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La Redazione

 

Pesci predatori e pesci preda
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A cura di Markus
Il 19 Febbraio 2019
1630 Views

 

PATRICK ARMSTRONG
strategic-culture.org

Ho trovato utile questa analogia: grosso modo, nel corso dell’ultimo millennio, alcuni paesi si sono comportati come pesci predatori ed altri come pesci preda. Predatori e prede hanno sensi di autostima, comportamenti e visioni completamente diversi su come va il mondo e sulle relazioni internazionali. Come tutte le analogie, è una guida approssimativa: poche nazioni sono state interamente o l’una o l’altra cosa e, per un certo periodo, la superiorità militare aveva permesso a tutti i paesi europei di diventare i pesci predatori del resto del mondo. Credo tuttavia che oggi questa possa essere un’analogia utile, sopratutto quando viene applicata al tragico fraintendimento della Russia da parte degli Anglo-Americani; questi stanno sbagliando tutto e la cosa potrebbe avere conseguenze disastrose.

L’Inghilterra è stata il pesce predatore per eccellenza. Confinati nella loro piccola isola con i loro bellicosi vicini gallesi e scozzesi, gli Inglesi erano riusciti a sottomettere i primi ma non i secondi. Quando Giacomo VI di Scozia era salito al trono inglese, aveva saggiamente inventato la “Gran Bretagna” e il  “popolo britannico,”  legando in questo modo Inglesi, Scozzesi e Gallesi ad un comune destino. Questo nuovo amalgama aveva così dato vita al più grande impero della storia umana: talmente vasto che, così era il vanto,  su di esso non tramontava mai il sole. Nella loro assai più breve esistenza, anche gli Stati Uniti d’America sono stati un pesce predatore di successo. Partendo da una piccola fascia costiera di un continente, di cui ogni singolo pezzetto era già stato rivendicato da qualche potenza europea (per non parlare poi degli indigeni autoctoni), si erano espansi fino ad occupare la metà di quel continente. Oggi il dominio militare americano, con le sue centinaia di basi (è sempre l’alba in una base americana in qualche parte nel mondo), con la sua presenza navale a livello mondiale e con la sua moneta sovrana fa sembrare timidi ed incerti gli imperi del 19° secolo. Anche se il suo potere relativo sta diminuendo, [gli Stati Uniti] rimangono la potenza predominante in quasi tutti i settori. E, come mostrano le ultime rivelazioni di Wikileaks, Washington è felice di utilizzare i cosiddetti strumenti internazionali, come la Banca Mondiale, l’OECD [Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico] e il FMI come armi del suo arsenale. Il Regno Unito e gli Stati Uniti sono stati, nell’ordine, i predatori di maggior successo di sempre; vincendo ogni sfida hanno raggiunto una potenza mondiale superiore a quella di qualsiasi altra nazione della storia. Sono i massimi predatori della storia.

All’opposto, gli stati e i regni africani erano stati i pesci preda dei predatori europei ed arabi: schiavi, materie prime e territori per i coloni. La civilizzazione dell’America Centrale e Meridionale era stata, fin dagli inizi, velocizzata dalle malattie europee e da armi ancora più letali. Per diversi secoli, paesi e civiltà extraeuropee sono stati alla mercé dei pesci predatori europei. Persino il Belgio, preda in patria, aveva potuto essere un predatore in Africa. Anche la possente Cina era diventata una preda e si può solo sperare che, vista la sua crescente influenza, non voglia vendicarsi del suo “secolo di umiliazioni.”

Si dovrebbe essere cauti e non spingere troppo oltre l’analogia: Zulu, Incas, Aztechi ed Irochesi erano stati pesci predatori di successo nelle loro nicchie ecologiche, prima di essere distrutti da predatori più grossi. La Svezia è stata una rapace predatrice fino alla sconfitta di Poltava, che ne aveva segnato il declino, e da allora è rimasta tranquilla e pacifica. Ex super-predatori come la Spagna o il Portogallo, indeboliti dalla sovraestensione [dei loro imperi] e da economie collassate, hanno gettato la spugna. L’Austria è [ridotta ad] un piccolo paese senza sbocchi al mare.

