“Putin ha già perso”

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Nestor halak per Comedonchisciotte.org

Si vede il presidente Biden un poco confuso dietro il suo trespolo coi microfoni e lo stemma dell’aquila, che tenta di leggere un discorso scritto da qualche tirapiedi, assicura che “Putin ha già perso” poi prova a proseguire, ma inciampa su un paio di parole e la frase proprio non gli esce, così rinuncia e sputacchia  di nuovo “Putin ha già perso”. Immagine del potere a Washington oggi.

Gli americani e i loro maggiordomi europei, fin dalla caduta dell’Unione Sovietica, hanno continuato ad espandere verso est i confini della Nato fino alle porte di Mosca, il tentativo è evidentemente quello di rendere la Russia, superpotenza nucleare, indifendibile per poi smembrare ciò che ne resta in pezzi più maneggevoli e fare del paese una fonte di materie prime a costo quasi nullo come da modello “terzo mondo”: una classe di ricchi parassiti che assicura la stabilità per i padroni d’oltremare e una massa di miserabili ad arrangiarsi.

Costringere i russi ad una guerra quasi civile in Ucraina è stato solo un passo ulteriore in questa direzione, reso necessario dal fatto che l’amministrazione Putin non aveva permesso la continuazione della pacchia degli anni novanta. Il calcolo era che né l’economia, né la società russa avrebbero retto alla guerra e alle sanzioni e meno che mai all’irresistibile “fascino americano”. A Mosca sarebbe avvenuto qualcosa di simile a ciò che era già avvenuto a Kiev nel 2014: un cambio di regime con un nuovo governo filo occidentale  sostanzialmente venduto agli interessi stranieri in cambio di pochi spicci: un ritorno alla Russia di Eltsin, la sola che piace all’America.

Se non che, ad un anno e mezzo dall’inizio della seconda fase del conflitto, nulla di tutto ciò si è avverato, né ci sono indizi che stia per avverarsi. Come era francamente prevedibile, l’Ucraina, pur con tutto il sostegno possibile da parte dell’occidente, non appare avere alcuna possibilità di sconfiggere i russi militarmente e l’economia russa si ostina a non cadere mentre a vacillare sono piuttosto le risorse occidentali di uomini e mezzi.

L’Ucraina è di fatto un paese Nato, il suo è il secondo esercito Nato, ma continua a perdere un migliaio di uomini al giorno, ha quasi dimezzato il numero suoi abitanti dal momento dell’indipendenza e le risorse sono sempre più scarse e sempre meno rimpiazzabili. Sta in piedi solo grazie al sostegno americano. Quanto potrà durare ancora? Se il fine era distruggere l’Ucraina, gli americani hanno fatto un buon lavoro. Se era distruggere la Russia, molto meno. A questo punto il buon senso suggerirebbe che è indispensabile prendere le decisioni necessarie. Constatato che vincere la guerra insistendo sui mezzi fin qui usati non pare possibile, le uniche alternative sono intervenire direttamente in forze oppure trattare cercando di salvare il salvabile.

Ma un intervento diretto delle forze Nato  potrebbe davvero ribaltare la situazione? Pare improbabile. Al momento non esiste un esercito Nato in grado di sconfiggere i russi in Ucraina, né il potenziale industriale occidentale pare in grado di sostenere la produzione di armi necessarie per una guerra di queste dimensioni, la filosofia di produzione è da tempo dominata esclusivamente dalla ricerca del profitto: il “just in time” nella fabbricazione dei beni rende minimi gli sprechi e massimi i guadagni, ma non permette la costituzione di scorte; la delega a paesi terzi della produzione industriale fa risparmiare sul costo del lavoro, ma non si può certo contare sulla Cina per produrre le armi per una guerra contro la Cina.

Il complesso militare industriale statunitense produce scenografiche “wunderwaffe” solo nell’ottica di fare spettacolo e di guadagnarci sopra, non in quella di mettere il paese in grado di vincere una guerra contro un nemico vero. Vanno bene solo per avversari accuratamente selezionati, come Grenada o l’Iraq. D’altra parte combattere in Ucraina contro i russi richiederebbe agli Usa uno sforzo logistico gigantesco assolutamente fantascientifico nella situazione attuale. Gli europei da parte loro non sarebbero capaci di conquistare San Marino: l’unico esercito vicino di una certa consistenza è quello turco, ma i turchi sembrano più orientati a giocare per sé stessi che a morire per conto degli americani come fanno entusiasticamente gli ucraini. I polacchi abbaiano forte, ma lo sanno che i russi se li mangiano a colazione.

Insomma: una vittoria militare in Ucraina pare improbabile persino con un intervento americano diretto.

