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La Redazione

 

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PREDIZIONI PER IL 2009

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A cura di Das schloss
Il 30 Dicembre 2008
61 Views

DI SHARON ASTYK

Di questo scrivo un po’ in anticipo, quest’anno –
mancano un paio di
settimane ai “Giorni dell’Indipendenza” [1],
e prevedo un bel po’ di clamore
quando le consuete previsioni di fine anno cominceranno a
bombardarci. Così
ho pensato di tagliare la testa al toro e di fare le mie
adesso.

Ma prima: come mi è andata l’anno passato? (Guardate,
solo perché l’anno
scorso ne ho imbroccata qualcuna giusta non vuol dire che
dobbiate prendere
per oro colato tutto quello che dico – Non credo mica che
quello che mi esce
dalle chiappe sia sempre la verità assoluta, e di certo
non dovreste
crederci nemmeno voi ;-))

Quest’anno l’ho chiamato “Hic Sunt
Leones” sostenendo che è la situazione in
cui ci ritroviamo quando le carte geografiche che danno un
senso al nostro
mondo diventano inaffidabili. Credo di averci azzeccato
abbastanza – credo
che in molti non si rendano conto di quanto grande sia
questa
inaffidabilità, di quanto il funzionamento
dell’economia, il nostro
ecosistema, la nostra cultura siano completamente
differenti da quello che
ci è stato insegnato. Penso che tutti possiamo vedere come
gli stessi
esperti si sentano smarriti, non perché siano stupidi, ma
solo perché non
sono capaci di operare fuori dalla mappa. Quello che ci
raccontiamo plasma
la nostra percezione del mondo – e la narrazione
comunemente accettata ha
ostacolato la nostra comprensione delle cose.Queste erano le mie previsioni per il 2008, le mie
annotazioni e la loro
verifica.

1. Quest’anno le parole “picco della produzione di
petrolio” andranno alla
grande, ma quest’uso massiccio non si accompagnerà a
una profonda o
articolata comprensione del loro significato. Nel senso che
“picco di
produzione” sarà usato a scopi politici, non
necessariamente commendevoli.

— Qui ci ho preso. Mentre il prezzo del greggio saliva, la
CNN e il resto
dei grossi media sembravano non averne mai abbastanza dei
testimonial del
PdP, tipo Simmons e Kunstler. Ma naturalmente per quei
media era impossibile
generare nel pubblico una comprensione abbastanza
approfondita da fargli
capire che il Picco di Produzione non è svanito nel nulla
solo perché i
prezzi sono crollati, anzi, che a lungo termine quel crollo
è la probabile
conferma che il picco l’abbiamo superato.

2. Entro la fine dell’anno avrà inizio
l’accaparramento di vettovaglie e
attrezzatura di sopravvivenza, in stile panico da fine
millennio.

— Nel settore equipaggiamento le cose non sono state
drammatiche come alla
vigilia del 2000, anche se gli ordini di stufe a legna e
bici elettriche
sono andati alle stelle. Ma la cosa notevole è stata la
ressa per
accaparrarsi le confezioni di riso dei discount, come è
successo in
primavera. Sfortunatamente temo che la cosa si ripeterà,
anche se per altre
ragioni. Anche qui ci ho preso.

3. I neocon non usciranno di scena tanto docilmente –
dovremo aspettarci
almeno una grossa sorpresa. Voglia D-o che non richieda la
parola “nuculare”
[2] o qualche suo derivato.

— Ritengo che qui ci abbia azzeccato al 50% – credo che
l’escalation con la
Russia sia stata in effetti l’ultimo tentativo dei
neocon di farsi passare
come l’ancora di salvezza in un mondo ostile (con
l’Alaska a fare da Terra
di Nessuno), ma è andata meglio di quanto temessi.

4. Hillary non vincerà le elezioni del 2008. E ad onta
delle email che
continua a mandarmi un sacco di gente, preannunciandone il
successo, nemmeno
Ron Paul.

— Azzeccato.

5. L’economia se la vedrà brutta. Eh, qui sono proprio
in minoranza..

— Azzeccato.

