FONTE: Crashoil.blogspot.com
Cari lettori,
Uno dei fenomeni più intriganti che sono a cavallo tra oceanografia e geologia è quello degli tsunami, principalmente quelli di origine sismica. Un spostamento trasversale di una faglia sul fondo marino, per l’enorme energia che libera, può spostare tutta la massa di acqua al di sopra per una distanza
non tanto grande, forse 50 centimetri, qualche volta un metro. Il problema
è che lo spostamento colpisce tutta la colonna d’acqua, che può
essere di quattro o più chilometri di altezza. L’onda generata dalla
semplice gravità si diffonde alla velocità di centinaia di chilometri
orari, e in alcuni casi, se il terremoto avviene in acque molto profonde,
giunge quasi a velocità supersoniche. Quando questa onda si avvicina
alla costa, la pendenza del suolo marino induce un effetto conosciuto
come frantumazione (shoaling): l’onda solitonica si rompe e si scompone
in diversi pacchetti, che si diffondono a velocità molto più piccole,
alcuni chilometri l’ora, ma per l’aumento della pressione dell’acqua
l’altezza cresce sempre di più.
Per questo motivo è molto più
sicuro aspettare uno tsunami in alto mare, dove l’onda di alcuni
centimetri passerà senza fare grossi danni, ma sulla costa l’altezza
potrà essere di vari metri – in alcuni casi quindici, ma ci sono casi
storici documentati di tsunami colossali di 50 metri di altezza
– e sarà quindi capace di penetrare all’interno per vari chilometri,
spianando tutto quello che si trova di fronte con la sua enorme potenza
e pressione. Nei minuti che precedono la prima onda di uno tsunami,
l’acqua del mare si ritira velocemente per alcuni chilometri, portando
alla luce il fondo roccioso dall’aspetto irreale. Alcuni persone si
sentono attratte dal fenomeno e rimangono a guardare intontite senza
capire che, se in quel momento si affrettassero a correre verso l’entroterra,
forse potrebbero riuscire ad allontanarsi quanto basta o guadagnare
una posizione sufficientemente elevata per sopravvivere; si tratta di
pochi minuti determinanti che precedono l’arrivo della prima onda. Un’altra
cosa che la gente normalmente ignora è che la prima onda non è quasi
mai la più grande, e a volte succede, come nello tsunami delle Hawaii del
1° aprile (il giorno anglosassone degli innocenti) del 1946, che la gente scenda sulla spiaggia per vedere
quello che è successo nella mezz’ora che passa tra la prima e la
seconda ondata, aumentando terribilmente le vittime quando la seconda
– che di solito è la più grande – scarica tutta la sua violenza
sulle persone indifese.
Ieri lo spread delle obbligazioni del
Tesoro spagnolo su quelle tedesche è arrivato ai 500 punti base.
Ciò significa che il rendimento di queste emissioni del debito
spagnolo rendono il 5 per cento in più rispetto ai titoli equivalenti
tedeschi. Siccome l’informazione fornita dai media è sempre
brutalmente incompleta e oscurantista, non mi è mai chiaro a che cosa
si riferiscono con esattezza: non so se stiamo parlando di buoni a un
anno, a cinque o dieci, o di tutti contemporaneamente. Capisco inoltre
che questo spread sui titoli tedeschi viene a formarsi nel mercato
secondario, dove chi possiede il debito spagnolo lo sta rivendendo con
un certo sconto, perché evidentemente non si possono rinegoziare le
condizioni espresse nel titolo di debito. Se ci si pensi un po’, la
cosa è ancora più grave del fatto che adesso la Spagna debba collocare
il proprio suo debito con un tasso di interesse più alto (cosa che
già avviene, perché le emissioni del debito di solito seguono l’evoluzione
del mercato secondario: la Spagna non può ottenere denaro a un costo
minore di quello che percepisce il mercato). È più grave perché,
in pratica, i debitori che vendono il debito spagnolo stanno accettando
una percentuale di perdita (forse non perdite reali, di sicuro rispetto
alle proprie aspettative di profitto) e ciò significa che la credibilità
della Spagna come stato solvente sta precipitando.
