PARLANDO CON IL NEMICO

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All’interno del dialogo segreto tra gli Stati Uniti e gli insorti in Iraq – e cosa i ribelli vogliono

DI MICHAEL WARE

L’incontro segreto sta avendo luogo nelle viscere di una base a Baghdad, un palazzo lugubre, austeramente sorvegliato, posto nella green zone controllata dagli Stati Uniti. Il negoziatore iracheno, un componente di mezza età del vecchio regime di Saddam Hussein e rappresentante massimo della sottoscritta rivolta nazionalista, siede a un lato del tavolo. E’qui per parlare a due membri delle forze armate statunitensi. Uno di loro, un ufficiale, prende nota durante l’incontro. L’altro, vestito in abiti civili, ascolta come l’iracheno delinea una lista di richieste che gli Stati Uniti devono soddisfare prima che gli insorti interrompano i combattimenti. I partiti si scambiano lamentele in maniera artificiosa: l’ufficiale statunitense fa pressione sull’iracheno per avere i nomi degli altri capi degli insorti; l’iracheno dice che il governo dominato dagli Sciiti, eletto di recente, è controllato dall’Iran. La discussione non va oltre le generalità, ma entrambe le parti sanno cosa si cela dietro il linguaggio codificato.La forte presenza irachena veicola un messaggio: membri dell’insurrezione sono pronti a negoziare e cessare la loro lotta contro gli Stati uniti. “Siamo pronti,” dice prima di andar via, “a lavorare con voi.”

In quel cauto impegno può trovarsi il primo segno che, dopo quasi due anni di combattimenti, componenti dell’insurrezione in Iraq sono pronti a parlare e riporre le armi – e gli Stati Uniti sono disposti ad ascoltare. Un resoconto dell’incontro segreto, tra il negoziatore ribelle e gli ufficiali delle forze armate americane, è stato fornito al TIME dal negoziatore stesso. Riporta che hanno avuto luogo due incontri simili. Mentre gli ufficiali americani non confermano i dettagli di nessun incontro specifico, fonti di Washington hanno detto al TIME che per la prima volta gli Stati Uniti sono in contatto diretto con i membri dell’insurrezione sunnita, inclusi i vecchi membri del regime Baatista di Saddam. Ufficiali del Pentagono dicono ch i contatti segreti con i capi degli insorti sono guidati principalmente dai diplomatici e dagli ufficiali dell’intelligence americana. Un osservatore occidentale attento ai dibattiti, afferma che “non c’è un dialogo autorizzato con i rivoluzionari” ma che l’America ha collegato comunicazioni di “back-channel” con i ribelli. L’osservatore dice: “C’è molta agitazione nell’aria oggi.”

Durante lo svolgimento della guerra in Iraq, mentre la resistenza anti-americana è cresciuta in dimensione e intensità, gli ufficiali amministrativi sono stati irremovibili sul loro rifiuto a negoziare con i combattenti nemici. Ma negli ultimi mesi, la persistenza di combattimenti e di segnali di divisione nelle fila dell’insurrezione, ha spinto alcuni ufficiali statunitensi a cercare una soluzione politica. E il Pentagono e gli ufficiali dell’intelligence sperano che l’alta affluenza alle urne durante le elezioni dello scorso mese demoralizzi i ribelli e persuada molti di loro a desistere.

I combattenti islamici intransigenti, come il gruppo al-Qaeda di Abu Mousab al-Zarqawi, non raggiungeranno un compromesso nella loro campagna per creare uno Stato Islamico. Ma nell’intervista al TIME, i comandanti iracheni insorti hanno detto che vari gruppi di ribelli nazionalisti – composti prevalentemente da ex ufficiali militari e quelli che il Pentagono definisce come “elementi del vecchio regime” – hanno avanzato una strategia di “lotta e negoziato.” Sebbene non abbiano piani immediati per arrestare gli attacchi alle truppe statunitensi, dicono che il loro obiettivo è stabilire un’identità politica che possa rappresentare i sunniti non eletti e infine negoziare un epilogo dell’offensiva militare americana nel triangolo sunnita. Il loro modello è Sinn Fein, l’ala politica dell’Esercito Repubblicano Irlandese (Irish Republican Army), che alla fine ha fruttato all’IRA un ruolo nel processo di pace dell’Irlanda del Nord. “Questo è quello su cui stiamo lavorando, per avere un volto politico, apparire dal campo di battaglia per unificare i gruppi, resistere all’aggressore e presentare le nostre considerazioni alla gente,” dice un comandante di battaglia nel momento più delicato della rivolta, che ha chiesto di essere identificato con il suo nome di guerra, Abu Marwan. Un altro negoziatore, chiamato Abu Mohammad, ha detto al TIME, “Nonostante quello che è accaduto, la possibilità per una negoziazione è ancora aperta.”