Senza contare che se anche fosse possibile sconfiggere i russi militarmente,  uno scontro diretto inevitabilmente degenererebbe in uno scontro nucleare se non altro nel momento che una della due parti fosse nell’impossibilità di continuare un conflitto convenzionale e una guerra nucleare, lo si sa da sempre, non ha vincitori. Se i russi distruggessero un corpo di spedizione Usa in Ucraina, gli americani si ritirerebbero semplicemente, o userebbero la bomba? Se gli americani fossero in grado di invadere la Crimea, i russi non ricorrerebbero all’atomica?

In sostanza questa guerra non può essere vinta dall’occidente sul piano militare. Si mantiene circoscritta solo perché gli occidentali fingono di non esserne parte, fingono che l’Ucraina sia un paese terzo aggredito che aiutano solo per spirito umanitario. Certo, si può prolungare il conflitto, è ciò che accade al momento, ma è davvero conveniente? La speranza è che finalmente succeda ciò che non è successo fino ad oggi, cioè che la Russia si trovi in difficoltà militari, sociali ed economiche tali da costringerla alla resa. Come nel 1917. La “rivolta” di Prigozhin di poche settimane fa ha dato probabilmente qualche speranza in questo senso ai neocon, ma è un’illusione,  nel complesso la Russia sembra tutt’altro che sul punto di essere destabilizzata.

D’altra parte il proseguimento della guerra comporta dei rischi, soprattutto quello di un cedimento dell’esercito ucraino, che pare in condizioni tutt’altro che buone. Una plateale vittoria russa sul campo porterebbe conseguenze politiche catastrofiche difficili da rimediare, forse temute dagli stessi russi. Eppure al momento la scelta degli americani e dei loro complici europei sembra proprio questa: proseguire la guerra ad oltranza. Forse per convincere se stessi, i gerarchi del regime continuano a ripetere come in un mantra “Putin ha già perso” così come un tempo usavano ripetere  “Assad se ne deve andare”.

Ora, a meno che loro non siano a conoscenza di informazioni decisive che noi non sappiamo e  non riusciamo neppure ad immaginare, sembra che questa politica abbia ben poco di razionale e non sia in linea con i migliori interessi degli Stati Uniti e meno che mai con quelli dell’Europa.  In una situazione in cui le probabilità di perdere la guerra sono molto alte, la scelta migliore è quella di trattare prima che le cose si deteriorino ulteriormente. Occorre infatti ricordare che al momento in cui la crisi è iniziata, nel 2014, le pretese russe erano tutto sommato modeste: cessazione della persecuzione della popolazione di lingua russa all’interno dell’Ucraina, riconoscimento del ritorno della Crimea alla madrepatria (come da ovvia volontà popolare), autonomia amministrativa della regione del Donbass destinata a rimanere nell’ambito dello stato ucraino, smilitarizzazione del paese e impegno alla sua neutralità. Certo, per quel che valgono gli “impegni” americani.

Già a febbraio del 2022 il “prezzo” era salito e comprendeva anche la secessione vera e propria del Dombass. Al momento attuale, qualunque compromesso non può che mettere in conto anche la cessione delle province di Kherson e Zaporizhie e tutto lascia credere che più la guerra andrà avanti, più il prezzo salirà e meno resterà dell’Ucraina: cioè esattamente il contrario dei desiderata occidentali.

L’unica via davvero ragionevole per uscire dalla crisi pare il negoziato dove si può tentare di strappare concessioni alla Russia che, a dire il vero, pare più che disponibile. Perché dunque, di fronte ad una guerra che sta andando male e che probabilmente andrà progressivamente peggio, gli occidentali si rifiutano  ostinatamente di negoziare? Sono davvero ancora convinti di poter ottenere la dissoluzione dello stato russo? E se è così, su quali indizi basano la loro convinzione? Credono alla loro stessa propaganda? Difficile rispondere. Verrebbe da pensare che vera speranza americana è che i russi si arrendano.

Forse è utile fare delle ulteriori considerazioni circa le motivazioni che hanno portato a questa guerra. Innanzi tutto mi pare necessario distinguere quelle americane da quelle europee. Gli americani hanno un fine imperiale puro e semplice: vogliono continuare a dominare il mondo e per raggiungere questo scopo non hanno mai esitato a distruggere nazioni intere e a fare milioni e milioni di morti, c’è bisogno di ricordarlo? Probabilmente sì, perché la narrativa dominante non ha mai cessato di nasconderlo, eppure è successo in Vietnam, nel Laos, in Cambogia, a Cuba, in Serbia, in Afghanistan, in Iraq e in così tanti altri luoghi che è difficile elencarli tutti. Volete che distruggere l’Ucraina e un’intera generazione di ucraini, costituisca per loro un problema? Neppure ci fanno caso. Madeleine Albright  disse a chiare lettere che “valeva la pena di uccidere mezzo milione di bambini iracheni per impiccare Saddam Hussein”. Ma non starò neanche a sfiorare l’argomento etico, parliamo solo  di utilità. La guerra in Ucraina è stata utile all’occidente? E soprattutto,  nella situazione attuale è conveniente andare avanti? Il relativo declino americano non potrebbe essere più ragionevolmente affrontato negoziando con le potenze emergenti? Insistere nel voler vivere di prepotenza senza averne i mezzi pare stupido, frutto di megalomania e deliri ideologici.

