DI DAVID KERANS
Strategic Culture
Chiunque tu sia, ovunque tu viva
e qualunque cosa tu faccia, l’offshore lavora vicino a te […] minando
le basi del governo che hai eletto, svuotando la sua base fiscale e
corrompendo i politici […] sostenendo una vasta economia criminale e creando una nuova
aristocrazia di potere finanziari e aziendali che non deve rendere conto
di niente a nessuno.
Nicholas Shaxson, Treasure Islands
(1)
Il mondo sembra essere percorso da
crisi, che vanno dalle rivoluzionarie alle finanziarie, e dalle economiche
alle apocalittiche: pensate, rispettivamente, al Medio Oriente, alla
debacle del debito pubblico europeo, al disagio perdurante in America
e al riscaldamento climatico. Tensioni di ogni tipo sono state incrementate
per diversi anni e sarebbe imprudente prevedere un ritorno a una calma
relativa e alla stabilità in gran parte del globo in un periodo rapido.
Invece, ci sono buone ragione per credere che un cambio strutturale
specifico, durevole e in accelerazione nel sistema politica ed economico
mondiale stia perpetuando la gran parte delle crisi odierne. Questo
cambiamento è dato dalla crescita dei sistemi offshore. Sono
rovinosi per i mercati e anche per i governi. Vengono poco discussi
e ancor meno compresi. Ed è giunta l’ora che il mondo decida di affrontarli.Può essere di aiuto il concepire
il sistema offshore come un aspiratore che porta i capitali a
distanza dai governi. Tre aspetti di questo sistema attirano i capitali:
l’evitare le tasse, la segretezza e la regolazione finanziaria permissiva.
Le grandi aziende e le persone ricche si sono accalcate nei paradisi
fiscali da quando sono aumentata le tasse sui redditi personali e aziendali
nel primo quarto del ventesimo secolo, e il massimo è stato raggiunto
con la globalizzazione e l’electronic banking
negli ultimi due o tre decenni. Legioni di contabili e di avvocati specializzati
nell’escogitare metodi legali per assegnare profitti e beni verso
giurisdizioni a tassazione uguale o prossima allo zero, di modo che
venisse svuotato l’imponibile fiscale di quei paesi dove veniva prodotta
la ricchezza. Per dare un esempio stilizzato, parlando delle pratiche
comuni delle multinazionali, considerate il “trasferimento dei prezzi”.
Nel trasferimento dei prezzi, le compagnie separano artificialmente
alcune delle funzioni – diciamo, la logistica – e ne attribuiscono
la responsabilità a una sussidiaria ubicata in un paradiso fiscale.
Poi manipolano i prezzi di trasferimento di beni e servizi tra la compagnia
madre e la sussidiaria in modo da attribuire i profitti alla sussidiaria
logistica, quando il resto della compagnia non produce profitti, e quindi
non paga tasse.
Il trasferimento dei prezzi e le tecniche
conseguenti di elusione fiscale si sono sparse a macchia d’olio nel
mondo commerciale, scavalcando qualsiasi scrupolo i top manager
potessero provare. Come indicato dal giornalista d’indagine Nicholas
Shaxson: “Nei mercati competitivi, quello che è possibile diventa
necessario” (2). Il volume dei profitti delle grandi aziende USA veicolato
nelle strutture offshore è salito del 60 per cento dal 1999 al 2007
(3). Delle 100 maggiori aziende USA, 83 stanno utilizzando sussidiarie
offshore (4) e, in base a un piccolo campione di prove dal 1998
al 2005, la maggioranza delle compagnie statunitensi e straniere che
fanno affari negli USA non pagano imposte federali (5).
Il peso dell’elusione fiscale realizzata
legalmente delle grandi aziende e dagli eserciti di contribuenti in
tutto il mondo è soverchiante. Il trasferimento dei prezzi e simili
pratiche per diminuire le proprie aliquote di imposta ora costano al
Tesoro USA fino a 60 miliardi di dollari l’anno (6). L’Egitto ha
persino una stima di 57 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2008 (7).