6. Molti di noi si accorgeranno di essere presi più sul
serio del previsto.
Certo sempre meno sul serio del divorzio di qualche
celebrità, comunque.

— È andata proprio così, almeno per me – non conosco le
reazioni di John
Michael Greer, Kunstler o Orlov [3], ma per me è stata
sorprendente
l’attenzione verso le mie predizioni, e la scarsità di
gente che ha pensato
che esagerassi, anche se magari lo facevo, stando ai
rilevamenti di
un’affiliata ABC. Ma ovviamente anche la serietà ha i
suoi limiti – se è
vero che sono in pochi a criticare l’ideologia
dominante, è anche perché
sono in pochi a occuparsene.

7. Vedremo rivolte per il cibo in ancora più paesi, e
ancora più fame.
L’idea dei “Victory Garden” [4] non sembrerà
più così bizzarra.

— Eh già! Quest’anno 31 nazioni hanno già avuto
qualche forma di rivolta
per il cibo, e la lista si allunga. E Michael Pollan ha
scritto “Farmer in
Chief” [Coltivatore in Capo] e l’idea
dell’Orto della Casa Bianca imperversa
in rete [5].

8. Si comincerà a riconsiderare la mattana del bio-diesel
– ma troppo tardi
per impedirla.

— Come volevasi dimostrare… Naturalmente il crollo del
prezzo del
petrolio fa la sua parte, ma anche prima di questo abbiamo
visto finalmente
aprirsi un dibattito serio sul concetto di bio-carburante,
in Europa almeno.

9. Vedremo almeno una immagine (o più) di gente disperata
che abbandona la
propria città, non avendo altra scelta. E molte immagini
di sfratti.

— Mi sono sbagliato solo nella prima parte di questa
previsione, e nemmeno
del tutto. La gente se ne andava da Houston, e frotte di
persone si
aggiravano a Memphis e Atlanta, in cerca di benzina… Ma
non ho percepito
una risonanza alla Katrina o da 11 settembre – i media
erano distratti, e
non c’è stato l’evento iconico che mi aspettavo.
Per il resto, ci ho preso.

10. “La Fine del Mondo per Come lo Conosciamo”
(ammettendo che arrivi) verrà
rinviata abbastanza a lungo da permettere l’uscita del
mio libro, in
autunno, così da ammortizzare almeno il mio anticipo e non
dare al mio
editore un motivo per farmi causa 😉
.

— Non ne sono sicura, ma credo che a quest’ora abbiano
già recuperato il
mio anticipo (tutti i quattromila), e l’editore non è
nemmeno fallito.
Chissà, potrei addirittura guadagnarci qualcosa!

D’accordo, d’accordo, vogliamo parlare
dell’anno che verrà?

Pur ritenendo che sia stato nel 2008 che ci si è accorti
di più che qualcosa
stava andando storto, devo mettermi di nuovo in minoranza
(non proprio una
forte, ma abbastanza) affermando che il 2009 sarà
l’anno in cui diremo che
la situazione è “al collasso”. Non credo che
sfangheremo l’anno senza che ci
siano, in quasi tutto il mondo, radicali e strutturali
cambiamenti nello
stile di vita. Vorrei chiamarlo, citando “Il Secondo
Avvento” di Yeats,
“l’Anno di ‘è giunta finalmente la sua
ora’” [6].

Cosa intendo per collasso? Usiamo spesso questa parola, ma
sul suo
significato è facile equivocare. Intendo che è probabile
che gli Stati Uniti
vadano incontro a un collasso finanziario in stile Grande
Depressione –
disoccupazione dilagante, masse di persone che affrontano
la fame, il freddo
e la mancanza di assistenza medica, la disarticolazione di
servizi che
consideriamo ormai diritti acquisiti, e la percezione che
il sistema non è
più in grado di funzionare. Non sto dicendo che ci daremo
da un giorno
all’altro al cannibalismo – anzi, credo che ci
accorgeremo di riuscire a
cavarcela sorprendentemente bene in questa situazione di
collasso, per
quanto grave.