Ma, alla fine, questo non è proprio
un blog di economia e non dobbiamo perderci in tali questioni. La cosa
interessante da notare è che il debito spagnolo è giunto ai livelli
che hanno causato il “salvataggio” della Grecia o che hanno
forzato un “cambiamento di Governo” in Italia la settimana
scorsa. Qui, in Spagna, mancano solo due giorni alle elezioni generali,
e tutti i sondaggi indicano che a vincerle sarà il Partito Popolare
conservatore con una larga maggioranza; il suo leader, Mariano
Rajoy, ha già anticipato che andranno intraprese misure adeguate per
cercare di risanare i conti spagnoli, facendo capire che arriveranno
maggiori tagli alle prestazioni sociali e ai salari di quelli che si
sono prodotto nell’ultimo anno. E non potrebbe fare diversamente, perché,
essendo stato un dilettante nell’applicazione di queste misure, il primo
ministro italiano Silvio Berlusconi è stato fulminato dalla mediaticamente
nominata Troika: io pensavo che la troika fosse formata da tre, ma ora
ho capito che può fare anche con due, e di fatto ne basta anche uno,
e avanza (tutti i sensi dell’ultima frase, in modo particolare quelli
più piccanti, sono stati ricercati deliberatamente: viva le lingue
latine).
Abbiamo, dunque, delle elezioni generali
che cambieranno radicalmente la direzione del partito al governo, da
socialista a conservatore, in un paese che ritiene che la destra diriga
meglio e che per questo possa meglio fronteggiare la difficile situazione
economica. In realtà, produrrà lo stesso risultato perché, dopo avere
osservato quello che ha successo fatuamente nella democratica Unione
Europea nel corso delle ultime settimane in Grecia e in Italia, è evidente
che le decisioni non vengono prese dalle nazioni, e ancora meno è il
potere di cui dispone il paese sovrano: i nostri nuovi governanti faranno
quello che gli viene detto, fine. Questa situazione implicherà una
delusione sempre più forte della popolazione spagnola verso la già
malfamata classe politica, una delusione che si potrà trasformare in
rabbia quando la nuova
recessione porterà i livelli
di disoccupazione dall’attuale 21,5 per cento al 25 o 26 per cento
in un paio di anni. E, comunque, l’unica cosa certa è che stiamo
percorrendo una strada ben conosciuta: quella verso il collasso.
A proposito del collasso, Dimitri Orlov
ha rivisto di recente il suo modello di cinque fasi di collasso (finanziario,
commerciale, dello stato, della comunità e della famiglia) e la
sua conclusione non può essere più spoetizzante: secondo
lui, il grande impegno degli stati per fermare la deriva finanziario
– che si sarebbe dovuto esprimere in tutta la sua grandezza due o tre
anni fa – farà sì che il collasso finanziario sopravvenga contemporaneamente
a quello commerciale, e eventualmente anche a quello delle nazioni,
soggiogate dall’enorme fardello del debito che è stato contratto
nel corso del salvataggio finanziario. In pratica, il suo modello era
troppo graduale e dolce se paragonato al percorso accidentato a cui
ci costringe il BAU, Business as Usual. Una nuova dimostrazione
che la discesa dal lato destro della curva di Hubbert sarà dominata
dagli effetti non lineari. E gli eventi di questi giorni in Grecia suggeriscono
che, effettivamente, il collasso finanziario coinciderà con quello
commerciale: la Grecia ha dovuto ricorrere all’Iran come il fornitore
principale di petrolio (vedi : La Grecia si affida al petrolio iraniano ), perché gli altri paesi non si fidano della
sua solvibilità. La discesa appena iniziata da noi spagnoli, accodandoci
a greci, irlandesi, portoghesi e italiani, ci porterà dal nostro presunto
“Primo Mondo”, al quale credevamo con arroganza di appartenere
per meriti propri, verso il Secondo o il Terzo che abbiamo calpestato
senza colpo ferire; e a poco è servito aver cominciato, qualche anno
fa, a frequentare i ricchi e i potenti, che ora hanno le loro preoccupazioni
e non possono essere disturbati in questo momento.