I miti nazionali risentono molto dell’influenza dalla dicotomia predatore/preda. L’indipendenza della Polonia si è interrotta più di una volta: di recente ha subito la dominazione dell’Unione Sovietica e così, oggi, c’è più antipatia nei confronti della Russia che della Germania o dell’Austria. I Galiziani, che attualmente dettano legge in Ucraina mostrano, per ragioni simili, più animosità verso Russia che nei confronti della Polonia o dell’Austria.

La rilevanza di questa analogia con la guerra odierna alla Russia consiste nel fatto che la Russia si trova nella insolita posizione di essere mezzo pesce preda e mezzo pesce predatore. Per metà dei suoi mille anni è stata una preda: cercare di sopravvivere era stata una lotta continua con le popolazioni nomadi a sud e con i Cavalieri Teutonici a nord. Una lotta persa contro i Mongoli, che aveva segnato l’inizio uno sforzo secolare per la liberazione dal “giogo tartaro” e la riunificazione delle terre russe. L’espulsione delle forze polacco-lituane (due prede momentaneamente predatorie) aveva segnato la fine del periodo di preda e, nei cinque secoli successivi, la Russia si era espansa in tutte le direzioni, a volte pacificamente e talvolta con le armi, diventando però sempre più grande.

Ma la memoria dell’epoca in cui si era trovata ad essere un pesce preda persiste ancora. In Russia i monasteri sono fortificati e non ci sono castelli; in Europa, i monasteri non sono fortificati e ci sono molti castelli. La Russia, nel suo periodo di preda, aveva dovuto lottare per la sua stessa esistenza: data la centralità dell’Ortodossia all’essenza stessa della Russia, questo aveva significato dover lottare per la propria religione. Fortunatamente per la Chiesa Russa, i conquistatori mongoli erano indifferenti alla religione dei loro sudditi, ma i Cavalieri Teutonici e i Polacchi-Lituani erano militanti della Chiesa Cattolica di Roma, Napoleone trattava le chiese come stalle e ad Hitler non importava nulla dello spirito russo.

Perciò i monasteri, rappresentanti l’essenza stessa della Russia, dovevano essere fortificati per le guerre di sopravvivenza nazionale. L’assenza di castelli è spiegata dal fatto che, come roccaforti private, rappresentavano la capacità dei poteri locali di resistere al potere centrale; in Russia il potere centrale era il garante e il protettore dell’esistenza stessa della Russia. L’Europa, nonostante tutte le sue guerre, mai, dalla vittoria di Poitiers (a parte lo spavento di Vienna nel 1683) era stata minacciata nella sua stessa essenza. (Spagna, Portogallo e Balcani hanno però storie simili a quelle della Russia: resistenza allo straniero ed una lunga riconquista delle proprie terre).

Come risultato di queste realtà storiche, i Russi hanno una visione completamente diversa della guerra: per la Russia è una questione di vita o di morte. Per l’Europa medievale era uno sport da re, disastroso per i luoghi dove veniva praticato, ma di effetto limitato altrove: dal punto di vista del contadino, avere un re A o un re B aveva scarso significato. Le devastanti guerre di religione e quelle conseguenti alla rivoluzione [francese] non avevano mai minacciato l’Europa in quanto tale, perché si trattava di guerre civili fra generi diversi di europeismo.

I Russi ricordano il periodo trascorso come pesci da preda meglio di quello in cui erano stati pesci predatori. Il ricordo di essere stati una preda rende molto difficile per i Russi pensare alla Grande Guerra del Caucaso o alle guerre in Asia Centrale come a delle conquiste, come erano state in realtà. Considerano le guerre contro i Persiani o gli Ottomani come guerre di liberazione, non come una rivalsa su predatori più deboli. La memoria di essere stati un pesce preda rimane forte, non solo perché le prime esperienze hanno fatto da modello, ma a causa del potente rinforzo durante il periodo 1941-1945.

