nostro orgoglio? Si dice che Pechino ha progettato di spendere 80 miliardi di Rmb (renminbi – la valuta emessa dalla Repubblica Popolare Cinese) solo per le costruzioni olimpioniche. Immaginate: con quella somma centinaia di migliaia di bambini potrebbero andare a scuola, molte persone non sarebbero più povere e gli operai disoccupati potrebbero trovare lavoro. I Giochi Olimpici dureranno solo un po’ più di 10 giorni. Era proprio necessario sprecare così tanti soldi? Che cosa faremo con quegli stadi in futuro? Quanti soldi dovremo sprecare ancora solo per mantenerli? Sarà solo un’occasione per i membri corrotti del governo i essere ancora più corrotti. Queste superbe costruzioni sportive non ci portano alcun bene. Sono solo un altro modo di sprecare i soldi delle nostre tasse”.(3)

Secondo il dissidente cinese Bao Tong, le autorità cinesi vogliono utilizzare le Olimpiadi per mostrare al mondo un volto migliore di quello reale. Egli scrive:

“L’unico scopo è dimostrare il [nostro] splendore, facendo tutto il possibile, senza badare alle spese in risorse umane o economiche. Di certo, questo splendore non è per nulla quello delle Madri di Tienanmen[1], o di coloro che consegnano petizioni per chiedere giustizia, o quello dei lavoratori migranti… Lo splendore che si vuole dimostrare è quello della stabilità che ha schiacciato tutto, da cui sono emerse la grandezza e l’armonia attuali. Tutti devono capire che questo è il risultato del massacro. Senza massacro, non ci sarebbe stato l’innalzamento [del Paese], senza massacro non ci sarebbe stata l’armonia attuale. Ospitare le Olimpiadi è la legittimazione che il sistema di leadership con caratteristiche cin
esi è il migliore, testimoniato anche dalla pratica. Stranieri: glorificateci! Patrioti: siate orgogliosi! Se penso a questo, il sangue mi bolle nelle vene. Come si può definire questa una “psicologia normale”?(4)

In Cina, dopo la rivoluzione di Mao, le autorità cercarono di persuadere tutti i cinesi che in Cina aveva trionfato il “marxismo”, e che dunque dovevano conformarsi al nuovo sistema. Ogni persona che rivendicasse la libertà diventava nemica del popolo, oppure veniva marchiata con l’etichetta infamante di “imperialista” o “revisionista”. Di tanto in tanto si ebbero durissime repressioni che costarono la vita a milioni di persone.
Dal 1978, la Cina iniziò ad aprire la strada al capitale e alle imprese private. Nel 1980 nacquero molte società con capitali stranieri, che godevano di diversi privilegi fiscali. I cambiamenti dell’economia cinese non furono accompagnati a cambiamenti in senso democratico, al contrario, il 4 dicembre del 1982, venne approvata una nuova costituzione, che riaffermava il potere totale del Partito Comunista sullo Stato e sulla società.
Nel 1989, molti studenti cinesi si riunirono per discutere le possibilità di migliorare la situazione politica e sociale del paese. La realtà era vista ancora all’interno di uno schema socialista, ma venivano sollevate critiche contro i vertici del Partito.
Gli studenti erano appoggiati da un esponente dell’élite, Zhao Zyiang (nominato segretario generale del Partito comunista nel 1987), che venne subito estromesso dai vertici del Partito. Il 18 aprile del 1989, un gruppo di studenti occuparono piazza Tienanmen, gridando “Abbasso la rivoluzione, viva la democrazia, viva la Cina”. In poco tempo la piazza si riempì di migliaia di persone, che chiedevano di contare qualcosa nelle scelte economiche del paese. La protesta andò avanti fino a maggio, mese in cui venne introdotta la legge marziale. Il 3 giugno scattò una feroce repressione, l’esercito intervenne con i carri armati e sparando all’impazzata sulla folla. Migliaia di persone morirono, e la piazza diventò un cumulo di cadaveri in una pozza di sangue. Per diversi giorni si ebbero esecuzioni sommarie, arresti e torture. Seguì un rigido controllo di tutti i media, e la proibizione dell’ingresso ai giornalisti stranieri.
Ancora oggi non si conosce il numero esatto di morti. Il governo cinese stimò 200 morti civili e 100 soldati, ma successivamente ridusse ancora di più questa stima. La Cia stimò 400-800 vittime, mentre la Croce Rossa parlò di 2600 morti e 30.000 feriti. Le varie testimonianze parlarono di almeno 3000 persone uccise. Gli studenti stimarono 7.000-12.000 morti. Secondo Amnesty International, il numero dei morti crebbe in seguito, quando molti altri studenti vennero giustiziati o uccisi dai soldati.
Il movimento era stato distrutto prima che potesse pericolosamente espandersi. L’obiettivo del regime fu raggiunto, e quasi tutti i giovani rinunciarono alle lotte. Racconta Zhang Dali, un sopravvissuto: “Quell’evento ha cambiato la storia cinese. Tante persone non hanno più voluto avere a che fare con la politica, mentre altre hanno cercato in tutti i modi di arricchirsi, soltanto poche non hanno rinunciato alle loro idee.”(5)

