PULCINELLA E JAMES BOND

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DI GIULIETTO CHIESA

Leggo Eugenio Scalfari, su Repubblica di domenica (“James Bond a Palazzo Chigi”), dopo avere letto in questi giorni, e in molti altri precedenti, il gran coltivatore di dossier “segreti” D’Avanzo, lo scopritore emerito dell’affare telekom Serbia.
E tento di riassumere nel ginepraio…
Vediamo: la prima tesi è che questo governo, in primis Berlusconi, seguito a ruota dal candidato a presidente Gianni Letta, insieme al capo del Sismi, sono dei pasticcioni, dei miserabili doppiogiochisti, i soliti arlecchini servitori di due padroni, alleati infidi, manipolatori dell’opinione pubblica, gente che gioca sulla pelle altrui per vincere le elezioni. Giusto, direi. Non fa una grinza.
Leggo però, anche, che questi americani, che fanno la guerra irachena, hanno le loro ragioni. Che volete? – spiega Scalfari ai suoi lettori, di centro e di sinistra – loro erano contro la trattativa, contro ogni trattativa. Mentre noi, italiani-pulcinella, di trattative ne abbiamo fatte almeno tre, una per i quattro mercenari, l’altra per le due Simone, la terza per la Sgrena. E abbiamo pagato venti milioni di dollari, che gli americani hanno tutto il diritto di pensare siano serviti ad armare il terrorismo. Bisogna capirli se erano, e sono, seccati con noi.

Che questo Berlusconi sia un italiano-pulcinella non ci piove. Giusto, non fa una grinza. I riscatti li ha pagati, evidentemente pensando di trarne un vantaggio politico. Giusto, non fa una grinza.

Che questo governo abbia portato l’Italia in Irak al fianco degli americani con due volpi sotto l’ascella, mentendo agli italiani, mentendo a se stesso, violando la Costituzione con giri di parole e finte missioni di pace, è vero, non fa una grinza.

Ma che adesso ci si venga a giustificare la loro (degli americani) insofferenza nei nostri confronti mi sembra francamente troppo. Loro ci hanno ingannato (hanno ingannato tutto il mondo) facendo una guerra bugiarda e senza senso. Se adesso uno dei loro vassalli a sua volta li inganna, che cosa pretendono? Le scuse?

E il vassallo che ha cercato di fregare l’Imperatore cosa pretende? Le scuse dell’Imperatore? L’unica cosa acclarata, in questo groviglio immondo, è che siamo di fronte a banditi travestiti da uomini di stato e di governo: gli uni e gli altri al di sotto di ogni sospetto.

E qui Scalfari non riesce a spiegarsi bene, contrariamente al suo solito. Il fatto che noi siamo guidati da dei pulcinella non costituisce una scusante per Washington. Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei: vale per i pulcinella italiani e vale anche per l’Imperatore. La differenza è una sola: l’Imperatore spara – e uccide – mentre i nostri pulcinella mettono mano al portafogli, che hanno gonfio dei nostri soldi, per trarne qualche vantaggio personale. Qui le grinze nel discorso di Scalfari sono più d’una, sebbene, per ora, siano peccati veniali.

Ma il fondatore di Repubblica va avanti e ci descrive un Gianfranco Fini titanico. L’unico che si salva tra tutti i pulcinella di questo governo. Fregato dal vassallo numero uno, ma tetragono, immarcescibile, che aspetta il suo momento ed emerge infine alzando il vessillo dell’orgoglio nazionale. Pensate! Mai nessuno, prima di lui, era riuscito a infilare ben due italiani in una commissione d’inchiesta creata per indagare sul comportamento di militari americani. Fu – scrive Scalfari – “un grosso successo politico”. Evviva. Si sapeva fin dall’inizio che il verdetto non sarebbe stato né veritiero, né attendibile. Fumo negli occhi per il grande pubblico abbindolato. Ma il Fini non aveva previsto che non sarebbe stato (perché solo un pulcinella al quadrato avrebbe potuto prevedere una tale insensatezza) un verdetto unitario. Grande – titanico davvero – tuffo nella merda, suo e del governo di pulcinella. Ma Repubblica pensa già, forse, al nuovo leader del centro destra e lo candida. Previdenti.

Qui le grinze si fanno numerose e ben visibili.

Di sfuggita Scalfari tocca anche la faccenda delle opposizioni che si sono ripetutamente sedute attorno al tavolo con il governo dei pulcinella per condividerne responsabilità che non dovevano condividere. Vale la pena di seguire il suo ragionamento. “Il governo – scrive Scalfari – ha voluto tenere informata anche l’opposizione, o almeno i suoi principali esponenti, i quali sono stati ben lieti di avere un ruolo passivo ma partecipe”. Lieti perché? Ma – s’immagina – per non lasciare solo il pulcinella principale nella raccolta dei dividendi politici. Infatti, prosegue Scalfari, “l’opinione pubblica applaudiva a questa unità nazionale realizzata in nome dell’ostaggio da liberare “a qualunque costo e pagando qualunque prezzo”.

Dunque è esatto dire – come conclude Scalfari – che il governo, “all’insegna della responsabilità condivisa” ha “potuto alleggerire il peso di scelte che avrebbero dovuto gravare soltanto sulle sue spalle”. Resta solo da aggiungere che Repubblica ha appoggiato a gran voce, con insistenza, questa linea bipartisan. I pulcinella non stavano tutti nel governo, dunque. Tra i pulcinella dobbiamo mettere anche Repubblica e i leader dell’opposizione che si sono seduti attorno al tavolo con il pulcinella principale.

Ultima considerazione, la più importante. Sappiamo adesso (ma avremmo dovuto saperlo fin dall’inizio, tutti. E non solo dall’inizio della guerra irachena, ma anche dall’inizio di quella del Kosovo, per passare a quella afghana) che gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di sottostare ad alcuna legge internazionale. Sappiamo chi sono i nostri alleati. Tanto più dovremmo stare attenti quanto più siamo vasi di coccio a fianco di un vaso d’acciaio. Sarebbe il momento di andarcene. Ma Scalfari “sconsiglia”. Perché? Perché non si deve “ridurre la politica estera del paese a questione di rivalsa personale”.

E, se, per caso (ma nemmeno Scalfari ci crede) il pulcinella principale decidesse di ritirare le truppe, l’opposizione dovrebbe opporsi a “una scelta così grave”, “immotivata e scriteriata”, un’iniziativa da “amante deluso e non da statista responsabile”.

“Rivalsa personale”? “Amante deluso”? Qui le grinze sono talmente fitte che urge portare tutto il ragionamento in stireria.

L’omicidio di Nicola Calidari non è stato altro che la prova, definitiva, tragica, clamorosa, che tra l’Italia – tutta intera, adesso – e questa Amministrazione americana sono venuti meno i presupposti minimi della fiducia reciproca. Se non fossimo in guerra al loro fianco potremmo anche discutere pacatamente con loro dei nostri dissensi. Ma siamo laggiù, con loro, condividiamo tutte le loro responsabilità pesantissime e le condivideremo per sempre. Noi, italiani pulcinella, non siamo degli stinchi di santo, questo è vero, ma non si può combattere lealmente in queste condizioni.

Suvvia, Eugenio, non puoi chiederci di mentire di nuovo all’Imperatore! Perché la prossima volta che ci sparerà addosso non avremo più obiezioni da fargli.

Giulietto Chiesa
Fonte:www.giuliettochiesa.it
del 1 maggio 2005, in uscita sul prossimo numero di Avvenimenti
 

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