L’esperienza di guerra degli Anglo-Americani non ha ricordi del genere. Non sono mai stati in un conflitto in cui ogni soldato che raggiunge la capitale nemica è dovuto passare in mezzo alle infinite devastazioni della sua patria. (Americani: pensate alla marcia di Sherman verso il mare attraverso l’intera Confederazione e poi allargatela in modo che comprenda tutto il resto del paese situato sulla costa atlantica. La Gran Bretagna non ha nulla che assomigli ad una cosa del genere, a parte, su scala molto più piccola, la desolazione dei confini scozzesi sotto Edoardo I o le Highlands dopo Culloden). Questo libro sottolinea il fatto che gli Stati Uniti e il Regno Unito non sanno assolutamente che cosa siano le guerre di annientamento, ma la Russia ne ha viste molte. Le cicatrici dell’ultima sono ancora visibili: nel solo cimitero di Piskaryovskoye giace quasi mezzo milione di Leningradesi, più di tutti i morti delle guerre d’oltremare di Washington. Una concezione completamente differente della “guerra.” Questo rende i Russi difensivi, sospettosi e pronti a combattere per la madrepatria, ma non molto disponibili a riconoscere il loro periodo predatorio. Gli Anglo-Americani si aspettano sempre nuovi, redditizi saccheggi e indorano le loro razzie con atteggiamenti moralistici, come oggi vediamo molto bene in Venezuela: dobbiamo impadronirci del suo petrolio per ragioni umanitarie. Uno scontro è inevitabile.

Mentre la Russia non può dimenticare il suo periodo di preda, i suoi vicini ricordano solo il suo momento predatorio. Il contrasto dei ricordi è ben documentato in questo video, che esprime il punto di vista russo sui benefici portati dagli “occupanti russi” al paese predato. Ma, dal punto di vista del pesce predato lituano, abbiamo questa visione, completamente diversa, di morte e distruzione. Entrambe sono vere, entrambe sono false: ma è la differenza di percezione che deve essere compresa.

In altre parole, i pesci preda ricordano di essere stati mangiati; i pesci predatori non hanno una tale memoria, o addirittura la consapevolezza di simili paure. I predatori non possono immaginare che cosa significhi essere spinti al limite, perché a loro non è mai successo, i pesci preda ricordano quando era toccato a loro; i predatori mangiano bene, i pesci preda temono l’estinzione. E così oggi gli Anglo-Americani, incapaci di mangiare la Russia (erano talmente sicuri, così poco tempo fa, che si trattase di una preda! Una stazione di servizio mascherata da nazione, che non produce nulla), proiettano il loro atteggiamento predatorio sulla Russia.

Gli Anglo-Americani, dopo decenni di predazioni andate a buon fine, pensano di poter continuare per sempre a fare i prepotenti con la Russia. Ma la Russia non può dimenticare il suo periodo di preda e la sua innata consapevolezza di quello che succede ad una preda. Il pericolo è che, ad un certo punto, deciderà che è a rischio la sua stessa sopravvivenza e allora, come è già successo in passato, farà tutto il necessario per sopravvivere, a qualunque costo.

Certamente, sarebbe un disastro globale per l’umanità; un disastro per il mondo intero. Come cittadino della Russia e capo dello stato russo devo chiedermi: perché dovremmo volere un mondo senza la Russia?

È un equivoco pericoloso e forse fatale, dato l’immenso arsenale della Russia; inarrestabile dice un generale americano (in pensione e perciò in grado di vedere la realtà).

Patrick Armstrong

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2019/02/16/predator-fish-and-prey-fish.html
16.02.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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