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DI GIANLUCA FREDA
Blogghete !

La lettrice Lucia ha scritto nei commenti:

Caro Gianluca, E chi dovrebbe procurarci i cingolati? L’Iran, che forse fa bene a tenerli pronti in casa? La Russia o la Cina? Altri volontari disinteressati? E i nostri “alleati” come reagirebbero? Lascerebbero fare?

Non bastano gli esempi di coglioni che stringono accordi con “Potenze straniere” per il comune interesse di cambiare un governo? E con cosa si ritrovano? Il Paese distrutto, che vuol dire povertà vera per generazioni intere, quindi una ancora maggiore predisposizione all’asservimento, e morti, tanti morti. E i morti, quando sono – con tutti i loro limiti e miserie – i tuoi, sono la disperazione più totale e più nera, quel dolore che attorciglia le viscere, e non passa, per quanto sbatti la testa contro un muro, o ti anestetizzi con ogni sorta di porcheria. Non torneranno indietro, non li riavrai MAI più. Per non parlare di invalidi permanenti (pensa che bello, la tua bellissima bambina di 4 anni sfigurata per sempre dal fosforo, con le braccia amputate per evitane la morte quando si opera in condizioni disperate). No, a fare entrare i cingolati non sai come va a finire.

Purtroppo, finché avremo bisogno di una guida che sappia mettersi in vista (ovvero ne abbia i mezzi), finché abbracceremo qualcosa solo se prima di noi lo hanno già fatto in tanti, allora non possiamo sperare in un governo equo, non con la coscienza umana ridotta com’è oggi.

Ma che ti è successo? Il primo articolo tuo che lessi lo ricordo ancora sorridendo, era quello sul terrorista con la dinamite nelle mutande. Avevo riso, leggendo da sola, fino alle lacrime. Il modo in cui evidenziavi l’incredibile credulità della gente, criticavi il comportamento, e riuscivi a deridere senza offendere.

Poi pian piano sei cambiato, fino a diventare talmente offensivo da risultare sgradevole alla lettura. L’articolo sul Costa Concordia era quasi vomitevole, un giudice che sembra convinto di appartenere ad una razza superiore e disprezza, con parole veramente cattive e con giudizi un po’ superficiali, “la massa”. Che poi, sempre tutti a disprezzare la massa, il popolino, il popolo bue, come se non ne facessero parte, la massa sono sempre gli altri. Sembra una delle tante varianti della malattia di quelli che fan la gara a chi ha l’auto più costosa credendo di distinguersi, o che venderebbero la madre per una comparsata in TV, sempre per distinguersi in qualche modo dal “gregge”.

Non capisco se è delusione, amarezza, ma finisci col diventare a tua volta cieco, come quando incolpi i giovani per il calo del livello dell’istruzione. Da giovani (molto giovani) non si ha un gran potere sulle scelte del paese, forse i complici dei colpevoli sono stati i genitori di questi giovani.

Be, scusa se mi son permessa, non so nemmeno io perché desideravo dirti queste cose, forse perché mi manca il Freda di qualche tempo fa, e mi dispiare.Era tutta un’altra cosa, prova a rileggerti, articoli di allora e di oggi.

 

Gentile lettrice, posso dirle questo:

su questo blog, nei rari momenti in cui ho ancora tempo e voglia di scriverci, sto cercando di descrivere la situazione politica, nazionale e internazionale, in cui siamo impantanati. Sto cercando – per quanto mi sia possibile farlo con le scarne nozioni che ho appreso in questi anni – di immaginare le sue possibili (e probabili) evoluzioni. Sto cercando anche di presentare, nel modo più realistico possibile e senza lasciare troppo spazio a voli pindarici di fantasia, le possibili vie di fuga, rifacendomi ai meccanismi storici con i quali situazioni di impasse geopolitica simili a quella che andiamo oggi osservando hanno infine trovato il loro scioglimento.