Ma possono tali discorsi avere successo? Un alto ufficiale dell’ambasciata statunitense di Baghdad ritiene che gli insorti nazionalisti “vogliono evitare un accordo, pensando che noi possiamo ottenere il nostro ed essi il loro.” Nessun accordo con i ribelli arriverà al nuovo governo, ma gli ufficiali di ambasciata ritengono che raggiungere un accordo dovrebbe essere l’alta priorità del nuovo governo. Dietro le scene, gli Stati Uniti incoraggiano i capi sunniti e gli insorti a parlare col governo. Un lavoro più forte può convincere i leaders dei partiti politici ad assumere potere – molti dei quali furono torturati dai membri del partito Baath e che adesso stanno coordinando la rivolta – ossia che è nei loro interessi raggiungere una risoluzione pacifica con i loro precedenti tormentatori. Nel commando americano, c’è un crescente scetticismo sul fatto che l’insurrezione possa essere sconfitta solo attraverso la forza militare. Dice un alto ufficiale americano: “Gli iracheni sono la soluzione alla loro insurrezione, e sono la soluzione alla nostra partenza .”

Fonti ribelli dicono che entrambi i lati si siano sentiti tagliati fuori per mesi. Alcuni dei primissimi progressi furono fatti lo scorso anno tramite ufficiali dell’intelligence giordana, ma i guerriglieri non furono disposti all’idea di un incontro in Giordania. Anche i diplomatici statunitensi avviarono contatti con i sunniti conservatori conosciuti per avere influenza sui rivoltosi, come Harith al-Dhari, il capo dell’Associazione degli Studiosi Musulmani. Fonti della guerriglia dicono che la scorsa estate una libera amalgama di gruppi nazionalisti – l’Esercito di Mohammad, Al-Nasser al-Saladin, le Rivoluzioni di Brigata del 1920 e forse anche l’Esercito Islamico dell’Iraq – si incontrò per discutere come creare una piattaforma politica comune.

Intanto, alcuni americani hanno mostrato apertura al dialogo. Negli incontri con i leaders tribali sunniti, il Tenente Colonnello Rick Welch, il consulente degli affari riguardanti le operazioni speciali civili e militari al comando generale della prima divisione di cavalleria a Baghdad, ha affermato che la forza armata è disposta a parlare con gli intransigenti in merito alle loro lagnanze e che, come dice Welch, “la porta non è chiusa, tranne per alcuni esponenti all’apice del regime.” Welch, un riservista e procuratore proveniente da Morgan County, Ohio, ha detto al TIME, “Non incontro tutti i leaders dei rivoluzionari, ma ho incontrato alcuni di loro.” Sebbene non sia un negoziatore autorizzato, Welch è diventato un back-channel nel nascente dialogo statunitense con i ribelli. I negoziatori ribelli confermano al TIME che si sono incontrati con Welch.

Cosa vogliono i ribelli? I comandanti e negoziatori al vertice del campo degli insorti hanno informato il TIME che i ribelli hanno detto ai diplomatici e agli ufficiali militari di supportare una democrazia secolare in Iraq ma che non appoggiano il prospetto di un governo guidato da esiliati che sono scappati in Iran e in Occidente durante il regime di Saddam. I ribelli inoltre cercano un prospetto che garantisca il ritiro delle truppe statunitensi, richiesta che è stata rifiutata dagli Stati Uniti. Ma ci sono alcune tracce di compromesso: i negoziatori ribelli hanno detto alle loro controparti statunitensi che accetterebbero una forza di peacekeeping delle Nazioni Unite se la presenza delle truppe statunitensi recedesse. Il rappresentante ribelle Abu Mohammad dice che i nazionalisti non tollererebbero mai basi americane sul suolo iracheno. “Non ci preoccupiamo se l’invasore diventa un ospite,” dice, consigliando una simile situazione sulla presenza militare statunitense in Germania e Giappone.

Per quanto promettenti queste offerte possano apparire, è ancora troppo presto per parlare di ottimismo. La nuova politica di conflitto statunitense mira a distruggere le relazioni tra nazionalisti ribelli e jihadisti. Ma al-Zarqawi e i suoi alleati hanno ridotto al silenzio i nazionalisti minacciandoli di ucciderli se non negoziano. L’osservatore occidentale attento al dibattito dice: “Al-Zarqawi continua a cambiare il processo da “lotta e negoziato” a “pura mutilazione”.

La strategia di conflitto presenta un altro ostacolo: il nuovo governo iracheno. I leaders dei partiti politici vincenti dicono di non aver interesse nel continuare il dialogo con i ribelli. “Gli elettori ci hanno dato un mandato per attaccare questi rivoluzionari, non per negoziare con loro,” dice Humam Bakr Hammoudi, uno stratega politico del partito dominante Sciri. I negoziatori statunitensi credono che il nuovo governo alla fine realizzerà che solo una risoluzione politica potrà sopprimere l’insurrezione – che potrebbe indirizzare presto la sua ira ai nuovi legislatori iracheni, se dovesse credere che i suoi interessi siano ignorati. Mentre alcuni dell’amministrazione Bush potrebbero annullare un ipotesi di accordo con i ripugnanti arci-nemici Bahatisti, l’osservatore occidentale dice, “Penso che abbiate un governo statunitense piuttosto flessibile.” Ora l’accettazione dipende dagli altri.

Michael Ware
Fonte: www.time.com/time/magazine/article/0,9171,1029862-1,00.html
20.02.05

TRADUZIONE PER COMEDONCHISCIOTTE.NET A CURA DI SERENA FRAIESE

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