Il Chinese Human Rights Defender ha reso noto che mentre le autorità cinesi preparavano le Olimpiadi, alcune persone che lottarono per la libertà durante il massacro di piazza Tiananmen, erano ancora in carcere o agli arresti domiciliari.
Ad esempio, da maggio, Qi Zhiyong un attivista reso disabile in seguito alle aggressioni in piazza Tiananmen, è agli arresti domiciliari.

Nel 1992, le autorità cinesi incominciarono a parlare di “economia socialista di mercato”, senza specificare bene cosa significasse, e senza smontare l’idea che la Cina fosse un paese “comunista”. Si trattava di aprire la Cina agli investimenti privati, avvantaggiando il capitale straniero contro gli interessi della popolazione.
Oggi la Cina è inserita completamente nel sistema capitalistico internazionale, e molte sue società sono strettamente legate a società occidentali. La Exxon Mobil, la BP Amoco e la Royal Dutch Shell hanno acquistato azioni della petrolchimica cinese Sinopec per 1,8 miliardi di dollari, e la Sinopec ha emesso sui mercati internazionali azioni per più di 3 miliardi e mezzo di dollari.
Milioni di persone sono state costrette a trasferirsi in città, oppure ad andare via dalla propria casa, in seguito alla costruzione di dighe o di centri industriali o commerciali. Si calcola che oggi ci siano almeno 100 milioni di cinesi in movimento nel paese.
Dopo il 1998, il settore privato si è ulteriormente sviluppato, fino a superare quello pubblico. Secondo i dati della Banca mondiale, il settore privato produce il 62% del Pil. Le ricchezze prodotte dal nuovo assetto economico sono finite in gran parte nelle mani di poche famiglie cinesi e delle corporation transnazionali.

La Cina di oggi attua riforme economiche decise in base alla “crescita economica” del paese (ossia in base ai profitti delle imprese), senza però mettere al primo posto il benessere dei cittadini. Alla fine degli anni Novanta, sono state attuate misure di “ristrutturazione” e di “fusione”, le stesse applicate anche in altri Stati, e consigliate dal Fmi. L’industria tessile statale è stata smantellata per dare spazio agli imprenditori privati. Anche 94 miniere carbonifere statali sono state chiuse, per dare spazio ad aziende che si presentano come “competitive”. Per i cittadini cinesi queste riforme hanno coinciso con un aumento della disoccupazione, della povertà e della disperazione. “Le Monde” del 5 maggio 1998, scrisse che soltanto alla fine del 1997, le aziende statali cinesi licenziarono 12 milioni di salariati. Secondo lo studioso Zhou Lukuan, il tasso di disoccupazione in Cina ha raggiunto il 20% della popolazione attiva.
Nelle città le disuguaglianze e gli squilibri sono molto evidenti. Sono sorte zone piene di alberghi, ristoranti e negozi di lusso, che mirano a soddisfare le esigenze dell’élite ricca. Al contempo, si è abbassato il tenore di vita di milioni di persone, che si sono riversate nelle città in cerca di lavoro. Le classi più povere sono state maggiormente colpite dalle privatizzazioni e dall’inflazione. Le tensioni crescono in città come nelle campagne. Molti parlano del progresso economico cinese come favorevole a tutti i cinesi, ma ciò non corrisponde a realtà. Il “boom economico”, e la considerazione mondiale della Cina come paese economicamente sviluppato e in crescita, non corrispondono a progressi nella condizione lavorativa e salariale dei lavoratori cinesi. Al contrario, da quando la Cina ha raggiunto alti livelli di sviluppo economico, il reddito di molti lavoratori (specie dei contadini) si è abbassato, e sono aumentati la disoccupazione e lo sfruttamento lavorativo. E’ vero che negli ultimi anni è cresciuto l’incentivo al consumo attraverso miliardi di dollari spesi in pubblicità. I giovani vengono stimolati al consumo, al divertimento e al far soldi. Si è affermato lo stile di vita occidentale, basato sull’idea di essere “belli e alla moda”. I giovani vengono indotti ad emulare i modelli occidentali, nell’abbigliamento e nel look. Le ragazze vogliono fare le modelle, per “esprimere la propria personalità sulle passerelle”. L’ex colonnello Jin Xing ha descritto così le nuove generazioni di cinesi:
“Mi pare che i giovani di oggi abbiano una mentalità molto diversa dalla nostra. Non credono alla religione, né all’ideologia marxista-leninista, ma vedono le cose in modo utilitaristico, cercando in tutti i modi di raggiungere un tenore di vita elevato, per poter ottenere ogni cosa. E’ una generazione viziata ed egoista, che ha come unica fede il raggiungimento delle cose pratiche e materiali. Come il guadagno, la casa, una macchina nuova e altre cose simili”.(6)