Grazie principalmente alla crescita dei sistemi offshore, negli ultimi cinquanta
anni la quota delle imposte federali corrisposte dalle grandi aziende statunitensi
si è ristretta dal 30 a solo il 6,6 per cento (8).
Oltre al facilitare l’elusione fiscale,
la giurisdizione offshore assicura la segretezza. Riesce in genere
a coprire i dati in modo tale da precludere persino la divulgazione
delle identità dei proprietari delle aziende e i detentori delle azioni,
e ciò costituisce un palese invito dato alle persone ricche a portare
i propri soldi offshore per evadere le tasse e la sorveglianza.
Le tecniche di evasione fiscale offshore praticate dalle persone
agiate privano il Tesoro USA di qualcosa che va dai 40 ai 70 miliardi
di dollari l’anno (9). Globalmente, per quanto riguarda il 2005, i
ricchi uomini d’affari, i funzionari corrotti, i dittatori rapaci,
i boss criminali e altri detenevano una stima di 11,5 triliardi di dollari
in varie giurisdizioni offshore (10). Si tratta di circa un quarto di
tutta la ricchezza globale. Considerando un modesto 7 per cento annuo
di ritorno su questi capitali e un’aliquota fiscale del 30 per cento,
questa somma (per difetto persino per il 2005, lo ripeto) priva ogni anno i governi
mondiali di 240 miliardi di dollari in imposte.
Il costo reale della segretezza è
comunque molto più alto. La segretezza facilita il crimine e la corruzione.
Favorisce la fuga di capitali, che è stata particolarmente debilitante
per i paesi in via di sviluppo. La fuga dei capitali ha assunto proporzioni
epiche negli ultimi due decenni, raggiungendo 1 trilione di dollari
l’anno alla metà degli anni ‘00, e saltando a 1,26 trilioni di
dollari già nel 2008: questa recente accelerazione si è riverberata
sui prezzi al rialzo delle commodities, un fenomeno sinistro
già di per sé (11). Le élite cinesi stanno capitalizzando soprattutto
nelle strutture offshore. L’ex economista del FMI Dev Kar ha
stimato le uscite illecite provenienti dalla Cina nel periodo dal 2000
al 2008 in quasi 2,2 trilioni di dollari; appena sotto nella classifica
la Russia, con 427 miliardi, e il Messico, con 416 miliardi. Kar ha
anche stabilito che le politiche di segretezza dei sistemi offshore
sono ancor di più dannose rispetto ai flussi illeciti dai paesi in
via di sviluppo, e che il loro volume potrebbe sorpassare quello
delle manipolazioni commerciali come il trasferimento dei prezzi (12).
E, ovviamente, il crimine e la corruzione alimentati dalla segretezza
offshore mette a repentaglio la fiducia dei cittadini nel governo,
con ulteriori effetti a cascata.
La terza attrattiva dell’offshore
sono le leggi fiscali permissive. La legislazione dei territori oscuri
e remoti è fortemente influenzabile dalle lusinghe degli interessi
stranieri che vogliono evitare le regole imposte alle attività finanziarie.
Con una contropartita appropriata (nascosta o indiretta), questi legislatori
sono disposti ad autorizzare tutti quei comportamenti che i vari parlamenti
hanno combattuto per tenere il controllo fin dalla Grande Depressione.
Possono decidere di allentare o moderare o dispensare dai requisiti
di capitalizzazione, per consentire l’emissione di nuovi strumenti
finanziari senza una preliminare ispezione, per immunizzare le ditte
contabili da accuse di frode da parte dei loro clienti, eccetera.
Non è un caso che, per questi e altri aspetti, le strutture offshore
siano in prima linea nelle recenti crisi finanziarie (13).
