DI WILLIAM PFAFF
La tensione politica esistente in seno alla NATO è esito della confusione sulla sua identità e i suoi scopi. Qual è la funzione della NATO oggi? Edificazione della pace globale, suo rafforzamento, costituzione di stati, guerra contro i nemici della pace, attacco ai terroristi: ma nemici della pace e terroristi stabiliti da chi? Attualmente il Trattato Nord-Atlantico sta portando avanti alcuni di questi punti, ma in modo distratto e raffazzonato. Canadesi e Inglesi combattono in Afghanistan, mentre i Tedeschi vi inviano solo aeroplani e i Francesi se la sono squagliata dopo aver prestato servizio, non sotto la NATO, ma sotto il controllo americano, che a sua volta non è sotto la NATO.
Non c’era confusione all’inizio, nel 1949, quando tutti sapevano a cosa servisse la NATO: a tenere i Russi fuori dall’Europa occidentale e ad impedire una nuova ascesa della Germania, appena sottomessa.
Fece entrambe le cose con successo, sicché ai Tedeschi venne concesso un nuovo esercito che non aveva personale generico né comandi per operazioni indipendenti, praticamente l’esercito NATO, e questo andava bene a tutti, perfino ai Russi, e probabilmente alla maggior parte dei Tedeschi.Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, però, l’ Europa non aveva più bisogno di essere difesa. E così adesso. L’unica minaccia esistente è il terrorismo, ed è la polizia ad occuparsene. Gli Stati Uniti hanno perso interesse nella NATO: avevano risposto al richiamo di unica superpotenza e già strutturavano comandi “regionali” internazionali per dominare il globo, ma in Bosnia e Kosovo hanno imparato che combattere sfruttando l’apparato NATO è una seccatura: bisogna consultare gli alleati, che possono interferire e piantar grane.
Le burocrazie non muoiono mai, naturalmente, l’alleanza venne quindi riciclata per far entrare gli eserciti dell’ex Patto di Varsavia nella NATO, insegnando loro la responsabilità democratica, e invitandone gli ufficiali presso le scuole militari occidentali. Questa fu la controparte militare della politica dell’Unione Europea che offrì l’entrata nell’unione agli stati previo condizionamento sul fronte della politica interna e delle riforme economiche. Il mondo fu-comunista venne assorbito dall’Occidente.
Washington allora comprese che gli eserciti dei membri NATO potevano distaccare delle unità che fornissero ausiliari per le operazioni statunitensi, o accollarsi i doveri di instaurazione della pace e ripulire dopo il passaggio dell’esercito a stelle e strisce, assumendo anche quei noiosi incarichi come il mantenimento dell’ordine interno in Kosovo. Madelene Albright dichiarò in piena guerra dei Balcani che l’82esima divisione Airborne non accompagnava i bambini a scuola (probabilmente quello era il compito di Bundeswehr, Légion Etrangère, o Black Watch [reggimenti ufficiali rispettivamente tedeschi, francesi e inglesi, ndt]).
Il presupposto operativo del quartier generale NATO divenne allora che l’espansione poteva essere la chiave per la sopravvivenza: la NATO doveva “uscire dall’area, o di scena”. L’ultima opzione era impensabile.
Washington recentemente ha ventilato l’idea che Giappone, Australia e altri dovrebbero aderire alla NATO, così l’alleanza diventerebbe il nuovo garante della pace globale, soppiantando di fatto l’ONU. Quest’ultima non è mai riuscita ad assicurare davvero la pace a causa della partecipazione globale e dei contrasti entro il Consiglio di Sicurezza. La NATO potrebbe farsi carico del compito (si suppone) sotto la guida americana, senza gli inconvenienti di un’ Assemblea Generale e i veti dei Consigli di Sicurezza di altri governi.
Unità specializzate dagli eserciti NATO hanno mostrato il proprio valore nella prima guerra del Golfo, poi in Afghanistan e Iraq, ma la NATO in quanto organizzazione non ha preso parte ai conflitti, solo alcuni dei suoi membri hanno partecipato. I problemi attuali della NATO hanno avuto inizio quando essa ha deciso di espandersi alla grande, assumendosi la responsabilità della sicurezza interna e della costituzione dello stato in Afghanistan.
Con ciò è emerso un nuovo problema. Gli alleati hanno finora difeso il principio che, essendo un’alleanza militare, la responsabilità fondamentale della NATO risieda nella mutua difesa contro le aggressioni – missione non più rilevante dopo il crollo sovietico. Dopo l’11 settembre, gli alleati, solidali con gli Stati Uniti, hanno avanzato la proposta di rendere la lotta al “terrorismo” obiettivo NATO. L’amministrazione Bush – fortunatamente per l’Alleanza, come vedremo– ha rifiutato, ringraziando la NATO, perché aveva le proprie idee su come portare avanti la faccenda, creando “coalizioni per missioni” sotto il proprio rigido e totale controllo.
In Afghanistan ora, la NATO tenta di dar vita ad uno stato, ma per realizzare ciò occorre altresì instaurare uno stabile ordine interno, combattendo i Talebani per evitare che riprendano controllo del paese, missione altamente politica e controversa. La posizione ufficiale della NATO è quella di un’organizzazione militare politicamente imparziale che agisce dietro mandato ONU per assistere il governo afgano. Nei fatti ciò significa impegnarsi in un’estesa guerra per aiutare il governo a prevalere sulle divisioni tribali etniche e regionali.
Questo è il motivo per cui quasi tutti i contingenti nazionali NATO operano in Afghanistan sotto rigidi vincoli su ciò che può e non può essere fatto, astrusamente imposti dai rispettivi governi. Tali limiti sono chiaramente irritanti per le forze che combattono effettivamente. Essi riflettono però sul piano politico la sfiducia montante in Europa circa la situazione afgana.
Questo è, più o meno, il punto in cui ci troviamo. Continuare su questa strada implica l’abbandono della NATO originale.
I membri NATO si trovano ora di fronte alla scelta indipendente di fornire, in primis, una scorta di unità militari per prestarsi alla politica estera statunitense, cosa che molti, accettando l’interpretazione americana della situazione internazionale, e avendo già partecipato alle coalizioni formate dagli USA in Iraq e Afghanistan, potrebbero fare volentieri.
Altri membri NATO, restii a compiere tale scelta, potrebbero invece lasciare le proprie forze a disposizione dell’ONU per operazioni di mantenimento della pace, conservando in tal modo l’imparzialità politica.
Altri ancora potrebbero voler impiegare le loro forze per supportare il progetto di politica indipendente europea su fronte interno ed estero da parte dell’Unione Europea stessa. Alcuni potrebbero anche sostenere coalizioni europee al di fuori dell’Unione atte a intervenire in faccende importanti per il vecchio continente. Ora questi commenti senza dubbio appaiono radicali, ma sul lungo termine credo che tali esiti siano inevitabili.
William Pfaff è autore di otto libri sulla politica estera, le relazioni internazionali e la contemporanea storia americane, tra cui testi sul pensiero utopistico, il romanticismo e la violenza, il nazionalismo, e l’impatto dell’Occidente sul mondo non-occidentale. La sua rubrica, edita nel The International Herald Tribune per più di un quarto di secolo, e i suoi articoli, venduti in ogni parte del mondo, gli hanno garantito la più ampia influenza internazionale rispetto ad ogni altro commentatore americano.
William Pfaff
Fonte: http://www.williampfaff.com
Link: http://www.williampfaff.com/modules/news/article.php?storyid=210
22.03.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MOLECOLA