DI MASSIMO MAZZUCCO
luogocomune.net
D’accordo, gli italiani sono dei menefreghisti. Gli italiani se ne fottono di quello che succede al loro paese, e guardano soltanto al vantaggio personale. Gli italiani si sentono tutti uniti quando gioca la nazionale, ma poi tornano subito al loro passatempo preferito, che è quello di pisciare nel giardino del vicino.
Gli italiani reagiscono come belve ferite se li tocchi nel portafoglio: prova a ritoccare le tariffe dei tassisti, e avrai di colpo intere città bloccate dalle auto gialle, che protestano per questi ritocchi. Oppure prova a ritoccare le sovvenzioni agli agricoltori, e avrai di colpo le strade di mezza Italia bloccate dalle mucche e dai trattori. Ma non vedrai mai i tassisti che scioperano per difendere i diritti degli agricoltori, nè gli agricoltori che scioperano per difendere quelli dei tassisti. In Italia la solidarietà fra le varie categorie non esiste, esattamente come non esiste la solidarietà fra gli individui.
Ognuno per i cazzi suoi, e che Dio ce la mandi buona.
Ma perché siamo così diversi dagli altri? Perché gli spagnoli scioperano uniti contro le misure dell’austerity, perché gli inglesi protestano uniti quando la benzina è troppo cara, perché i francesi scendono compatti in piazza contro l’innalzamento dell’età pensionabile, mentre noi restiamo serenamente a casa nostra, a meno che la cosa ci riguardi da vicino?
La prima risposta che viene alla mente, è che da noi il meccanismo del divide et impera abbia funzionato meglio che nelle altre nazioni. Ma siamo daccapo: perché da noi avrebbe funzionato meglio, e dagli altri invece molto meno?
Propongo un ragionamento, senza pretendere ovviamente di avere la verità in tasca. La nostra nazione ha una storia molto particolare, che la differenzia da tutte le altre: è stata infatti sia la culla del grande impero romano, …
… sia la culla della Chiesa cattolica. Queste due entità, apparentemente molto diverse, hanno in realtà una caratteristica fondamentale in comune: sono ambedue basate su un principio di autorità assoluta, che viene dall’alto, e funzionano secondo una rigida struttura gerarchica, nella quale i vertici prendono tutte le decisioni, e agli altri non resta che obbedire.
L’imperatore dalla tribuna volgeva il pollice verso il basso, e il povero gladiatore veniva passato a fil di spada. Il prete invocava il nome di Dio dall’altare, e il povero selvaggio veniva mandato al rogo senza pietà.
Non a caso queste due istituzioni – Impero e Chiesa – sono riuscite a forgiare un’alleanza storica, dal terzo secolo in poi, che ha portato la spada e la croce a diventare due volti della stessa medaglia.
L’una mandava i crociati a conquistare le terre d’oriente, l’altra li assolveva in anticipo per tutti i massacri che avrebbero commesso.
In realtà, il concetto di autorità dall’alto è talmente simile, fra le due istituzioni, che ad un certo punto è nata la famosa questione temporale, ovvero se fosse l’imperatore a dover incoronare il papa, oppure il papa ad incoronare l’imperatore.
Nel frattempo il popolo subiva, anno dopo anno, decennio dopo decennio, secolo dopo secolo, fino ad abituarsi in modo irreversibile a subire senza più protestare. A tutto questo, naturalmente, dava una buona mano il cattolicesimo, che ti insegna ad accettare umilmente le pene terrene, promettendoti in cambio una ricompensa divina. Fiat voluntas Dei.
Il risultato è la tipica reazione dell’italiano di oggi, che di fronte ai problemi che lo affliggono scrolla le spalle e dice rassegnato: “Tanto, che cosa ci vuoi fare?”
Solo a quel punto subentra il meccanismo del divide ed impera.
Per bilanciare infatti lo schiacciamento collettivo, bisogna permettere all’individuo di rivalersi in qualche modo a livello personale. Altrimenti la rivolta esploderebbe, compatta e poderosa, e sarebbe inarrestabile.
Permettendo invece al singolo di trarre piccoli vantaggi quotidiani, a spese di tutti gli altri, si riesce ad incanalare la sua frustrazione non più contro le istituzioni, ma contro i propri simili.
Nasce così la tolleranza istituzionalizzata, che ti permette di non pagare l’Iva evitando di fare lo scontrino, che schiaccia un occhio quando dichiari 30.000 euro all’anno e giri con la Ferrari, che finge di non vedere quando costruisci un bagno abusivo dove prima c’era un terrazzino.
Mentre tu ti senti “furbo” per aver “fottuto lo Stato”, in realtà hai fottuto i tuoi concittadini, perché i soldi che hai risparmiato individualmente ti verranno comunque tolti a livello collettivo: tu risparmi 100 euro di Iva non versata, ma poi ciascuno di noi paga 100 euro in più, sotto forma di tassazione, quando va a fare benzina, compera le sigarette, oppure paga la bolletta del gas.
È nella sottile distinzione che esiste fra “stato” inteso come istituzioni, e “collettività” inteso come insieme della popolazione, che si crea lo spazio per alimentare il divide et impera fra i singoli cittadini. Ed è nell’illusione che il vantaggio personale non finisca comunque per ritorcersi contro di te a livello collettivo, che si riesce ad alimentare quel meccanismo in ciascuno di loro.
Ma prima di mettere in funzione la guerra fratricida è necessario aver convinto la popolazione, ai livelli più profondi del nostro inconscio, che “tanto non c’è niente da fare”. Altrimenti, quando si presenta un problema quelli si uniscono, ed invece di scannarsi fra di loro vengono dritti contro di te, perché sanno che invece “qualcosa si può fare”.
E a quel punto della tua autorità a divinis te ne fai ben poco: il re è nudo, e non serve nemmeno più che tu ti metta a scappare. Tanto i forconi, che siano terreni o divini, ti attendono in ogni caso.
Massimo Mazzucco
Fonte: www.luogocomune.net
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23.07.2012