Negli scorsi anni sono stata piuttosto faceta nei miei
pronostici –
quest’anno mi è impossibile. Spero davvero di
sbagliarmi. E spero che
prenderete decisioni basate sul vostro giudizio, non sul
mio. Queste sono
previsioni, il risultato di analisi e intuizioni, e qualche
volta la cosa mi
riesce bene. Ma non sto dicendo che ogni parola che mi esce
di bocca (o
dalla tastiera) sia la verità, tanto meno che dobbiate
prenderla come tale.
Sono parole avute gratis in rete – pensate a quanto le
avete pagate e
valutatele di conseguenza.

1. Un certo grado di normalità reggerà fino a primavera
inoltrata o
all’inizio dell’estate, più che altro grazie alle
speranze legate alla
presidenza Obama. Ma entro la fine dell’estate 2009
l’insieme della perdita
di posti di lavoro, credito e reddito, provocherà una
crisi economica che
farà sembrare rosea la situazione attuale. Con una
prevista perdita fino a
un milione di posti di lavoro al mese, arriveremo al punto
in cui
l’economia, per come la concepiamo adesso, non potrà
più funzionare – avremo
oggi l’equivalente delle file per il pane e dei broker
che vendono mele per
strada, [come nella Grande Depressione].

2. Molti dei progetti di investimento in infrastrutture che
oggi vengono
proposti non andranno mai in porto, e molti nemmeno
vedranno un inizio,
perché lo stato non sarà in grado di ottenere il credito
per finanziarli. Il
prezzo della globalizzazione sarà salato, in termini di
ridotta
disponibilità di fondi e risorse – e ad onta di quelli
che credono che
continueremo a costruire con un collasso in corso, questo
non accadrà. Negli
USA ci sarà qualche variazione sul tema New Deal Verde,
altre nazioni
continueranno a lavorare su infrastrutture ecosostenibili,
ma molti di noi
dovranno continuare a convivere con infrastrutture
fatiscenti costruite per
gente che ha a disposizione molta energia a basso costo. I
progetti di
maggior successo saranno programmi di piccole dimensioni, a
livello locale,
capaci di distribuire risorse il più diffusamente
possibile.

Prego perché abbiamo l’intelligenza di soprassedere su
altre questioni e
occuparci della creazione di un qualche tipo di sistema
sanitario, uno che
ammortizzi la contingenza. In caso contrario siamo davvero
fregati –
l’ultimissima cosa che ci possiamo permettere è
un’assistenza sanitaria come
quella di oggi nel contesto di un’economia inoperante.
Sfortunatamente
prevedo che non affronteremo il problema, ma prego Dio di
sbagliarmi.

3. Il 2009 sarà l’anno in cui i più appassionati
attivisti del problema
climatico (e non escludo me stessa) saranno costretti ad
ammettere che dovrà
prima gelare l’inferno (e l’inferno invece scotta
sempre di più) perché
riusciamo a prevenire l’aumento di 2º della
temperatura del pianeta. Troppo
pochi, troppo tardi, ecco. Questo non significa che
dobbiamo mollare – la
differenza tra emissioni incontrollate e controllate è
comunque una
questione di vita o di morte per milioni di persone – ma
che, con orrore,
rammarico e dolore, l’insieme di una nostra sempre
maggiore consapevolezza
dello stato attuale del clima e della situazione economica
ci spingerà a
operare a partire dalla constatazione che il mondo che
lasceremo ai nostri
figli sarà più degradato di quanto sperassimo, e la
nostra eredità più
povera e striminzita.

4. Il 2008 sarà probabilmente l’anno del Picco di
Produzione a livello
mondiale, ma per un po’ non ce ne renderemo conto. La
consapevolezza sarà
una bastonata tra capo e collo, perché saremo già
impantanati nelle spire
della nostra crisi economica, energetica e climatica. La
mancanza di
investimenti nell’anno prossimo comporterà che, alla
fine dei conti, sempre
più petrolio resterà inestratto, il che per il clima
sarà positivo, ma
scomodo per il nostro obbiettivo di un’economia basata
su energie
rinnovabili. A lungo termine, in ogni caso, il Picco si
avventerà a mordere
le nostre chiappe collettive.

