Lo Stato ha finanziato l’espansione per i progetti delle infrastrutture, creando così un eccesso di offerta, mentre salari e domanda dei consumatori interni restano bassi (Estratto da una intervista con il Prof. Minqi Li)
di PAUL JAY
Nonostante la visione ottimistica del Presidente Obama sull’economia americana e su quella globale – che ha definito “strettamente legate” – se si legge la stampa economica o anche una parte della stampa main-stream più specifica, la gente sembra essere piuttosto preoccupata per l’economia globale. Si comincia a presentire che siamo già ricadendo dentro una nuova recessione globale.
La Fed mercoledì scorso ha annunciato che avrebbe continuato a rallentare il suo acquisto di titoli del Tesoro USA e che, in teoria, sta per aumentare i tassi di interesse. Cosa che ha già portato un po’ di panico in molti mercati di tutto il mondo. La Turchia ha aumentato i tassi di interesse dal 7,75 al 12%.
Ma c’è stato un altro fattore in tutto questo che ha provocato scosse nei mercati, i segnali che venivano dalla Cina su un rallentamento della produzione. E, naturalmente, se c’è stato un rallentamento della crescita e della domanda di materie prime da parte della Cina, questo può voler dire che sta per arrivare un’altra enorme scossa per l’economia globale. Di questo vogliamo parlare con Minqi Li, Professore associato di economia presso l’Università dello Utah e autore di “The Rise of China” e di “Demise of the Capitalist World Economy”.
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JAY: Come ho già detto, uno dei fattori che sta creando maggior disagio è il nervosismo – tutti ormai usano questa parola, quindi credo che dovremo parlare di nervosismo. Praticamente è diventato un termine economico in questi giorni, perché non si vuole – nessuno vuole – esagerare usando altre parole. Ma in ogni caso, cosa sembra che stia esattamente succedendo con questo rallentamento dell’economia cinese, che succede e perché ?
LI: Ebbene, la settimana scorsa è uscito questo rapporto del HSBC, che parla di una cosa chiamata indice PMI – Purchasing Manager Index – del settore manifatturiero cinese. E questo Indice mostra che il settore manifatturiero cinese è diminuito, in realtà è sceso sotto quota 50. Se l’indice è superiore a 50, indica l’espansione del settore manifatturiero, ma se scende sotto 50, indica una contrazione: attualmente l’ indice è a quota 49.6. Per questo la preoccupazione del mercato è che il settore manifatturiero della Cina non stia solo rallentando, ma soprattutto che si stia contraendo. E allora questo potrebbe essere un segnale per un futuro non tanto roseo per l’economia globale.
JAY: Ora, si parla molto di due cose: la quantità della capacità delle infrastrutture in costruzione in Cina, molte delle quali costruite con dosi massicce di credito – ponti, autostrade, ferrovie e tanto altro – e poi c’è un dubbio se questo sia effettivamente un eccesso di capacità, che è stato prodotto, oppure se questo serva solo per far apparire artificialmente che l’economia cinese sta crescendo più velocemente di quanto non faccia in realtà.
Voglio dire, c’è qualcosa di vero? Ed è vero che l’economia cinese ha cominciato a rallentare?
LI: L’economia cinese, naturalmente, è stata colpita da questo problema della sovraccapacità, e per lo più a causa del livello eccessivo degli investimenti fatti – circa il 50% dell’intero PIL della Cina.
Ma anche se c’è stato un crescente consenso sul fatto che l’economia cinese sia troppo squilibrata e che quindi in futuro avrà bisogno di una correzione, uno dei punti che si dibattono da tempo è quanto e quando questa correzione debba avvenire.
