DI CLAUDIO MARTINI
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Chi ha ancora il coraggio di guardare la tv, e ha il fegato di frequentare Rai 3, ricorderà che circa un mese fa Riccardo Iacona, ideatore della trasmissione Presa Diretta, mise in onda una puntata di vera informazione sulla crisi dei cittadini europei, che illuminava il grande pubblico sulle autentiche responsabilità della crisi, intervistava economisti di valore come Emiliano Brancaccio e Bruno Amoroso, nonché personalità come Hans Olaf Henkel, e raccontava in maniera magistrale le lotte dei portoghesi contro la Troika.
Chi scrive ammette di essere trasecolato, davanti a un simile spettacolo. E chi si aspettava di veder affiorare certi concetti su una grande rete nazionale? Chi poteva immaginare una Rai che fa informazione?Per fortuna Milena Gabanelli ha rimesso le cose in ordine, con la puntata di Report di lunedì 14 ottobre (preso disponibile in rete: consigliata la visione). La giornalista è riuscita agevolemente ad annientare quanto di buono costruito dal suo collega un mese prima. Niente voci “critiche”. Piuttosto, le opinioni rassicuranti di economisti come Boeri e Perotti. Dopo averci a lungo intrattenuto sulle inefficienze e le assurdità della Pubblica Amministrazione e del fisco italiani (che nessuno nega, ovviamente), Report ci conduce in un’inchiesta sui motivi che spingono gli imprenditori a delocalizzare all’estero. Servizio sulla Polonia, con la voce narrante (è bene sottolinearlo) che cerca di porre in una luce favorevole i fatti narrati. Ci viene spiegato che in Polonia fare impresa è possibile, perché l’imposizione fiscale sulle imprese sono quasi inesistenti, esiste la possibilità di licenziare incondizionatamente e con breve preavviso, non esiste il Trattamento di Fine Rapporto, non esiste la tredicesima, e in generale si lavora più a lungo per meno. Stacco poi su come in Polonia i bambini vengano addestrati sin da piccoli ad acquisire la cultura imprenditoriale. Intervista alla locale Coordinatrice del Programma di Apprendimento dell’Imprenditorialità, che ci spiega che fin dalla tenera età i piccoli giocano al “Piccolo Bancomat”, e che alle elementari si addestrano al gioco del “Piccolo Ministro delle Finanze”, dove ai bambini è dato di decidere quali spese tagliare*.
Proseguendo, la Gabanelli individua nella carenza di produttività il vero guaio italiano, e addita chi parla di uscita dall’euro a ciarlatani che cercano di distrarre dai problemi reali. L’economista Lucrezia Reichlin ci spiega che l’idea di far acquistare i titoli del tesoro dalla propria Banca Centrale è “molto pericolosa”, in quanto “toglie incentivi al risanamento dei conti”. E perdere la disciplina di bilancio è ancora più pericoloso, perché “creerebbe inflazione”, la quale è “una tassa occulta che distrugge i risparmi”. Molto meglio, sempre per la Reichlin, che anche l’Italia accetti un piano di “aiuti” dalla BCE, con relativo commissariamento. La voce narrante conferma, e passa a intervistare un giornalista di Repubblica, il quale ci comunica che con l’uscita dall’euro i risparmi degli italiani sarebbero decurtati di un terzo. La voce narrante paragona l’uscita dall’euro a “una patrimoniale sui cittadini italiani di centinaia di miliardi”; “di gran lunga la soluzione più costosa”.
Sistemati gli “uscisti”, si passa alle soluzioni che si potrebbero adottare per far fronte all’innegabile crisi. La risposta non può che essere una: fare come la Germania. Vengono illustrati in maniera abbastanza chiara gli effetti delle riforme tedesche dei primi anni 2000: aumento della disoccupazione, delle disuguaglianze, perdita di redditi e diritti per i lavoratori. Ma tali scelte vengono ancora poste in una luce favorevole, sottolineando come abbiano avuto luogo in un momento di crescita dell’economia mondiale, quindi nel “tempo giusto”. “A quei tempi la Germania è dimagrita, mentre noi siamo ingrassati, e adesso ci supera” dice la voce narrante, soddisfatta.
Infine, un accenno al Fiscal Compact. Iacona, giustamente, lo indicava come una sciagura. Invece, per gli “esperti” citati dalla Gabanelli, dire che il Fiscal Compact, se rispettato strangolerà l’economia italiana è, senza mezzi termini, “una cavolata”; “con un po’ di inflazione e crescita economia il debito si aggiusta da solo”. Come a dire, manco ce ne accorgeremo.
I nostri lettori non hanno bisogno che smonti una a una queste bufale. Né che spieghi perché è truffaldino chiamare “Unione” un’organizzazione che ha il solo fine di portare alle estreme conseguenze la concorrenza tra nazioni, cioè tra lavoratori. Sono abbastanza avvezzi al ragiomento economico e a quello politico per farlo da soli. Resta, grande, l’amarezza. Non quella che nasce dalla considerazione (qualunquista) che Gabanelli fa disinformazione a spese nostre; piuttosto, dall’idea che chi detiene un potere così formidabile come quello di dirigere importanti trasmissioni nazionali inocula, ad arte, veleno nelle menti dei cittadini. Se lo facesse da reti private non cambierebbe nulla. Esiste un’etica della responsabilità, anche per i protagonisti dei Mass Media. E Gabanelli, mi si passi il francesismo, se ne fotte.
Caudio Martini
Fonte: http://il-main-stream.blogspot.it/
Link: http://il-main-stream.blogspot.it/2013/10/questo-non-e-servizio-pubblico.html
14.10.2013