Mi spiace che tutto ciò risulti a volte meno divertente degli articoli più distesi che scrivevo un tempo. Ma mettermi il naso a palla e il cappello a cono mentre eseguo la quotidiana conta dei cadaveri mi sembra poco utile alla mansione, oltre che poco rispettoso verso i trapassati. Capisco bene che in tempi cupi si senta il bisogno di ridere. Ma rivolgersi a comici e barzellettieri per riempire un vuoto che è esclusivamente politico – e che necessita dunque di teorizzazione politica e di azione politica ad essa conseguente per essere colmato – non è un’idea felice; come gli ultimi vent’anni hanno già dimostrato (governo dei barzellettieri da crociera) e come i prossimi verosimilmente dimostreranno (dissoluzione totale di ogni rimasuglio di pratica politica ad opera di cabarettisti blogghettari). Chi in una simile situazione senta il desiderio di assumere droghe euforizzanti, ha l’imbarazzo della scelta e si assume la responsabilità delle sue azioni. Io, quando posso, ormai evito di vendere soma. O se proprio devo venderlo, fornisco all’avventore anche la necessaria dose di antidoto.

Altrettanto inutile mi sembra il voler a tutti i costi ricondurre nell’alveo del personalismo e dell’emotività puerile una pratica di scrittura che mi sforzo, nei ristretti limiti in cui ciò mi è caratterialmente possibile, di mantenere oggettiva e descrittiva. Io cerco di descrivere in che modo, verosimilmente, la situazione che stiamo attraversando troverà la sua via di sbocco. Cerco di spiegare che – in linea puramente speculativa, visto che siamo un miliardo di miglia lontani dall’obiettivo – i cingolati sarebbe meglio imparare a guidarli e schierarli, prima che arrivino da soli a scorrazzare comunque sulle nostre tibie, come sempre è accaduto e come non è del tutto inverosimile che accada anche in quest’occasione. E che in ogni caso, a prescindere dall’identità dei carristi, è con i cingolati che si uscirà dall’attuale pantano, sempre ammesso che se ne esca in tempi storici ragionevoli. Mi si prospettano, di contrappunto, le immagini di montagne di cadaveri, d’infanti straziati dal fosforo, nonché il fatidico “cosa-faresti-se-fosse-tua-figlia/tua-moglie/tuo-cugino”.

Se mio cugino cascasse dalla torre di Pisa, mi spiacerebbe assai. Ma questo non mi spinge a negare le leggi di caduta dei gravi. Semmai mi spinge a spiegarle e descriverle con la massima chiarezza possibile, affinché si possa comprenderne il funzionamento ed imparare eventualmente ad averne ragione, prima che siano esse ad aver ragione del mio povero cugino. Di morti sfrittellati e schiamazzati giù dalla torre ne vedo già tanti intorno a me, e non li ho certo uccisi io col cinismo. Quindi, nell’interesse della parentela di secondo grado, è meglio affrettarsi. Se tale impresa non giova al buonumore, rivolgersi altrove, prego. I vaudeville sono aperti fino a tardi e le Bluebells sfoggiano garretti da sogno.

Per ciò che riguarda le masse, non credo di averle mai offese, per il semplice fatto che non credo alla loro esistenza. Non ho mai visto, in vita mia, una massa, se non al cinema o nei reportage sull’Area 51. Ho esperienza solo di individui singoli, molti dei quali (ahimé) cretini e spregevoli; parecchi insulsi e trascurabili; altri degnissimi e meritevolissimi. Questi ultimi non sono granché diffusi, devo ammetterlo, ma per definizione nulla che dia senso alla vita lo è, quindi è così che devono andare le cose. Sto solo cercando di spiegare che le masse, non esistendo, non sono in grado di modificare un bel nulla, checché ne dicano i fumetti e gli sceneggiati su Robespierre. Sui singoli individui cretini e spregevoli (da me indicati anche con i lemmi “plebe” e “plebaglia”) non c’è ovviamente da contare per un cambiamento, come nemmeno sugli insulsi. Sono loro quelli che “stringono accordi con potenze straniere” al solo scopo di ottenerne prebende individuali, senza avere in testa neppure l’ombra di un progetto politico nazionale. Rimangono i meritevoli, ovvero quella ridotta frazione di essi che abbia voglia di abbandonare i miti e le leggende imbecilli sulle “masse che cambiano il destino” e che possieda invece (o voglia sforzarsi di acquisire) le qualità essenziali per costituirsi in elite.

Tali qualità sono innumerevoli e se ne può discutere all’infinito (si fa forse perfino prima ad acquisirle che a discuterne), ma tutte hanno la propria scaturigine in un atteggiamento fondamentale, che segna la vera e propria linea di transizione tra una classe dirigente e la plebaglia che ne attua inconsapevolmente le direttive. Questo atteggiamento consiste nel valutare la realtà per ciò che è, nel deporre tutte le armi dell’ideologia, nel perseguire il proprio utile nella prospettiva del contatto diretto con le cose, lasciando alle comari i giudizi moralistici e i miserabili pettegolezzi da cortile. Nietzsche avrebbe forse detto: consiste nel saper andare al di là del bene e del male.