5. Il minore accesso a cibo, beni e servizi quest’anno
diventerà una realtà.
In parte questo si dovrà agli esercizi che chiuderanno –
dovremo fare più
strada per avere quello che ci serve. In parte sarà dovuto
al fallimento dei
fornitori, provocato dalla bancarotta delle banche
commerciali. Inoltre
potrebbero esserci disservizi nel campo di spedizioni e
trasporti. Altre
difficoltà deriveranno dall’aumento di domanda per
generi di nicchia
che, finora, vengono prodotti in piccola quantità per un
numero ridotto di
fanatici dell’ecosostenibile, ma che adesso si
scopriranno di diffusa
utilità. Potrebbe intervenire la deflazione – coltivatori
che non potranno
fare il raccolto perché il guadagno sarà inferiore alla
spesa, e il
collegamento tra chi possiede i beni e chi ne ha bisogno
rischierebbe di
spezzarsi del tutto. E nel frattempo, altri milioni di
americani si
troveranno a scegliere tra un paio di scarpe nuove e una
visita medica.

6. Molti americani conosceranno un drastico taglio nei
servizi sociali e
negli ammortizzatori sociali. I fondi di molti stati e di
molti programmi
locali si volatilizzeranno e basta. La disoccupazione
diventerà galoppante,
e il governo federale dovrà venir meno ad alcuni dei suoi
impegni anche solo
per impedire agli affamati di riempire le strade. Nel
frattempo i solchi non
saranno arati, l’immondizia non verrà raccolta, e le
classi saranno di 40
alunni e più (con asilo accorpato), con una scuola di tre
o quattro giorni
alla settimana.

7. Gli stati mancheranno alla grande i loro impegni
finanziari nei confronti
dei paesi poveri, e in tutto il mondo le persone che meno
hanno arrecato
danni all’ambiente moriranno di fame sempre di più.
Non sarà un evento
inevitabile, ma i paesi ricchi affermeranno di sì.

8. Finalmente affronteremo il problema della crisi degli
alloggi, ma il
valore decrescente degli immobili renderà l’iniziativa
improduttiva. Ogni
volta che abbasseremo i prezzi delle case al livello della
situazione reale,
questa ci sfuggirà da sotto i piedi. Molti di quelli che
riceveranno aiuto
finiranno per essere sfrattati di nuovo (come già succede)
e altri
semplicemente non vedranno alcuno scopo nel continuare a
pagare il mutuo
visto che, proprio per la loro situazione, sarebbero
qualificati per un
alleggerimento del mutuo stesso (come già succede). Alla
resa dei conti, la
questione probabilmente si risolverà da sola, magari
attraverso in qualche
tipo di piano redistributivo che riassegni a un mutuo
minimo le abitazioni
sequestrate, se i sequestri di case porteranno giù con sé
abbastanza banche
da rendere fattibile per la gente smettere di pagare mutui
che sono di fatto
inesigibili, o magari ci saranno disordini che porteranno
la gente a a
riappropriarsi delle case. Non propendo per l’una o
l’altra soluzione, e non
credo che la faccenda si concluderà col 2009.

9. Per la fine dell’anno, il dibattito se il collasso
ci sia stato o stia
per arrivare continuerà accanito, almeno per chi potrà
permettersi di
mantenersi collegato alla rete. Non ci sarà nessun accordo
sulla definizione
di collasso, moltissimi continueranno con la loro vita,
solo con un tono
minore, mentre altri sperimenteranno perdite davvero
tragiche e
apocalittiche. Alcuni accuseranno le vittime di essere
pigre, stupide,
superflue e inutili, non importa il loro numero. Altri si
guarderanno
attorno chiedendosi: “Come ho fatto a non capire che
tutto questo era
inevitabile?” Parecchi saranno costretti a rendersi
conto che i poveri non
sono un abisso di pigrizia ed egoismo, quando toccherà a
loro diventare
poveri. Comprenderemo la situazione in cui ci troviamo solo
in
retrospettiva, col senno di poi – i nostri figli avranno
per
quest’esperienza una definizione migliore della nostra,
confusa dalla
molteplicità di punti di vista. Per intanto, ogni volta
che le cose
peggioreranno i più fra noi penseranno che si sia toccato
il fondo, che le
cose si siano “normalizzate”, finché diventerà
difficile ricordare quali
fossero le nostre antiche aspettative.