Nonostante le autorità cinesi parlino ancora di “socialismo” o di “comunismo”, le disuguaglianze economiche in Cina sono sempre più nette. Secondo i dati forniti dall’Ufficio nazionale di st
atistica, il 20% delle famiglie possiede il 48% delle proprietà, mentre il 20% più povero possiede soltanto il 4%; inoltre, i depositi bancari appartengono per l’80% al 20% dei titolari.(7)
Le classi popolari sono oggi in preda alle difficoltà. Cresce la disoccupazione, mentre lo Stato tende a diminuire le spese per l’istruzione e la sanità. Secondo fonti governative, ci sono almeno 6 milioni di licenziamenti all’anno.
Tre economisti cinesi, Yang Fan, Zuo Dapei e Han Deqiang, hanno scritto una lettera all’Assemblea Nazionale, in cui denunciavano l’esistenza di un’”oligarchia finanziaria”, che detiene un potere enorme, potendo concedere o ritirare i crediti, condizionando lo sviluppo economico dell’intero paese.
Secondo lo studioso Zhu Ling: “La maggioranza della popolazione non riceve la maggior parte dei redditi. Al contrario, solo un pugno di persone si prende la parte del leone delle ricchezze della società”.(8)

Moltissimi lavoratori immigrati, costretti a lasciare le campagne e a cercare lavoro in città, lavorano anche dieci/quindici ore al giorno, percependo poco più di cento euro al mese. Inoltre, i loro diritti non sono tutelati e talvolta le condizioni difficili di lavoro provocano gravi incidenti.
Dunque, oggi in Cina i diritti umani sono subordinati alle corporation e al profitto. Il governo cinese ha chiesto finanziamenti dalla Bm e dal Fmi per costruire grandi opere, che saranno vantaggiose soltanto per le imprese e arrecheranno danno alle popolazioni locali. Ad esempio, per costruire la Diga delle Tre Gole, almeno tre milioni di persone sono state deportate, e quelle che protestavano sono state represse duramente. Le lotte sono state poi raccontate come “disordini interetnici”.
La presenza di tante aziende straniere e la produzione finalizzata al mercato mondiale, non possono non avere un potere enorme sulle decisioni economiche del governo. Il nuovo sistema cinese è basato sul potere finanziario e sulla produzione industriale, che è in gran parte in mani private. Questo nuovo sistema non è stato scelto dai cittadini cinesi, e non può essere messo in discussione, come già dichiarò Deng Xiaoping.
Le autorità cinesi utilizzano l’artificio retorico già utilizzato da Lenin, quando dicono che “la Cina si trova nello stadio primario del socialismo”.(9) In realtà, il “socialismo” come sistema in cui la gente comune ha il potere di prendere le decisioni più importanti, non è mai esistito nemmeno in Cina.

Da diversi anni le autorità cinesi sottraggono le terre ai contadini per venderle a prezzi irrisori alle industrie, pagando ai contadini pochi spiccioli. Per questo le proteste hanno assunto proporzioni enormi. Ad esempio, nel maggio dello scorso anno, nella città di Gurao, municipalità di Shantou (Guandong), gli abitanti si sono sollevati e per la rabbia hanno distrutto gli uffici e le case delle autorità locali.
Secondo fonti ufficiali, oltre il 50% delle proteste sono dovute agli espropri.
Nel 2005 ci sarebbero state oltre 87mila proteste, e nell’anno successivo sarebbero diminuite del 16,5%, ma le reazioni di rabbia sarebbero state molto più violente. Il ministero della Terra e delle risorse ha riferito che nel 2006 le espropriazioni indebite di terreni sarebbero cresciute del 17,3% giungendo a 131mila casi.