Questi giorni che portano alle elezioni
sono come il mare che si ritira in attesa della prima onda di uno
tsunami: c’è una calma strana e irreale, mentre un’ombra
vaga e minacciosa si forma nell’orizzonte. In realtà, se conosciamo
un po’ di Storia e il modo in cui è stata gestita l’economia nel XX
secolo, sappiamo cosa accadrà alla Spagna.
A partire da lunedì si incomincerà
a dire quello che ora si tace: che è urgente prendere le misure per
contenere la spesa, che è intollerabile che il deficit spagnolo si
discosti dagli obbiettivi (fissato per quest’anno al 6 per cento ma
che potrebbe arrivare all’8), eccetera. È possibile che il governo
socialista, in carica fino a gennaio quando subentrerà il nuovo, si
veda obbligato a prendere lui stesso alcune misure drastiche, misure
che in ogni caso il PP adotterà quando sarà al potere: ribassare immediatamente
e ancora una volta lo stipendio dei lavoratori pubblici – forse un
10 per cento- , tagliare ancora più su Sanità, Educazione e Infrastrutture,
perché Germania e Francia sono molto sensibili per quegli aeroporti
multimilionari senza passeggeri e altre stupide infrastrutture sottoutilizzate
che sono state costruite nell’epoca dorata del mattone. Ci sarà, probabilmente,
un aumento dell’IVA e certamente una riduzione generalizzata dei sussidi
e degli aiuti (per quanto mi riguarda, in borse di studio e progetti).
Tutto questo porterà a una maggiore
contrazione economica e a una maggiore disoccupazione, con cui incasseranno
meno imposte e si dovranno pagare più sussidi: a un certo punto, si
parlerà di ridurre il sussidio di disoccupazione e il salario minimo.
E questo in un contesto in cui i prodotti di base saliranno di prezzo
e quelli non fondamentali scenderanno mentre si liquida lo stock,
per poi tornare a salire. In definitiva, diventeremo più poveri, più
poveri…
Il sole si oscura: l’onda già
lo copre, è già qui. In qualche sito web andavano esposte
alcune verità in mezzo alle tante bugie che vengono propinate. Non
sono “salvataggi” quelli che sono applicati, sono liquidazioni;
non sono cambiamenti di Governo a favore di Governi “tecnocratici”,
sono colpi di Stato in cui si danno le redini ai nostri creditori, assicurando
che i padroni riceveranno il denaro anche se a costo della rovina; non
si tratta di austerità, è una rovina che monta; non si parlerà di
ordine pubblico, ma di repressione; non ci sarà un interesse comune,
ma sarà solo particolare; non riusciremo a recuperare la strada della
crescita, ma ci addentreremo in quella dell’impoverimento; non
c’è crescita, se non il fine della crescita. Ci rimane solo la misera
consolazione che alla fine queste onde arriveranno anche a Berlino e
a New York.
Ora arriva l’acqua.
Fonte: Antes de la ola
18.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
La redazione non esercita un filtro sui commenti dei lettori. Gli unici proprietari e responsabili dei commenti sono gli autori e in nessun caso comedonchisciotte.org potrà essere ritenuto responsabile per commenti lesivi dei diritti di terzi.
La redazione informa che verranno immediatamente rimossi:
– messaggi non concernenti il tema dell’articolo
– messaggi offensivi nei confronti di chiunque
– messaggi con contenuto razzista o sessista
– messaggi il cui contenuto costituisca una violazione delle leggi vigenti (istigazione a delinquere o alla violenza, diffamazione, ecc.)