La plebaglia la riconosci dal fatto che trasforma in moralismo qualsiasi campo dello scibile. E’ esattamente questo che la marchia a fuoco quale plebaglia, sceverandola dalle classi dirigenti. E’ esattamente questo che la definisce nel suo stato di perenne subordinazione.

La plebaglia crede di parlare di politica, ma in realtà ciò che vuole dire è che Tizio è corrotto, Caio prende tangenti, Sempronio organizza festini hard nella sua villa di Boscotrecase. La morale beghina della massaia analfabeta con gli occhi pesti dalle botte è tutto ciò che comprende e ad essa riporta l’intera cosmogonia universale.

La plebaglia finge di parlare di informazione, ma in realtà ciò che vuole conoscere sono i maneggi delle starlet, gli amorazzi dei potenti, pure le macchinazioni e gli intrighi della politica, al limite, ma non per comprendere i meccanismi di base della conquista e dell’amministrazione del potere, bensì al solo scopo di poter puntare il ditaccio tozzo e bisunto contro i volti del teleschermo e poter sentenziare: quello è becco, quell’altro è ladro, quell’altro se la fa con la cugina della zia di sua nuora.

La plebaglia s’interessa di storia al solo scopo di poter farfugliare, tra i dentacci neri e radi, che Ìtle era il male assoluto©, che Stàli era un dittatore sancuinario©, mentre Gàndi, lui sì, esimio ingegnere, l’ho visto ieri sul libro di geologia di mio nipote, vedesse che aria distinta, che gran brav’uomo.

Perfino le scienze esatte vengono piegate da questi miserabili all’ipocrita precettistica gesuita che presiede ad ogni loro pensiero. Quando proclamano, con malcelato orgoglio di novelli Keplero, che la Terra gira intorno al Sole, non lo fanno perché gli interessino il moto dell’universo o dei pianeti. Se gli interessassero davvero, scoprirebbero che il moto della Terra intorno al Sole è molto meno dimostrabile di quanto essi possano immaginare. Ciò che gli interessa è dimostrare che noi siamo er mejo che l’evoluzione umana abbia prodotto, perché noi, signore e signori, sappiamo che la Terra gira intorno al coso, come si chiama, il sole, mica come nel medioevo, mica come quei trogloditi di Aristotele, Virgilio, Sant’Agostino, Dante, Petrarca, che neanche avevano mai sentito parlare di Megan Fox.

Ora, se per pura ipotesi dovessimo decidere di preferire la fermezza del ceto dirigente consapevole all’acquiescenza moraleggiante della plebe, allora occorrerà disimparare, dal principio alla fine, tutto ciò che credevamo di sapere o di avere imparato, tutti i princìpi su cui abbiamo fondato la nostra percezione del mondo, tutti i punti di riferimento che ritenevamo acquisiti. Ognuno stabilisca se possiede il coraggio per questa impresa. Eventualmente, faccia sapere fino a che punto di revisione del proprio universo mentale è disposto a spingersi, e poi non disturbi coloro che hanno intenzione di spingersi oltre. Se non se la sente, che vada per la sua strada, senza fare troppo rumore. Occorre radere al suolo ogni centimetro della casa che avevamo creduto di amare e disporci ad edificare su ogni frammento di terra sgombrato dalle macerie nuove architravi di pensiero. Nietzsche credo avrebbe detto: “Tu vai per il sentiero della grandezza: ora bisogna che il tuo coraggio migliore consista nel non esserci alle tue spalle più alcun altro sentiero”.  Oppure anche: “Io amo coloro che non vogliono conservare se stessi. Coloro che tramontano, io li amo con tutto il mio amore, perché passano all’altra riva”.

Io ritengo che potremmo porre il confine tra classe dirigente (da riedificare) e plebaglia anche al livello in cui in un intelletto umano, casualmente scelto tra la moltitudine, ha luogo la piena comprensione di queste parole.

Gianluca Freda
Fonte: http://blogghete.altervista.org
Link; http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=915:gianluca-freda&catid=25:politica-italiana&Itemid=44#comments
2.11.2012

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