In Cina, come in molte parti del mondo, esiste una resistenza che cerca di lottare contro il sistema, e come ovunque viene bollata come “terrorismo”. Di tanto in tanto le autorità cinesi denunciano tentativi “terroristici”. Oppure sostengono di aver sventato attentati terroristici. Ad esempio, nel marzo di quest’anno hanno asserito di aver impedito un attentato terroristico su un volo aereo della China Southern Airlines diretto da Urumqi a Pechino. Ma data la natura criminale e terroristica del regime, c’è da sospettare che si possa trattare di strategie dello stesso tipo di quelle utilizzate dagli stegocrati occidentali (si veda a questo proposito l’articolo http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm).

Di sicuro esiste un terrorismo di Stato in Cina, basti pensare alle molte repressioni e ai crimini perpetrati in Tibet o contro religiosi cinesi.

Col pretesto del “terrorismo” quest’anno sono state arrestate nello Xinjiang 82 persone accusate di “cospirare per sabotare le Olimpiadi”. Ma il Centro di informazione del Turkestan orientale ha informato che a queste persone si nega il diritto di avere un avvocato e che potrebbero essere torturate al fine di estorcere confessioni.
Sta di fatto che per le Olimpiadi verrano spese enormi cifre per la “sicurezza”. A Pechino ci saranno migliaia di soldati, 10 mila guardie di sicurezza, almeno 40 mila poliziotti, 27.500 armati, 300 guardie anti-terrorismo e 15 mila volontari della guardia civile, oltre ad una fitta rete di informatori e spie. Chi userà la metropolitana dovrà subire controlli come chi si imbarca su un aereo, e persino chi usa bus e pullman sarà controllato.
Il pretesto è quello del terrorismo da parte di musulmani uiguri, tibetani o evangelici, ma di fatto l’intera popolazione sarà sotto un rigido controllo. L’agenzia di stampa “Nuova Cina” ha fatto sapere che addirittura non si potranno portare negli stadi striscioni con su scritto “Go China”, e nemmeno potranno circolare opuscoli, libri e altro materiale a contenuto “commerciale, religioso, politico, militare, o relativo ai diritti umani, all’ambiente e alla difesa degli animali”. Non si potranno portare nemmeno ombrelli e accendini.

Il timore degli stegocrati cinesi è che i dissidenti informino gli occidentali sulla vera situazione del paese, o che vengano sollevate proteste contro il regime cinese.
Quello che maggiormente preoccupa l’attuale gruppo di potere è che i popoli divengano solidali fra loro, e comprendano che possono spodestare gli usurpatori. Questo è il motivo principale che fa gridare le autorità al “terrorismo!”.
La censura dell’informazione esiste ovunque, e ha lo scopo principale di impedire alle persone comuni di capire quello che sta avvenendo realmente. Ossia che i gruppi stegocratici operano senza tener conto del benessere dei popoli, e in tale contesto anche le Olimpiadi, che in apparenza dovrebbero (e potrebbero) essere un’occasione di festa e divertimento, diventano fonte di sofferenza per molti. Dopo pochi giorni i Giochi termineranno, ma purtroppo non finirà la sofferenza e il degrado in cui sono costretti a vivere milioni di cinesi.

Antonella Randazzo
Fonte: http://antonellarandazzo.blogspot.com
Link: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/08/ragazze-pon-pon-con-gli-occhi-mandorla.html
3.08.08

Copyright 2008 – all rights reserved.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale di questo articolo, inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta di Antonella Randazzo. Per la riproduzione integrale o di parti dell’articolo occorre richiedere l’autorizzazione scrivendo all’indirizzo e-mail: [email protected]

NOTE

1) http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=6763
2) http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=12737&dos=121&size=A
3) http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=12704&dos=121&size=A
4) http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=12756&geo=&theme=&size=A
5) Documentario “Buongiorno Cina. Storie del secolo cinese”, di Francesco Conversano e Nene Grignaffini, Raitre, 2006.
6) Documentario “Buongiorno Cina. Storie del secolo cinese”, di Francesco Conversano e Nene Grignaffini, Raitre, 2006.
7) http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/17/17A20010519.html
8) http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/17/17A20010519.html
9) Maitan Livio (a cura di), “Il dilemma cinese. Analisi critica della Cina post rivoluzionaria 1948-1993”, Datanews, Roma 1994, p. 20.

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