DI CARLO GAMBESCIA
Non vogliamo assolutamente darci delle arie, ma se ci si passa l’espressione spavalda da blogger, in giro e da qualche secolo, c’è molta confusione teorica su come inquadrare sociologicamente il problema dei problemi: quello del potere.
In modo particolare, notiamo, una sovrapposizione assai pericolosa tra le aspirazioni politiche (“il dovere essere”) e la realtà politica, sociale, economica, eccetera, cosi com’è (“l’essere”). Inoltre non c’è accordo, sopratutto oggi, tra i critici di questo sistema, a destra come a sinistra, sull’esistenza di una fondamentale costante sociale come il potere. Una costante che “esiste” ed “esisterà” sempre, indipendentemente dai nostri desideri e dal modello teorico di società cui eventualmente ognuno di noi aneli (liberale, socialista, comunista, fascista eccetera). In questo senso resta molto pericolosa qualsiasi teoria che prometta di costruire un mondo nuovo, “più grande e più bello che pria!”, capace di eliminare il potere dell’uomo sull’uomo dalla faccia della Terra e della Storia.
Per ora ci limiteremo a “dettare” otto tesi sul potere, con particolare riguardo a quello politico ed economico.
In primo luogo, il potere, in quanto manifestazione di una volontà di potenza ( purtroppo non abbiamo trovato termine migliore…), come desiderio di accrescere il proprio controllo sugli uomini e sull’ambiente, insita in tutti gli esseri umani (che si differenzia individualmente secondo il diverso patrimonio genetico e culturale), tende sempre a ricostituirsi, concentrarsi ed espandersi.
In secondo luogo, l’economico, come forma di potere tende a sua volta a invadere e sottomettere la sfera del politico.
In terzo luogo la società capitalistica è caratterizzata dal conflitto tra queste due forme di potere. Il conflitto implica anche alleanze, armistizi e periodi di pace armata. Ad esempio, in questo momento, come mostra l’interventismo pubblico Usa, il potere economico, accetta alcuni condizionamenti, pur di sopravvivere alla crisi. Diciamo perciò che la volontà di potenza trova un limite nell’istinto di sopravvivenza. E che quest’ultimo non è altro che una volontà di potenza “ristretta” al proprio minimo spazio vitale dal succedersi di sempre possibili eventi negativi.
In quarto luogo, alla base di questa piramide, segnata al vertice dallo scontro tra potere politico ed economico, restano i popoli. I quali rappresentano le “truppe”, più o meno ben “armate”, utilizzate dai vertici nel quadro di un “conflitto”, tra i due poteri, che, come detto, ha distinto con alti e bassi l’intera storia del capitalismo.
In quinto luogo, le varie ideologie (liberali, socialiste, comuniste, fasciste, eccetera) sono sovrastrutture del potere. Che vengono utilizzate in termini di discorso giustificativo sul potere stesso (politico ed economico). E per alimentare, mescolandolo all’istinto di potenza, certe capacità immaginative dell’uomo. E tali ideologie diventano tanto più pericolose quanto più si allontanano da una visione realista del potere, come quella che qui proponiamo.
In sesto luogo, i poteri politico ed economico possono essere “addomesticati” ma non eliminati. Si pensi ad esempio alle vecchie ma interessanti tesi di Charles Bettelheim, sull’esistenza, anzi sulla necessità (certo in chiave finalistica) della lotta di classe – vista sostanzialmente come conflitto per il potere – all’interno della stessa società sovietica. Ma anche alla dottrina liberale che istituzionalizza e celebra il conflitto all’interno di un sistema di regole (giuridiche, economiche, eccetera).
In settimo luogo, il fatto che i poteri politico ed economico possono essere “addomesticati”, ci autorizza a immaginare, sul piano ricostruttivo (e dunque di un “dover essere” che però tenga conto anche dell’ “essere”), una società, dove un Potere Terzo, non economico e non politico, potrebbe (il condizionale è d’obbligo), a sua volta, esercitare attraverso regole e nuove forme di socializzazione un controllo dall’esterno.
In ottavo luogo, che cosa intendiamo per Potere Terzo? Il potere religioso, culturale, morale. giuridico? Oppure quello di alcuni uomini carismatici? O ancora la “Democrazia” come portato di una volontà di potenza, profonda e capace di sublimare a fin di bene il conflitto? Non ci pronunciamo. Consigliamo però di tenere presente, quando detto nella prima tesi: che il potere, di qualunque tipo esso sia, tende sempre a ricostituirsi, concentrarsi ed espandersi. Di qui la possibilità di conflitti fra i “tre poteri” ( politico, economico, “terzo”, da non confondere, quest’ultimo, con il potere della magistratura secondo la classica e troppo formale tripartizione liberale dei poteri…). Anche perché i processi di socializzazione culturale possono sì “addolcire”, sul piano individuale e collettivo, l’istinto di potenza ma non possono sopprimerlo completamente. Regola questa che vale per qualsiasi istituzione sociale, a prescindere dai suoi “buoni propositi” e dalla stessa capacità sistemica, democratica o meno, di “inculcarli” nei singoli.
Crediamo, per ora, di aver proposto ai nostri lettori sufficienti materiali di riflessione
Carlo Gambescia
Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com
Link: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2008/09/otto-tesi-sul-potere-non-vogliamo.html
24.09.08