DI ORACIO VERBITSKY
ilfattoquotidiano.it
L’Italia come l’Argentina 10 anni fa
Le polemiche italiane sull’articolo 18 hanno per gli
argentini uno sgradevole
sapore di déjà vu e lo stesso
dicasi per le reazioni nei confronti del governo tecnico di
Mario Monti. Se la nostra esperienza può servire a qualcosa
eccone un breve resoconto. Il
presidente Carlos Menem
(1989-1999) abolì le leggi a tutela dei lavoratori che garantivano diritti ottenuti dopo decenni
di lotte sociali, cosa questa che
non aveva osato fare nemmeno
la dittatura militare
(1976-1983).
Il tecnico che preparò la riforma del mercato del
lavoro fu Domingo Cavallo, incaricato di porre fine al “populismo peronista”.
In Italia settori che si considerano progressisti o comunque facenti parte di
una delle anime della sinistra,
hanno accolto con sollievo il
rappresentante delle banche e
di quel mitologico personaggio
che va sotto il nome di“Merkozy”. Dicono sia un uomo serio,
che gode di notevole prestigio
in Europa e che ora non bisogna
più vergognarsi di essere italiani.
La situazione ha qualche
analogia con l’Argentina di 20
anni fa anche se in Argentina il
problema non era il bunga bunga, ma la superinflazione.
Stabilendo il rapporto di parità tra
dollaro americano e peso argentino, Cavallo fece calare immediatamente l’inflazione e avviò
un programma di riforme il cui
scopo era quello di migliorare la
competitività dell’economia. La
brusca stabilizzazione così ottenuta permise a Menem, che somigliava più a Berlusconi che a
Mario Monti, di vincere le elezioni successive e di portare avanti
un programma di smantellamento delle conquiste sociali, di liberalizzazione finanziaria, di deregulation e di privatizzazioni che
causò indebitamento con l’estero per sostenere la finzione secondo cui un peso valeva quanto un dollaro, deindustrializzazione e dismissione delle industrie pubbliche.
La flessibilità del lavoro fu una delle pietre angolari di questo modello.
La perdità di stabilità del lavoro e la legalizzazione dei contratti a tempo determinato o a salario ridotto senza benefici sociali per i nuovi lavoratori ridussero il costo del lavoro e fecero lievitare
i profitti delle imprese il cui contributo al sistema pensionistico subì una drastica riduzione. Di conseguenza il sistema pensionistico venne privatizzatio e i fondi pensione gestiti dalli grandi banche. Anche Cavallo era un uomo rispettato negli ambienti finanziari internanzionali e Menem prometteva che con questa politica l’Argentina sarebbe divenuta un paese del primo mondo, realizzando una vecchia ossesione argentina.
Avvenne l’esatto contario. Invece di registrare aumenti di produttività, il settore industriale entrò in crisi profonda. La chiusura di moltissime attività produttive, che non potevano competere con le importazioni a prezzi molto bassi, fece lievitare la disoccupazione fino a livelli mai toccati in Argentina.
Quando Fernando De la Rua successe a Menem (1999-2001), al
salvatore tecnico, Domingo Cavallo, fu affidato il ministero dell’Economia. Il modello economico collassò definitivamente
nel dicembre 2001.
Il tasso di disoccupazione toccò il 25%, le banche confiscarono i depositi dei correntisti, i prestiti del FMI furono utilizzati per finanziare il salvataggio.
Dei grandi capitalisti che riuscirono far uscire dal Paese migliaia di milioni di dollari prima che il sistema bancario presentasse il conto ai comuni cittadini. Quando venivani licenziati i lavoratori smettevano di versare i contributi al loro fondo pensione e i loro conti correnti andavano in rosso anche per le esose commisioni delle banche.
Le banche,disponendo di
una elevata liquidità, cominciarono a prestare denaro a tassi
molto alti allo Stato che si era svenato trasferendo risorse al sistema pensionistico. Circa tre milioni di lavoratori che avevano
raggiunto l’età della pensione rimasero senza lavoro e senza pensione.
Nestor Kirchner disse
molte volte che era stato eletto
presidente con un numero di voti (alle elezioni del 2003 ottenne
il 22% al primo turno e Menem si
ritirò prima del secondo turno
prevedendo una clamorosa
sconfitta) inferiore al numero di
disoccupati. Il programma suo e
della sua vedova Cristina Fernandez de Kirchner che governerà
dal 2007 e verrà rieletta nel 2011
con il 54% dei voti, consisteva
nell’abolire poco alla volta tutte
le riforme introdotte dal governo tecnico di Cavallo: i diritti dei
lavoratori furono ripristinati, le
pensioni, che erano state congelate nel decennio precedente,
furono incrementate due volte
l’anno in misura superiore all’inflazione, il sistema pensionistico divenne nuovamente pubblico e vennero integrati i lavoratori che erano stati esclusi dal
mondo del lavoro. Mentre nel
decennio precedente solo il 50%
dei lavoratori che arrivavano all’età della pensione riuscivano a
ottenere un assegno pensionistico, oggi tale percentuale è superiore al 90%. I salari dei lavoratori sono i più alti dell’America
Latina e il costo del lavoro per
unità di prodotto è inferiore rispetto al 2001 in quanto sono aumentati la produttività e i profitti
delle imprese.
Questa sorprendete realtà coincide con quella tedesca: sono gli alti salari a stimolare gli investimenti e la produttività.
Horacio Verbitsky, scrittore e giornalista dirige il Centro Studi Giuridici e Sociali di Buenos Aires
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
31.03.2012
Traduzioni di Carlo Antonio Biscotto