Per quanto riguarda l’Europa, la situazione è ancora più estrema perché se una cosa è certa, è che l’Europa non ha mai avuto alcun interesse a staccarsi dalla Russia e tantomeno ad appoggiare una guerra sul continente, al contrario da questa situazione ha tutto da perdere e nulla da guadagnare. Per di più avrebbe potuto facilmente impedire la guerra: non aveva bisogno di fare nulla, bastava star fermi, non sanzionare nessuno e rimanere neutrali. Già questo avrebbe risparmiato innumerevoli vite.

La Russia non costituiva alcun pericolo, anzi forniva energia affidabile ai prezzi più convenienti del mercato senza pretendere in cambio un allineamento politico ed era essa stessa un mercato importante ed un ponte terrestre con la Cina. Una situazione che potenzialmente avrebbe potuto riportare il vecchio continente in una posizione di preminenza mondiale. Gli americani, al contrario,  sono pericolosi per la loro continua belligeranza, hanno trascinato e continuano a trascinare l’Europa in guerre che non la riguardano, occupano militarmente molti paesi europei e conservano qui parte dei loro arsenali atomici. Cercano di imporre l’obbedienza attraverso ricatti economici e ultimamente ideologie distruttive come il wokismo, l’ideologia “green” o l’immigrazione incontrollata che distrugge gli stati nazionali, unico luogo dove mai si è manifestata una qualche traccia di democrazia in tempi moderni. Tutte disgrazie che peraltro infliggono con furore ideologico anche al loro stesso paese.

Con tutta evidenza fare la guerra alla Russia è per qualsiasi paese europeo un’operazione suicida, di una stupidità assoluta, chiunque può capirlo facilmente anche senza avere particolari conoscenze in campo geopolitico; eppure quasi tutti i governi e più ancora l’Unione europea stessa, non ha esitato un momento a gettarsi nell’impresa, per nulla scoraggiati neppure dall’evidenza più schiacciante, come la distruzione del Nord Stream.  Perché gli europei non spingono per una trattativa e se ne tirano finalmente fuori? Il governo italiano non dovrebbe vergognarsi: ha trattato pure con la mafia.

Basta a spiegare tutto questo il tornaconto personale di elite corrotte? L’inanità, l’incompetenza, l’imparità ai compiti sono talmente grandi e talmente plateali da dubitarne. E gli stessi popoli europei come possono restare indifferenti di fronte a decisioni che portano dritte alla distruzione dei loro standard di vita in pochi anni? Come fanno a credere all’incredibile, alla retorica più stupida e superficiale che si possa escogitare? Stanno aiutando una nazione a respingere un’invasione immotivata o li stanno facendo massacrare in massa per il potere dello Zio Sam? Come non capire che stanno seguendo chi ha invaso l’Iraq, l’Afghanistan, la Siria, ha distrutto la Libia, bombardato Belgrado: credono che questa gente possa seriamente parlare di moralità, di diritti umani, di crimini di guerra?

In realtà la persona media non fa un proprio ragionamento sulle questioni politiche che si pongono in un dato momento storico, non si costruisce una propria convinzione partendo dai fatti, si limita a scegliere tra le opinioni che sente ripetere, specie quelle di persone “autorevoli”, anche perché in questo modo non è costretta a prendersene la responsabilità né a difenderle da convinzioni contrarie: le risposte sono già pronte. In una situazione sociale come quella corrente dove ciascuno è costantemente connesso a media che ripetono incessantemente per ventiquattro ore al giorno una sola versione dei fatti, l’uomo medio non ha altra capacità che farla propria. Anche se fosse perfettamente assurda. Non ci sono alternative da scegliere. Ma chissà, forse gli storici del futuro troveranno incredibile la pochezza intellettuale, culturale, umana e morale della classe dirigente europea di questi anni. Il “cursus honorum” funziona al contrario, sono i peggiori ad essere scelti.

A proposito, proprio mentre scrivo, ricorre l’anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima che nessuno spiega nei suoi veri termini e passa come un atto terribile, ma necessario e in fondo umanitario. D’altra parte come potrebbero il nostro grande fratello d’oltre oceano fare qualcosa di non umanitario? Il segretario dell’Onu nemmeno nomina chi ha sganciato la bomba su un obbiettivo civile, quasi nessuno fosse colpevole, quasi fosse una grandinata. Eppure credo che se ci fosse una classifica onesta dei peggiori crimini contro umanità, Hiroshima e Nagasaki non sarebbero lontane dal podio.

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