10. Tutto questo è terribile, ma la realtà è che non
tutto cadrà a pezzi.
Qui negli Stati Uniti la vita sarà dura e deprimente, ma
ci saranno anche
passi avanti. La gente tapperà i buchi e riprenderà a
remare. Si scoprirà
che per la gente comune trovare il modo di cavarsela è
sempre stato più
facile di quanto pensino gli opinionisti – è per questo
che ha smesso di
fare shopping nonostante tutti li implorassero di
continuare a spendere.
Andranno a vivere coi parenti, coltiveranno orti e
lasceranno le loro case
sovrastimate, o combatteranno per tenersele. Molti per
questo soffriranno, e
tanto, ma un numero sorprendente di persone si adeguerà
a situazioni che,
finora avrebbe considerato invivibili. Terranno duro,
talvolta
addirittura amando la loro nuova esistenza. Vedremo atti di
grande eroismo e
forza morale, così come atti di profondo egoismo e
malvagità. Perderemo
tantissimo – ma scopriremo anche che in molti di noi
c’è di più di quello
che pensavamo, che possediamo più spirito di
sopportazione, più coraggio,
più generosità di quanto credessimo.

Un Buon Anno in anticipo a tutti voi. Che in voi la
saggezza superi i
meriti, e che conosciate nel prossimo, in questi tempi
difficili, solo il
meglio.

Note del traduttore

[1] Si tratta di indipendenza alimentare, principalmente.
L’autore si
riferisce a un’espressione di Carla Emery (usata nel
suo libro “Encyclopedia
of Country Living”) per definire il periodo in cui le
famiglie si
sostentavano con quello che producevano nei loro orti e
campi. Attualmente i
Giorni dell’Indipendenza sono stati rilanciati, nel
contesto della crisi
(anche ideologica) che stanno attraversando gli Stati
Uniti, per diffondere
sempre di più le idee di consumo locale, riduzione della
produzione di
rifiuti, “urban farming”, e in genere quello che
si potrebbe accostare al
concetto di decrescita. Il sito da cui è tratto questo
articolo ha anche
promulgato una “Indipendence Days Challenge”: i
blogger che vi aderiscono
fanno la cronaca dei risultati che ottengono (ad esempio
nella produzione e
nel trattamento del cibo) all’interno dell’ottica
“indipendentistica”.

[2] Celebre strafalcione di George W. Bush
(“nukular” per “nuclear”).

[3] Alri intellettuali che, come Sharon Astyk, dibattono di
problemi
energetici e produttivi nella prospettiva di
un’incombente crisi di
scarsità. Comedonchisciotte ha pubblicato diversi
interventi di Kunstler.

[4] Si tratta della coltivazione in aree urbane e
suburbane, diffusa dallo
stato nei paesi anglosassoni nel corso delle Guerre
Mondiali per sopperire
alla carenza di generi alimentari nel periodo bellico.
Quello dei Victory
Garden è una sorta di emblema del movimento
“frugalista” di cui l’autore fa
parte.

[5] Quella di Michael Pollan
[http://www.commondreams.org/view/2008/10/10-13]
è una lettera aperta al neo-presidente Obama sulle
tematiche cibo-energia.
L’Orto della Casa Bianca è quello di Eleanor
Roosevelt, a sostegno
dell’iniziativa dei Liberty Garden (vedi nota
precedente).

[6] Occorre sottolineare che la citazione di Yeats non ha
nulla di pedante.
La poesia, col suo tono apocalittico e profetico da
catastrofe incombente,
negli USA è popolarissima e citatissima.

Titolo originale: “SHARON ASTYK’S PREDICTIONS FOR 2009 “

Fonte: http://sharonastyk.com/
Link
15.12.2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO

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