DI NICHOLAS D. KRISTOF
Vivere da poveri, votare da ricchi
Scrivo di martedì, seduto su carboni ardenti, senza conoscere i risultati delle elezioni. Ma se i sostenitori di John Kerry stanno festeggiando o cercando asilo all’estero, dovrebbero comunque sentirsi malissimo per i milioni di allevatori, operai e cameriere che hanno finito per votare – del tutto contro i loro stessi interessi – per i candidati repubblicani.
Uno dei maggiori successi del partito repubblicano nelle ultime due decadi è stato riuscire a convincere molti lavoratori poveri a votare a favore dell’abbassamento delle tasse per i miliardari. I Democratici sono ancora validi nei problemi più basilari come la sanità, ma per la maggior parte degli americani passano per arroganti e inefficaci quando dalla discussione si passa ai valori.
«Sui valori, sono veramente incompetenti secondo gli Americani della zona centrale», nota Mike Joahnns, governatore repubblicano del Nebraska. «Questo tipo di approccio elitario, tipico della costa est, al partito è solo devastante negli stati centrali ed occidentali del paese (…).»
L’estate scorsa, ero a casa – troppo poco – a Yamhill, Oregon, un’area rurale, abitata dalla classe lavoratrice dove molte persone beneficiano della politica dei democratici sulle tasse e sulla sanità. Ma la maggior parte di queste persone ritiene che i democratici siano degli snob che simpatizzano più con i gufi che con i taglialegna.
Un problema è la yuppizzazione del Partito democratico. Thomas Frank, autore del miglior libro politico dell’anno, Qual è il problema con il Kansas: come i conservatori conquistarono il cuore dell’America, afferma che i leader democratici sono stati così impazienti di conquistare i professionisti suburbani che hanno perso i contatti con l’America delle tute blu (…).
Considerate le quattro G: God, Gun, Gay e Grizzlie.
Primo, la religione. Un terzo degli americani sono Cristiani Evangelici e molti di loro spesso ritengono i Democratici sdegnosi della loro fede. E, francamente, spesso hanno ragione(…).
Secondo, le armi, che sono una questione talmente sensibile che il candidato democratico al Senato dell’Idaho di due anni fa, Alan Blinken, si sentì obbligato a dichiarare che possedeva 24 pistole «e le uso tutte». Perdette comunque.
Terzo, i gay, un pomo della discordia che, insieme all’aborto, i democratici hanno spesso utilizzato per neutralizzare gli avversari. La maggior parte degli americani disapprova i matrimoni tra gay ma riconosce certi tipi di unioni civili (…).
Infine, i grizzlie – una metafora per indicare l’arroganza con cui è spesso percepito l’ambientalismo nella costa west del paese. Quando visitai l’Idaho, la gente era ancora arrabbiata per la proposta di Clinton di liberare in questa zona 25 orsi grizzlie. Non valeva 25 orsi inimicarsi tutto l’Idaho.
«I repubblicani sono più furbi» riflette il governatore dell’Oregon, Ted Kulongoski, un democratico. «Hanno creato…queste questioni sociali per distrarre la gente ed impedirle di vedere cosa sta succedendo all’economia».
«Quello che pensavamo una volta – che le persone votavano per i loro interessi economici – non è vero, e noi democratici non abbiamo saputo come risolvere questo problema». (…)
Per richiamare l’America centrale, i leader democratici non hanno bisogno di portare pistole in chiesa e sparare ai grizzlie per strada. Ma un punto di partenza sarebbe eliminare le loro inibizioni a parlare di fede e a lavorare di più con i gruppi religiosi.
D’altra parte, gli sforzi del partito democratico di migliorare la vita della classe lavoratrice americana nella lunga marcia verrebbero impediti dalla tanta gente che i democratici desiderano aiutare.
Nicholas D. Kristof
esponente dei neoconservatori americani.
L’articolo è apparso sul New York Times il 3 novembre 2004.
Traduzione di Alice Salvatori
Fonte:www.liberazione.it
4.11.04