Visti gli straordinari costi dei sistemi
offshore per i governi e i mercati stessi, ci si aspetterebbe che
i dipartimenti del tesoro li stiano combattendo e li reprimano. Ma la
storia ha giocato un cattivo scherzo alla società. Grazie alla crescita
dei sistemi offshore, si sono arricchiti immensamente i settori
finanziari del Regno Unito e degli Stati Uniti. Per questo, le azioni del settore
finanziario nel Regno Unito hanno scavalcato le performance del
mercato azionario di una media superiore al 16 per cento l’anno dal
1986 al 2006, grazie fondamentalmente alle attività offshore
(14). Gli interessi delle banche sono diventati presto abbastanza potenti
da influenzare i governi e contrastare ogni sforzo per riformare i loro
tesori offshore (le ultime iniziative serie furono realizzate
da John F. Kennedy). Invece di neutralizzare le strutture offshore,
il Regno Unito e gli Stati Uniti li hanno alla fine incorporati nei
propri sistemi nazionali. Hanno portato l’offshore
in casa, consentendo l’elusione fiscale e le prerogative di segretezza,
soprattutto agli stranieri. Il più recente (2009) Indice di Segretezza
Finanziaria del Tax Justice Network colloca lo stato del Delaware
(sede del numero incongruo di 882.000 aziende nel 2008) all’ignominioso
No. 1 mondiale (15).
I trilioni di dollari di capitali che
sono stati distratti dai paesi in via di sviluppo negli ultimi anni finiscono
(o almeno transitano) nelle banche occidentali, e questo serve ad intensificare
la resistenza del settore finanziario a riformare le pratiche offshore.
Mentre le analisi delle iniziative di riforma morte sul nascere meritano
un articolo a parte, bisogna però dire che il sistema offshore
è oggi vivo e vegeto, malgrado i costi sempre maggiori che impone alla
società. Il silenzio dei media sui sistemi offshore,
nel corso delle lotte più dure per i bilanci delle nazioni e dei programmi
proposti di austerità, è l’evidenza più chiara della morsa che
il settore bancario occidentale esercita sulla vita politica.
Note:
1) Nicholas Shaxson, Treasure Islands:
Uncovering the Damage of Offshore Banking and Tax Havens, Palgrave
MacMillan, 2011, p. 231. Il profondo lavoro di Shaxson ha ispirato gran parte di questo articolo.
2) Shaxson, op. cit., p. 113.
3) Vedi Testimony of Martin A. Sullivan…
Before the Committee on Ways and Means, U.S. House of Representatives,
22 luglio 2010, audizione su “Transfer Pricing Issues and the Global Economy”, pp. 1-2.
4) Per quanto riguarda il 2008, Government Accountability Office, “International Taxation: Large U.S. Corporations and Federal Contractors with Subsidiaries In
Jurisdictions Listed as Tax Havens or Financial Secrecy Jurisdictions”,
dicembre 2008.
5) Citato in Shaxson, op. cit., p. 15.
6) Jane Gravelle, “Tax Havens: International Tax Avoidance and Evasion”, Congressional Research Service, luglio 2009, p. 2.
7) Tax
Justice Network, p. 1.
8) David Kocieniewski, “G.E.’s
Strategies Let it Avoid Taxes Altogether”, New York Times, 24
marzo 2011.
9) Jane Gravelle, “Tax Havens:
International Tax Avoidance and Evasion”, Congressional Research
Service, luglio 2009, p. 2.
10) Tax Justice Network, “The Price
of Offshore”, marzo 2005, p. 1.
11) Kar, Dev e Curcio, Karly, Illicit
Financial Flows from Developing Countries 2000-2009, Global Financial
Integrity, gennaio 2011, p. 1. Sulle forze che hanno alzato i prezzi
delle commodity negli ultimi anni, leggete il pezzo recente su questo
forum, “US-Led Commodity Boom: Fake Prices, Global Crises”,
29 giugno 2011.
12) Kar e Karly, op. cit., pp. 15-16,
64.
13) Il riassunto dell’intervista
su Economic
Crisis + Offshore” from the Tax Justice Network. Per ulteriori discussioni, vedi Shaxson, op. cit., cap. 10.
(14) Andrew G. Haldane, Banca di Inghilterra,
“Small Lessons From a Big Crisis”, discorso alla 45esima conferenza
annuale della Federal Reserve Bank di Chicago, maggio 2009, p.
1.
(15) http://www.financialsecrecyindex.com/2009results.html
Fonte: Offshore:
The Overarching Scourge
31.08.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE