DI NICOLAS BONNAL
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E’ un Hitler filosofo quello che ritroviamo tardi, nel 1945. Si tratta del suo testamento. Pensa di aver imparato qualcosa. Vedremo, come capita a tutti i vinti, come il dittatore-mostro maledetto ben prevedeva le conseguenze della sua guerra disperata e perduta.
Sulla colonizzazione arrivata ovunque al capolinea:
«Un popolo che vuole prosperare deve rimanere legato alla propria terra. Un uomo non deve mai perdere il contatto con il suolo sul quale ha avuto il privilegio di nascere. Non deve che allontanarsene temporaneamente e sempre con l’idea di ritornare».
Sul declino delle nazioni colonizzatrici:
«Spagna, Francia e Inghilterra si sono dissanguate, devitalizzate, svuotate in queste vane imprese coloniali. I continenti ai quali la Spagna e l’Inghilterra hanno donato la vita, lavorando alla loro costruzione, hanno acquisito una vita propria e decisamente egoista. Hanno perduto persino il ricordo delle proprie origini, persino le parole. Si tratta semplicemente di mondi costruiti, ai quali manca un’anima, una cultura, una civiltà originale. Da questo punto di vista non sono nient’altro che delle escrescenze.»
Sul magro bilancio in materia di civiltà (Gustave Le Bon diceva, nel suo magnifico saggio La civiltà araba, che «i bianchi» (sic) sono dei colonizzatori, non dei civilizzatori):
«Nei continenti abitati, la sconfitta fu ancora più marcata. Là, i bianchi si sono imposti solo attraverso la forza, mentre la loro azione sugli abitanti è stata pressoché nulla. Gli Indù sono rimasti tali, così i cinesi e i musulmani. Non c’è stata alcuna trasformazione profonda, sul piano religioso ancor meno che sugli altri, a dispetto degli imponenti sforzi delle missioni cristiane».
Nietzsche affermava che questi popoli colonizzati si dissolvevano per l’effetto di due stupefacenti, il cristianesimo e l’alcolismo. Hitler:
«I bianchi hanno donato a queste popolazioni il peggio del nostro mondo: materialimo, fanatismo, alcolismo e sifilide. Per il resto, ciò che queste popolazioni possedevano era di gran lunga superiore a ciò che noi potevamo loro donare, hanno conservato se stessi».
Hitler prevede anche il crollo del cristianesimo!
«Un unico risultato ottenuto dai colonizzatori: hanno suscitato odio ovunque. E quest’odio che anima questi popoli, risvegliati da noi per darci la caccia. Non mi sembra ci siano altri motivi! Mi chiedo se la colonizzazione abbia aumentato il numero dei cristiani nel mondo! Dove sono le conversioni di massa che invece può vantare l’Islam? Scorgo, qua e là, isole cristiane di nome più che di fatto. Ecco il successo di questa magnifica religione cristiana, detentrice della suprema verità!»
L’Hitler anti-colonizzazione proponeva allora (con i campi, le SS e la Gestapo!) una «Europa agli europei» :
«Noi dobbiamo imporre all’Europa una dottrina Monroe applicata all’Europa: ‘L’Europa agli europei!’ E ciò significa che gli europei non interverranno più negli affari degli altri continenti».
Afferma di non essere razzista e che rispetta alcune razze altamente civilizzate che gli angloamericani bombardarono e bombardano a furia di oppio e nucleare:
«Non ho mai pensato che i cinesi o i giapponesi ci fossero inferiori. Appartengono ad antiche civiltà e ammetto che il loro passato è superiore al nostro. Hanno ragione di esserne fieri come lo siamo noi. Penso anche che più i cinesi e i giapponesi resteranno fieri della propria razza, più mi sarà facile comunicare con loro».
Si dispiace soprattutto di non aver aiutato a liberarsi l’Africa del nord e le popolazioni colonizzate dalla repubblica francese:
«A nessun costo dobbiamo giocare la carta francese contro le popolazioni che subiscono il giogo della Francia. Dobbiamo al contrario aiutarle ad affrancarsi da questa tutela. Niente ci impediva di farlo nel 1940 nel vicino Oriente e in Africa del nord. Ebbene, la nostra diplomazia si è impegnata a consolidare il potere dei francesi anche in Siria, Tunisia, Algeria e Marocco.»
Ricorda (questo farà piacere ai poteri oscuri che amano ammaliare gli arabi) che i diplomatici tedeschi si erano sbagliati e che gli arabi sono stati leali:
«I nostri gentiluomini preferivano certamene intrattenere rapporti con i distinti francesi piuttosto che con dei rivoluzionari spettinati, con degli ufficiali che non desideravano altro che fustigarci piuttosto che con gli Arabi – che sono stati con noi partner leali.»
Evidenzia un problema che nuocerà sempre alla costruzione europea, la germanofobia francese:
«L’odio tenace dei francesi nei contronti della Germania ha qualcosa di profondo. E’ una lezione che dobbiamo ricordare … La sua debolezza e le sue crisi di nervi ci hanno talvolta portato a minimizzare l’importanza dei suoi gesti».
Hitler ricorda che la colonizzazione non era popolare in Francia (soprattutto tra i nazionalisti):
«Con Louis XV così come con Jules Ferry il popolo si è ribellato contro l’assurdità delle imprese coloniali. Non so quanto Napoleone sia stato impopolare dopo la svendita della Louisiana. È incredibile, per contro, la disaffezione che si è guadagnato il suo incapace nipote combattendo in Messico! »
Ricorda viceversa la propria popolarità presso i popoli colonizzati:
«Tutto l’Islam vibrava all’annuncio delle nostre vittorie. Gli egiziani, gli Irakeni e il vicino Oriente erano prossimi alla sollevazione. Aiutarli sarebbe stato nostro interesse e dovere».
Ma i tedeschi restano impigliato nell’alleanza con l’Italia di Mussolini, «la più grande frode della storia del ventesimo secolo» (A.J.P. Taylor):
«La presenza degli italiani al nostro fianco ci paralizzava, e creava malumore presso i nostri amici islamici, perché vedevano in noi dei complici, volontari o no, dei loro oppressori. Ora gli italiani, in queste regioni sono persino più odiati dei francesi e degli inglesi. Il ricordo delle barbare rappresaglie esercitate contro i senussi è sempre vivo. E d’altronde la ridicola pretesa del Duce di avvalersi della spada dell’Islam merita ancora le risate che ha suscitato prima della guerra. Questo titolo spetta a Maometto e a un grande conquistatore come Omar, Mussolini se l’è fatto donare da qualche povero cristo, che aveva pagato o terrorizzato».
Ancora sull’Islam:
«C’era bisogno di una grande azione politica nei confronti dell’Islam. Non è accaduto! Questa politica avrebbe suscitato entusiasmo in tutto l’Islam. È peculiarità del mondo musulmano, quando ne tocchi uno, gli altri, bene o male, ne risentono, dalle rive dell’Atlantico a quelle del Pacifico».
Hitler riflette sul razzismo antigiallo degli americani, oggi tramutatosi in odio anti-cinese:
«Gli americani, dopo le delusioni del 1919, erano poco desiderosi di intervenire di nuovo in una guerra europea. In compenso erano ossessionati dalla minaccia del pericolo giallo. Sono convinto, a tal proposito, che hanno visto lontano e che hanno esaminato la possibilità di far abbattare a una potenza bianca questo impero del Sol levante divenuto potenza mondiale, e sempre refrattario alla loro contaminazione».
Ma preseguiamo oltre. In questo testamento, Hitler se la prende con i paesi latini (che avrebbero potuto privare l’Inghilterra del dominio del Mediterraneo!) :
«I paesi latini sommano la debolezza materiale a pretese ridicole. Sia che si tratti dell’Italia amica o della Francia nemica, la debolezza di entrambe potrebbe risultarci fatale».
Ricorda anche che la sua dottrina non era esportabile (perché allora controllare l’Europa a forza di botte?):
«La dottrina nazional-socialista, l’ho sempre dichiarato, non è esportabile. È stata progettata per il popolo tedesco».
Hitler riconosce di essere stato ingannato a Monaco dagli anglosassoni che così hanno guadagnato del tempo. Ho esposto questa tesi più volte, servendomi dei lavori di Beard, Sanborn e di quelli del mio amico Guido Preparata.
«Bisognava fare la guerra nel 1938. Era la nostra ultima occasione di localizzare la guerra. Ma come vigliacchi hanno ceduto a tutte le nostre richieste. In quelle condizioni era veramente difficile prendere l’iniziativa delle ostilità. A Monaco abbiamo perso un’occasione unica per vincere facilmente e rapidamente una guerra inevitabile».
Come Nietzsche prima di lui ricorda (Jenseits, § 251) il genio metapolitico russo, risvegliatosi con Putin:
«Per avere il dono della pazienza ci occorrerebbe il tempo e lo spazio, e noi non disponiamo nè dell’uno nè dell’altro. I russi hanno la fortuna di avere entrambi – senza contare la predisposizione alla passività che è propria del temperamento slavo».
E aggiunge (i neocon scalpiteranno per l’entusiamo…):
«La pazienza sovietica è figlia della filosofia che praticano e che permette loro di evitare i rischi e aspettare il tempo necessario per la realizzazione i loro progetti – un anno, una generazione, un secolo. Per loro il tempo non conta niente».
Ricorda come un folle, come una capra, il suo ardente bisogno di una costruzione europea:
«L’Europa non potrà costruirsi che su delle rovine. Non su rovine materiali bensì su rovine congiunte di interessi privati, coalizioni economiche, sulla perdita dei giusti principi, sui particolarismi obsoleti e dello stupido campanilismo. Bisogna costruire l’Europa nell’interesse di tutti e senza aver riguardo per nessuno. Napoleone l’avava compreso perfettamente.»
Ma se Hitler preferisce gli asiatici ai francesi, a che scopo fare l’Europa? Egli stesso dichiara a tal proposito:
«Sono convinto che i giapponesi, i cinesi e i popoli governati dall’islam saranno sempre più affini a noi della Francia, per esempio, in virtù della comune parentela di sangue».
Hitler sostiene che la Germania non debba sottomettersi a una delle due superpotenze. Come sappiamo, tre mesi dopo Himmler invia una lettera a De Gaulle, citata dallo stesso generale nel terzo volume delle sue memorie. Lettera che ho lungamente analizzato nel mio blog su sputniknews.fr.
«Lo dichiaro con forza: bisogna evitare in tutti i modi che i tedeschi accettino di giocare il ruolo della pedina nel gioco che vede protagonisti americani e russi. »
Infine preannuncia il crollo americano. Come Lincoln è convinto che l’America morirà suicida, autodistruggendosi:
«Se l’America del nord non riuscirà a costruire una dottrina meno infantile di quella attuale, basata su principi sciocchi e sulla scienza detta cristiana, dobbiamo domandarci per quanto tempo ancora rimarrà un continente a prevalenza bianca. Si vedrà come questo colosso dai piedi di argilla sia capace, dopo aver raggiunto il vertice della parabola, di precipitare verso la propria autodistruzione».
Hitler ricorda che i mezzi impiegati contro la Germania, nella prima come nella seconda guerra mondiale, furono estremamente distruttivi:
«Bisognava abbattere il nazional-socialismo a qualunque prezzo, anche mettendo a repentaglio l’esistenza dello stesso pianeta».
Leggete e rileggete Ralph Raico; si preparano catastrofi simili; il vecchio Occidente isterico impiega sempre gli stessi mezzi …
Nicolas Bonnal
Fonte: http://lesakerfrancophone.fr
Link: http://lesakerfrancophone.fr/quand-hitler-vaincu-predisait-lautodestruction-americaine-et-nos-bouleversements
20.11.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VOLLMOND