In realtà, a tale proposito ci tengo a sottolineare che ci sono due indici che in genere vengono tenuti d’occhio dagli investitori. Uno è questo Indice HSBC. L’altro è un indice ufficiale sulla produzione, che viene divulgato in un secondo momento. E questo indice è basato sulla produzione manufatturiera, come l’Indice della Produzione USA – che è molto più maturo e basato su dati storici più attendibili – e quindi è più affidabile. L’indice cinese non è affidabile, bisognerà quindi aspettare ancora per raccogliere più dati e maggiori informazioni su quale direzione sta veramente prendendo l’economia cinese.
JAY: Ora, questo annuncio fatto dalla Fed che, in teoria, farà rialzare i tassi di interesse americani – dico in teoria perché un sacco di gente, si sa, sta scappando dai mercati emergenti per comprare dollari americani – e questo può o non può portare, almeno nel breve periodo, al rialzo dei tassi di interesse, ma credo che di questo ci sarà molto da parlare. Ma certamente questa mossa che ha avuto effetti sulle economie di Turchia, Argentina e Sud Africa, può avere qualche riflesso anche sulla Cina?
LI: Non ha ancora avuto nessun impatto enorme. Quello di cui stiamo parlando è che gli Stati Uniti hanno intrapreso questa strada – che chiamano quantitative easing – stampando dollari in modo massiccio come risposta alla crisi del 2008-2009. E poi ora, dopo tanti anni, la Federal Reserve che crede che l”economia USA si stia consolidando, comincia a ritirarsi da questo programma di quantitative easing.
Ma il guaio è che durante il tempo del quantitative easing, una massiccia quantità di dollari ha invaso il mondo, e di conseguenza stanno provocando delle bolle in molte economie emergenti. E così, se la Federal Reserve comincia a uscire da questo programma, potrebbero rientrare in casa molti dollari provenienti dal resto del mondo. Cosa che potrebbe rendere vulnerabili alcune delle economie emergenti – ed a questo punto – in particolare la Russia, il Brasile ed anche il Sudafrica, e forse l’India.
JAY: E questo, in qualche modo, porterebbe qualche vantaggio per la Cina?
LI: Non vedo come la Cina possa averne dei veri vantaggi. Ma a questo punto – visto che la Cina ha ancora un certo controllo sociale – l’economia cinese è guidata, in questo momento, solo dagli investimenti. Quindi a meno che non si verifichi una fuga di massa dei capitali dalla Cina, e quindi un crollo degli investimenti cinesi, l’impatto sull’economia cinese dovrebbe essere limitato, almeno nel breve periodo. E quindi per quanto riguarda lo squilibrio dell’economia cinese, per un eccesso di capacità della Cina e per i troppi investimenti, io credo si potrà avere un qualche impatto solo nel medio termine e che questo non implichi nessuna crisi a breve termine.
JAY: Ora, le banche e anche quegli americani che sono seduti su sacchi di soldi, soprattutto quegli americani che possono prendere soldi in prestito dalla Fed praticamente a zero interessi, come le banche, che stanno facendo un sacco di soldi sullo spread tra i tassi di interesse degli USA e quelli applicati nei mercati emergenti….
Anche le banche cinesi giocano a questo gioco? Anche le banche cinesi sono coinvolte in questo carry trade?
LI: Su questo punto – in realtà, non ne so molto e – almeno non credo – che ci sia un movimento ufficiale da parte, per esempio, della banca centrale cinese in termini di carry trade, anche se durante il periodo del quantitative easing – quando c’è stato tutto quel flusso di dollari dagli USA verso la Cina – questo potrebbe aver giocato un ruolo nella bolla immobiliare cinese.
JAY: E perché Lei crede che la Fed abbia rallentato i suoi acquisti? Voglio dire, uno degli argomenti che si sentono maggiormente tra le forze più conservatrici sulla Fed e sull’economia – è che non si può semplicemente continuare su questa strada, o le persone perderanno fiducia nel dollaro. E’ una specie di argomentazione psicologica.
E poi c’è anche – se ne sente parlare – una preoccupazione, più a lungo termine, sulle forze inflazionistiche. Anche se questo è un po’ difficile da vedere in questo momento. Ma se qualcuno avesse interesse a che il dollaro americano resti alto – si potrebbe pensare alla Cina – visto quanti miliardi, migliaia di miliardi, di dollari americani ha in cassaforte.
La Cina è preoccupata per questo quantitative easing? E la Cina vuole che si veda una fine per questo programma?
LI: Da parte cinese c’è una serie di posizioni contraddittorie. Da un lato, sulla carta, ovviamente, se ci fosse un deprezzamento del dollaro, si creerebbe una perdita di capitale per le riserve cinesi in valuta estera. Ma poi un deprezzamento del dollaro, si sa, avrebbe anche un impatto sulle esportazioni cinesi. E così la Cina ha bisogno di stabilire un corretto equilibrio tra queste due preoccupazioni. Uno è il valore delle riserve cinesi in valuta estera e l’altro è l’impatto sulla competitività delle esportazioni cinesi.
Mentre da parte degli Stati Uniti, si sa, il tasso di disoccupazione è ancora molto alto e poi i salari degli operai basicamente non sono cresciuti, anzi possono essere diminuiti, almeno se li confrontiamo agli anni pre-recessione. Ma d’altra parte, i capitalisti americani stanno facendo molto bene. Il tasso di profitto delle Corporate USA ha più che recuperato rispetto agli anni pre-recessione.
Quindi, in questo caso, io credo che la Fed ora possa ritenersi abbastanza sicura per iniziare a uscire da questo quantitative easing. E così l’argomento è che se non lo farà adesso, in futuro l’economia degli Stati Uniti potrebbe surriscaldarsi – e allora la Fed avrebbe meno spazio per giostrare.
JAY: E si può già vedere qualche segnale?
LI: In base ai dati ufficiali l’economia USA, ovviamente, non sta facendo grandi cose. Ma d’altra parte, non c’è neanche il pericolo di una nuova recessione. E poi, come ho detto prima, per i capitalisti delle multinazionali le cose stanno andando molto bene. E quindi in questo caso la Fed può ritenere che questo sia il momento in cui (le multinazionali) vogliono iniziare a uscire dal quantitative easing.
JAY: Così – come ho già detto, nella stampa economica, e non solo, si vedono speculazioni di ogni specie: questo indica l’inizio di un’altra recessione globale? Voglio dire, quanto è fragile, quanto è pericoloso questo momento?
LI: Personalmente, direi che è probabilmente prematuro parlare di un’altra grande recessione globale.
Quello che vedo io, da un lato, è come sta andando l’economia cinese e io gli darei almeno un paio di anni prima di poter vedere emergere una vera tendenza alla crisi in Cina.
E un’altra cosa che vorrei vedere è quello che accadrà al boom dello shale-oil negli Stati Uniti. La produzione di petrolio USA è aumentata da circa 5 milioni di barili al giorno nel 2008 ed ora è fondamentalmente arrivata a 8 milioni di barili al giorno. Ecco, si è trattato di un enorme aumento della produzione di petrolio che ha contribuito anche alla stabilizzazione del prezzo. Ma certe analisi dicono che questo boom del petrolio americano potrebbe finire in due o tre anni. E se succede, questo potrebbe essere un vero punto di svolta per l’economia globale.
Minqi Li è Associate Professor di economia alla University of Utah. E’ autore di The Rise of China e di The Demise of the Capitalist World Economy (Pluto Press, 2009) inoltre è editor del sito web Red China Website (un sito leader della sinistra cinese). Minqi Li ha pubblicato molti articoli su politica economica, sull’ Economia cinese, sulla crisi del Capitalismo Globale, sui picchi del petrolio e sui cambiamenti climatici.
Fonte : http://therealnews.com/ 22 mag. 2016
Link : http://therealnews.com/t2/index.php?option=com_content&task=view&id=31&Itemid=74&jumival=11405
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